Raimondo Martí
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Raimondo Martí (noto anche come Raimondo Martini) fu un importante frate domenicano e intellettuale catalano vissuto nel Medioevo centrale.
[modifica] Biografia
Nacque nella seconda decade del XIII secolo nel villaggio di Subirats, in Catalogna, una trentina di chilometri ad ovest di Barcellona. Alcuni hanno pensato ad una sua origine da famiglia ebraica o addirittura al suo essere un "converso", un "cristiano nuevo", ma si tratta soltanto di ipotesi non confermate e peraltro neanche indispensabili per comprendere meglio il personaggio.
Intorno ai quindici anni di età decise di entrare nell'Ordine domenicano, nel convento di Barcellona. È verosimile la tradizione secondo la quale avrebbe studiato all'Università di Parigi, discepolo di Alberto Magno e collega di Tommaso d'Aquino.
Nel 1250 riceveva l'incarico di dare vita ad una scuola di lingua araba a Tunisi: la finalità missionaria, propria dei Predicatori fin dalle origini del loro Ordine, li spingeva anche verso l'apprendimento delle lingue parlate da "pagani, Giudei ed eretici" che dovevano essere (ri-)condotti alla Chiesa. Proprio a Tunisi, nel 1229, il signore locale Abû Zakariyâ Yahyâ aveva dichiarato la propria indipendenza dagli Almohadi dando inizio alla dinastia degli Hafsidi; suo figlio Ahmad Abû ‘Abdallah al-Mustansir, che regnò dal 1249 al 1277, dopo la caduta di Baghdad si autoproclamò addirittura califfo ('amir al-mu'minīn, "principe dei credenti", appellativo che nel Medioevo veniva latinizzato in Miramolinus e utilizzato spesso come nome proprio). Gli Hafsidi mostrarono un atteggiamento accogliente e in un certo senso tollerante nei confronti di mercanti e viaggiatori cristiani; difatti, il convento domenicano di Tunisi era stato fondato già nel 1230. Così Raimondo Martí, insieme con altri sette frati, venne scelto dal Capitolo provinciale della Spagna tenutosi a Toledo. Il superiore generale domenicano che aveva dato la disposizione di aprire la scuola di lingue era Giovanni il Teutonico (1241-1252), anche se dietro l'iniziativa si vede l'opera di Raimondo di Penyafort (1175 ca. – 1275), suo predecessore alla guida dell'Ordine dal 1238 al 1240 (quando si era dimesso spontaneamente per motivi di salute), ma ancora attivo, nonostante fosse più che settantenne, nell'animare un vasto movimento destinato alla conversione dei Saraceni.
La prima opera conosciuta di Raimondo Martí è un commento al simbolo di fede noto come Credo apostolico: l'Explanatio Symboli Apostolorum, scritta in chiave polemica contro l'Islam. Sembra che tale opera sia circolata in latino e in arabo. Martí stesso ci fornisce un riferimento cronologico per la sua stesura, l'anno 1257, in un passaggio in cui commenta la profezia delle settimane di Daniele: "Cum igitur iam complete sint ille LXX hebdomade, sive sint dierum, sive mensium, sive annorum, et amplius fluxerint MCCLVII anni". L'Expositio segue, nella struttura, i dodici articoli del Credo apostolico, e in maniera incidentale tocca alcuni punti in relazione con i Giudei. In particolare, Raimondo Martí si impegnava a dimostrare anche ai Giudei – sebbene destinatari principali del suo "catechismo" fossero i musulmani – che in Gesù il Messia atteso è già venuto. Gli argomenti impiegati, comunque, sarebbero stati poi ripresi e sviluppati nelle sue opere successive.
Ugualmente diretta contro l'Islam è un'opera successiva, il De Secta Machometi. In realtà non si sa con certezza se Raimondo Martí sia stato l'autore di ogni parte di questo testo, che sembrerebbe raccogliere diversi scritti, conosciuti anche con i titoli di Quatruplex reprobatio, Contra Sarracenos, De origine et progressu et fine Machometi e Tractatus contra Machometum. Il trattato, pubblicato nel 1550 sotto il nome del francescano Giovanni del Galles (Johannes Gallus), è stato attribuito a Raimondo Martí o almeno alla sua cerchia.
Il nome di Raimondo Martí viene fatto anche a proposito del Vocabulista in Arabico, un dizionario arabo-latino. L'attribuzione sembrerebbe confermata da un breve dialogo immaginario tra un cristiano e un musulmano che accompagna il dizionario vero e proprio; in questo dialogo, il musulmano si rivolge al cristiano dicendogli: "Tu che ti chiami Raimondo di nome e Martino di cognome". Naturalmente non si può vedere in questa frase una prova certa che Raimondo Martí sia stato l'unico autore di tutto il dizionario, che per lo meno potrebbe essere il frutto di un lavoro d'équipe. Sembra invece ormai sicuro che Raimondo Martí non sia l'autore di un Tractatus de erroribus Philosophorum, testo pubblicato per la prima volta anonimo nel 1472 e talvolta a lui attribuito.
Nel 1263 a Barcellona si tenne la nota disputa tra frate Paolo Christiani e l'ebreo Nachmanide. Una partecipazione di Raimondo Martí alla disputa, sebbene non direttamente documentata, è per lo meno probabile, anche perché è quasi sicuro che in quel periodo egli, dopo più di dieci anni passati a Tunisi, fosse rientrato a Barcellona per curare i primi sviluppi di una nuova scuola di arabo in città. Il 27 marzo 1264 re Giacomo I il Conquistatore associò Raimondo Martí ad una commissione incaricata di visionare e censurare i testi della letteratura rabbinica. In effetti la commissione non ebbe molto tempo per lavorare, se nel 1265 lo stesso re esentò i Giudei di Barcellona dal presentare i loro testi ai frati e riservò l'esame del Talmud al suo tribunale, con grande irritazione dei Domenicani.
Nel 1267 Martí probabilmente completò il Capistrum Iudaeorum, il suo unico scritto consacrato interamente alla polemica contro i Giudei. Negli anni 1268-1269 si recò per la seconda volta a Tunisi, nel quadro della sua attività missionaria e apologetica. Sembra sicuro che proprio in questi anni abbia incontrato il sovrano hafside al-Mustansir e abbia tentato, in un dibattito filosofico e teologico, di convincerlo ad abbracciare la fede cristiana. Il tentativo non sortì l'effetto desiderato dal domenicano, e Raimondo Llull non mancò di riferirsi in ben cinque delle sue opere a questo fallimento, vedendo in esso una prova della debolezza del metodo missionario di Raimondo Martí e dei Domenicani in generale, incapaci di dimostrare razionalmente e in modo incontrovertibile le verità cristiane. Probabilmente Raimondo Martí si era presentato a Tunisi come ambasciatore di re Luigi IX di Francia, che proprio in quegli anni stava organizzando la sua ultima crociata.
Il cronista Pietro Marsili ci segnala anche una presenza di Raimondo Martí al secondo concilio di Lione (1274), al seguito di re Giacomo I che ivi illustrò i suoi propositi di crociata, propositi accolti con una certa indifferenza dai presenti. Giacomo ambiva a ricevere l'incoronazione regale dal Papa come sigillo della sua vita a servizio della crociata e della Reconquista.
Rientrato a Barcellona, nel 1278 Raimondo Martí completò la sua opera principale, il Pugio fidei, una vera e propria Summa contra Iudaeos, parallela alla Summa contra Gentes composta negli stessi anni da Tommaso d'Aquino, che tra l'altro presenta diversi passi identici al Pugio di Martí. Il Pugio fidei è stato uno dei testi più diffusi degli ultimi secoli del Medioevo: ampiamente utilizzato nella polemica antigiudaica, venne copiato molte volte ed entrò nelle biblioteche di papi, predicatori, personaggi di spicco della Chiesa, conventi e università. Testimonianza di questo “successo letterario” è anche il fatto che molte furono le imitazioni di quest'opera, quando non addirittura le riscritture e gli episodi di plagio.
Nel 1281 venne assegnata a Raimondo la cattedra di ebraico presso lo Studium Hebraicum fondato in quello stesso anno a Barcellona. Lo Studium era aperto a tutti, non solo ai religiosi domenicani: perciò poté essere frequentato anche dal giovane Arnaldo da Villanova, che ebbe come maestro proprio Raimondo Martí.
Probabilmente intorno al 1284, sempre a Barcellona, morì.
Raimondo Martí è stato definito “il migliore ebraizzante cristiano del Medioevo”, non solo perché egli aveva una profonda conoscenza della lingua e della cultura ebraica, ma anche perché fu l'interprete più significativo di quella svolta avvenuta nella controversia tra cristianesimo ed ebraismo durante il XIII secolo, svolta in seguito alla quale si cominciò ad utilizzare in funzione antigiudaica l'Antico Testamento nel testo originale ebraico, le sue traduzioni aramaiche (i targumim) e la letteratura rabbinica.