Discussione:Ruzante
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Circa l'incognita riguardante la data di nascita di Angelo Beolco detto"Ruzante", il motivo è che nacque da una relazione illeggittima tra il padre ed una domestica. Al riguardo, dalla presenza del documento col quale il padre Francesco lo delegò all'amministrazione dei propri beni, e che è datato 1521, possiamo immaginare che, atteso che per tali rogiti notarili era necessaria la maggiore età, e cioè 25 anni, Ruzante sia nato nel 1496 o al più tardi due anni dopo. L'errata interpretazione che lo vede nato nel 1500 è da imputarsi alla lapide che nel 1560 fece apporre il canonico G.B. Rota e che già dal 1630 non esiste più. Ne resta una trascrizione di Bernardino Scardeone nella quale si legge che aveva quaranta anni, ma deve essere intesa: che era nei quarata anni di vita. La datazione della nascita risulta di fondamentale importanza per comprendere la precocità del suo genio. Resta non determinato anche il luogo della nascita, sebbene nella Prima Orazione si legga: de quigi, saìu, che se ciama dotore, perché, se gi è igi do-tore, a' ghe son mi tre de le tore (di quelli, sapete, che si chiamano dottori, perché, se hanno due-torri, ci sono io che ho tre torri); è al riguardo probabile che richiamasse lo stemma araldico di Pernumia, che reca, appunto, tre torrie che sexondo qeusta unterpretazione dovrebbe essere, appunto il luogo di nascita. Beolco lavorò come attore unicamente alla rappresentazione dei suoi testi. Morì infatti alla vigilia della messa in scena di una tragedia di Sperone Speroni di cui avrebbe curata la regia ed interpretato un ruolo drammatico. La vita, che non fu mai generosa con lui, volle risparmargli almeno questo. Dario Fo interpreta Ruzante alla luce della Commedia. Va subito detto che la Commedia nasce, ufficialmente, tre anni dopo la sua morte, con l'istituzione della prima compagnia permanente ed il primo contratto a riguardo. Ruzante operò con un gruppo che prendeva il via sul modello delle "compagnia della calza", tipiche nel veneto e che risalivano alla metà del XV secolo. Caratteristica fondamentale è che gli attori non erano professionisti, ma generalmente intellettuali che si divertivano a mettere in scena opere di varia natura e provenienza. Specializzaandosi in un solo ruolo, riuscivano ad ottenere risultati eccellenti. Tuttavia è eevidente la differenza che intercorre con gli attori della Commedia. Ci sono inoltre altre, profondissime ragioni storiche. Ruzante aveva un suo pubblico ben identificato, anche quando usciva da Padova e venezia, come accadde quando si recò a Ferrara ed ebbe rapporti durevoli con l'Ariosto. I suoi interlocutori erano da una parte i contadini pavani, dall'altra i nobili e dignitari delle corti, in particolare quella, del tutto laica, di Alvise Cornaro. Non era predominante l'itinerarità, che costituì più che altro momenti episodici. Inoltre Beolco sentiva l'imperativo di rappresentare, in modo realistico e unico nella storia del nostro teatro, la realtà di quel contado le cui vicende storiche avevano portato nel 1508-1510 a quella strenua difesa della Serenissima che Machiavelli ricorda nella sua opera. C'era, quindi, un "impegno" che possiamo stigmatizzare nei motivi dell'intesa profonda tra il nostro e il già citato Cornaro. La Commedia nasce, invece, dalla voglia di "disimpegno" della borghesia neo affermata che vuole dimenticare e negare alla storia la propria impossibilità di condivisione del potere con le classi subalterne. I lazzi e gli sberleffi dei vari Arlecchino, Pulcinella, Balanzone ecc. non hanno nulla a che vedere con il programma intellettuale ed artistico di Beolco. Inoltre il personaggio Ruzante non arrivò a caratteristiche definite, subendo, di opera in opera, profonde mutazioni ed approfondimento, per cui non possiamo pensare ad un tipo fisso. stesso discorso è valido anche per il personaggio femminile delle varie Gnua, Dina ecc.. Ancora, le opere di Beolco hanno un carattere letterario spiccatissimo. Dalle copie di lavoro giunte fino a noi, possiamo esaminare le annotazioni sulle singole battute, a dimostrazione che gli spazi per le "improvvisazioni" dovevano essere veramente minimi. Non si capisce, quindi, perché il Fo continui a rappresentare Ruzante con i suoi modi guitteschi, inserendo, all'interno di una testualità rigorosa, ampi stralci che nulla hanno a che fare con le opere dell'autore veneto. Sono zeppe che non hanno altro scopo se non quello di perpetuare se stessi. Inoltre, anche nella premessa allo spettacolo vi sono inesattezze tragiche. Fo esordisce con una ricostruzione della nascita del Beolco che non ha nessuna radice storica, secondo cui la nonna va a prendere la madre partoriente, la fa rientrare in casa e costringe il figlio Francesco a riconoscere il neo nato. Tutto falso, manca qualunque fonte al riguardo. Del padre asserisce che era rettore (della facoltà di medicina, afferma) di Padova. Da mie ricerche, non risulta alcun rettore con il nome di Gian Francesco Beolco, il quale ebbe sì rapporti con l'ambiente universitario del Bò, e tenne anche lezioni, ma non occupò alcun incarico ufficiale. Non va dimenticato che per i "ricchi" dell'epoca la frequentazione dell'ambiente universitario era fregio ed obbligo. Il linguaggio che Fo utilizza è del tutto privo di fondamento semiologico. Si tratta di una parlata farsesca ed arbitraria, non, come lui dice, di una ricostruzione filologica. Perché non ammetterlo? La grandezza del lavoro di Beolco non ha bisogno di questi ignobili trucchetti. In effetti, le asperrità rappresentate dal vernacolo originale sono ostative per la comprensione; l'operazione linguistica è pertanto non solo ammissibile, ma auspicabile. Di fatti, in lingua italiana la rappresentazione delle opere di Ruzante non regge alla messa in scena per un'innegabile caduta di tensione lingiuistica. Allora, perché non dire al riguardo la verità? Lo slang di Fo è godibile e divertente, ma è enormemente presuntouso volerne trovare altra ragione che non sia quella della divulgazione. Non si comprende il perché di tante forzature ed inesattezze, quando il dovere al rigore storico dovrebbe essere un imperativo categorico per chi si fregia del titolo di "maestro", ancor più se ha ricevuto un nobel.
Ninofausti
[modifica] riporto dalla voce Ruzzante
Grafia corretta del nome d'arte del commediografo patavino, Angelo Beolco. Tale pseudonimo è stato mutuato dall'antico commediografo da un cognome dell'epoca, tipico della zona di Padova, e significativo, a suo parere, delle caratteristiche del protagonista delle sue storie, spesso da Beolco stesso interpretato.
La dizione tipica veneta, dolce e che quindi non accentua le lettere doppie, è la causa dell'utilizzo frequente della grafia sbagliata "Ruzante", suffragata da letterati alloctoni, ma non dall' Istituto dell'Enciclopedia Italiana ("Treccani") che reca correttamente la grafia con la doppia z. Inoltre il cognome con la grafia con la z singola non esiste, pertanto a prescindere dall'eventuale discendenza dal commediografo non risulterebbero discendenti neanche dei padovani coevi.
