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appunti dalla vecchia voce del Museo
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[modifica] materiale rimosso, da integrare altrove
[modifica] Pinakes
I Pinakes che furono, nel mondo artistico di cultura greca, iniziativa originale dei ceramisti locresi, ideati e prodotti solo per la devozione a Persefone, nella maggior parte sono d'ottima fattura artistica ed animata raffigurazione. Quest'ultima era originariamente anche abbellita da colori vivaci di cui restano solo poche tracce su alcuni quadretti. Dall'analisi del materiale trovato, si desume che i vari momenti del mito furono rappresentati in circa centosettanta modi diversi (ad esempio: il ratto di Persefone; i preparativi per le nozze; i due sposi in trono; la raccolta della frutta) e che, per poter soddisfare la grande richiesta di questo tipo d'offerte votive, i quadretti venivano prodotti in serie, utilizzando matrici.
Nella grande sala, i Pinakes sono esposti secondo gruppi aventi lo stesso soggetto rappresentato, condizione che permette di confrontare le molte varianti, per ciascun soggetto, ideate dai diversi produttori. Si può notare anche come tutti i quadretti siano stati ricomposti utilizzando vari pezzi trovati dello stesso Pinax e che, assolutamente, nessuno è intero. Questo è dovuto al fatto che tutte le offerte, quando diventavano numerose ed ingombranti, erano accantonate in fosse di deposito, nelle adiacenze del Santuario, dopo essere state ridotte in pezzi dagli addetti al culto. Questi ultimi attuavano così un rito tradizionale che, da una parte, in questo modo le consacrava alla divinità, dall'altra parte, impediva il riutilizzo sacrilego delle offerte.
Continuando la visita, nella sala successiva, si nota un gruppo in terracotta, trovato nel 1910, che anticamente stava ai lati o nel frontone del tempio dove fu trovato, perché i vari pezzi erano sparsi di fronte ad uno dei lati corti del basamento. Nel gruppo (450-430 a. C.), è raffigurato un giovane cavaliere nudo, su un cavallo rampante, che ha sotto di sé una sfinge accosciata la quale, con le mani, gli sostiene i piedi. Per la presenza della sfinge, che richiama altre composizioni simili, il cavaliere si ritiene che rappresenti uno dei Dioscuri. Questa è un'opera che aggiunge, al proprio valore artistico, l'importanza di essere una testimonianza di come la committenza in Magna Grecia, nel periodo più antico, accettasse che gli artisti utilizzassero l'argilla, anche per manufatti di grandi dimensioni, in alternativa al marmo (non reperibile nella zona) e al bronzo, molto costoso.
Nella sala successiva si trova il materiale proveniente dalla località locrese di Marasà (situata all'interno delle mura di Locri Epizefiri), dove, negli anni 1889/90, fu portato alla luce il basamento di un tempio in stile ionico (480-470 a. C.), che risultò poi sovrapposto a due altri templi più antichi, costruiti in stile dorico. Durante lo scavo furono trovati due gruppi scultorei raffiguranti i Dioscuri, realizzati col marmo pregiato dell'isola greca di Paros, scolpiti da un artista della Magna Grecia, o che furono importati, già scolpiti, dalla Grecia (420-380 a. C.).
I due gruppi, a suo tempo, furono trasportati a Napoli e poi esposti nel locale Museo Archeologico. Solo nel 1964 sono stati assegnati al Museo di Reggio, per essere riuniti agli altri reperti provenienti da Locri Epizefiri.
I due gemelli, Castore e Polluce, trovati in pezzi, ricomposti e, come si usava nei tempi passati, integrati con altro materiale in alcune parti mancanti (specie il Dioscuro che si trova a destra), sono raffigurati nell'atto di balzare a terra dai loro cavalli, per accorrere in aiuto dei Locresi. Assecondando la leggenda che voleva, in questo caso, i Dioscuri venuti dal mare, i cavalli hanno le zampe anteriori sostenute dalle mani alzate da due Tritoni, le divinità marine immaginarie che avevano il busto umano, proseguente a coda di pesce.
La presenza, nell'importante spazio triangolare (o alla sommità), del frontone di un tempio a Locri Epizefiri, di statue raffiguranti i Dioscuri, si deve collegare alla grande venerazione, diffusa in città, per i due gemelli figli di Zeus, che furono visti "combattere nel campo di battaglia, con vesti scarlatte, su cavalli bianchi", mentre davano aiuto (all'esercito di Locresi e Reggini inferiore di numero), per vincere la battaglia al fiume Sagra, contro gli aggressori Crotoniati.
Fra i Dioscuri, si trova una statua, raffigurante un corpo femminile (oggi senza mani, piedi e testa), che proviene dal sito del tempio ionico dove furono trovati i Dioscuri ed, anch'essa, è realizzata col marmo dell'isola greca di Paros. Potrebbe rappresentare, seguendo un'ipotesi che la collega ai Dioscuri, una Vittoria o una Ninfa marina.
Sulla piattaforma nella quale sono esposti i divini gemelli, c'è un pezzo marmoreo appartenente alla testa del cavallo del Diosscuro a destra. Il pezzo è stato esposto così isolatamente perché fu trovato dopo che era già stata integrata, in gesso, questa parte mancante del gruppo.
Invece, la testa del Dioscuro, sempre del gruppo di destra, trovata nel 1956 durante ulteriori scavi a Locri Epizefiri, da tempo ha sostituito la sua imitazione in gesso.
Nelle due sale successive, sono esposti oggetti in terracotta provenienti dal Santuario delle Ninfe di Grotta Caruso: si tratta di eleganti figure femminili, modellini di grotte e di fontane collegate al culto delle Ninfe.
[modifica] Reggio
La città fu fondata dai Calcidesi nell'VIII secolo a.C. per il controllo delle principali rotte commerciali dello stretto. La sua storia è segnata spesso da periodi floridi, che ne fecero uno dei centri più importanti del mediterraneo, alternati a guerre con Locri Epizephiri (Locri), Kroton (Crotone) e Siracusa, ed ancora a catastrofi naturali come terremoti e maremoti.
Prima città fondata da gruppi greci sul territorio dell'attuale Calabria, priva di un fertile retroterra, col tempo Reggio divenne ricca grazie all'attività del suo porto, punto di sosta e di scambio di merci, lungo una delle vie commerciali più importanti dell'antichità.
Dal 494 a.C. al 476 a.C., Reggio attuò la propria espansione territoriale, al tempo in cui prese il potere Anaxilas, un discendente dal gruppo dei Messeni che l'Oracolo di Delfi aveva fatto aggregare ai coloni d'origine calcidese.
Allo scopo di controllare completamente la via marittima dello Stretto, fu fortificata per la prima volta la rupe di Sicilia, a guardia dello Stretto, e fu occupata la città dirimpettaia di Reggio, Zancle (491 a.C.), a cui ripopolata da Messeni fu cambiato il nome in Messana (oggi Messina), a ricordo di Messene, patria anche degli antenati di Anaxilas. Reggio ampliò poi il proprio controllo del territorio conquistando sul tirreno Metauros, città già colonia di Zancle, a quel tempo però, sotto l'influenza di Locri Epizefiri.
Nel 386 a.C., Reggio fu sconfitta (dopo nove mesi d'assedio) e sottomessa da Dionisio il Vecchio, durante la fase espansionistica di Siracusa.
Successive vicende portarono la città ad essere confederata dei Romani 271 a.C., come Socia navale, cioè città che contribuiva a formare la flotta della Repubblica Romana. Ormai nell'orbita di Roma, Reggio divenne Municipio romano, nell'89 a.C..
Ai tempi della vittoria sugli uccisori di Giulio Cesare, l'imperatore Ottaviano Augusto ripopolò la città con veterani dell'esercito. Questi ultimni, in onore della nobile Gens Giulia a cui apparteneva Ottaviano, cambiarono il nome della città in Rhègium Julium (40 a.C.); primo sintomo, del superamento della plurisecolare identità greca della città.
Si sa che fu estesa tra VI secolo a.C. e il V secolo a.C. per circa 70 ettari, e dell'antica polis si conoscono:
- Tratti delle mura di cinta che oggi sono visibili sul Lungomare Falcomatà, sulla collina degli Angeli e sulla collina del Trabocchetto.
- I pochi resti di edifici monumentali pubblici e sacri sono in zona Griso-Laboccetta e nel Palazzo della Prefettura.
- I resti dell'odeon/ekklesiasterion (l'antico teatro) in via XXIV Maggio.
- L'abitato e numerose cisterne per l'approvvigionamento idrico nelle zone collinari della città
- Le principali necropoli nel quartiere di Santa Caterina
- Vari impianti termali del periodo romano, tra cui quelli sul Lungomare Falcomatà.
- L'agorà in epoca greca, poi foro reggino in epoca romana (come dimostrano i recenti scavi) era a Piazza Italia.
- L'importante area Reggio Lido, con stratificazioni edilizie dal periodo greco arcaico all'età imperiale romana e oltre fino al periodo bizantino, non fu conservata per portare a termine i lavori della stazione Lido e del raddoppio ferroviario.
[modifica] Kouros di Reggio
La predilezione verso l’amore maidico nel poeta reggino è nota e documentata. Per esempio Cicerone (Tuscolane, IV, 71) cosi scrive:
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«Il Reggino Ibico tra tutti il più infiammato d’amore. E vediamo che gli amori di tutti costoro sono sensuali»
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Poi la Palatim (IX, 184) dice:
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«O Ibico, che cogliesti il soave fiore di Peito e dei fanciulli»
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Inoltre il Commento a Pindaro, Istmica (II, 1) precisa:
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«E’ diceria popolare che i lirici avessero la predilezione per le poesie di argomento maidico. Queste cose si riferiscono anche agli amori, che riguardano Alceo e Ibico e Anacreonte»
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Altre fonti ripetono la stessa notizia.
Dunque Ibico fu uno dei più noti poeti maidici dell’antichità, questo è sicuro. Pertanto riteniamo che sul sepolcro del poeta fu collocato il kouros cosi rinvenuto.
La pederastia era un ethos delle colonie calcidesi.
Vedi Plutarco (Erotico, 17, IV, 367 – 368 Hulo):
E pure il lessicografo Esichio (Lessico, IV, 270 Schmidt) dice:
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«(chalkidizein) dai Calcidesi di Eubea. Si dice anche a proposito dei pederasti, poiché presso di essi (i Calcidesi) gli amori maidici erano frequenti.»
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Pertanto non ci sorprende la presenza della statua di un cinedo dai capelli di fiamma nella colonia calcidese di Reggio. Ma i nostri antenati, i Calcidesi, erano pure famosi per la loro parsimonia (Eustazio, 279, 18), che ancor oggi sopravvive nella nostra città, mentre certi costumi sessuali sono stati da tempo abbandonati.
[modifica] Kaulon
Per alcuni autori antichi era colonia di Crotone, per altri era colonia di greci dell'Acaia, ma il fatto che il suo fondatore Tifone di Egio fosse un acheo, fa oggi pensare che sia stata fondata da Crotone sotto la guida di un greco acheo. Il mito risale alla guerra di Troia e la attribuisce all'eroe Caulo che diede il nome alla città, la ricerca archeologica ha invece datato l'occupazione greca nell'VIII secolo a.C.
La città era limitata a sud dal fiume Sagra, sulle cui rive nel VI secolo a.C. si svolse la famosa battaglia in cui Kaulon alleata con Crotone fu sconfitta da Locri e Reggio, grazie al miracoloso intervento dei Dioscuri. Ciò tuttavia non impedì alla città di attraversare il suo momento di massimo splendore.
Kaulon venne poi sconfitta dalle forze congiunte dei Lucani e di Dionisio I di Siracusa, sconfitta che costò nel 389 a.C. la deportazione dei suoi abitanti a Siracusa e la cessione del territorio a Locri, alleata del tiranno. Ricostruita da Dionisio il Giovane, Kaulon, fu però preda di Annibale nella seconda guerra punica, finendo poi definitivamente nell'orbita di Roma per opera di Quinto Fabio Massimo nel 205 a.C..
[modifica] Numismatica
La tradizione designa la Lidia (regione dell'odierna Turchia), come patria della prima moneta, ideata in lega d'oro ed argento, intorno al 650 a.C. Dopo un primo periodo durante il quale fu usata come dono, o remunerazione di servigi, l'adozione generalizzata della moneta si ebbe quando divenne necessario legare le frequenti transazioni commerciali ad un valore conosciuto da tutti.
Il sistema monetale greco, che all'inizio adottò essenzialmente l'argento come metallo, pur nella diversità delle zecche delle varie città, si basò sul dracma (circa 2,90 grammi), con i suoi multipli e sottomultipli.
La città che emetteva le monete (e ne garantiva il valore indicando il proprio nome su ogni pezzo), indirettamente affermava così, nel contesto delle altre città, la propria autonomia politica.
Le prime città, che in Magna Grecia adottarono l'importante innovazione costituita dalle monete, furono quelle d'origine achea: Sibari, Metaponto e Crotone (tutte intorno al 550 a.C.)
Il diritto e il rovescio della moneta fu utilizzato per divulgare l'immagine della città (divinità protettrici e miti locali; prodotti animali e vegetali per cui era famosa la zona; vittorie in guerre o alle Olimpiadi), tanto che le monete di questo periodo possono essere considerate uno dei primi veicoli pubblicitari della storia. Esemplari, in questo senso, le monete di Sibari, col bellissimo toro che guarda indietro, che celebrava la floridezza degli allevamenti sibariti; e la moneta di Crotone, con la raffigurazione del tripode sacro che ricordava il dio Apollo sotto la cui protezione era avvenuta la fondazione della città.
appunti vari riguardo reggini e regginità...
[modifica] Lico da Reggio
Lico di Reggio, storico vissuto tra la seconda metà del IV secolo a.C. e i primi due decenni del III secolo a.C.
[modifica] Museo dell'artigianato tessile
Museo dell’Artigianato Tessile, della Seta, del Costume e della Moda Calabrese in via Re Ruggero 9 a Reggio Calabria Tel 0965336155. Aperto lun-sab 9-13, 15-20. costo biglietto: 2 euro
Sorto nel 1996, il museo raccoglie quasi due secoli di storia, di cultura e di artigianato calabrese. La raccolta venne iniziata negli anni Ottanta da Rosetta Furfari, insegnante d'arte, di moda e costume. Attualmente è ospitata in quattro sale distinte, ognuna caratterizzata da uno specifico ramo o settore. In Particolare la prima sala è un omaggio alle nostre radici che risalgono alla Magna Grecia attraverso una serie di costumi tipici del tempo, rifatti secondo i modelli in uso allora. La seconda sala è sistemata secondo un percorso ideale che, partendo dalle materie prime, come il baco da seta, giunge fino ai prodotti artigianali finiti. Nella sezione successiva sono conservati i tessuti, dai più grezzi a quelli altamente raffinati e i costumi che seguono in parte la stessa evoluzione, dall'Ottocento fino ai giorni nostri. Conclude la visita la sala dedicata all'Alta Moda e alla sua storia attraverso i secoli, dal periodo greco fino al XX secolo. Il museo possiede anche una parte documentarista che permette di approfondire la conoscenza dell'artigianato tessile e della moda calabrese.
[modifica] leonzio Pilato
Leonzio Pilato era uno dei più colti studiosi del 14° secolo, fra i più celebre traduttori dei classici greci (in latino) del suo tempo. Era di Seminara e qui era stato allievo di un altro suo noto concittadino, il Frate Barlaam, che lo aveva iniziato allo studio dei classici greci.
Pilato fu il primo traduttore di Omero nel mondo occidentale. Viaggiò molto e frequento i più importanti centri di cultura dell’epoca: Napoli, Venezia, Costantinopoli, Padova… Conobbe e frequentò, fra gli altri, anche i coevi Petrarca e Boccaccio.
E’ uscita, adesso, una sua biografia, edita da Rubbettino, al prezzo di 10 € e curata da Santo Gioffré, storico, anch’egli di Seminara, già Assessore alla Cultura della Provincia di Reggio.
[modifica] Via Archia Poeta
A proposito di intitolazioni mancate...al contrario ...via Archia Poeta...cosa ha a che fare con Reggio Mi pare che era uno dei maestri di Cicerone.. Infatti che lui stesso difese con la Pro Archia Poeta ... ed in un passo dell'orazione Cicerone nomina Reggio come una delle città che gli concesse cittadinanza.
"E allora, visto che la situazione è questa, perché dovreste ancora mettere in dubbio la sua cittadinanza, dato che ottenne anche quella di altre località? Mentre in Grecia la si accordava a gente di scarso valore, a volte neppure dotata del minimo ingegno, è ovvio che gli abitanti di Reggio, Locri, Napoli e Taranto non abbiano rifiutato ad Archia, ricchissimo di talento, un beneficio concesso solitamente agli attori di teatro!"
[modifica] Artisti reggini del 700 e 800
604 OLINDO GERACI, PLACIDO. Profili di artisti reggíni del ‘700 e ‘800. Vincenzo Cannizzaro, Ignazio Lavagna Fieschi, Demetrio Salazar, Giuseppe Benassai. 111, (17)pp., 33 plates (15 color). Lrg. 4to. Cloth. D.j. Slipcase.
[modifica] Colonna reggina
Autari: nella Historia Langobardorum si narra di un episodio con una doppia simbologia: arrivato nei pressi dell'attuale Reggio Calabria toccò con una lancia una colonna immersa nell'acqua a pochi metri dalla riva, segnando i confini del regno Longobardo e confermando la fobia per l'acqua ha percorso la loro storia.
[modifica] Xiphonia
La denominazione di Thermae Xiphonie invece è poco più di una supposizione, che fra l'altro ha anche ricevuto diverse critiche. La contrada della Reitana avrebbe assunto questa denominazione solo nel medioevo, quando vi si stabilirono dei coloni proveniente dalla Calabria e fu detta appunto la Reggitana, da Reggio Calabria. Probabilmente solo il Capo dei Mulini (oggi Capomulini) ha una denominazione anteriore al medioevo.
[modifica] Varie
- Leone da Reggio, gran siniscalco del Regno di Napoli, e sua figlia Sibilla che, andata in sposa a Pietro III Ruffo conte di Catanzaro, gli portò in dote alcuni feudi tra cui Briatico.
- Peter Isvalies (o Isuales, o Isuali, o Isuagles o Suaglio), Arcivescovo di Reggio Calabria.
- Lazzarino, Orazio (Gallico Superiore, Reggio Calabria 13 agosto 1880 - 19??)
- Tormento dei sottotono (Reggio Calabria 6 settembre 1975)
- Andrea Albanese (1901-19??), ginecologo italiano nato a Cinquefrondi, Reggio Calabria.
- San Bruno: Su proposta del Papa Urbano i canonici di Reggio Calabria l'elessero arcivescovo.