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Gaio Giulio Cesare - Wikipedia

Gaio Giulio Cesare

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Nota disambigua - Se stai cercando altri significati per il nome Giulio Cesare, vedi Giulio Cesare.

Gaio Giulio Cesare , in latino: Gaius Iulius Caesar, IPA: 'gai.us 'jul.ius 'kae.sar, nelle epigrafi C·IVLIVS·C·F·CAESAR (Roma13 luglio 100 a.C. – Roma15 marzo 44 a.C.) è stato un politico, generale e scrittore latino, nonché personalità fra le più influenti e celebri della storia.

Caio Giulio Cesare
Caio Giulio Cesare

Ebbe un ruolo cruciale nella transizione del sistema di governo dalla forma repubblicana a quella imperiale. Le sue conquiste militari in Gallia Transalpina estesero il dominio della Repubblica fino all'Atlantico e al Reno. Portò gli eserciti romani ad invadere per la prima volta la Britannia, nel 55 a.C..

La spartizione del potere con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso (Primo Triumvirato) segnò l'inizio della sua ascesa. Alla morte di Crasso (Carre, 53 a.C.), Cesare si scontrò con Pompeo e la fazione degli Optimates per il controllo dello stato. Di ritorno dalla Gallia, guidando le sue legioni attraverso il Rubicone ("Alea iacta est"), Cesare scatenò nel 49 a.C. la guerra civile, che lo consacrò capo indiscusso di Roma: sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e successivamente gli altri Ottimati, tra cui Catone Uticense, in Africa e in Spagna. Divenuto dittatore a vita, diede inizio a un processo di radicale riforma della società e del governo di Roma, riorganizzando e centralizzando la burocrazia repubblicana. Il suo operato provocò la reazione dei conservatori, finché un gruppo di senatori capeggiati da Marco Giunio Bruto non cospirò contro di lui, uccidendolo, alle Idi di Marzo del 44 a.C.. Nel 42 a.C., appena due anni dopo il suo assassinio, il Senato lo santificò ufficialmente elevandolo a divinità. L'eredità riformatrice e storica di Cesare venne quindi raccolta da Ottaviano Augusto, suo nipote e figlio adottivo.

Le campagne militari e le azioni politiche di Cesare sono raccontate dettagliatamente nei Commentarii da lui stesso scritti: Commentarii de Bello Gallico e Commentarii de Bello Civili. Numerose notizie sulla sua vita sono presenti negli scritti di Appiano di Alessandria, Svetonio, Plutarco, Dione Cassio e Strabone. Altre informazioni possono essere rintracciate nelle opere di altri contemporanei, come nelle lettere e nelle orazioni del suo rivale politico Cicerone, nelle poesie di Catullo e negli scritti storici di Sallustio.


Indice

[modifica] Biografia

Giulio Cesare nacque a Roma da un'antichissima e nota famiglia patrizia, la Gens Julia o Iulia (che si diceva discendente da Iulo (o Ascanio), figlio del principe troiano Enea, secondo il mito figlio a sua volta di Venere). Al culmine del suo potere, nel 45 a.C., Cesare per sottolineare la sua discendenza dalla dea dedicò a Venere Genitrice un tempio nel nuovo Foro da lui fatto costruire.

Il ramo della gens Iulia che portava il cognomen "Caesar" discendeva, secondo il racconto di Plinio il Vecchio, da un uomo venuto alla luce in seguito a un Taglio cesareo (dal verbo latino 'tagliare', caedo, -ere, caesus sum). La Storia Augusta suggerisce invece tre possibili spiegazioni sull'origine del nome: che il primo Cesare avesse ucciso un elefante (caesai in berbero) in battaglia, che avesse avuto una folta capigliatura (dal latino caesaries), oppure degli occhi di color grigio chiaro (dal latino oculis caesiis).

Nonostante le aristocratiche origini, la famiglia di Cesare non era ricca per gli standard della nobiltà romana; ciò rappresentò inizialmente un serio ostacolo alla sua carriera politica e militare (dovette contrarre ingenti debiti per ottenere le sue prime cariche politiche); inoltre, negli anni della giovinezza di Cesare, suo zio Gaio Mario era stato dichiarato nemico della Repubblica (anche se successivamente Cesare riuscì a riabilitarne il nome). Suo padre era Gaio Giulio Cesare il Vecchio, la cui sorella Giulia aveva sposato Gaio Mario; la madre era Aurelia Cotta, proveniente da una notabile famiglia che aveva dato a Roma numerosi consoli. La famiglia viveva in uma modesta casa nella Suburra, dove il giovane Giulio Cesare fu educato da Marco Antonio Gnifone, un illustre grammatico nativo della Gallia.

Cesare trascorse il suo periodo di formazione in un epoca tormentata da gravi disordini. Mitridate VI, Re del Ponto, minacciava le province orientali; contemporaneamente, la Guerra sociale era in corso a Roma, con la città divisa in due fazioni contrapposte: gli Optimates, favorevoli al potere aristocratico, e i Populares o democratici, che sostenevano la possibilità di rivolgersi direttamente all'elettorato. Pur se di nobili origini, fin dall'inizio della sua carriera Cesare si schierò dalla parte dei Populares, scelta sicuramente condizionata dalle convinzioni di suo zio Gaio Mario, capo dei Populares e rivale di Lucio Cornelio Silla, sostenuto da aristocrazia e Senato.

[modifica] La gioventù

Busto del giovane Giulio Cesare
Busto del giovane Giulio Cesare

Nell'86 a.C. il padre e lo zio Gaio Mario morirono, e nell'84 Cesare ripudiò la sua promessa sposa Cossuzia per sposare Cornelia, figlia di Lucio Cornelio Cinna, alleato e amico di Gaio Mario. Il nuovo legame con una famiglia notoriamente schierata con i popolari, oltre alla parentela con Mario, causarono problemi non indifferenti al giovane Cesare negli anni della dittatura di Silla. Questi cercò di ostacolarne in tutti i modi le ambizioni, bloccando la sua nomina a flamen dialis; la situazione poi si aggravò quando il dittatore, avuta la meglio su Mitridate VI, rientrò in Italia e sconfisse i seguaci di Mario nella Battaglia di Porta Collina, l'82 a.C.. Ormai capo indiscusso di Roma, Silla si autoproclamò dittatore a vita, e iniziò ad eliminare i suoi avversari politici; ordinò a Cesare di divorziare da Cornelia, poiché non era patrizia, ma Cesare rifiutò e temendo per la sua vita lasciò Roma, prima ritirandosi in Sabina e poi, raggiunta la giusta età, partendo per il servizio militare in Asia, come legato di Marco Minucio Termo.

Fu Minucio ad ordinare al giovane legato di recarsi presso la corte di Nicomede, sovrano del piccolo stato della Bitinia (di questa missione si parlò a lungo a Roma, e voci che Cesare avesse avuto una relazione con il sovrano si diffusero). In ogni modo, come legato di Minucio durante l'assedio di Mitilene, Cesare partecipò per la prima volta ad uno scontro armato, distinguendosi per il suo coraggio, tanto che gli fu conferita la corona civica, che veniva concessa al primo che attraversasse le mura di una città in battaglia. In seguito alle riforme promulgate da Silla, a chi fosse stata conferita una corona militare sarebbe stato garantito l'accesso al Senato.

Rientrato a Roma Minucio, Cesare rimase in Asia Minore, partecipando come patrizio romano a diverse operazioni militari che si svolsero in quella zona, come l'azione contro i pirati sotto il comando di Servilio Isaurico.

[modifica] Prime esperienze politiche

Dopo due anni di potere assoluto, Silla si dimise da dittatore ristabilendo il governo consolare. Cesare rientrò a Roma solo quando ebbe notizia della morte di Silla (78 a.C.), e il suo ritorno coincise con il tentativo di ribellione anti-silliana capeggiato da Marco Emilio Lepido e bloccato da Gneo Pompeo. Cesare, non fidandosi delle capacità di Lepido, non partecipò alla ribellione, e iniziò invece a dedicarsi alla carriera forense come pubblico accusatore e a quella politica come esponente dei popolari e nemico dichiarato degli ottimati.

Cesare sostenne l'accusa contro Gneo Cornelio Dolabella per concussione e contro Gaio Antonio Ibrida per estorsione nei confronti dei Greci; entrambi gli accusati erano membri influenti del partito degli ottimati e in entrambi i casi, anche se l'accusa fu portata con dovizia, perse le cause; tuttavia in questo modo si accreditò come importante rappresentante tra i popolari, anche se l'esito per lui negativo dei processi lo convinse a lasciare Roma una seconda volta. Mentre si recava a Rodi per i suoi studi di filosofia fu rapito dai pirati, e egli stesso convinse i rapitori a chiedere un riscatto molto alto, in modo da aumentare così il suo prestigio a Roma. Dopo la liberazione organizzò una spedizione, catturò i pirati e li fece condannare a morte per crocifissione.

Dopo aver retto la carica di questore in Spagna (69 a.C.), Cesare fu eletto Edile curule (aediles curules) nel 65 a.C., pontefice massimo nel 63 a.C. e pretore nel 62 a.C.. Aderì al programma antioligarchico di Catilina e sostenne il suo progetto di congiura, ma non ne rimase danneggiato.

Cesare era stato anche al servizio del generale Pompeo, con il quale avrebbe più tardi diviso il potere. Dopo la morte della moglie Cornelia 68 a.C., sposò Pompea, nipote di Silla, per poi divorziare da lei nel 62 a.C. in seguito a uno scandalo. Nel 61 a.C. Cesare fu governatore della provincia della Spagna ulteriore, e nel 60 a.C. fu eletto console.

[modifica] Cursus honorum

Nel 59 a.C., l'anno del suo consolato, Cesare formò una alleanza strategica con due altri capi politici, Crasso e Pompeo. Crasso era l'uomo più ricco di Roma; Pompeo era in quel momento il generale con più successi alle spalle. Cesare portò al servizio dell'alleanza la sua popolarità politica e il suo prestigio. Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare. Questo accordo non ufficiale fu poi chiamato dagli storici Primo Triumvirato.

[modifica] Guerra in Gallia

Nel 59 a.C. fu anche governatore della Gallia Narbonese, della Gallia Cisalpina e dell'Illiria. Come Proconsole in Gallia (58 a.C. - 49 a.C.) ingaggiò la guerra contro vari popoli, sconfiggendo gli Elvezi nel 58 a.C., i Belgi ed i Nervii nel 57 a.C. ed i Veneti nel 56 a.C.. Nel 55 a.C. tentò la prima invasione della Britannia, e nel 52 a.C. sconfisse una coalizione di Galli guidati da Vercingetorige. Il Comandante gallico si trovava assediato ad Alesia, capitale del suo regno, mentre Cesare lo attaccava cingendo la città con una robusta palizzata. Nel frattempo un immenso esercito gallico si era radunato e marciava su Alesia per rompere l'assedio, ma Cesare, avendolo saputo, eresse una seconda palizzata per coprirsi le spalle. I Galli attaccanti furono in questo modo duramente sconfitti e Cesare assicuro' a Roma il dominio sull'intera regione.

I suoi commentari di queste campagne sono raccolti nel De Bello Gallico (Sulla guerra gallica).

[modifica] Guerra civile

Per approfondire, vedi la voce Guerra civile romana (49 a.C.).

Dopo la morte di Crasso, ucciso nel 53 a.C. durante la guerra contro i Parti, si aprì una spaccatura fra Cesare e Pompeo, ingigantita anche dalla morte di Giulia, figlia di Cesare nonché moglie di Pompeo, in seguito al parto. Invitato nel 50 a.C. dal Senato a sciogliere il suo esercito di ritorno dalla Gallia, Cesare rifiutò provocando lo scoppio della guerra civile. Un indovino allertò Cesare sulla sua futura sorte: gli fu raccomandata prudenza sul Rubicone, il fiume che allora segnava il confine del pomerio e dei territori controllati da Roma e che un generale non poteva passare in armi.

Cesare varcò il fiume il 10 gennaio del 49 a.C., e inseguì Pompeo fino a Brindisi, sperando di poter rimettere in piedi un'alleanza ormai vecchia di dieci anni. Tuttavia Pompeo lo evitò e Cesare compì allora una sorprendente marcia di 27 giorni sino in Spagna, per incontrarvi il luogotenente di Pompeo. Successivamente si diresse di nuovo verso oriente, per sfidare Pompeo in Grecia. Il 10 luglio del 48 a.C. evitò di poco una catastrofica sconfitta a Dyrrhachium (Durazzo), mentre la battaglia decisiva ebbe luogo a Farsalo, il 9 agosto del 48: Cesare sconfisse il suo ex alleato e amico e fu quindi nominato console per 5 anni, mentre Pompeo fuggì in Egitto, dove fu poi assassinato da un sicario del re Tolomeo XIII.

Non contento del vantaggio guadagnato, Cesare si recò egli stesso in Egitto, e qui si impegnò per sostenere Cleopatra, che per la legge egiziana divenne sua moglie e dalla quale ebbe un figlio, (Cesarione, poi fatto uccidere da Ottaviano Augusto). Quindi sconfisse successivamente gli ultimi sostenitori di Pompeo a Tapso (46 a.C.) e Munda (45 a.C.).

[modifica] La dittatura

Il c.d. busto di Acireale che è stato supposto possa ritrarre Giulio Cesare
Il c.d. busto di Acireale che è stato supposto possa ritrarre Giulio Cesare

Dopo esser stato nominato dictator per 10 anni nel 46 a.C., divenne l'anno seguente dittatore e Console a vita e fu chiamato Padre della Patria (Pater Patriae). Sempre nel 46, nella sua qualità di Pontefice Massimo, promulgò il calendario giuliano - basato sul ciclo delle stagioni ed elaborato dall'astronomo egiziano Sosigene di Alessandria - che fu da allora il calendario ufficiale di Roma e dei suoi domini (la Chiesa ortodossa tuttora usa il calendario giuliano come proprio calendario liturgico). Il mese di quintilis fu ribattezzato iulius in suo onore.

Furono erette sue statue a fianco di quelle degli antichi re ed ebbe un trono d'oro in Senato ed in Tribunato. Nella Vita di Augusto, Nicolao Damasceno racconta che una mattina su una di queste statue venne posto un diadema, ritenuto simbolo di regalità e di schiavitù. Due tribuni della plebe, Lucio e Gaio, sconcertati, fecero togliere il diadema e accusarono Cesare di volersi proclamare re di Roma, ma questi convocò immediatamente il Senato e accusò a sua volta i tribuni di aver posto il diadema per screditarlo: i due vennero cacciati e sostituiti.

Ancora più importante è l'episodio dei Lupercali, una festività romana durante la quale Marco Antonio mise un diadema sulla testa di Cesare. Questi lo rifiutò e lo gettò via, ma Antonio lo ripose per una seconda volta. Il popolo allora applaudì e lo salutò dicendo "Salve, re!". In risposta Cesare ordinò di mettere il diadema sulla testa di Giove Ottimo Massimo, la maggiore divinità romana.

Una vexata quaestio è costituita dall'interpretazione delle volontà e delle aspirazioni politiche del Cesare degli ultimi anni di vita: non è chiaro se la dittatura perpetua dovesse essere nelle sue intenzioni la "fase suprema" del suo potere o se invece fossero da lui nutrite anche ambizioni monarchiche. A partire dalla tesi classica di Eduard Meyer, il quale intravedeva nelle mire cesariane la volontà di istituire una monarchia di tipo ellenistico, gli studiosi si sono fondamentalmente divisi tra coloro che sostengono questa teoria, coloro che invece pensano ad un modello monarchico di tipo romuleo e vetero-romano (Andreas Alföldi e Joseph Vogt), e quelli che, infine, negano decisamente qualsiasi progetto regale (si vedano di recente gli studi di Giuseppe Zecchini e Augusto Fraschetti). La questione è assai difficilmente risolvibile, anche se alcuni dati fanno pensare seriamente ad un Cesare assai affascinato dai modelli monarchici orientali; si pensi al prolungato soggiorno alessandrino e al rapporto con Cleopatra (alla quale aveva fra l'altro dedicato un'immagine d'oro nel suo Foro), o alla politica edilizia di chiaro stampo dinastico, o infine al progetto di matrice alessandrina (e anche pergamena) di apertura di una biblioteca pubblica a Roma. Va anche cosiderato che al centro del foro di Cesare troneggiava una statua equestre di Alessandro Magno con il volto del dittatore romano, e che, prima della spedizione contro i Parti nel Mediterraneo orientale, venne fatto circolare un oracolo in base al quale quel popolo avrebbe potuto essere sconfitto solo da un re.

[modifica] La morte

Monete che raffigurano Cesare
Monete che raffigurano Cesare

Cesare fu assassinato in Campo Marzio nei pressi del Teatro di Pompeo, (dove si riuniva il Senato dopo che la sua sede era andata distrutta in un incendio), alle Idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C.. Fu accoltellato (secondo la leggenda con 23 pugnalate) da un gruppo di cospiratori nostalgici della Repubblica, che mal sopportavano il suo potere assoluto e lo accusavano di nutrire ambizioni monarchiche. Fra i cospiratori c'era Bruto, forse suo figlio naturale; il secondo attentatore eccellente fu Gaio Cassio Longino, altro repubblicano che come Bruto aveva ottenuto da Cesare la grazia. Cesare cadde ai piedi della statua di Pompeo, pronunciando ultime parole che sono state riportate in vario modo:

  • "Καὶ σὺ, τέκνον;" (Kai su, teknon? (in greco, "Anche tu, figlio?")
  • Tu quoque, Brute, fili mi! (in latino, "Anche tu Bruto, figlio mio!")
  • Et tu, Brute? (in latino, "Anche tu, Bruto?"), che è la versione riportata da William Shakespeare nella tragedia Giulio Cesare.

Narra una leggenda che la moglie Calpurnia (che aveva sposato nel 49 a.C.) lo avesse messo in guardia in seguito a una premonizione avuta la notte precedente, ma che Cesare avesse risposto: "Non dobbiamo aver paura che della paura".

Dopo la sua morte, scoppiò una lotta fra i suoi nipoti per accaparrarsi il potere: il figlio adottivo Ottaviano, il suo luogotenente Marco Antonio, ed i suoi assassini Bruto e Cassio. Ottaviano in seguito prevalse e divenne il primo Imperatore Romano, con il nome di "Cesare Augusto".

[modifica] Personalità di Cesare

Un'altra immagine di Giulio Cesare
Un'altra immagine di Giulio Cesare

Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, particolarmente significativi sono due, quello del suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio nelle sue Vite dei Cesari, e quello morale, tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della seconda Filippica.

Ecco quello di Svetonio:

"Cesare era di alta statura, aveva una carnagione chiara, florida salute[...] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso. Per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli[...] Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta".

Non meno incisivo quello di Cicerone:

"Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura, attività, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una città, ch'era stata libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione".

I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei suoi detrattori che dei suoi stessi soldati. La sua fama di rubacuori a tutto campo veniva sintetizzata da Cicerone secondo cui egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti".

[modifica] Cesare come storico e scrittore

Busto nel Castello Odescalchi di Bracciano
Busto nel Castello Odescalchi di Bracciano

La sua opera di scrittore - racchiusa principalmente nei suoi commentari sulla guerra in Gallia (De bello gallico) e sulla guerra civile contro Pompeo e il Senato (De bello civili) - pone Giulio Cesare tra i più grandi maestri di stile della prosa latina.

Le narrazioni, apparentemente semplici ed in stile diretto, sono di fatto un annuncio molto sofisticato del suo programma politico, in modo particolare per i lettori di media cultura e per la piccola aristocrazia d'Italia e delle province dell'Impero.

Le sue principali opere letterarie giunte sino a noi sono:

Le opere perdute includono: diverse orazioni (in una di esse - l'elogio funebre della zia Giulia - si affermava la discendenza della gens Iulia da Iulo-Ascanio e quindi da Enea e Venere); un trattato su problemi di lingua e stile (De analogia), terminato nell'estate del 54; vari componimenti poetici giovanili; una raccolta di detti memorabili; un poema sulla spedizione in Spagna nel 45; un pamphlet in due libri, intitolato Anticato o Anticatones, contro la memoria di Catone Uticense, scritto in polemica con l'elogio di Catone composto da Cicerone.

Infine, opere spurie sono, oltre al libro ottavo del De bello gallico, le ultime tre opere del cosiddetto Corpus Caesarianum, ossia

e i resoconti degli ultimi avvenimenti della guerra civile, composti da ufficiali di Cesare.

Gli autori di queste opere spurie erano probabilmente dei luogotenenti molto fedeli a Cesare. In particolare, si presume che l'autore dell'VIII libro del De Bello Gallico abbia avuto l'intento di coprire con la sua opera il lasso di tempo storico intercorso fra il De bello Gallico e il De bello civili.

[modifica] Cronologia


[modifica] Il nome Cesare

Il nome "Cesare" rimane in molte lingue come sinonimo di Comandante, leader; il tedesco Kaiser ed il russo Zar derivano dal nome di Cesare, e ci furono molti successivi Imperatori con quel nome. Infatti, la pronuncia latina del nome era Cáesar, il cui dittongo si è mantenuto in tedesco.

La radice stessa potrebbe non essere di origine latina: nella stele di Rosetta si trova un geroglifico egiziano che è stato trascritto come k-e-s-r-s e si suppone correlato al senso latino. Più interessante, è stato detto che il latino Cesare potrebbe essere di derivazione persiana Kasrá=Chosroës e della sua forma plurale Akásirah (titolo di quattro grandi dinastie di re Persiani), fra cui Ahasuerus o Khshayarsha (Serse I, nipote di Ciro il Grande); eventuali relazioni con kisri e kasra sono state considerate come meno significative, anche perché più riferite ad epoche posteriori (Sassanidi).

Certo è che il nome, in origine, veniva spesso dato a bambini nati con parto cesareo e, a detta di Plinio, lo stesso Giulio Cesare era "natus a cæso matris utero", ovvero "nato dall'utero tagliato della madre", da cui il nome; pertanto è molto probabile che l'origine del nome sia da ricondursi a questo, come affermato da Plinio.

Nota: il praenomen "Gaio" è forma corretta rispetto al pur comune "Caio". La forma "Caio", infatti, si è diffusa a seguito di una errata interpretazione dell'abbreviazione epigrafica "C." (cfr., tra gli altri, Conte, Pianezzola, Ranucci, Dizionario della lingua latina, sub voce Gaius: «il fraintendimento dell'abbr., in cui la G si scriveva, per conservazione di grafia arcaica, C., ha generato la forma Caio»).

[modifica] La memoria di Cesare

Foro Romano, omaggi al tempio del Divo Giulio
Foro Romano, omaggi al tempio del Divo Giulio

L'Umanesimo e il Rinascimento tramandarono nella cultura classica europea un'immagine assai forte della storia romana e dei suoi personaggi, che per secoli furono vissuti come modello, esempio e paradigma di sentimenti sia privati sia politici (basti pensare a Shakespeare), che perdurò fino al periodo romantico. Cio è particolarmente vero nel caso di Giulio Cesare, come si puo vedere nella foto qui a fianco, unico tra i romani antichi a ricevere ancor oggi piccoli omaggi floreali, deposti sulle rovine della sua ara nel Foro romano.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni



Predecessore:
Lucio Afranio
Quinto Cecilio Metello Celere
Console della Repubblica Romana
con Marco Calpurnio Bibulo

59 a.C. (I)
Successore:
Lucio Calpurnio Pisone Cesonino
Aulo Gabinio
Predecessore:
Lucio Cornelio Lentulo Crure
Gaio Claudio Marcello il Vecchio
Console della Repubblica Romana
con Publio Servilio Isaurico

48 a.C. (II)
Successore:
Quinto Fufio Caleno
Publio Vatinio
Predecessore:
Quinto Fufio Caleno
Publio Vatinio
Console della Repubblica Romana
con Marco Emilio Lepido

46 a.C. (III)
Successore:
Gaio Giulio Cesare
Predecessore:
Gaio Giulio Cesare
Marco Emilio Lepido
Console della Repubblica Romana
45 a.C. (IV)
Successore:
Gaio Giulio Cesare
Marco Antonio
Predecessore:
Gaio Giulio Cesare
Console della Repubblica Romana
con Marco Antonio

44 a.C. (V)
Successore:
Aulo Irzio
Gaio Vibio Pansa



Predecessore:
Lucio Cornelio Silla
Dittatore della Repubblica Romana
46 a.C.-44 a.C.
Successore:
nessuno


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