Valentiniano I
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Valentiniano I (latino: Flavius Valentinianus; Cibalis, Pannonia, 321-17 novembre 375) fu imperatore romano (26 febbraio 364-17 novembre 375).
Il padre di Valentiniano era un valente ufficiale dell'esercito, e lui intraprese con successo la carriera militare. Nel 362 l'imperatore Giuliano lo mandò in esilio a causa della sua fede cristiana. L'anno dopo però salì al trono Gioviano, che riprisitinò il cristianesimo e richiamò Valentiniano nell'esercito, affidandogli infine il comando di un'unità delle truppe personali dell'imperatore (schola palatina).
Alla morte di Gioviano, i comandanti dell'esercito nominarono Valentiniano imperatore. Era il 26 febbraio 364 e lui aveva quarantatré anni. Subito dopo l'elezione Valentiniano nominò suo fratello Valente imperatore d'oriente, mentre prese per sé la pars occidentis. Già altre volte c'era stata una suddivisione del potere (fin dal II secolo), in particolare durante la tetrarchia (293-312), ma da adesso in poi questa rimase una prassi definitiva.
L'esercito fu subito chiamato in causa dalla rivolta di Procopio, un discendente di Giuliano, ma Valente sconfisse la sua armata nel 366 e giustiziò il ribelle. Ma il pericolo maggiore erano i Germani che dal confine Reno-Danubio, premevano sul territorio romano con frequenti incursioni. Come avevano fatto tutti gli imperatori dai tempi di Diocleziano, anche Valentiniano stabilì la sua sede a Milano per essere più vicino ai campi di battaglia. Dapprima dovette combattere gli alemanni che avevano conquistato Magonza - quindi decise di trasferirsi a Parigi e poi ancora più a nord per combattere i sassoni che cercavano di invadere l'Inghilterra. Alla fine risiedette in Germania per sette anni, costruendo un limes fortificato sul Reno e una fortezza a Basilea. Come tradizione cercava di dividere le diverse tribù e scagliarle le une contro le altre; inoltre i soldati sconfintti venivano insediati nei territori romani come coloni.
Nel 372 iniziò in Africa la rivolta di Firmo, ribellatosi contro il corrotto comes Romano. Valentiniano inviò nella provincia Teodosio, che dopo una lunga campagna debellerà la rivolta nel 375, quando Valentiniano promulgherà degli editti contro i donatisti, rei di avere supportato Firmo.[1]
Nel 374 si recò sul Danubio combattendo i Quadi e i Sarmati, una tribù nomade di orgine alto-iranica. L'anno seguente, il 17 novembre, morì durante un colloquio con i Quadi per un ictus cerebrale.[2]
La prima moglie fu la madre di Graziano, la seconda di Valentiniano II.
[modifica] Politica interna e religiosa
Sembra che il governo di Valentiano sia stato equo e tollerante. Certamente aveva più attenzione ai suoi soldati, che alla decadente classe senatoria. Innalzò le loro paghe anche pagandoli in natura - una caratteristica del tardo impero - come per esempio con bestiame. Per sopperire alle spese militari però dovette aumentare vertiginosamente le tasse, che erano soprattutto a carico dei proprietari terrieri. Difese sistematicamente i deboli, istituendo dei "difensori del popolo", fondò scuole e garantì la copertura sanitaria ai sudditi abitanti in Roma. Uno dei principali storici di questo periodo, Ammiano Marcellino, sostiene però che fu un giudice troppo severo, che ordinava assassini contro gli oppositori e che non commutò mai una condanna a morte.
Fervente cristiano, casto e di modi semplici, con l'aiuto del papa Damaso I nel 371 adottò una non comune politica di tolleranza religiosa. Sempre secondo Ammiano Marcellino "nessuno doveva essere infastidito con ordini di adottare questo o quel culto".
[modifica] Note
- ↑ Roberts, Walter, "Firmus (ca.372-ca.375 A.D.)", De Imperatoribus Romanis
- ↑ Ammiano Marcellino, Res gestae, 30.6.1-6.
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