Boris Nikolaevič El'tsin
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Boris Nikolaevič El'tsin (Борис Николаевич Ельцин, IPA /bʌ'ris nɪkʌ'lajɪvɪʧ 'jɛlʲʦɪn/), (Butka (Oblast di Sverdlovsk), Russia, 1 febbraio 1931), uomo politico russo, è stato presidente della Russia dal 1992 al 2000. Salì al Cremlino nel 1991, quando il mondo si preparava a dare l'ultimo saluto all'URSS, tra le ultime riforme di Mikhail Gorbačëv e le indipendenze degli Stati confederati con effetto "domino" che condussero alla nascita del CSI.
[modifica] Biografia
Fece i suoi studi superiori a Berezniki (Krai di Perm), e poi studiò al Politecnico di Sverdlovsk. Nel 1961 aderì al Partito Comunista dell'Unione Sovietica, di cui diventò funzionario nel 1969 e direttore della sezione dell'Oblast di Sverdlovsk nel 1977.
Proseguendo nella carriera del partito, il 24 dicembre 1985 venne promosso a direttore della sezione di Mosca da dove venne allontanato due anni più tardi, al presentarsi delle prime critiche alla lentezza delle riforme che Gorbačëv stava effettuando.
Nel marzo del 1989 venne eletto deputato al Congresso dei deputati del popolo dell'Unione Sovietica e in maggio del 1990 fu nominato Presidente del Praesidium del Soviet Supremo della RSSF Russa. Nel giugno del 1990 dichiarò la sovranità della Russia, dimettendosi dal Partito comunista e il 12 giugno 1991, El'cin venne eletto, con il 57% dei voti, con la prima elezione a suffragio universale, presidente della Repubblica Russa, in un clima politico vigente il confronto tra comunisti, nazionalisti e capitalisti.
Boris El'cin, con la sua elezione a presidente della Russia, divenne rivale di Gorbačëv e parve deciso a imprimere un ritmo più radicale al processo riformatore.
Nell'agosto 1991 in una condizione di confusione e catastrofica situazione economica, i comunisti conservatori azzardarono l'estremo tentativo di un colpo di Stato, che fallì miseramente per la resistenza opposta a Mosca e guidata fermamente da El'cin, evento che rafforzò la sua immagine a discapito di Gorbačëv sempre più emarginato ed accusato d'aver lasciato fronte aperto ai reazionari del golpe. Il partito Comunista venne messo al bando e i suoi beni confiscati.
Il progetto di Gorbačëv di salvare l'URSS fallì miseramente; cosicché il 25 dicembre 1991 rassegnò le dimissioni e il giorno dopo l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cessò formalmente di esistere.
Boris El'cin firmò lo scioglimento dell'URSS senza tener conto del referendum del 17 marzo 1991, in cui gli elettori furono chiamati a rispondere alla seguente domanda: "Ritenete opportuno il mantenimento dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste come rinnovata federazione di repubbliche sovrane, nelle quali diritti e libertà di ogni individuo di qualunque nazionalità saranno pienamente garantiti?" A tale domanda la maggioranza dei sovietici (circa 75 - 80%) rispose affermativamente, ma tale volontà venne ignorata da El'cin che in segreto, spinto da alcuni capi di stato occidentali, firmò gli accordi per lo scioglimento dell'Unione.
Gli accesi conflitti tra il Congresso e El'cin, sfociarono a ottobre 1993, nell'attacco dell'esercito alla sede del Congresso, che portò alla morte di centinaia di deputati, il palazzo della duma fu attaccato dai carri armati, e migliaia di manifestanti che si erano recati a Mosca per protestare contro le riforme liberali attuate senza il consenso del parlamento.
Nonostante l'economia faticasse a riprendersi, la popolazione povera non diminuisse, vi fossero sempre più crisi militari (come la Cecenia) e la malavita organizzata aumentasse, nel 1996 Boris El'cin venne riconfermato presidente.
Con una salute precaria segnata dal notevole abuso di alcool e fumo, con un'economia nazionale portata alla rovina e con la corruzione pubblica in aumento, il 31 dicembre 1999 Boris El'cin si dimise da presidente russo, lasciando il posto all'attuale presidente Vladimir Putin.
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Predecessore: Oleg Lobov |
Primo ministro della Russia 1991–1992 |
Successore: Yegor Gaidar |
Predecessore: Nessuno |
Presidente della Russia 1991-1999 |
Successore: Vladimir Putin |