Canti della Resistenza
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I canti della Resistenza rimandano non solo al ricordo della lotta partigiana, ma richiamano anche un più ampio concetto di libertà. Nella memoria collettiva degli italiani, la Resistenza viene identificata con Bella ciao. Altri canti estremamente popolari furono Fischia il vento e la Badoglieide.
[modifica] Bella ciao
La circolazione di Bella ciao durante la Resistenza risulta circoscritta alle zone di Montefiorino, nel Reggiano, e dell’alto bolognese, oltre a quelle delle Alpi Apuane e del reatino.
Cantata pochissimo, e comunque tardivamente, fu in zone del Nord Italia come Piemonte, Lombardia e Friuli. Le indagini storiche e le ricerche degli studiosi ci dimostrano che Bella ciao si riallaccia, per vari aspetti, a canti precedenti. Considerando il testo, la melodia, il battito delle mani che accompagna il ritornello si notano questi fattori:
- il testo appare molto simile a un’antica canzone dal titolo Fiore di tomba (ma anche Il fiore della Teresina o Il fiore della Rosina), che ha però una musica diversa, in particolare nei motivi della tomba e del fiore.
- la musica presenta un motivo quasi identico a quello di un’altra antica canzone, dal titolo Bevanda sonnifero. E’ interessante notare che, se il testo è di natura del tutto diversa, vi compare la tipica ripetizione della parola "ciao".
- la musica si ritrova anche in una canzone delle mondine che fu cantata fu cantata (almeno) nel 1932/33 e reso famoso nella registrazione originale di Giovanna Daffini.
- Quanto al battito delle mani sono stati scoperti dei canti per bambini, diffusi prima della Seconda Guerra Mondiale, che ci offrono la chiave per capire questo aspetto dell’esecuzione di Bella ciao. Quei canti servivano per educare i bambini piccoli a coordinare i movimenti. Si poneva il bambino sulle ginocchia, e, mentre si cantava, si battevano le mani secondo un certo ordine che egli doveva ripetere.
Durante la Resistenza tornano ad essere popolari canti della Prima Guerra Mondiale come Ta pum, Monte Canino e Sul ponte di Perati. Di Nuto Revelli sono i versi di Pieta’ l’è morta, scritta nella primavera del 1944. Le strofe erano da cantarsi sull’aria di Sul ponte di Perati, canto della Prima Guerra Mondiale.
[modifica] Fischia il vento
Il canto più popolare tra i combattenti partigiani è Fischia il vento. Beppe Fenoglio, nel Partigiano Johnny, definisce quella canzone "travolgente", ricordandola come "una vera e propria arma contro i fascisti".
La genesi di Fischia il vento conferma la scarsa originalità del canto partigiano. Quei versi, cantati sulla melodia di una canzone russa di M. Isakovsky e M.Blanter intitolata Katjuša, erano stati, almeno all’inizio, composti da Giacomo Sibilla, partigiano di Oneglia, il quale aveva appreso quel canto nell’estate del 1942 mentre si trovava prigioniero in Unione Sovietica. Dopo l’8 settembre Sibilla, assunto il nome di battaglia "Ivan", entra a far parte di una banda partigiana operante nella zona di Imperia e in quel gruppo inizia a strimpellare sulla chitarra la melodia russa sulla quale un altro partigiano, Felice Cascione, medico nella vita civile, compone i primi versi, successivamente rimaneggiati attraverso una serie di passaggi fra compagni partigiani.
Attraverso il testo di Cascione, una melodia russa che parlava del lontano amore di un soldato impegnato a difendere "la sua terra e la sua patria", ma il testo amoroso (I meli e i peri erano in fiore / la nebbia scivolava con il fiume / Katyusha scendeva alla riva / all'alta riva rocciosa e scoscesa...) non si conserva nella versione partigiana italiana. Fischia il vento si trasforma in un inno partigiano che si diffonde nelle zone del Nord Italia.
Altri canti della Resistenza sono: Il bersagliere ha cento penne, Là su quei monti, Pietà l'è morta, Se non ci ammazza i crucchi, La Brigata Garibaldi, La preghiera del partigiano, Dalle belle città e altri.
[modifica] Musica leggera
Nel contesto della guerra partigiana alcune canzoni del repertorio leggero assumono un significato del tutto diverso da quello originario. Ricordiamo E’ arrivata la bufera di Renato Rascel, che nell’intonazione dei partigiani alludeva agli effetti dei bombardamenti americani sulle citta’ italiane.
Gli alleati, che percorrono la penisola italiana dopo essere sbarcati in Sicilia nel 1943, portano in Italia musiche e melodie nuove, dal jazz allo swing al boogie.
Gli italiani, dopo un ventennio di Fascismo, respirano "il vento di libertà" portato d’oltreoceano anche attraverso i dischi 78 giri che diffondono le voci e le canzoni di Duke Ellington e Frank Sinatra. Motivi come In the mood, un boogie lanciato negli Stati Uniti dall’orchestra di Glenn Miller, fanno da sfondo alle speranze di una nazione che anela di risorgere dalle miserie delle distruzioni belliche e, con l’arrivo degli alleati, gli italiani si riappropriano del ballo, proibito dalle autorità nel 1940 perché ritenuto poco in sintonia in un momento di così grande gravità.