Conflitto degli Ordini
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Il Conflitto degli Ordini fu uno scontro politico combattuto fra i plebei e i patrizi dell'antica Repubblica romana. Il conflitto nacque dal contratato desiderio della plebe di raggiungere le più alte carico governative e la parità politica. Il risultato fu raggiunto nel 287 a.C. dopo circa due secoli di contrasti.
[modifica] Tradizione
Il racconto tradizionale, la cui fonte primaria si trova nei primi libri di Ab Urbe condita libri di Tito Livio, narra che i patrizi, una volta preso il potere esecutivo detronizzando Tarquinio il Superbo e cacciando definitivamente la monarchia nel 509 a.C., si arrogarono il potere di limitare ai soli componenti del loro Ordine il governo della città - per un anno - con il titolo di Console. La plebe rimaneva "classe inferiore" a comporre la massa d'urto economica e militare e ai patrizi erano riservate tutte le magistrature, l'accesso esclusivo ai collegi sacerdotali e al Senato.
I patrizi, comunque, finirono per abusare della loro posizione dominante. Segnatamente, i patrizi utilizzavano pesantemente l'istituto del nexum per portare i debitori alla schiavitù, favorivano il loro Ordine nelle cause contro i plebei e annullavano le decisioni dei comizi centuriati.
Essendo l'esercito romano composto per lo più da cittadini agricoltori, le continue guerre della Città con i popoli vicini rendevano spesso impossibile alle famiglie della classe plebea, che si sostenevano con il diretto lavoro dei campi soprattutto del capofamiglia e dei figli maschi, pagare i debiti che contraevano per sopravvivere durante la loro assenza. La conseguente e fiscale applicazione del nexus permetteva al patriziato di impadronirsi delle terre e perfino delle vite degli sfortunati agricoltori-combattenti e dei loro famigliari.
Le leggi, fino al 450 a.C. circa (Promulgazione delle Leggi delle XII tavole da parte dei Decemviri), erano tramandate per tradizione orale da un pater familias al successore e solo i patrizi avevano accesso a questa conoscenza. L'ovvia conseguenza era che le interpretazioni delle leggi e perfino la decisione di quale fosse il giorno giusto per il dibattimento di una causa restavano in mano ai patrizi attraverso i collegi degli Aruspici che decretavano i "giorni fausti" e i giorni infausti. D'altra parte anche le leggi delle Dodici Tavole non portarono che miglioramenti limitati. La fissazione su bronzo e l'apposizione del testo alle colonne del Tempio resero necessario definire anche una serie di altre decicisioni accessorie, i giorni infausti, dovettero essere bem definiti e in quei giorno era chiusa ogni attività forense. Però le leggi stesse erano a volte terribili nell'opressione della plebe. Basti citare la legge che vieteva il matrimonio fra componenti dei due ordini e che fu abrogata dopo pochi anni con l'approvazione - fra immani contrasti- della Lex Canuleia nel 445 a.C..
In questa situazione di oppressione i plebei riuscirono ad ottenere l'istituzione del Tribuni della plebe la cui autorità per proteggereli dagli eccessi dei patrizi fu da questi accettata. Queste prime forme di emancipazione furono ottenute anche attraverso la secessione, la decisione, cioè di uscire in massa dalla Città e di non rientrarvi. Questo rese impossibile la chiamata della leva militare contro i confinanti e sempre pronti nemici e il patriziato dovette accettare questa diminuzione del potere quasi assoluto.
I contrasti continuarono per anni, fino al 367 a.C. quando Gaio Licinio Stolone e Lucio Sestio riuscirono a far promulgare le Leges Liciniae Sextiae. Con queste fu stabilito, che uno dei due consoli dovesse sempre essere eletto fra i componenti dell'Ordine plebeo. Non molto tempo dopo ai plebei fu, come conseguenza, aperto l'accesso alle cariche di Dittatore, Censoree Pretore.
La crisi politica che portò al termine del Conflitto degli Ordini avvenne nel 287 a.C. quando gli agricoltori, nonostante una legislazione ormai imponente, ancora impossibilitati a restituire i debiti per aver partecipato alle guerre, chiedero al Senato di essere sollevati dal gravame finanziario ma senza esito. Un'altra secessione fu dichiarata e venne risolta da Quinto Ortensio, plebeo, nominato dittatore, riuscì a riportare i plebei in città in un modo che ci è sconosciuto. Probabilmente ci fu la promessa di una legge adeguata e, infatti, fu approvata la Lex Hortensia che dava uguale peso ai decreti del Senato e alle Assemblee della Plebe. Da quel momento cessarono le differenze politiche fra i due Ordini anche se rimasero distinte certe forme, per lo più esteriori. Addirittura, verso la fine della Repubblica si assistette a casi di passaggi di membri del patriziato all'Ordine plebeo; famoso quello di Clodio Pulcro Publio in quanto, mentre ai plebei era concesso di salire a tutte le cariche, ai patrizi non era consentito essere eletti Tribuni della Plebe e ciò, paradossamlemte era una limitazione delle possibilità del cursus honorum.
[modifica] Cosa successe, in realtà?
La tradizione, a lungo accettata come vera e credibile, oggi viene contestata da molte parti, studiosi come Richard E. Miller arrivano ad affermare che non vi fu nessun Conflitto e che i Romani del tardo periodo repubblicano avevano male interpretato le loro fonti dando un valore diverso ad avvenimenti del tutto simili a quelli che accadevano ai loro tempi. Il nocciolo del problema consiste nel fatto che non vi sono notizie del periodo fornite da storici contemporanei. Polibio avrebbe potuto conoscere di persona dei nipoti di romani che avevano partecipato a questo Conflitto e non ne fa cenno. Gli storici che invece ne parlano in questi termini, come Livio o Cicerone, riportano fatti misti a racconti e invariabilmente riferiscono che non vi furono cambiamenti significativi nelle istituzioni romane per circa 500 anni.
Per esempio i "Fasti" riportano numerosi casi di consoli con nomi plebei nel V secolo a.C. quando l'accesso alla carica doveva, da tradizione, essere riservato ai patrizi. Una controipotesi di gentes patrizie diventate in seguito plebee è difficile da provare.
Un altro punto di contrasto è l'apparente assenza di rivolte armate mentre, come si nota nella storia della Repubblica romana, questo tipo di reazioni violente si generavano piuttosto in fretta. e nonostante tutto Livio non fa cenno di sommosse sanguinose ma solo di un paio di secessioni.
[modifica] Fonti
- Kurt Raaflaub, ed. Social Struggles in Archaic Rome: New Perspectives on the Conflict of the Orders (University of California Press, 1986)
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