Dialetto foggiano
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Foggiano (Fuggiànë) † | |
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Parlato in: | Italia (Foggia, capoluogo di provincia in Puglia) |
Persone: | 160.000 cittadini più migliaia di emigrati nel mondo |
Classifica: | non nelle prime 100 |
Filogenesi: |
Lingue indoeuropee |
Statuto ufficiale | |
Codici di classificazione | |
Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica | |
Per dialetto foggiano si intende la variante della lingua latina parlata a Foggia a partire dalla fondazione della città, risalente al secolo XI fino ad oggi. Rientra nei dialetti pugliesi settentrionali a loro volta connessi al gruppo: laziale-meridionale, campano, abruzzese, molisano, pugliese settentrionale.
Indice |
[modifica] Storia
Nel secolo XI la Capitanta fu conquistata dai Normanni (Battaglia di Civita, 1053. La più antica città romana prossima a Foggia era Arpi, ma essa era disabitata da qualche tempo. sul luogo di Foggia insisteva una "masseria" detta di Bassano. La coincidenza di Foggia che deriva da Fovea, voce molto diffusa nella Romània per dire 'fossa', con luogo basso, non consente un'altra seducente etimologia, più probabile, da Bassus, soprannome romano che valeva anche per Crassus, cfr. il vicino San Basso di Termoli. Ciò farebbe pensare che la fattoria fosse inserita in un piano di centuriazione dell'ager pubblicus attestato dalle foto aeree del Bradley. Si ha modo di pensare che sulla fattoria di Bassano, toponimo attestato fino al secolo XVI, sia stata realizzato il primo borgo normanno con cardo in Via Ricciardi e decumano nel primo tratto della futura via Arpi. Nel secolo XIII il borgo annette il santuario della Madonna dell'Icona Vetere, contraddistinta da tre fiamme sull'acqua e da pregnanti rituali, ed il palazzo fridericiano, dotandosi di mura. La città divenne, così, un centro burocratico collegato alla transumanza, ma non mancava di attività agro-pastorali, nel 1447 Alfonso d'Aragona, con la riforma della transumanza sanciva il carattere della città per i prossimo quattro secoli e per conseguenza della lingua. Foggia sarebbe stata invasa da pastori, specie abruzzesi, ogni anno, la sua fiera sarebbe stato un punto di incontro a livello internazionale. Altri momenti notevoli saranno il terremoto del 1731 che causò notevoli distruzioni e spinse la città fuori dalle mura e l'Abolizione del Tribunale della dogana, nei primi dell'800, che scacciò avvocati e giudici dalla città. La successiva Abolizione del Tavoliere con cessione dei terreni del Tavoliere ai privati segnò progressivamente la fine della transumanza, alla dimane dell'Unità, mentre già erano stati ceduti i terreni dei conventi.Questi episodi generarono un mutamento linguistico parallelo alla crisi della città che solo cominciò a riprendersi con il primo Novecento proiettandosi linguisticamente verso la Puglia anche se sopravvivono forme abruzzesi e napoletane. Le prime sono testimoniate dal tipo: u si per u sajë cioè 'lo sai', le seconde dal persistere delle forme del tipo: jamë 'andimao' opposte al tipo barese sciamë che giunge fino a Carapelle, alle porte della città. Tullio De Mauro, nella sua "Storia linguistica dell'Italia Unita" parla di una città precocemente italianizzata. Sull'argomento si veda. Nando Romano, Sull'ètimo di Foggia, Foggia, 1986 e Idem, I segreti delle vie di Foggia, La dogana antica, Foggia, 1998.
[modifica] Cenni di fonetica
Non è possibile trascrive il dialetto di Foggia con i segni dell'italiano in quanto l'italiano dispone di sette suoni vocalici mentre il dialetto di Foggia riconosce ben quattordici vocali compresi gli allofoni.(Useremo ë per "schwa", vocale muta) Il dialetto di Foggia riconosce il suo vocalismo nel sistema vocalico latino più diffuso, comune al gruppo di partenza, vedi qui sopra, ossia un gruppo proto-romanzo di sette vocali in cui gli esiti di I ed O brevi si uniscono con quelli di I ed O lunga. Dato comune all'italiano. Per cui voci come neve, dal latino NIVEM, e voci come seta, dal latino SETA, conservano uno stesso esito vocalico come in italiano. Mentre gallina (GALLINA)esita in i. Per fare un esempio contrastivo, in siciliano si ha: gaddhina, nivi, sita. Così i tipi UVA,NUCEM,HORA, che in siciliano passano ad u, mentre in italiano e toscano si basano su una u ed una o chiusa. Differentemente dal toscano il foggiano è contrassegnato da una complessa metafonia, ossia l'influenza delle vocali finali sulla tonica, per cui si dice purkë(PORCUS) opposto a pòrkë (PORCA), in tal modo la metafonia viene utilizzato per opporre maschile e femminile, singolare e plurale ed infine per le persone dei verbi (vèvë, vivë per bevo, bevi). E tuttavia Foggia conosce, come i dialetti pugliesi settentrionali altre alterazioni vocaliche, a seconda se la vocale latina si trovi in sillaba aperta e chiusa: u vindë (VENTUM) con e breve, e: apèrtë (APERTA) che si oppone al maschile apirtë con metafonia (APERTO). Lo schwa, o vocale muta, domina il panorama vocalica, ancorché atono, nella voce fëmmënèllë è presente per ben tre volte in una sola parola. Una ultima particolarità: non chiedete ai foggiani di pronunziare una è o una o chiusa. Nel pur ricco inventario vocalico del dialetto foggiano non esistono questi suoni, qualificandosi la è di rètë RETE, come una turbata anteriore colorata da una leggera procheilia (avanzamento delle labbra), mentre la o chiusa come una turbata posteriore aprocheila, es.: a rotë ROTA, IT. ruota. Così come è alterata la procheilia della u di uvë UVA, e della semicentrale i di gallinë che i giovani pronunziano come una e chiusissima. Sicché il dialetto foggiano dispone di tre i e tre u: es: gallinë (semicentrale) gallinë (e chiusissima) littë (letto) i molto chiuso, e uvë, già descritto, fukë (fuoco) u molto chiuso, brottë (brutto) o chiusissima. Il consonantismo invece mostra fatti connessi all'area come la sonorizzazione delle sorde post-nasali, per cui le consonanti occlusive sorde p, t, k, passano a b,d,k, dopo la nasale tipo: dendë (dente), kumbagnë (compagno), angorë (ancora) ed anche ns passa a nz (non zo). Fra i fenomeni sintattici notevole l'accusativo alla greca (a facciastortë: colei dalla faccia storta) o l'accusativo con preposizione ma solo nel caso di oggetto animato (e vist'a MMarië? Hai visto Mario?)che sta prendendo piede anche in italiano. (Nando Romano)
[modifica] Proverbi e detti in Foggiano
Avviso l'autore di questi proverbi che si tratta di materiale connesso alla voce folk-lore di Foggia e non dialetto di Foggia, intendendosi per dialetto un sistema linguistico. Purtroppo è una confusione diffusa di cui fa le spese specie la paremiologia, la scienza che si interessa dei proverbi, modi di dire e wellerismi. La trascrizione, anche per i limiti imposti dai caratteri, non rende giustizia al nostro bel dialetto. Proverò a ritrascriverne qualcuno, ovviamente senza una inchiesta dialettologia si tratta di una trascrizione empirica basata sulla mia pronunzia, me ne scuso.
T’u puje vève nd’a nu becchjre d’acque! - Te lo puoi bere in un bicchiere di acqua (lo si dice riferendosi ad una persone onesta, leale e cortese) T’u pute vøvë nd’a nu bbecchjìrë d’àkkwë!
E' murte 'u crejature e nen sîme chiù cumbare - È morto il bambino e non siamo più compari (succede che magari due persone per un periodo della loro vita abbiano interessi comuni e poi, di colpo, per mutate condizioni di vita, non si vedano più) E múrtë u crëjatûre e nën-zîme cchiù cumbarë (Chiu contiene una postpalatale senza la i)
Stake nu bagne d'acque - Sto in un bagno di acqua (lo si dice quando si è molto bagnati per il troppo sudore)
Santa Chiare, dope arrubate mettirene 'i porte de firre - A Santa Chiara dopo che rubarono, misero le porte di ferro (spesso si prendono provvedimenti solo dopo che sono avvenuti certi episodi; Santa Chiara è una chiesa di Foggia)
Chi sparte have 'a megghja parte - Chi divide ottiene la parte migliore (chi gestisce, riesce sempre a trarne benefici)
'U pésce féte d'a cape - Il pesce puzza dalla testa (quando una cosa va male, spesso la colpa è da attribuire non a chi ci lavora, ma a chi dirige le operazioni)
'U cretecante parle sémbe a pungeca' - La persona che critica,parla sempre per pungere (la persona abituata a criticare, parla sempre per far male)
Mazze e panélle fanne i figghje bélle - Botte e coccole fanno i figli belli (per crescere bene figli bisogna alternare severità e carezze)
E’ jute a cagnà l’acque all’aulìve - E’ andato a cambiare l’acqua alle olive (dicesi di una persona che è andata ad urinare, ricordando le operazioni che si fanno alle olive per la conservazione in salamoia)
Arravùgghje e camìne - Raccogli e cammina (fai finta di niente e tira avanti per la tua strada; arravùgghje letteralmente significa "attorciglia", ma in questo caso è utilizzato nel senso di raccattare la propria roba)
Gese Criste ‘i face e ‘a Madonne l’accocchje - Gesù Cristo li fa e la Madonna li accoppia (spesso ci si trovano insieme due persone strane che si uniscono in coppia e la loro unione suscita ilarità)
N'agghje fatte a 'timp a dice: "Crìste, ajuteme" - Non ho fatto in tempo a dire: "Cristo aiutami" (si dice quando un fatto è avvenuto in maniera improvvisa e imprevedibile)
Quìlle che sonde, tu hè ésse; quìlle che sinde, ije fuje - Quello che sono, tu sarai; quello che tu sei, io fui (monito che gli anziani ripetono ai giovani per portarli al rispetto della anziana età)
E’ jute abbàsce fertùne - E’andato in bassa fortuna (dicesi di persona che,una volta ricca e fortunata, si trova a dover affrontare una realtà nuova e meno favorevole)
Nen z’accatte né pesce a pùrte né càvele a l’ùrte - Non si compra né pesce al porto, né cavoli all’orto (le migliori fregature si prendono laddove si ha più fiducia)
Addummànne a l’acquarule si l’acque è fresche - Domanda all’acquarolo se l’acqua è fresca (non bisogna fidarsi di quelle cose dette da uno a cui conviene dirle)
Sìme arruàte a chi sì tu e chi so' ije - Siamo arrivati a chi sei tu e chi sono io (quando un litigio è violento, si arriva a dirsi tutto per sottolinearsi le diversità)
Quanne 'u diavele t'accarezze vôle l'aneme - Quando il diavolo ti accarezza vuole l'anima (si dice di quella persona che si mostra benevola verso un'altra persona per poi ottenere una risposta favorevole ad una richiesta)
Stèce appezzecàte k'a sputàcchje - Sta incollato con la saliva (si dice di un oggetto molto fragile o costruito male o con superficialità, prossimo allo sgretolamento)
Chi tanda tande e chi nìnde nìnde - Chi tanto tanto e chi niente niente (si dice quando si mettono a confronto due realtà opposte, per esempio i ricchi, che vengono privilegiati, e i poveri, che non ricevono agevolazioni)
'U vòve dice a l'àsene kernùte - Il bue dice all'asino cornuto (non bisogna guardare i difetti altrui perché non sempre sono differenti dai propri)
'U litte cume 'u faje accussi' 'u truve - Il letto come lo fai te lo ritrovi (se si lascia una cosa fatta male, anche dopo diverso tempo, la si ritrova nella identica situazione)
Chi paghe prìme è male servìte - Chi paga per primo è mal servito (chi si fida delle cose mai provate da nessuno può ricevere brutte sorprese)
Ha pigghiàte asse pe fegùre - Ha preso asso per figura (utilizzato per evidenziare uno sbaglio madornale riconducendo il tutto al gioco delle carte, in cui l'asso, che ha il valore massimo, viene buttato via per una carta comune)
I mègghje affare so' quìlle che nen ze fanne - I migliori affari sono quelli che non si fanno (detto da persone diffidenti nell'intraprendere nuove avventure)
'U Signore véde e pruvvéde - Il Signore vede e provvede (si dice a chi ha subito una disgrazia per consolarlo; equivalente dell'italiano Dio vede e provvede)
Famme prìme e famme fèsse - Fammi primo e fammi fesso (Inizia pure da me; corro il rischio di prendere un bidone; ho fiducia in te)
Hamme fatte citte citte 'mînze o mercate - Siamo statti zitti zitti nel mezzo del mercato (si dice quando una cosa ritenuta segreta viene a conoscenza di molti perché ascoltata da orecchie indiscrete)
Quanne 'u povere dace o ricche 'u diavele s'a rire - Quando il povero dà al ricco, il diavolo si fa una risata (si dice quando per ingiustizie sociali e per comportamenti fraudolenti, il povero è costretto a dare a chi sta molto meglio di lui)
È n'ome k'i mustazze - È un uomo con i baffi (dicesi di un uomo vero, di uno che sa comportarsi da vero uomo)
Articule quìnde, chi tène mmane ha vìnde - Articolo quinto, chi è di mano ha vinto (si riferisce a chi dispone del comando e dell'autorità per i propri comodi)
'A vite è n'affacciate de fenestre - La vita è una affacciata alla finestra (indica la brevità e la precarietà della vita ed incoraggia a viverla intensamente)
'A chiagne 'u murte sonde lacreme pérze - A piangere il morto sono lacrime perse (quando una cosa è successa bisogna guardare avanti, non bisogna abbattersi più del dovuto)
Aria nétte nen tène paure de sajètte - L'aria pulita non ha paura dei fulmini (se si ha la coscienza a posto, non si ha niente da temere)
È jute p'avé e è rumaste da dà - È andato per riscuotere e si è ritrovato debitore
È tutte fume e nìnde arrùste - È tutto fumo e niente arrosto (dicesi di una persona che cerca di ostentare più qualità di quelle che in effetti possiede)
Sò nùvele de passàgge! - Sono nuvole di passaggio (si usa per consolare qualcuno che ha avuto un evento avverso ma di rapida soluzione)
Fine che 'u midiche studie 'u malate môre - Mentre il medico studia, il malato muore (spesso se non si prende subito una decisione, la situazione precipita)
Nen m'avèsse arretrà 'a case - Non mi dovessi ritirare a casa (rappresenta un giuramento così determinato da mettere a repentaglio la propria incolumità)
Da Padrùne de bastemènde a barke d'affìtte - Da padone di bastimento a barca in affitto (si dice a chi è stato colpito da improvvisa sfortuna e che ha peggiorato la sua qualità di vita)
Ha da jì scàveze a Madonne ‘i ngurnàte! - Deve andare scalzo sino alla Madonna dell’Incoronata (dicesi di persona che ha ricevuto una fortuna o un qualunque evento favorevole)
I funge a rocchie e i fesse a cocchie - I funghi a gruppo e i fessi pure (un fesso sta sempre in mezzo ad altri come lui)
Nen decènne fessarìje cumé Barbanère - Non dire fesserie come Barbanera (Barbanera era un vecchio almanacco che riportava anche le previsioni meteorologiche che secondo molti non erano proprio attendibili)
D'o male pagatore acciaffe quille chè puje - Dal cattivo pagatore prendi tutto quello che puoi (quando una persona non è propensa a pagare i debiti, è meglio non essere rigidi e accontentarsi anche di una cifra inferiore perché è sempre meglio di non recuperare niente.
Chi me battêzze m'ê cumbàre - Chi mi battezza è il mio padrino (preferisco stare con chi mi dà un vantaggio, con chi sta dalla mia parte)
È bèlle ma n'abbàlle - È bello ma non balla (dicesi di una cosa o di una persona esteticamente bella ma inutile)
Gese Criste dace u pàne a chi nen téne i dìnde - Gesù Cristo dà il pane a chi non ha i denti (spesso capitano fortune a chi non ha le capacità per sfruttarle)
L'è venùte 'a botte - Gli è venuta una botta (ha avuto uno scatto d'ira)
Brutta 'nfasce, bèlle 'nghjazze - Brutta in fasce, bella in piazza (si dice di una ragazza dventata sempre più bella con il passare degli anni)
È nu cacasotte - È un cagasotto (dicesi di persona codarda)
'A vole 'ngànne a caccià nu solde - Si farebbe strozzare pur di non cacciare un soldo (dicesi di persona avara)
L'ha candàte tutte quande u calannàrie - Gli ha cantato tutto il calendario (gliene ha dette di tutti i colori)
'A carne se jette e i cane s'arraggene - La carne si butta (C'è talmente tanta carne che si puà buttare) e i cani si arrabbiano - (si dice quando ci si trova in una situazione di abbondanza, tutti si accalcano per goderne)
A cicere a cicere s'énghje 'a pegnate - Cece su cece si riempie la pignatta (un po' alla volta e con molta pazienza si realizza qualsiasi progetto)
'A case d'i puverille nen manchene stozze - Nella casa dei poveretti non manca il tozzo di pane (con questo detto si evidenzia la generosità della povera gente)
'A figghja môpe 'a mamme 'a 'ntende - La figlia muta è compresa dalla mamma (basta poco ad una mamma per comprendere un problema di un figlio)
'A gallina face l'uve e o galle 'i 'duscke 'u cule - La gallina fa l'uovo e al gallo duole il sedere (si dice quando la gente si vanta di oneri che magari sono a carico di altri)
'A carna triste n'a vòle manghe Criste - La carne triste non la vuole nemmeno Cristo (si dice quando muore spesso la brava gente, mentre delinquenti e cattivi continuano a vivere serenamente)
Chi cummérce cambe e chi fatiche more - Chi commercia vive, chi lavora muore (dicesi di quei lavori che richiedono meno sforzo di altlri ma procurano un guadagno maggiore)
Chi tire assaje, 'a zôche se spézze - Se tiri troppo la corda, questa si spezza (non bisogna mai chiedere di più di quello che si può ottenere)
Chi parle 'mbacce nen èje chiamate tradetore - Chi parla in faccia non viene chiamato traditore (Chi dice le cose chiaramente non viene identificato come traditore)
Chi tarde arrive male allogge - Chi tardi arriva male alloggia
Chi téne magne e chi nen téne magne e véve - Chi ha mangia, chi non ha mangia e beve (spesso capita che dichiara di non avere niente sta meglio di colui che è dichiarato benestante)
I solde fanne aprì l'ucchie e' cecate - I soldi fanno aprire gli occhi ai ciechi (i soldi sono in grado di corrompere qualsiasi cosa)
Chi spute 'ngile 'mbacce li véne - Chi sputa in cielo, in faccia gli torna (dicesi quando si accusa il prossimo di un qualcosa e poi lo si commette)
Crisce figghje, crisce purche - Cresci figli, cresci porci (dicesi quando il sacrificio speso per allevare i figli non viene riconosciuto dagli stessi, mentre, come dice il detto popolare, crescendo i maiali alla fine lo si può mangiare)
Hamme mesckate cénere e panne lurde - Abbiamo mischiato la cenere con i panni sporchi (dicesi quando si fa di tutta l'erba un fascio)
'U pulpe se coce 'nda l'acqua suja stésse - Il polpo si cuoce nella sua stessa acqua (dicesi quando si fa un'azione che poi si ritorce contro)
Mundagne e mundagne nen se 'ncondrene maje - Montagna e montagna non si incontrano mai (solo le montagne non si incontrano tra di loro, quindi prima o poi c'è la possibilità che le persone si incontrino nuovamente)
D'ogne témpéste véne a' fine - Ogni tempesta ha la sua fine (dopo un periodo burrascoso c'è un periodo di calma)
E' fatti i cunde senz'u tavernere - Hai fatto i conti senza il taverniere (dicesi quando si progetta qualcosa senza tenere in considerazione colui che decide)
Quanne te cuce é nen te scalfe, hadda fa' 'a néve - Quando ti bruci e non ti scotti, sta per nevicare (detto popolare "meteorologico")
Figghje, parînde e nepute quille chè faje èje tutte perdute - Figli, parenti e nipoti quello che fai è tutto perduto (dicesi quando si fa del bene ai parenti più stretti e non si viene neanche ringraziati)
E' megghje èsse curnute e no' male sendute - È meglio essere cornuti che non ascoltati (Lo si dice spesso quando si ha l'impressione che l'interlocutore non ascolti)
E' menate a préte e t'é 'mmucciate 'a mane - Hai tirato la pietra e hai nascosto la mano (dicesi quando si spettegola alle spalle e non si ha il coraggio di dichiararlo)
Fa màle e pinze, fa bene e scùrde - Fai del male e pensaci, fai del bene e dimenticatene (bisogna ricordarsi quando si fa del male a qualcuno in modo da non rifarlo, mentre se si fa del bene bisogna scordarselo per non richiedere cose in cambio)
Male nen facénne, paura nen havénne - Male non fare, paura non avere (se non si fa del male, non si deve temere nessuno)
Ije dike "Agghje" e quìlle responne: "cepòlle" - Io dico "aglio" e quello risponde "cipolla" (dicesi di persone che non si intendono)
N'a porte se chiude e nu purtone s'apre - Una porta si chiude e un portone si apre (dicesi quando una cosa va male: non c'è da preoccuparsi perché può sempre accadere qualcosa di più favorevole)
I péttele chè nen se fanne a Natale nen se fanne némméne a Capedanne - Le pettole che non si fanno a Natale non si fanno nemmeno a Capodanno (ogni cosa va fatta al momento giusto senza forzature)
'U cane d'a chjanghe adejune e lurde de sanghe - Il cane della macelleria è digiuno e sporco di sangue (dicesi quando colui che lavora di più ad un progetto poi è quello che ne gode meno degli altri)
Si jute a Napule p'accatta' nu curle - Sei andato sino a Napoli per comprare una trottola (dicesi quando si fa molta strada per cose che si potrebbero trovare sotto casa)
Mo se fàce terà 'a cavezètte - Ora si fa tirare la calza (dicesi quando qualcuno si fa pregare per fare una cosa che magari vuole e può fare anche senza l'insistenza di altri)
L'uteme pizze adda' èsse 'a récchie - L'ultimo pezzo deve essere l'orecchio (dicesi quando si vuole picchiare qualcuno con tanta violenza da lasciare come ultimo pezzo integro solo l'orecchio)
Sotte a 'sta mane nen chiove - Sotto questa mano non piove (dicesi quando si assicura la protezione a qualcuno)
Prumétte cérte e véne méne secure - Promette certamente e viene meno sicuramente (è facile fare promesse ma è ancora più facile non mantenerle)
Quanne vaja vaje, truve sèmbe 'a case accungiàte - A qualsiasi ora vai, trovi sempre la casa ordinata (dicesi quando si sta parlando di una donna maniaca dell'ordine in casa)
Stipe sirpe che truve anguille - Conserva serpenti e troverai anguille (bisogna conservare le cose che oggi non servono perché le stesse un giorno potrebbero risultare utili)
Nu padre cambe a' cinde figghje e cinde figghje nen ponne camba' nu padre - Un padre dà da vivere a cento figli e cento figli non riescono a far campare un padre (dicesi quando un padre, dopo essersi molto prodigato nei confronti dei figli, non riceve assistenza nel momento del bisogno)
Pure i pulece ténene 'a tosse - Pure le pulci hanno la tosse (dicesi quando qualcuno parla a sproposito o interviene su argomenti sui quali non ha competenza)
'U ciucce porte 'a pagghje e 'u ciucce s'a magne - L'asino porta la paglia e l'asino se la mangia (dicesi quando un invitato porta una vivanda e, invece di condividerla con gli altri commensali, ne usufruisce da solo)
Vache p'ajute e trove nu sderrupe - Vado per avere un aiuto e trovo un burrone (dicesi quando si cerca un aiuto a chi sta peggio di noi)
I ciucce fanne a lite e 'i varrile se sfascene - Gli asini litigano e i barili si rompono (dicesi quando si perde tempo a litigare e nel frattempo le situazioni cambiano e vengono meno i motivi per la lite stessa)
Tìne a capa frèsche - Hai la testa fresca (dicesi di colui che ha una mente giovane e allenata e per questo riesce in cose in cui una mente stanca non riesce)
Tíne l'acqua 'n cape - Hai l'acqua in testa (dicesi di persona poco intelligente, indica la presenza di acqua al posto del cervello; altamente offensivo)
Sop'o cutte l'acqua vullùte - Sopra al cotto, l'acqua bollita (dicesi quando una situazione già precaria subisce un evento avverso che la peggiora ulteriormente)
Se mène annànze pe nen cadé - Si butta avanti per non cadere (dicesi di una persona che ammette parzialmente una colpa per evitare che si indaghi sulle sue reali responsabilità)
Chi lasse a strade vecchje p'a nove, sape che lasse nen sape che trove - Chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa cosa lascia ma non sa cosa trova (dicesi quando si cambia e non si sa cosa ci si aspetta)
U càne muzzìcheje 'o strazzàte - Il cane morde lo straccione (dicesi delle avversità che colpiscono solo coloro che già versano in una situazione spiacevole)
[modifica] Bibliografia
Osvaldo Anzivino - Si dice a Foggia - ISBN 88-8431-043-1