Europa 7
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Europa 7 è un'emittente televisiva italiana, con regolare concessione di trasmettere (in modalità analogica terrestre), ma priva di frequenze, caso unico al mondo. È al centro della vicenda riguardante l'assegnazione di frequenze nazionali.
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[modifica] La nascita
Il circuito nasce per volontà dell'imprenditore Francesco di Stefano con cui sostituisce Italia 7 tra il 1997 ed 1998. Il palinsesto consiste nel mandare in onda più volte a giornata vari programmi di cui alcuni sono della precedente emittente e gli stessi film varie volte al mese a ciclo continuo. Una delle poche ed ultime cose autoprodotte con successo fu il "Seven Show" la cui ultima edizione venne condotta da Teo Mammuccari fino al 1999 e fino a poco tempo fa veniva continuamente replicato. Proprio in quell'anno Di Stefano decide di avventurarsi nel progetto di creare una televisione nazionale con frequenze proprie e deve cedere sia l'emittente di cui è proprietario, la laziale Tvr Voxson, sia il circuito (quest'ultimo verrà poi gestito dal gruppo Media 2001).
Nel corso degli anni il network si è via via ridimensionato arrivando ad oggi a contare solo 6 emittenti che coprono sette regioni. Dal gennaio 2006 poi non vengono più trasmesse serie animate, con una programmazione che si compone così di alcune pellicole cinematografiche e programmi di vario genere.
[modifica] La prospettiva come emittente nazionale
Nel luglio 1999, Francesco di Stefano, dopo aver messo da parte i soldi derivati dalla precedente attività di syndication (12 miliardi di lire), decide di partecipare ad una gara pubblica per l' assegnazione delle frequenze televisive nazionali (in totale 11: 3 per la RAI e 8 per i gruppi privati) con richiesta di 2 reti televisive: Europa 7 e 7 plus. Riesce a vincere una concessione per Europa 7, al posto di Rete 4, il quale perde così il diritto di trasmettere. La commissione ministeriale della gara nega la richiesta per 7 plus, ma Francesco di Stefano fa ricorso al Consiglio di Stato, il quale ordina al ministero di dare anche una seconda concessione.
Nel frattempo, Europa 7 si prepara per iniziare le nuove trasmissioni entro il 31 dicembre 1999 come prevede la licenza: il piano prevede 700 assunzioni, un centro di produzione a Roma di 20000 mq, composto da 8 studios e un importante library di programmi (nella graduatoria Europa 7 è prima in programmazione).
In ogni caso, fino ad oggi, Europa 7 non riuscirà mai a trasmettere; il ministero contravvenendo al risultato della gara pubblica non concede le frequenze, e con una autorizzazione ministeriale del 1999 (non prevista da nessuna legge) permette la prosecuzione delle trasmissioni analogiche a Rete 4, che in base alla gara pubblica non ne aveva diritto. Così comincia da parte della società Europa 7 una serie di ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, al Consiglio di Stato e alla Corte Costituzionale.
Nel novembre 2002, interviene la Corte Costituzionale, la quale con la sentenza 466/2002, decide (come nel 1994) che nessun privato può possedere più di 2 frequenze televisive e le reti eccedenti, in questo caso Rete 4 (e Tele+nero), devono cessare la trasmissione in via analogica terrestre. La Corte, inoltre, fissa un limite improrogabile entro il 31 dicembre 2003, e così dal 2004 le frequenze occupate da Rete 4 (che deve migrare sul satellite) devono andare ad Europa 7.
Nel estate del 2003, il ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri presenta un disegno di legge per il riordino del sistema radiotelevisivo italiano e l'introduzione della trasmissione digitale terrestre. La legge (nota come legge Gasparri) verrà approvata dal Parlamento il dicembre 2003, la quale permette a Rete 4 di continuare a trasmettere in via analogica terrestre in netto e palese contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale.
Successivamente, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rifiuta di firmare la legge come incostituzionale e la rinvia alle camere. Così, per poter garantire a Rete 4 di continuare a trasmettere via etere, il 24 dicembre 2003 il governo Berlusconi vara un decreto legge (noto come decreto "salva Rete 4"). La legge Gasparri si approva definitivamente nell'aprile 2004, anch'essa senza prendere in considerazione la sentenza 466/2002 della Corte Costituzionale.
Nel luglio 2005, il Consiglio di Stato [1], dopo il ricorso di Europa 7, ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di rispondere a 10 quesiti, dove si mettono in discussione le leggi italiane in materia di televisioni ed è in ballo una richiesta sempre da parte di Europa 7 per risarcimento danni da parte dello Stato di 3 miliardi di euro per la mancata attività televisiva. Il 30 novembre si è tenuta l'udienza alla Corte di Giustizia Europea che emetterà la sentenza a maggio 2007.
[modifica] Oggi
Oggi la società Europa 7 è praticamente ferma. Francesco Di Stefano, suo fondatore, intervistato da la Stampa ad aprile 2006, attende la sentenza della Corte di Giustizia Europea. La sua vicenda è seguita da pochissime persone: il giornalista di La Repubblica Giovanni Valentini, l'associazione Articolo 21 (in testa il portavoce Giuseppe Giulietti), Dario Fo e Franca Rame, Marco Travaglio, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e l'Italia dei Valori. Anche la stampa europea ha dato attenzione a questa vicenda, per esempio il noto giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, nell'estate 2003. E anche il ministro Gentiloni ha riconosciuto il problema irrisolto.