Giuseppe Di Matteo
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Giuseppe Di Matteo (1982-1995) figlio del pentito Santino Di Matteo, fu vittima di una vendetta trasversale di stampo mafioso. La sua morte è risaltata grandemente su tutti i giornali perché il cadavere del piccolo non fu mai trovato, essendo stato disciolto in una vasca di acido nitrico.
Egli fu rapito il 23 novembre 1993, a 11 anni, al maneggio di Altofonte (PA) da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato.
La famiglia cercò presso tutti gli ospedali cittadini notizie del figlio, ma quando, l'1 dicembre 1993, un messaggio su un biglietto giunse alla famiglia con scritto "Tappaci la bocca" e due foto del bambino che teneva in mano un quotidiano del 29 novembre 1993, fu subito chiaro che il rapimento era finalizzato a spingere Santino Di Matteo a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci e sull' uccisione dell' esattore Ignazio Salvo.
Il 14 dicembre 1993 Francesca Castellese, moglie di Di Matteo, denunciò la scomparsa del figlio. In serata fu recapitato un nuovo messaggio arrivò a casa del suocero (Giuseppe Di Matteo, padre di Santino) con scritto "Il bambino lo abbiamo noi e tuo figlio non deve fare tragedie". Dopo un iniziale cedimento psicologico il pentito non si piegò al ricatto, sebbene fosse angosciato dalle sorti del figlio, e decise di proseguire la collaborazione con la giustizia.
Brusca decise così l'uccisione del bambino, ormai fortemente dimagrito e indebolito per la prolungata e dura prigionia, e che venne strangolato e successivamente discolto nell'acido l'11 gennaio 1996 dopo 779 giorni di prigionia.