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HIV - Wikipedia

HIV

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici - Leggi il disclaimer
Virus dell'immunodeficienza umana
Virus HIV
Visione stilizzata di una sezione del virus
dell'immunodeficienza acquisita umana
Classificazione scientifica
Regno: Virus
Famiglia: Retroviridae
Genere: Lentivirus
Specie: Human immunodeficiency virus 2
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Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV, acronimo dall'inglese Human Immunodeficiency Virus), attualmente viene generalmente considerato il responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita AIDS. È un Retrovirus del genere Lentivirus. In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 ed HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America ed Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale ed Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente.

Indice

[modifica] Morfologia

Il virione di HIV ha un diametro di circa 100 nm e presenta un capside con forma icosaedrica ed un envelope che ospita le proteine di membrana virali gp120 e gp41. Il materiale genetico del virione è costituito da due copie di RNA a polarità positiva, le quali sono legate a due proteine basiche del peso, rispettivamente, di 7 e 9 Kd (denominate p7 e p9). Tale complesso, insieme alla trascrittasi inversa (una DNA polimerasi RNA-dipendente), alla proteasi ed all'integrasi è contenuto in una sezione centrale della particella virale denominata core. Esso presenta una struttura cilindro/conica ed è costituito completamente da una sola proteina (p24).
Tra il core e l'involucro lipoproteico si trova uno strato di materiale elettrondenso costituito completamente dalla proteina virale p17 miristilata. Si noti che la miristilazione è un fenomeno importante per la successiva interazione della p17 con la membrana cellulare al fine di dare avvio alla gemmazione.

[modifica] Il genoma

Come tutti i retrovirus HIV possiede i tre geni fondamentali per la sua replicazione: Gag, Pol ed Env. Gag codifica per le proteine del core del virione: p24, p17, p9, p7. Da Pol derivano la trascrittasi inversa, la proteasi e l'integrasi mentre Env codifica per le proteine dell'involucro esterno.
Sia Gag che Pol sono trascritti in un mRNA che viene poi tradotto in una proteina di 180 Kd (p180) che viene poi clivata tramite proteolisi. La sua scissione determina la formazione della proteasi (p10), della trascrittasi inversa (p51/p66), della integrasi e di una una proteina di 55 Kd (p55). Dalla p55, sempre per proteolisi, derivano la p17, la p24 e la p15. La p15 è il progenitore della p9 e della p7, anch’esse ottenute tramite l'intervento della proteasi.
Env viene tradotto in una proteina di 88 Kd che viene successivamente glicosilata ed a seguito di ciò il suo peso molecolare aumenta fino a 160 Kd (p160). Essa viene scissa a formare le due glicoproteine legate alla membrana esterna: la gp120 e la gp41. La gp41 è una proteina transmembrana con l'estremo NH2 localizzato all'interno del virione mentre la parte COOH è esterna e serve come punto di legame per la gp120.
Oltre a questi geni, HIV ne contiene altri sette geni accessori che hanno funzioni regolatorie del ciclo virale e della sintesi proteica: Tat, Rev, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu (quest’ultimo nel genoma di HIV-2 non esiste e ve n'è un altro chiamato Vpx). Agli estremi si trovano due sequenze (dette long terminal repeats, LTR) contenenti elementi regolatori dell'espressione genica. In esse infatti si rinvengono regioni di legame per fattori sia di origine virale che cellulare i quali possono così aumentare od inibire il livello di trascrizione del genoma. Nei LTR si ritrovano siti di poliadenilazione, per il legame di fattori di trascrizione come SP1 e NF-kβ, la sequenza regolatrice TATA, la sequenza di transattivazione, dove si va a legare la proteina Tat, ed anche zone con elementi regolatrori inibenti (RN, regolazione negativa).
Il gene Tat, composto di due esoni, codifica per una proteina di 14.15 Kd con funzione di transattivatore che, in collaborazione con un fattore cellulare, è in grado di intensificare l'espressione dei geni virali. La sua azione si esplica tramite il legame ad una regione dei LTR definita TAR (trans-active region). Si ritiene che con la sua azione sia in grado di aumentare la trascrizione dei geni virali di circa 1000 volte.
Rev è essenziale per la trascrizione dei geni Gag, Pol ed Env. Sembra, infatti, che essa sia in grado di agire su Env a livello post-trascrizionale legandosi ad una metà del gene sbloccando così la traduzione precedentemente inibita da fattori cellulari legatisi. Probabilmente l'azione a livello di Pol e Gag è simile. Sembrerebbe pure che sia in grado di inibire lo splicing del gene Env.
Il gene Nef codifica per una proteina di 27 Kd capace di legare il GTP, dotata di attività GTP-asica, suscettibile di miristilazione e fosforilazione. Essa esplica un'azione inibitrice delle trascrizione legandosi alla regione RN dei LTR.
Vpr codifica per una proteina di 15 Kd (p15) che si ritrova associata al virione. Si sospetta che essa sia coinvolta nella riattivazione del virus in corso di infezione latente. Altri dati, inoltre, fanno supporre una sua possibile partecipazione nell'infezione di cellule a bassa proliferazione (come i macrofagi) e nel blocco del ciclo cellulare nella fase G2 al fine di favorire l'attività dei LTR.
Per quanto riguarda i geni rimanenti sembrerebbe che:

  • Vif sia importante per l'infettività del virione. Si è visto, inoltre, che vif interagisce con una citidina deaminasi cellulare prevenendone la sua inclusione all'interno del virione in formazione ed evitando che essa possa danneggiarne il materiale genetico.
  • Vpu intervenga nella maturazione e liberazione del virus.

La funzione del gene Tev è ancora ignota.
Il genoma di HIV è ricco di zone di sovrapposizione. Ciò avviene non solo tra geni codificanti ma anche tra questi ultimi e varie regioni regolatorie. I genomi di HIV-1 e HIV-2 differiscono, come espresso precedentemente, nei geni Vpu e Vpx. In HIV-2, infatti, il primo manca e viene sostituito dal secondo. Quest’alta presenza di embricature nel genoma fa sì che ogni proteina possa venir sintetizzata solamente a seguito di complessi fenomeni di splicing alternativo.
Di HIV-1 è nota la sua estrema variabilità. Esso viene diviso in due gruppi. Il primo, definito M, viene ulteriormente suddiviso in otto sottotipi i quali differiscono nei geni env per il 30% e gag per il 14%. Il secondo gruppo, indicato con O, è raro e si ritrova in Camerun. In generale in Europa e in America è più diffuso il ceppo di tipo B. In Africa si ritrovano più spesso i sottotipi A, C, D ed in Asia si ritrovano quelli di tipo E, C e B.

[modifica] Il ciclo virale

Sia HIV-1 che HIV-2 sono in grado di infettare le cellule che presentano sulla loro membrana il recettore CD4. Ai fini dell'ingresso nella cellula CD4 da solo è insufficiente ed il virus si deve legare ad un altro recettore. Queste ultime sono molecole appartenenti alla famiglia dei recettori con sette domini transmembrana accoppiati con la proteina G (seven transmembrane domain G-protein-coupled receptor). Come corecettori HIV utilizza principalmente CXCR4 (usati dai ceppi con tropismo per i linfociti T) e CCR5 (tipici del ceppo avente tropismo per i macrofagi).
E’ la proteina gp120 a legarsi ai recettori virali. Essa è in grado di legarsi a CD4 formando un complesso la cui costante di dissociazione si aggira intorno a 4x10-9. Il legame con CD4 coinvolge tre regioni non contigue ed altamente conservate di gp120 separate da altre zone, invece, estremamente variabili. Dopo che è avvenuto il legame si avviano i fenomeni che danno luogo alla fusione tra la membrana virale e quella della cellula.
Si è dimostrato, sulla base di studi mutazionali, che per il processo di fusione è importante il contributo della gp41, in particolare della sua parte N terminale e che questo processo avvenga in seguito a cambiamenti conformazionali scatenati dal legame con CD4 e, probabilmente, anche grazie all'attacco dell'ansa V3 di gp120 da parte di alcune proteasi cellulari. Queste modifiche permettono, poi, l'inserimento della sequenza N-terminale di gp41, formata da aminoacidi apolari, all'interno della membrana cellulare.
Comunque sia, il processo di fusione non avviene senza il legame di gp120 ai suoi corecettori che, come accennato predentemente, sono molecole appartenenti ai recettori per le chemochine: CXCR4 e CCR5. CCR5 è il recettore utilizzato dalle β−chemochine RANTES, MIP-α, MIP-β, LD78α ed LD78β mentre CXCR4 ha come ligando naturale la chemochina SDF-1 (Stromal Derived Factor 1). Il legame del virus ad uno od all'altro di questi recettori permette di dividere i ceppi di HIV in R5-using e X4-using i quali utilizzano, rispettivamente il CCR5 e il CXCR4 per entrare nella cellula . Il legame di gp120 ai suoi coreccettori sembra che avvenga cronologicamente dopo quello al CD4.
Si è visto che HIV è in grado di infettare produttivamente i seguenti tipi cellulari: linfociti, macrofagi, cellule della microglia e cellule dendritiche. Da alcuni esperimenti si è avanzata l'ipotesi che esso possa infettare anche i timociti ed i precursori midollari forse appartenenti alla linea mieloide-monocitica. Anche gli astrociti subiscono l'infezione da parte di HIV sebbene essa non sia produttiva. Al momento non è dimostrato che anche i neuroni possano venir infettati dal virus.
Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene trascritto come DNA ad opera della trascrittasi inversa e successivamente viene integrato nel genoma della cellula ospite dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si è integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal punto di vista trascrizionale per un periodo di tempo compreso tra mesi od anni.
L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono attivare la cellula infetta: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di altri virus. Ciò avviene in quanto la trascrizione dei geni di HIV è strettamente dipendente da quella dei linfociti infetti. Ciò è stato confermato da vari esperimenti nei quali si è visto che la stimolazione di linfociti o macrofagi infetti con diversi tipi di citochine è in grado di favorire la trascrizione dei geni virali nonché quelli della cellula ospite. Ciò probabilmente avviene attraverso la mediazione di fattori di trascrizione dei quali uno dei più coinvolti sembra essere NF-kβ. In effetti citochine quali IL-6 e TNF-α sono in grado di stimolare i fenomeni di trascrizione genica ed anche di attivare ed aumentare la quota di tale fattore.
L'espressione dei geni virali viene divisa in due fasi: precoce e tardiva. Nella prima vengono espressi i geni regolatori mentre nella seconda quelli strutturali. I geni regolatori, di cui i più noti sono Tat, Nef e Rev e la cui sintesi avviene nel citoplasma grazie ad eventi di splicing molteplici, consentono l'amplificazione della trascrizione genica ad opera della RNA polimerasi cellulare di tipo II e la stabilizzazione degli RNA messaggeri creati successivamente. Nella fase tardiva avviene la sintesi dei geni strutturali i cui trascritti vengono portati nel citoplasma e lì sottoposti ad un solo splicing ed infine tradotti in proteine. E’ a questo livello che interviene la proteina rev che, come espresso precedentemente, si lega ai trascritti e ne facilita il trasporto nel citoplasma.
Quando la sintesi viene completata le varie proteine strutturali si assemblano tra di loro determinando la formazione delle particelle virali che vengono poi rivestite da un envelope lipoproteico.

[modifica] Modalità di trasmissione

Il virus presenta diverse modalità di trasmissione. La più diffusa è quella per via sessuale seguita dal contatto con sangue od emoderivati infetti. Nei paesi in via di sviluppo particolarmente importante è la trasmissione matrilineare o durante il parto o nell'allattamento. Vanno infine ricordati i rischi derivanti dall'uso di materiale medico-dentistico non sterilizzati e dal contatto del personale sanitario o di laboratorio con campioni infetti.
La trasmissione sessuale è attualmente la modalità più diffusa di infezione. Agli inizi dell'epidemia gli omosessuali erano la categoria esposta ma attualmente l'infezione è prevalente tra gli eterosessuali che in molti paesi costituiscono gli individui più a rischio. Il virus si isola dal fluido seminale o come particella libera od all'interno delle cellule mononucleate. Si è visto che esso aumenta nel caso di stati infiammatori coinvolgenti i genitali a seguito del richiamo di elementi del sistema immunitario. HIV si identifica inoltre nello striscio cervicale e nel fluido vaginale.
Tra le modalità di rapporti sessuali, quello anale viene considerato più a rischio di infezione. Ciò perché la funzione di barriera dell'intestino nella zona anale è piuttosto bassa, essendo quest’ultimo costituito da una membrana piuttosto sottile. A seguito di ciò è molto più facile traumatizzare l'epitelio anale durante un rapporto creando così delle lacerazioni più o meno grandi che facilitano l'inoculazione del virus. Non è neppure escluso che si possano infettare direttamente le cellule di Langherans della mucosa od altri elementi suscettibili (es. le cellule immuni delle placche del Peyer) senza che siano avvenute lacerazioni traumatiche della mucosa.
Il rapporto vaginale è meno a rischio di quello anale,in quanto l'epitelio vaginale è più spesso e più resistente ai traumi. La donna ha comunque un rischio venti volte maggiore di infettarsi rispetto ad un uomo e il maggior rischio di infezione delle donne sembra da imputarsi al fatto che il fluido seminale infetto rimane nell'organismo femminile piuttosto a lungo.
Infine è da considerare che tutte le infezioni che provocano ulcerazione dei genitali aumentano la suscettibilità nei confronti di HIV.
Il rapporto orale è probabilmente tra tutti quello meno a rischio anche se sono stati documentati casi di infezione anche attraverso tale modalità.
Un altro veicolo di trasmissione assai importante, soprattutto nei paesi a più alto tenore di vita è il sangue ed i suoi derivati. Le categorie a rischio per infezione tramite il sangue e gli emoderivati sono i tossicodipendenti che usano droghe per via endovenosa condividendo la stessa siringa tra più persone e gli individui soggetti a trasfusione.
Attualmente il rischio d'infezione tramite emoderivati è stato drasticamente ridotto tramite l'uso di procedure di screening su tutti i campioni e al trattamento con processi virucidici sui prodotti emoderivati.
Il virus è propagabile in modo verticale attraverso il contagio madre-figlio. Per lo più si ritiene che ciò avvenga nel periodo perinatale, in particolare al momento del parto durante il quale il bambino può entrare in contatto col sangue materno durante il tragitto nel canale del parto. Tuttavia sono stati anche registrati casi limitati in cui l'infezione era già avvenuta nel primo o secondo trimestre. Al fine di ovviare al possibile contagio si è ricorso al parto cesareo che ha dimostrato una riduzione importante del rischio di trasmissione al bambino. Sono stati messi anche a punto dei protocolli con la zidovudina da assumere dopo il secondo trimestre e che hanno anch’essi dimostrato una sensibile diminuzione del tasso di trasmissione dal 22,6% al 7%.
Si è anche documentata la possibilità di infezione madre-figlio attraverso il latte od il colostro materni ed effettivamente il virus si può ritrovare in entrambi i fluidi. Questo comporta l'avvertenza di evitare l'allattamento al seno per tutte le madri contagiate dal virus. Ciò comporta dei problemi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in cui l'allattamento materno è spesso l'unica fonte di sopravvivenza e di protezione dalle infezioni per il neonato.

[modifica] Prevenzione

Una volta conosciute le vie di trasmissione la prevenzione è conseguente.

L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno fetale. Perché il contagio avvenga è necessario che lo sperma, il liquido vaginale o il sangue della persona infetta venga a contatto con il sangue della persona non infetta. La via di trasmissione naturale è quella sessuale. La trasmissione ematica prevede l'intervento di un qualche strumento come l'uso di siringhe sporche di sangue di altre persone o trasfusioni di sangue o comunque uso di strumenti contaminati da sangue che vengono a contatto con il sangue della persona non infetta.

Prevenzione della trasmissione per via sessuale:

A parte la totale astinenza o la fedeltà al partner in una coppia stabile, è il preservativo, usato correttamente e dall'inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, aids compreso e delle gravidanze indesiderate. In commercio oggi si trova anche un preservativo di poliuretano per quella piccolissima parte di popolazione allergica al latice di gomma. Il preservativo essendo uno strumento ha bisogno di essere usato correttamente ed è quindi indispensabile che se ne insegni l'uso. Il momento migliore è parlarne ai ragazzi/e prima dell'adolescenza, prima ossia della possibilità di rischio come del resto si fa anche per le vaccinazione, si vaccinano le persone prima dell'esposizione al rischio. Se si riesce ad associare pensieri positivi con l'immagine del preservativo sarà più facile essere sicuri che poi verrà usato, se i ragazzi/e collegano il preservativo a qualcosa di ancora misterioso per loro, ma certamente bello e desiderabile come il rapporto sessuale, quando inizieranno ad avere rapporti sessuali più facilmente vi sarà di riflesso l'uso del preservativo.

Uso del preservativo:

  • fai attenzione che aprendo la confezione non venga danneggiato
  • infila il preservativo sul pene asciutto non appena l'erezione è completa e stai per iniziare il rapporto sessuale
  • tieni la parte da srotolare all'esterno, fai pressione con le dita sulla punta del preservativo per eliminare l'aria all'interno del serbatoio
  • fai scorrere il preservativo fino alla base del pene, facendo attenzione a non danneggiarlo con le unghie
  • durante il rapporto fai attenzione che non si sfili e subito dopo l'eiaculazione estrai il pene ancora in erezione sostenendo con le dita il preservativo alla base
  • annodalo e gettalo nel cestino dei rifiuti, ma non nel WC
  • usa un preservativo per ogni singolo rapporto
  • usa preservativi di buona qualità e di giusta misura, quelli troppo sottili od aromatizzati servono solo per i rapporti orali
  • se usi lubrificante aggiuntivo, usa solo lubrificanti in base acquosa (in vendita nelle farmacie), non usare mai i preservativi con vaselina, olio d'oliva, burro, etc.: gli oli distruggono la gomma od almeno la rendono porosa. Se invece usi preservativi in poliuretano puoi anche usare oli per lubrificare
  • conservalo lontano da fonti di calore e di luce, comunque sempre a portata di mano.

L'insegnamento dell'uso del preservativo può essere fatto a casa, ai consultori, a scuola, visto che si ha bisogno solo di un supporto tipo cetriolo o banana e di un pacchetto di preservativi, chi insegna mostra la corretta maniera e poi osserva il ragazzo/a mentre mette a sua volta un preservativo su di un supporto. Il problema del preservativo è che è uno strumento maschile e quindi per le ragazze oltre ad imparare a metterlo vi è anche il problema di pretendere che il compagno lo usi. La speranza è avere presto un preservativo femminile a basso costo, facile da usare ed invisibile al partner. Il preservativo femminile attuale non è di facile uso, è molto visibile ed in Italia si trova molto difficilmente.

Prevenzione della trasmissione per via ematica:

  • non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati da altri, usare solo materiale monouso o sterilizzato;
  • richiedere l'autotrasfusione per qualsiasi intervento programmato a cui ci si dovesse sottoporre (questo oltre a rendere l'eventuale trasfusione assolutamente sicura per la persona, riduce anche il fabbisogno di sangue della banca del sangue e quindi permette una selezione maggiore sui donatori, rendendo così sempre più sicure le trasfusioni necessarie in caso di emergenza);
  • controllare sempre che gli strumenti taglienti o perforanti cui veniamo sottoposti siano sterili (strumenti del dentista, strumenti per tatuaggi e piercing, strumenti per pedicure-manicure, etc. - non è difficile, basta controllare che gli strumenti vengano aperti in nostra presenza);

Prevenzione della trasmissione per via materno-fetale:

  • evitare la gravidanza in caso di sieropositività: sottoporsi all'esame per il test sulla ricerca degli anticorpi anti-HIV in desiderio di gravidanza o nei primi tre mesi della stessa, anche il partner o i partner devono ugualmente sottoporsi al test, nel caso in cui uno dei partner risultasse positivo evitare la gravidanza od interromperla.

Nei paesi in cui sono disponibili i farmaci antiretrovirali l'assunzione degli stessi (secondo un particolare schema) può diminuire la percentuale di trasmissione materno-fetale, la possibilità di trasmissione non è però annullata. Nei paesi in cui i farmaci non sono ancora disponibili è immorale offrirli solo alle donne per diminuire la possibilità di trasmissione materno-fetale e poi non darglieli più, in questo caso all'iniquità del mancato accesso ai farmaci si aggiunge anche l'atrocità di "produrre orfani".



[modifica] Terapia

Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus quelle più facilmente aggredibili da farmaci sono la retrotrascrizione e le modifiche post-traduzionali a cui vanno incontro le proteine virali neoformate. I farmaci tutt'ora disponobili sono quindi inibitori della trascrittasi inversa(NRTI,NNRTI) e inibitori della proteasi (IP). Tali prodotti vengono adoperati in terapia in combinazione tra loro per evitare di produrre virus resistenti ai farmaci, per la stessa necessità e d'obbligo un'aderenza fedele da parte paziente al trattamento. Obiettivo della terapia farmacologica è quello di impedire la replicazione virale nell'organismo (badate non l'eradicazione completa dell'infezione che rimane cronica)così da ridurre i danni provocati al sistema immunitario e consentire una sopravvivenza ed una qualità di vita certamente maggiore. Attualmente sono in fase di studio farmaci inibitori la fusione tra virus e cellula (tappa chiave dell'infezione). Inoltre è in sperimentazione un vaccino TERAPICO, ovvero un vaccino che non previene l'infezione,ma ha l'obiettivo di migliorare la risposta immunitaria del soggetto già infetto; tale vaccino è diretto contro la proteina tat che rimane piuttosto conservata nei diversi ceppi di HIV. È chiaro che tutt'ora non esiste una terapia che eradica completamete l'infezione, di conseguenza è di fondamentale importanza la prevenzione.

Si deve anche ricordare che, subito dopo una possibile esposizione al virus, allo scopo di ridurre la probabilità di contagio, è possibile sottoporsi ad un trattamento farmacologico noto come profilassi post-esposizione ad HIV.

[modifica] Ipotesi alternative sulla correlazione HIV-AIDS

Per approfondire, vedi la voce Ipotesi alternative sull'Aids.

Dato che alcuni scienziati ritengono che non vi siano prove scientifiche che provino una correlazione tra HIV e AIDS, esistono teorie alternative a quella ufficiale.

[modifica] Voci correlate


[modifica] Bibliografia

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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