Revisionismo storico
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Il revisionismo storico riferito ai regimi nazista e fascista e alle loro responsabilità nasce subito dopo la seconda guerra mondiale, con l’opposizione ai processi di Norimberga, descritti come processi del vincitore e considerati ingiusti e di parte, e procede di pari passo con il negazionismo, la teoria per cui l'Olocausto non sarebbe mai avvenuto.
La principale argomentazione del revisionismo storico sosteneva che, poiché negli anni trenta, sotto la guida di Hitler, la Germania era divenuta una potenza industriale e militare, le potenze occidentali avevano cospirato contro di essa sostenendo la Polonia, e avevano quindi provocato la seconda guerra mondiale.
[modifica] Il manifesto del revisionismo storico
Bradley Smith nel novembre del 1999 pubblica il primo numero di una rivista che in quest’ambito pare essere di fondamentale importanza: “A Journal of Independent Thought”. In questo primo numero Bradley Smith dichiara quelli che dovrebbero essere gli intenti rappresentati dal movimento revisionista:
[modifica] Catalogazione delle fonti
“Se un accademico od un giornalista non è sicuro che una cosa sia esatta, non dovrebbe pubblicarla o dovrebbe rendere evidente l’incertezza esplicitando chiaramente la fonte delle informazioni ed i suoi eventuali limiti”.
- Questo punto appare estremamente importante; esso vuole significare che se non sussiste la dimostrazione scientifica che le camere a gas ci sono effettivamente state e che sono state utilizzate per compiere un premeditato sterminio di massa, non si può dirlo. Bisogna notare, però, l’attenzione di Bradley Smith, il quale non è così chiaro nelle sue parole, ma lascia intendere giusto a chi conosce già l’argomento, mentre sostiene una regola lapalissiana per chi non lo conosce. Quindi, per come ha esposto la sua argomentazione, risulta inattaccabile.
[modifica] Nessun conflitto d'interessi
“Crediamo che il contenuto di tutto ciò che si vende come giornalismo non dovrebbe avere altra motivazione tranne quella di informare chi ne fruisce”. Lo stesso discorso vale anche per questa asserzione: è ovvio e scontato, non c’è nulla di nuovo nel affermare che un giornalista dovrebbe fare informazione. Dirlo significa però, sempre per gli addetti ai lavori, che ci sono dei giornalisti che agiscono per partito preso e che invece, bisogna tornare ad un’oggettività, apolitica evidentemente, che questa nuova rivista ci promette. Insomma, l’intento è chiaro anche in questo caso, ma non per tutti, e così anche questa affermazione, può soltanto far rodere il fegato, non può essere contestata in nessun modo, vista la sua “vuotezza” apparente ed evidente.
[modifica] Responsabilità
“Noi crediamo che gli accademici, così come i giornalisti, debbano ritenersi responsabili quanto coloro di cui scrivono”. Quest’ultima affermazione può essere letta sempre un duplice chiave; quella dell’ingenuità o dell’ignoranza o dell’economia mentale, per cui si torna sempre ad una frase lapalissiana ed innocua, oppure possiamo fare uno sforzo mentale e cercare di comprendere quanto ci vuole far capire Bradley Smith questa volta. Risulta abbastanza chiaro che l’attacco non è rivolto solo ai giornalisti, ma anche agli “accademici”, probabilmente gli “sterminazionisti”, come vengono chiamati gli storici dell'autentico. In un secondo ordine di considerazioni, appare abbastanza chiaro il fatto che l’autore voglia responsabilizzare chiunque scriva al pari dell’oggetto su cui scrive, il che potrebbe significare che un giornalista o un accademico che descrive un nazista come un qualcosa di mostruoso, dovrebbe sentirsi altrettanto, giacché sta scrivendo su un oggetto non assolutamente certo (sull’incertezza, di cui solo i negazionisti sono certi, ci sarebbe molto da dire anche senza entrare necessariamente nel campo psicologico, dato che stiamo parlando di persone che si scervellavano per trovare il metodo più efficace e semplice per sterminare in minor tempo possibile il maggior numero di persone, come dire il minimo sforzo per il massimo risultato). In pratica Bradley Smith vuole mettere in guardia chi si occupa della tragedia dei campi di concentamento, affinché non si sentano autorizzati a dire cose, che l’autore dell’articolo sostiene non vere, o quanto meno non verificate, che potrebbero rovinare la vita psicologica di uomini che svolgevano un lavoro come un altro in tempo di guerra, le SS per esempio. In conclusione, nessuno, che non sia un addetto ai lavori, troverebbe niente di sbagliato nei principi espressi da Bradley Smith. Ma c’è comunque un fatto, che se anche non vogliamo vedere quanto sta realmente dietro alle affermazioni esposte candidamente da Bradley Smith, tali principi risultano troppo generici, non spiegano nulla in modo evidente dell’obiettivo reale che si pone un tale movimento. Proprio per questo, un tale “manifesto” è importante per capire il meccanismo utilizzato dai negazionisti o dai revisionisti.
[modifica] Autori e testate che sostengono il revisionismo
Il punto focale del movimento revisionista è costituito dall’Institute for Historical Review, dal periodico di tale istituto e dal congresso annuale tenuto da persone quali il direttore dell’istituto Mark Weber, David Irving, Robert Faurisson, Ernst Zundel e David Cole. Fra questi, il britannico Irving è senza dubbio la personalità più conosciuta.
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Per approfondire, vedi la voce negazionismo. |
[modifica] Metodologia stilistico-logica del negazionismo/revisionismo
Valentina Pisanty durante una conferenza, i cui atti sono stati raccolti da Flores , offre un’analisi sulla metodologia stilistica dei negazionisti al fine di capire quella che è la struttura logica o paralogica sottesa agli scritti degli stessi, per capire se vi sia un’ossatura argomentativa costante in tali testi, e se (ed eventualmente come) tale ossatura si discosti sensibilmente dal metodo interpretativo comunemente impiegato dagli storici di professione.
L’autrice ritiene che Robert Faurisson sia la figura di transizione tra la fase propagandistica del fenomeno negazionista ed il tentativo di conquistare una certa rispettabilità scientifica. Faurisson, insieme ad alcuni suoi allievi, fra cui spiccano Henry Roques e Carlo Mattogno, tenterebbe di legittimare il negazionismo attraverso l’utilizzo di strategie retoriche “oggettivanti”. Lo scopo dei revisionisti “ricercatori” sarebbe quello di dare l’impressione, del tutto illusoria, che sia in corso un serio dibattito storiografico tra la “storiografia ufficiale” da un lato e la “storiografia revisionista” dall’altro.
Le strategie usate dagli storici “anticonformisti” sono semplici, ma efficaci.
In primo luogo essi operano una drastica selezione sul materiale documentario di partenza. Essi procedono con un metodo “negativo”, tentano cioè di smontare le testimonianze ed i documentari che attestano l’esistenza dello sterminio, ma non portano una testimonianza o documentazione a garanzia della loro tesi. Come dire che non possono dimostrare in modo “positivo” e quindi costruttivo, la loro teoria, dunque cercano di avvalorarla mettendo in crisi la teoria opposta.
Procedono poi con una ulteriore selezione, eliminando tutto quel materiale che non torna utile alla loro teoria. Essi, in pratica, si rendono ciechi e sordi davanti alle testimonianza dei Sonderkommandos o dei Sanitater, fanno finta di ignorare le dichiarazioni trascritte dei discorsi in cui Hitler e gli altri grandi capi della gerarchia nazista dichiaravano a chiare lettere, senza possibilità di incomprensioni, la pulizia etnica in corso, come il famigerato congresso di Posen del 1943 o la Conferenza di Wannsee, di cui negano l’autenticità.
Quello che i revisionisti propongono è dunque una decostruzione, una dissezione degli studi storiografici, quali il Poliakov, l’Hilberg ecc., e delle testimonianze dirette, per trovarvi, talvolta in modo veramente forzato, delle contraddizioni e per porre l’accento su eventuali errori o imprecisioni (reali o inesistenti). Essi, in fin dei conti, si “discostano dall’oggetto della discussione per attaccarsi a ciò che l’avversario ha detto” .
La Pisanty cita, a tale proposito l’argumentum ad personam descritto da Arthur Schopenhauer nel suo saggio Sull’arte di ottenere ragione : “Quando ci si accorge che l’avversario è superiore e si finirà per avere torto, si diventi offensivi, oltraggiosi, grossolani, cioè si passi dall’oggetto della contesa (dato che lì si ha partita persa) al contendere e si attacchi in qualche modo la sua persona”.
I negazionisti scelgono, fra le varie testimonianze ufficiali, quelle dei bersagli simbolici, come Anna Frank, e insinuano dubbi sull’autenticità degli scritti o sulla comprensione del testo, come nel caso di Rudolf Höß, o insinuano che la testimonianza è inventata o forzata o che sia un falso, come in molti casi relativi alle deposizioni lasciate dai gerarchi nazisti a Norimberga.
I negazionisti, insomma, mettono in dubbio la veridicità di alcune testimonianze simbolicamente importanti, per arrivare a sostenere che tutte siano state fraintese, più o meno volutamente, nel loro vero significato. Ne risulta, come è ovvio, che se le testimonianze non sono state capite davvero, neanche la storia della tragedia dei lager è stata capita davvero.
All’occorrenza, tali studiosi, non esitano a fabbricare fonti inesistenti, come il presunto computo della Croce Rossa Internazionale, per cui le vittime della ferocia nazista non sarebbero state più di trentamila. Ovviamente la Croce Rossa Internazionale si è preoccupata di smentire immediatamente tale informazione infondata e falsa.
[modifica] Il procedimento usato dal revisionista/negazionista per distruggere una testimonianza
Al fine di smontare e distruggere una testimonianza, il revisionista/negazionista opera come segue:
- In primo luogo isola la testimonianza dal suo contesto immediato, rendendola più vulnerabile. Come risulta evidente per dichiarare che l’inumanità dei campi di concentramento è accaduta, uno storico deve prendere in considerazione molte testimonianze, vedere quali sono gli eventuali gap, confrontarle per capire cosa è accaduto e perché. Un revisionista ovviamente non può permettersi di fare una cosa del genere, altrimenti dovrebbe dire che un’intera generazione di persone del mondo sono impazzite o hanno costruito una congiura ai danni della Germania,o meglio dei nazisti (ed incredibilmente, c’è anche qualcuno che lo sostiene). Quindi per il loro scopo, la miglior cosa da fare è isolare alcune testimonianze e renderle in questo modo vulnerabili.
- Contemporaneamente, il revisionista comincia a gettare dubbi sulla credibilità del testimone. Lo accusa di non essere stato un teste affidabile, di agire per scopi di lucro, o per fama personale, di essere stato influenzato da altri testimoni, di essere stato sottoposto a torture o ad altre forme di coercizione (in modo particolare questo è accaduto nei casi di Eichmann e di Höss), o di essere il testimone frutto dell’invenzione della propaganda alleata o sionista. Come si vede, il revisionista, non solo accusa di mentire quanti hanno sofferto, i sopravvissuti, ma sostiene anche che gli stessi carnefici rei confessi, pur senza pentimento alcuno, non dicano davvero quanto è accaduto. Insomma, mentono tutti, o sono costretti tutti a mentire.
- Il revisionista, va alla ricerca di tutte le increspature esegetiche, di tutte le minime inesattezze fattuali, per giungere alla conclusione che, se il testimone si è sbagliato una volta, anche se solo su un dettaglio, nulla garantisce che egli non si sia sbagliato su tutto. Questa strategia è ripresa dall’ambito giuridico, è una strategia usata dagli avvocati difensori e si chiama falsus in uno, falsus in omnibus. Questa, allargata ad un più vasto raggio ci ricollega a quanto abbiamo appena detto. Basta fare un piccolo sillogismo aristotelico: la testimonianza ha un errore, l’errore invalida la testimonianza, la testimonianza è falsa. Di più: la storia si ricostruisce con le testimonianze, una testimonianza è falsa (secondo la logica appena sopra), tutte le testimonianze sono invalidate, la storia non è più ricostruita nello stesso modo. In entrambi i casi le premesse sono vere, quindi, parlando da un punto di vista della logica formale, le conclusioni sono logicamente corrette, il che non significa che siano vere, ma questo il lettore non specializzato non lo può sapere e i revisionisti giocano proprio su questo punto.
- Quando la testimonianza dovesse resistere anche a quest’attacco, il revisionista inventa anomalie che essa non contiene.
La prima fase dell’operazione negazionista è, dunque, la rottura del consenso, il disorientamento del lettore, a cui ovviamente non vengono fornite le informazioni per rispondere a ciascuna delle obiezioni locali, e la paralisi collettiva. Nella mente del lettore sprovveduto viene gettato il seme del dubbio circa la realtà dello sterminio.
[modifica] Tecniche usate dai revisionisti spinti da motivazioni politiche
Per un non-storico può essere difficile distinguere fra un libro pubblicato da uno storico che lo propone dopo un lungo lavoro accademico e uno scrittore che "ama la storia". La distinzione è riposta nelle tecniche usate per scrivere tali fatti storici. L'esattezza e la revisione sono elementi centrali in ogni ricostruzione storica. Come per tutte le discipline scientifiche, anche le carte degli storici vengono proposte per essere disaminate da altri storici. Invece di presentare il loro lavoro al giudizio di altri storici, i revisionisti riscrivono la storia per sostenere un ordine del giorno, spesso politico, usando ogni tecnica ed errori logici per ottenere gli scopi preconfigurati. Per questo sono considerati dalla Comunità degli storici come redattori di una storia fallace. Alcune delle tecniche retoriche usate ed altre più comuni:
- Teoria della cospirazione
- L'uso selettivo dei fatti
- La smentita o la derisione di fatti conosciuti e comunemente accettati come veri
- Presupporre come veri fatti non dimostrati
- Montare fatti a proprio piacimento
- La confusione dei fatti
- L'Equivoco
- Conclusioni irrilevanti
- Difficoltà di provare (dovuta alla natura complessa di ciò che può essere considerato come "una prova" storica - che differisce da da una prova logica)
- Errore di associazione
- Generalizzazione
- L'uso degli eufemismi attraenti o neutri per velare e mitigare fatti deprecabili che andrebbero contro le proprie tesi
- L'uso degli eufemismi sgradevoli per descrivere fatti opposti
- Attacco costante contro quelli che si contrappongono ai loro punti di vista fino alla calunnia
- Dichiarazioni insignificanti
[modifica] Riferimenti bibliografici
- Shermer M.,Grobman A., Negare la storia, Editori Riuniti, Roma 2002
- Flores M., Storia, Verità e Giustizia, Mondadori, Milano 2001
- Berlin I., Il legno storto dell'umanità, Adelphi, Milano 1994
- Lipstadt D., Denying The Holocaust, New York Free Press 1986
- Rusconi G.E., Germania un passato che non passa
- Schopenhauer A., Sull'Arte di ottenere ragione, Adelphi, Milano 1991
- Poggio P.P., Nazismo e revisionismo storico, Manifesto libri, Roma 1997
- Germinario F., "Estranei alla democrazia. Negazionismo e antisemitismo nella destra radicale italiana" BFS, Pisa 2001
- Rotondi F., "Luna di Miele ad Auschwitz. Riflessioni sul negazionismo della Shoah" con nota di L. Parente, ESI, Napoli, 2005
- Pisanty V., "L'irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo".Bompiani, Milano, 1998
- Fondazione Lugi Micheletti, "Il nazismo oggi. Sterminio e negazionismo", Brescia, Fondazione L. Micheletti, 1996
- Burgio A., "L' invenzione delle razze : studi su razzismo e revisionismo, Roma, Manifestolibri, 1998
- Losurdo D., "Il revisionismo storico : problemi e miti" Bari, Laterza, 2002
[modifica] Scritti negazionisti
- Cole D., Six important Unanswered Questions Regarding The Nazi Gas Chambres, manoscritto inserito in www.codoh.com
- Christophen T., La fandonia di Auschwitz, La Singe, Parma 1984
[modifica] Riferimenti bibliografici sull'Olocausto
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Per approfondire, vedi la voce Olocausto (bibliografia). |
- Hoss R., Comandante ad Auschwitz, Einaudi, Torino 1960.
- Lauryssens S., Diario di un nazista, Newton & Compton, Roma 2002
[modifica] Voci correlate
- Revisionismo
- Negazionismo
- Nazionalsocialismo
- seconda guerra mondiale
- antisemitismo, Pogrom, Notte dei cristalli, campo di sterminio, campo di concentramento
- Neonazismo