Romanzo poliziesco
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Il romanzo poliziesco è probabilmente il genere che con il giallo più si identifica. Infatti non raccoglie solo una tipologia di romanzi in cui l'indagine è condotta dalla polizia, o con i sistemi tipici della polizia, ma anche quelli in cui la vicenda è rappresentata come sfida alle forze dell'ordine. In questo senso molti romanzi del sottogenere deduttivo possono essere ulteriormente classificati come polizieschi (si pensi ad alcuni racconti o romanzi della serie di Sherlock Holmes).
La caratteristica principale che generalmente accomuna tutti i romanzi polizieschi è la lotta contro il crimine o contro organizzazioni criminali. Inoltre, come tutti i romanzi gialli, tende a descrivere i fatti in un contesto molto reale, mentre per toni e atmosfere spesso sconfina nello spionaggio e a volte posiziona i crimini in ben precisi contesti storici o addirittura in parallelo a fatti di cronaca realmente accaduti. In breve, quindi, in questo tipo di narrativa, vengono solitamente narrate storie di omicidi, furti o rapine risolte da abili ispettori di polizia o, più frequentemente, da spregiudicati investigatori privati.
Il massimo esponente del genere, comunque, è il giallista Edgar Wallace, famoso per la sua prolificità, che gli valse molte inimicizie, e per il famoso Ciclo dei Giusti, una serie di romanzi e racconti su un gruppo di gentiluomini che, al margine della giustizia regolare, punivano persone altrimenti impunibili. Altro esempio di genere poliziesco è il Commissario Maigret, il personaggio ideato dallo scrittore belga di lingua francese Georges Simenon.
[modifica] L'evoluzione del genere
Il vero e proprio romanzo poliziesco, come genere letterario a se stante, nasce alla fine dell'800, e il precursore del genere viene riconosciuto come Edgar Allan Poe. Anche se molte sue opere rientrano più nel genere del racconto gotico, Poe è comunque, senza dubbio, l'inventore del metodo deduttivo e del racconto di investigazione pura (a cominciare da "I delitti della Rue Morgue").
D'altra parte il suo personaggio Monsieur Dupin è senz'altro l'ascendente più diretto dell'investigatore per eccellenza, Sherlock Holmes, creato pochi anni dopo da Arthur Conan Doyle. Sarà proprio quest'ultimo, com'è noto, a segnare una traccia indelebile nella storia del romanzo giallo. Il suo Sherlock Holmes diventerà un vero e proprio culto, un modello destinato ad esercitare un'influenza decisiva su tutta la futura letteratura poliziesca, chiaramente visibile anche in epoche più recenti, nelle quali il giallo classico dovrebbe ormai considerarsi superato.
La fama del suo personaggio è stata tale da farlo diventare addirittura uno stereotipo: ancora oggi, dopo oltre 100 anni, viene usata l'espressione "uno Sherlock Holmes" per indicare un investigatore particolarmente abile. Comunque sia il suo modello, sebbene oggi largamente superato, ha resistito a lungo, fortissimo. Per molti decenni, almeno fino agli anni trenta del '900, i più famosi investigatori usciti dalla penna di autori americani ed europei saranno tutti, in un modo o nell'altro, da considerarsi ancora discendenti diretti di Sherlock Holmes.
Gli Hercule Poirot e Miss Marple di Agatha Christie, il Philo Vance di S. S. Van Dine, il Nero Wolfe di Rex Stout, pur con le loro peculiarità, e anche se ciascuno di essi rappresenta il tentativo di introdurre elementi nuovi, stilistici o di contenuto, hanno però ancora moltissimi elementi in comune con Sherlock Holmes. Sono tutti abili deduttori, dotati di una grande capacità nel cogliere tracce apparentemente insignificanti, di arrivare a ricostruire, con il loro portentoso intuito, fiuto e rigore logico, quelle verità che il più delle volte si presentano come veri inestricabili rompicapi (i famosi "delitti perfetti" o meglio ancora i "delitti a stanza chiusa").
Sono chiaramente tutti figli del positivismo ottocentesco, almeno certamente lo era Sherlock Holmes, figli cioè di una incondizionata fiducia nelle capacità della logica, della ragione, della scienza, della realtà univocamente individuabile attraverso i segni, le tracce che conducono in modo inequivocabile alla verità.
Ma ci sono altri elementi che accomunano tutti gli investigatori dell'epoca classica del giallo: sono tutti dei benestanti, se non degli aristocratici, che indagano non per dovere, né tantomeno per mestiere, e spesso neanche per denaro, ma per pura vanità intellettuale, per curiosità, quasi per diletto, se non addirittura per una sorta di gioco, o per il semplice piacere di risolvere un enigma. Non rappresentano la legge, ma solo una aspirazione alla verità. Questo elemento da un lato è funzionale all'autore, poiché gli consente di far agire il suo detective in piena libertà di movimento e di scelte, libertà che spesso il vero investigatore nel mondo reale, il poliziotto pagato dallo stato, non ha. E d'altra parte non soltanto i protagonisti, ma anche gli stessi ambienti in cui vengono collocati i delitti, e nei quali si svolge quindi l'indagine, sono quasi sempre altolocati, raffinati, mondani, il che asseconda il gusto dei lettori di un genere che, a quell'epoca e per lungo tempo, è stato di pura evasione.
Una evasione che però contiene in sé una fondamentale caratteristica: i meccanismi tipici del giallo classico sottendono infatti anche una forte componente etica e un chiaro processo catartico. Non è un mistero che nel giallo classico la inevitabilità della scoperta (e conseguente punizione) del colpevole ad opera dell'investigatore non fa che realizzare nel lettore il trionfo della giustizia, il ristabilimento delle regole, il ripristino dell'ordine sociale e morale violato dal delitto, un meccanismo d'altronde necessario, quasi indispensabile, per la società dell'epoca, ancora fortemente permeata dal rigore moralistico di derivazione vittoriana.
Nonostante agli inizi del '900 vi sia stato qualche tentativo di dare uno spessore meno freddo e più umano alla figura del detective e alle storie narrate - vedi ad esempio il Padre Brown di Gilbert Keith Chesterton - bisognerà attendere la metà degli anni trenta perché alcuni autori comincino a sviluppare un vero superamento degli schemi del giallo classico.
In questa epoca due sono le strade che parallelamente e quasi contemporaneamente, in Europa e in America, segnano l'allontanamento dal modello di giallo classico "alla Sherlock Holmes". Da un lato, negli Stati Uniti, si fa strada un genere che verrà poi definito "Hard boiled", caratterizzato da storie dove il delitto in sè diventa marginale, mentre molto risalto viene dato alla caratterizzazione dell'ambiente e alla descrizione psicologica dei personaggi, con toni oscuri e fortemente negativi. In questi romanzi lo stile si fa più tagliente, e spesso anche il linguaggio messo in bocca ai personaggi è più crudo, talvolta al limite del volgare. Gli sfondi ambientali sono sempre degradati e corrotti: sono le grandi metropoli americane che portano ancora i segni dalla terribile crisi del 1929, dove si muove una società dominata dal potere e dal denaro, un mondo dove i deboli e i buoni sono fatalmente destinati a soccombere di fronte alla schiacciante tenaglia potere-affarismo-malavita.
I detective di questo filone sono tutti dei "duri" (a questo allude il termine "hard boiled"), avventurieri solitari e smarriti, personaggi disillusi dalla vita, spesso alcolizzati o forti bevitori, che non credono più in niente e in nessuno, e forse nemmeno in se stessi, specchio di un'America disincantata, in grande fermento, ma spietata. È il caso dei celebri investigatori come Sam Spade, ne Il Falcone Maltese di Dashiell Hammett, o Marlowe di Raymond Chandler (entrambi interpretati sullo schermo da Humphrey Bogart), ma anche ne "Il Grande Sonno", "L.A. Confidential", e in parte anche negli eroi dell'87° Distretto. Il genere avrà poi un largo seguito nel cinema americano anche nel dopoguerra: ne sono discendenti diretti personaggi come quello di Gene Hackman in "Il braccio violento della legge", di Clint Eastwood nei panni dell'ispettore Callaghan, o di Al Pacino in Heat di Michael Mann, di Jack Nicholson in Chinatown, e così via.
Più o meno contemporaneamente, dall'altro lato dell'oceano, in Europa, proprio a partire dai primi anni '30, qualcosa sta ugualmente cambiando, anche se i toni si mantengono meno duri che in America. In quegli anni Augusto De Angelis creava il personaggio del commissario De Vincenzi, una sorta di Maigret italiano, che non ebbe grandissima fortuna, forse anche per la chiusura, anche culturale, da e verso il resto del mondo che il regime fascista aveva generato.
A metà degli anni trenta ad imporsi all'attenzione del grande pubblico è Georges Simenon, che con il suo commissario Maigret cambierà definitivamente l'idea di indagine e il concetto stesso di romanzo poliziesco, introducendo ambienti, personaggi e situazioni lontanissimi da quelli proposti dal giallo classico.
Già a quell'epoca la letteratura europea, di fronte al definitivo declino del mondo aristocratico, ha iniziato ad occuparsi, sempre più spesso e sempre più da vicino, dell'uomo comune, del piccolo borghese, con una ricerca che si spinge sempre più in tematiche esistenziali, psicologiche e filosofiche. La letteratura poliziesca non può che seguire, si potrebbe dire in modo quasi naturale, questo clima, abbandonando via via le ambientazioni mondane e rarefatte per scendere nelle strade, fra le inquietudini della gente comune. Il romanzo poliziesco tende poco alla volta ad uscire dal ristretto ambito di una letteratura "di genere", innalzando sempre più il suo spessore stilistico e contenutistico, finendo per mescolarsi sempre più spesso con una letteratura di più ampio respiro.
Così, con Simenon, insieme al suo Commissario Maigret, arriva la Parigi delle "brasserie", dei quartieri popolari, ma anche della provincia francese. In questa atmosfera si immerge la profonda umanità di Maigret, che indaga senza indagare, per arrivare a una verità che si scopre spesso amara.
Gli assassini di Simenon non sono raffinati geni del male, sono persone qualunque, che magari, pochi giorni prima, fino a che la loro comunissima esistenza non viene sconvolta da un imprevisto, non immaginano neanche lontanamente di essere capaci di uccidere. Maigret, al contrario dei suoi predecessori letterari, è un omaccione ordinario e vulnerabile, che nulla ha dell'eroe, è un piccolo borghese, uno stipendiato dallo stato.
Nei romanzi di Simenon il colpevole viene spesso sospettato, se non individuato, relativamente presto nel corso della storia. Si tratta però di ricostruire la verità umana, l'antefatto che ha causato il dramma, e con esso le prove per poter incastrare il colpevole.
Ecco la svolta irreversibile nella storia del romanzo giallo: con Simenon, cioè, la domanda che ci si pone, che si pone l'investigatore e di conseguenza il lettore, si sposta ormai definitivamente dal "chi è stato" del giallo classico, al "perché", al "cosa è successo" nella esistenza di un uomo per portarlo fino alla soglia irreversibile del delitto.
L'attenzione dell'autore non è più centrata sulla costruzione di un meccanismo perfetto, di un enigma apparentemente insolubile che si sciolga magicamente nella sorpresa finale. Importante ora è raccontare una vicenda umana, attraversata da un dramma e, perché no, da un delitto.
Il giallo perde dunque, almeno in parte, la funzione catartica e consolatoria che aveva nei primi anni, dominati dal modello inglese. Con Simenon il giallo si fa improvvisamente meno ottimista, manifestandosi anche quella fallibilità della giustizia umana che in Friedrich Dürrenmatt, qualche anno dopo, verrà portata alle estreme conseguenze.
La strada aperta da Simenon troverà nei decenni seguenti numerosi seguaci in tutta Europa. Per l'Italia va ricordato Giorgio Scerbanenco, il maestro ideale di tutti i giallisti, anche attuali, italiani. I suoi romanzi, oltre ad essere dei piccoli gioielli del noir, riletti oggi appaiono anche come uno spaccato umanissimo e amaro dei nostri anni '60, che rivelano una Italia difficile, persino cattiva, ansiosa di emergere ma disincantata, certo lontana dall'immagine edulcorata e ottimista del boom economico di quegli anni che ancora oggi viene riproposta dai media.
Il giallo in epoche più recenti si è intrecciato sempre di più con tematiche a volte esistenziali, ma più spesso sociali e persino storiche e politiche. Basti pensare ad autori come Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Andrea Camilleri, lo spagnolo Manuel Vazquez Montalban (Pepe Carvalho) e Daniel Pennac.
Nel mondo del giallo degli ultimi anni è sempre più presente il tema della prevaricazione del potere, dei suoi complotti e misfatti, e il relativo scacco delle investigazioni hanno costituito un percorso fondamentale della vanificazione novecentesca del giallo. Non a caso, la denuncia delle responsabilità criminali delle istituzioni contraddistingue anche moltissimi dei gialli italiani, pubblicati fra gli anni quaranta e ottanta: dal già citato Giorgio Scerbanenco a Fruttero & Lucentini, parecchi commissari protagonisti sono caratterizzati come perdenti.
In ogni caso, la divaricazione fra il giallo di stampo anglosassone e quello di tipo europeo, iniziata con Simenon e proseguita con Dürrenmatt, resterà praticamente fino ai giorni nostri. Diverse ragioni culturali, ma non ultime anche commerciali, hanno fatto sì che nel mondo anglosassone, seppure fra svariati innesti innovativi, si perpetuasse una tradizione vicina all'investigazione di stampo classico, mentre in Europa il gradimento per questo genere è andato riducendosi fino quasi a scomparire.
[modifica] Il poliziesco in TV
Dai racconti polizieschi sono stati tratti spesso plot per il cinema, la radio, la televisione e, meno frequentemente, per il teatro. In questo senso, questo tipo di letteratura ha generato una galleria pressoché sconfinata di personaggi, dal raffinato e sofisticato Philo Vance di S. S. Van Dine all'acuto Nero Wolfe di Rex Stout, dagli imperscrutabili Sam Spade di Dashiell Hammett e Philip Marlowe di Raymond Chandler, agli arguti Hercules Poirot e Miss Marple di Agatha Christie.
Più strettamente televisive sono le serie dedicate alla giallista Jessica Fletcher protagonista de La Signora in Giallo, al Tenente Colombo, o a Kojak o al tedesco Derrick, senza dimenticare 87° distretto, serie ideata dallo scrittore Evan Hunter, con lo pseudonimo di Ed Mc Bain. Non si dimentichi, infine, una puntatina nel fumetto con Alan Moore e il suo Top10, serie imperniata su un distretto di polizia in una città di supereroi.
[modifica] Alcuni scrittori
Vedi anche la Lista giallisti
Molti gli scrittori, noti e meno noti, che si sono cimentati con questo genere letterario. Fra essi:
- Scrittori stranieri:
- Dan Brown
- Tom Clancy
- Raymond Chandler
- Arthur Conan Doyle
- Michael Connelly
- Mary Higgins Clark
- Agatha Christie
- Patricia Cornwell
- Lindsey Davis
- Margaret Doody
- Friedrich Dürrenmatt
- Dashiell Hammett
- Léo Malet
- Petros Markaris
- Ed McBain
- Manuel Vázquez Montalbán
- Ellis Peters
- Edgar Allan Poe
- Candace Robb
- Georges Simenon
- Rex Stout
- S. S. Van Dine
- Edgar Wallace
- Scrittori italiani:
- Andrea Camilleri
- Gianrico Carofiglio
- Piero Colaprico
- Danila Comastri Montanari
- Marcello Fois
- Fruttero & Lucentini
- Leonardo Gori
- Giulio Leoni
- Carlo Lucarelli
- Rosario Magrì
- Ugo Mazzotta
- Paolo Roversi
- Giorgio Scerbanenco
- Leonardo Sciascia
- Massimo Siviero
- Piero Soria
- Attilio Veraldi
Tutti i colori del Giallo
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