San Donnino
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San Donnino è la maggiore frazione del comune di Campi Bisenzio, situata nei pressi del fiume Arno.
L'abitato è di antica origine e si sviluppò attorno alle due chiese di San Donnino e Sant'Andrea a Brozzi e fino al 1928 fece parte del soppresso comune di Brozzi. Un tempo borgata essenzialmente agricola, vide in seguito svilupparsi l'artigianato della paglia, della pelletteria e delle confezioni di borse e cappelli.
Duramente provata nel luglio-agosto 1944 al momento del passaggio del fronte (gli abitanti furono fatti sfollare a Brozzi, ci furono molte vittime e fu abbattuto il campanile della chiesa di Sant'Andrea), San Donnino fu poi una delle località più colpite dall'alluvione del 4 novembre 1966, quando l'abitato fu pressoché sommerso e in alcuni punti le acque dell'Arno raggiunsero i sei metri di altezza.
Negli anni settanta del XX secolo San Donnino divenne tristemente nota per il grande inceneritore, costruito dal comune di Firenze sul confine comunale e chiuso nel 1986 per esalazioni di diossina e contaminazione permanente dei terreni della zona. Da quel periodo, la frazione è stata al centro di una grande azione di riqualificazione urbanistica ed ambientale da parte dell'amministrazione comunale, basti pensare al recupero della zona di una cava di rena oggi trasformata in parco attrezzato. Purtroppo, nonostante la presenza del parco attrezzato, la diossina presente nel terreno e nelle proprietà dei cittadini della zona non è stata in alcun modo rimossa nè trattata dalle amministrazioni locali; nè tantomeno si è pensato a risarcire in nessun modo le popolazioni colpite da tale grave danno ambientale. Studi epidemiologici condotti da autorevoli enti hanno inoltre in seguito dimostrato un notevole incremento della probabilità di contrarre tumori di vario genere nella popolazione di San Donnino e nelle zone limitrofe contaminate.
Pochi anni dopo San Donnino balzò agli onori delle cronache per il fenomeno dell'imponente immigrazione cinese, favorita dalle locali tradizioni nell'artigianato della pelletteria e delle confezioni. Si calcolò che in paese vivessero 2500 cittadini cinesi e l'impatto economico fu catastrofico per questi settori già in crisi.
La situazione sociale, che rischiava di diventare esplosiva, fu affrontata con decisione dall'amministrazione comunale, che poté contare anche sull'appoggio fattivo del nuovo priore, Don Giovanni Momigli e si arrivò al superamento della crisi con la ridistribuzione della comunità cinese in altri comuni (oggi i cinesi si sono spostati in larga parte a Prato).
Tra gli edifici di interesse artistico di San Donnino, un posto particolare va alla chiesa di Sant'Andrea, risalente all'XI secolo ma ricostruita nel XV, che conserva tra l'altro alcuni affreschi di Domenico Ghirlandaio. Il campanile originale fu perduto in un bombardamento nel 1944. Nei locali della chiesa è stato aperto un interessantissimo "Museo di Arte Sacra" con le numerose opere d'arte conservate nella chiesa. Nei pressi della chiesa si trova la Torre dei Tornaquinci del XIV secolo. La chiesa di San Donnino è attestata nell'anno 852 ed ospita tra l'altro un fine elemosiniere del XVII secolo.
Nei pressi del confine con il comune di Signa si trovano il Mulino di San Moro, l'unico esemplare di mulino rimasto in zona e che conserva ancora l'apparato molitorio e l'ex stabilmento "Ausonia", una fabbrica di concimi chimici che fu attiva dall'inizio del XX secolo agli anni sessanta dello stesso e che oggi è un esempio di archeologia industriale di cui l'amministrazione comunale ne sta promuovendo il recupero: il piano prevede la costruzione nell'area di un quartiere modello, con abitazioni di edilizia popolare firmate dal celebre architetto Massimiliano Fuksas.
In questi ultimi anni, San Donnino ha visto lo sviluppo di numerosissime iniziative culturali, sociali, sportive e religiose grazie all'attività di "Spazio Reale", un complesso polifunzionale sorto per iniziativa del priore Don Giovanni Momigli.
Per curiosità, si ricorda che in passato San Donnino ed i paesi vicini erano noti per la cattiva qualità del vino che vi si produceva. Nel 1593 il Collegio degli Osti di Firenze lanciava una scherzosa condanna contro gli Accademici della Crusca in cui si stabiliva che ai dotti linguisti non venisse servito altro che il pessimo vino delle "Cinque Terre di Toscana" ovvero Brozzi, Quaracchi, Peretola, San Donnino e Lecore, così chiamate in contrappasso alle celebri Cinque Terre liguri, produttrici di vini eccellenti. Il vino di queste terre, a detta degli osti era particolarmente cattivo e sapeva di botte, di secco, di muffa, di leno, di cuoio, di marcorella.