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Speleologia - Wikipedia

Speleologia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La speleologia è lo studio scientifico delle grotte e di altre cavità del terreno.

Ottimo esempio di connubio tra scienza e sport.
Nata come scienza si è rapidamente diffusa tra gli sportivi in cerca di emozioni forti e voglia d'esplorazione.

La speleologia intesa come scienza nacque ufficialmente a Trieste a cavallo tra il 1800 ed il 1900, essa divenne necessaria come studio delle numerose cavità carsiche presenti sull'altipiano che circonda la città, il Carso appunto. Essendo Trieste una città che ha sempre avuto scarsità idriche e dato che il terreno carsico faceva filtrare l'acqua in profondità lasciando in superficie solo aridità, divenne indispensabile approfondire la conoscenza del sottosuolo per capire dove andava a finire l'acqua e in che modo si poteva recuperarla.

Sul dizionario la parola "Speleologia" viene definita in questo modo: "studio delle grotte, della loro origine, e delle loro caratteristiche fisiche e biologiche". Per far comprendere meglio al lettore l'affascinante mondo di grotte abissi e caverne, ci sembra doveroso partire dalla materia nella quale si formano: la roccia.

Indice

[modifica] Roccia e tettonica

La roccia è un aggregato di minerali, intendendosi per minerale un corpo naturale omogeneo costituente la litosfera; un corpo è omogeneo quando due sue porzioni, ugualmente orientate, presentano identiche caratteristiche chimiche e fisiche; la distinzione valida a livello microscopico, perde valore a livello atomico essendo la materia discontinua. Per esempio se prendiamo un cristallo di salgemma e lo rompiamo in minutissimi frammenti, ciascuno di essi avrà uguale composizione chimica (NaCl) ed uguali proprietà fisiche (durezza, sfaldatura, ecc.). Se invece rompiamo un pezzo di granito otterremo dei frammenti costituiti da quarzo, altri da ortoclasio, ecc.. Il granito non è omogeneo, pur essendo un corpo naturale costituente la litosfera; infatti è una roccia. Analogo ragionamento si può fare per un marmo, che pur essendo per esempio costituito solo da calcite, avrà ogni singolo elemento uguale agli altri, ma diversamente orientato.

Una roccia quindi è costituita da più minerali che sono i costituenti essenziali, e da altri presenti in quantità minore che sono i costituenti accessori, distribuiti uniformemente nella massa della roccia.

La classificazione delle rocce, oltre a tener conto della composizione mineralogica, tiene conto anche dei processi genetici che hanno portato alla loro formazione. Quest'ultimo criterio fornisce una prima grande suddivisione delle rocce in tre gruppi:

  1. Rocce magmatiche che si sono formate per consolidamento del magma presente nelle regioni profonde della crosta terrestre;
  2. Rocce sedimentarie formatesi per deposizione sul fondo di mari o laghi o sulle terre emerse, di materiali trasportati dal vento o dall'acqua o che precipitano per l'azione di organismi o per evaporazione dell'acqua stessa;
  3. Rocce metamorfiche che derivano da rocce preesistenti (sia magmatiche che sedimentarie o anche metamorfiche) per trasformazione ad opera di elevate temperature o pressioni che si sviluppano all'interno della crosta terrestre ad opera di movimenti tettonici o a causa del peso di strati gravanti sulle masse rocciose.

Le rocce che interessano principalmente lo speleologo sono essenzialmente le rocce carbonatiche.

Le rocce carbonatiche sono rocce sedimentarie; ai nostri fini si possono citare:

  1. Calcite (CaCO3);
  2. Aragonite (Ca CO3 meno stabile che tende a trasformarsi in calcite);
  3. Dolomite (Ca CO3 . MgCO3);

La dolomite presenta superfici cristalline ed è difficilmente attaccabile dall'azione chimica dell'acqua (è attaccato da acido cloridrico concentrato a caldo), mentre la calcite è più attaccabile dall'azione chimica dell'acqua (da effervescenza già con acido cloridrico diluito a freddo) e quindi è la più interessata dal fenomeno carsico.

I calcari generalmente si sono formati per sedimentazione in ambiente marino a profondità piuttosto modeste, ma esistono anche calcari di tipo continentale, quali il travertino che si forma presso le sorgenti con acque ricche di carbonato di calcio che sono costrette a depositare in parte quando, giunte all'aria libera, tendono a perdere CO2 e

l'alabastrite, che non è altro che la concrezione degli speleologi.

Il travertino a causa della sua porosità, non favorisce il fenomeno carsico, ma bisogna prestare la massima attenzione alle "placche di travertino" se, anche di modesta estensione, di qualunque età esse siano, poiché può essere la preziosa indicazione di una sorgente ormai esaurita che permette l'accesso a sistemi carsici di notevole importanza.

Le rocce così come noi le vediamo, raramente si sono formate nella stessa posizione; il complesso delle deformazioni subite dalla crosta terrestre e le cause che le producono sono studiate dalla tettonica.

Citiamo alcuni esempi di deformazioni che più di frequente possono essere incontrate dallo speleologo:

  • La faglia è una frattura accompagnata dallo spostamento relativo di due lembi; la frattura può essere beante o aperta quando c'è stata un'azione distensiva, oppure chiusa nel caso di un'azione compressiva.
  • Per diaclasi si intende una frattura senza spostamento relativo; per gli speleologi ha il significato di frattura beante subverticale, molto stretta ed estesa.
  • Le pieghe si sono prodotte in seguito a deformazioni avvenute su rocce che avevano comportamento plastico; fondamentalmente si distinguono in anticlinali quando la convessità è rivolta verso l'alto, e in sinclinali quando è rivolta verso il basso.

In conclusione, normalmente è richiesta una notevole preparazione per eseguire un rilevamento geologico, tuttavia lo speleologo potrà eseguire rilievi di dettaglio sia riconoscendo la roccia in cui si apre una grotta, sia determinando gli elementi strutturali. Comunque, il problema che si pone in genere allo speleologo è semplicemente quello di distinguere un calcare da una dolomia e di rilevare direzione, inclinazione ed immersione degli strati.

[modifica] Speleogenesi

Col termine speleogenesi si intende l'insieme dei fenomeni che portano alla formazione dei vuoti all'interno della roccia ed alla sua successiva evoluzione per dar luogo ad una grotta. Sorvoliamo sui tipi di cavità che non interessano lo speleologo e trattiamo brevemente la formazione di grotte in ambiente carsico.

Queste grotte devono il loro sviluppo alle varie azioni, chimica, fisica e meccanica, che l'acqua svolge di volta in volta sulla roccia.

Innanzi tutto va detto che, essendo l'acqua alla base del processo, è necessario che essa possa penetrare all'interno della roccia, e che quindi esistano dei vacui nel massiccio; tali cavità iniziali possono essere contemporanee alla formazione della roccia (singenetiche), oppure formarsi in un secondo tempo, ed è questo il caso più comune per cause di origine tettonica, e quindi per deformazione e soprattutto fratturazione della roccia.

Una volta formato il reticolo iniziale di fessure, interstrati, canaletti, ecc. l'acqua inizia a circolare e ad esplicare la sua azione aggressiva sulla roccia. Questa aggressione, finché i cunicoli saranno di dimensioni ridotte, potrà essere solo chimico/fisica e non meccanica; man mano che i condotti iniziali aumentano di dimensioni, l'acqua comincia ad acquisire moto turbolento, trasportando detriti solidi in sospensione e sul fondo, e di conseguenza ad esplicare azione demolitrice meccanica sulla roccia attraversata.

Parliamo adesso dei principali meccanismi chimico/fisici con cui l'acqua può aggredire la roccia.

  • Si ha dissoluzione semplice quando l'acqua attraversa rocce idrosolubili (gessi) e quindi semplicemente le discioglie.
  • Si ha corrosione quando si instaura quel processo essenzialmente chimico in cui l'acqua, in presenza di anidride carbonica, attacca il carbonato di calcio e lo solubilizza; questo tipo di azione è il meccanismo fondamentale speleogenetico nelle rocce carsiche, dato che esse, in prima approssimazione, non sono solubili in acqua.

La dissoluzione del calcare implica quindi una presenza di anidride carbonica disciolta in acqua la cui provenienza è di vario tipo: l'acqua piovana raccoglie CO2 nell'atmosfera, poi assorbe quella presente nel suolo grazie all'azione di microorganismi e piante fino a raggiungere concentrazioni centinaia di volte superiore, poi ancora si arricchisce dell'anidride carbonica prodotta da vari acidi minerali in presenza di carbonati e infine di quella prodotta dall'ossidazione degli acidi umici (acidi organici prodotti dalla decomposizione dei prodotti naturali nel suolo).

L'acqua ricca di anidride carbonica discioglie il carbonato di calcio fino a saturazione, cioè alla condizione di equilibrio; al di là di tale condizione inizia a depositarlo creando in tal modo le concrezioni. Le azioni descritte, nel corso di milioni di anni hanno dato luogo a molteplici tipi di grotte, che nel prosieguo del testo andremo ad analizzare.

[modifica] Forme carsiche sotterranee

Gli elementi più classici che si presentano in grotta, a parte gli elementi di deformazione tettonica quali diaclasi, ecc., sono essenzialmente saloni, gallerie, pozzi, sifoni, fusoidi, scallops, marmitte, ecc.

  • Si dice galleria vadosa quella asciutta o in cui l'acqua scorre a pelo libero.
  • Galleria freatica è quella totalmente riempita dall'acqua; quest'ultima presenta corrosione su tutta la superficie, con forma cilindrica o ellittica, con l'asse maggiore coincidente con un giunto o una frattura. La galleria vadosa presenta erosione e corrosione accentuata nella parte inferiore percorsa dall'acqua, quindi ha forma sviluppata più in verticale che orizzontale.
  • Un pozzo è dovuto ad acque aggressive provenienti dall'alto, per stillicidio o cascata; in quest'ultimo caso si ha il progressivo arretramento della parete ove scorre l'acqua con il conseguente allargamento del pozzo. Un pozzo che si sviluppa verso l'alto prende il nome di camino, ma non vi è nessuna differenza morfologica con il pozzo se non nel modo in cui si presenta allo speleologo.
  • Un sifone pensile è un tratto di galleria freatica posta tra due gallerie vadose, totalmente riempito d'acqua e superabile solo con tecniche subacquee. Un sifone di fondo è invece quello che si trova a contatto con la superficie freatica e pertanto è completamente allagato.
  • Sorgente è il punto in cui acque sotterranee vengono a giorno; se è evidente che l'acqua è stata assorbita a monte si parla di risorgenza.
  • Grotta di attraversamento è una cavità che attraversa completamente il massiccio calcareo ed è percorribile nei due sensi.
  • Laminatoio è una galleria freatica che corre tra due strati ed ha sezione fusoidale con l'asse maggiore posto nel piano degli strati.
  • Scallops sono chiamate le sculture alveolari a forma di cucchiaino con la parte più ampia e depressa posta contro il verso della corrente, si formano per il moto vorticoso dell'acqua nella fase freatica.
  • Marmitte di erosione sono forme a volte di dimensioni considerevoli, dovute ai vortici che fanno rotolare i ciottoli sul fondo. Esistono anche marmitte inverse che si formano sulla volta delle gallerie, ma sono dovute a corrosione per miscela di acque e quindi caratteristiche delle gallerie freatiche.

[modifica] Speleopoiesi

Mentre il termine speleogenesi indica l'insieme dei fenomeni chimici e fisici che portano alla formazione di una grotta, il termine speleopoiesi comprende i fenomeni chimici e fisici che portano ad un accumulo di materiale al suo interno, fino a un eventuale riempimento totale.

Il materiale che si accumula in una cavità può essere suddiviso in depositi fisici, chimici e biologici; se poniamo attenzione alla loro provenienza possiamo suddividerli in depositi autigeni cioè presenti in loco, oppure allotigeni cioè provenienti dall'esterno; infine, può essere fatta una ultima distinzione in depositi permanenti, i quali rimangono e non sono più rimossi, e depositi temporanei, quali sabbie e argille che si depositano al decrescere di una piena per essere poi rimosse da quella successiva.

Di maggiore interesse sia per gli aspetti suggestivi che per l'imponenza del fenomeno, sono i depositi chimici, costituiti più comunemente da carbonato di calcio e la cui genesi è illustrata dalla nota formula : CaCO3 + H2O + CO2 = Ca(HCO3)2 che letta da sinistra a destra rappresenta la corrosione, da destra a sinistra il concrezionamento.

Le concrezioni, come è stato già detto, si formano in ambiente vadoso in quanto è necessario l'elemento gassoso, assente in ambiente freatico. Infatti, se consideriamo una goccia d'acqua satura che scende lentamente in una frattura della roccia e sbocca in una cavità maggiore, essa subisce una diminuzione di pressione, e pertanto libera anidride carbonica e deposita carbonato di calcio. Il deposito può avvenire anche per innalzamento della temperatura, cosa frequente in grotta nei pressi degli imbocchi, ma insignificante in profondità; l'evaporazione dell'acqua, che potrebbe anch'essa provocare precipitazione di carbonato di calcio, non avviene nelle grotte perché l'atmosfera ha un'umidità relativa del 100%.

I tipi di concrezione in grotta sono di una varietà di forme vastissima; tuttavia è possibile distinguerle in concrezioni di parete, di soffitto e di pavimento a seconda del luogo dove si formano.

Considerando le concrezioni che si formano sul soffitto di una cavità, nel caso in cui la goccia d'acqua sbocchi in una posizione da cui per giungere al pavimento deve immediatamente staccarsi, allora si formeranno stalattiti singole o, nel caso in cui l'acqua provenga da una fessura, si formeranno cortine.

I tipi possibili di concrezione di soffitto sono due: le stalattiti e le eccentriche; le stalattiti si suddividono a loro volta in stalattiti vere e proprie e cannule dette anche "spaghetti".
Il meccanismo di formazione di questi due ultimi tipi è analogo; l'elemento che le differenzia è la velocità di distacco dell'acqua, infatti, se essa è sufficientemente lenta si ha la stalattite vera e propria; man mano che aumenta si hanno stadi intermedi fino a giungere alla cannula classica, che è un tubicino vuoto con pareti di carbonato di calcio sottili e fragili; superata anche la velocità di formazione delle cannule non si hanno più concrezioni.
Alla categoria delle eccentriche si fanno appartenere quel tipo di concrezioni che non seguono la legge di gravità per accrescersi; ciò accade nei seguenti casi: quando una stalattite è sottoposta a ventilazione notevole e costante; quando intervengono geminazioni macrocristalline di calcite o aragonite; quando, a causa del canalicolo di alimentazione estremamente sottile e del lunghissimo tempo di ritenzione della goccia (che praticamente non deve mai staccarsi), i microcristalli che si accrescono all'interno della goccia stessa non subiscono l'effetto di gravità e possono assumere direzioni del tutto casuali.

Passiamo ora ad esaminare le concrezioni di parete , che possono essere di due tipi:
le vele e le concrezioni di splash; nel primo caso, la goccia percorre un tratto di parete prima di distaccarsi, depositando carbonato di calcio lungo tutto il percorso, dando luogo in tal modo ad una concrezione dalla forma estesa e sottile: appunto la vela.
Nel secondo caso si hanno concrezioni di tipo mammellonare, che si sviluppano in presenza di stillicidio abbondante: le gocce rimbalzano sulle pareti; se trovano adeguate condizioni quali escrescenze depositano il carbonato di calcio che si accresce appunto in forma di mammelloni.

Le concrezioni di pavimento si riassumono nelle seguenti forme: stalagmiti, tazzette e pisoliti.

  • Le stalagmiti, che per inciso rappresentano le concrezioni di maggiori dimensioni in grotta, vengono generate dall'impatto sul terreno di una goccia che si distacca dal soffitto; il loro accrescimento avviene a sezione circolare, in quanto la goccia al suolo si disperde in modo radiale, e il deposito è massimo al centro; di conseguenza inizialmente assumono la forma di calotta sferica, e man mano che gli strati si sovrappongono, i bordi tendono ad allargarsi e a divenire più ripidi, fino a che non diventano verticali; a questo punto inizierà l'accrescimento in altezza.
    I fattori che influenzano l'accrescimento stalagmitico sono due: la qualità di acqua relativamente allo spessore, il suo contenuto in anidride carbonica relativamente alla velocità di accrescimento in altezza. Si possono verificare casi in cui alla sommità di una stalagmite vi sia un foro in luogo della consueta vaschetta; ciò accade a causa di temporanea variazione chimica dell'acqua che da concrezionante diventa aggressiva. La stalagmite e la corrispondente stalattite, accrescendosi tendono ad unirsi formando una colonna, che ovviamente non si svilupperà più in altezza ma in larghezza.
  • Le tazzette si formano quando l'acqua scorre su un terreno in leggera pendenza. In queste condizioni la massima saturazione si ha a livello di superficie e quindi la deposizione avviene lungo i bordi delle eventuali asperità emergenti, che pertanto tendono a divenire sempre più vaste e ad unirsi formando cordonature sempre più ampie. Se per una causa qualsiasi un bordo si rompe, l'acqua esce solo da questa zona, che si incrosta rapidamente ripristinando il cordone. Caratteristica saliente delle terrazze è l'omogeneità del livello dei bordi.
  • All'interno di vaschette o comunque di depressioni, possono instaurarsi le condizioni favorevoli per la formazione di pisoliti o perle di grotta. Il meccanismo di formazione è il seguente: lo stillicidio in una pozza d'acqua provoca agitazione e quindi lo svolgimento di anidride carbonica e la precipitazione di carbonato di calcio, sia sulle pareti che su qualsiasi corpo estraneo; lo stillicidio stesso provoca l'agitazione delle perle cosicché ruotano e non si saldano alle pareti, assumendo di conseguenza la forma sferica o cilindrica a seconda del tipo di moto. Altro tipo di riempimento può essere costituito da mineralizzazioni che si manifestano sotto forma di macrocristalli che possono dar luogo anche ad eccentriche improprie.

Infine abbiamo i riempimenti dovuti a depositi biologici, costituiti da guano e da ossa, il primo derivante dall'attività organica di pipistrelli e uccelli; nell'evoluzione di questi sedimenti interviene l'attività di microrganismi e i prodotti dell'alterazione delle rocce carbonatiche su cui si depositano.

[modifica] Meteorologia ipogea

La meteorologia ipogea è quella branca della scienza che studia il clima delle grotte insieme a tutti quei fenomeni che lo determinano.

Benché si abbia a che fare con un ambiente limitato, lo studio della meteorologia ipogea si presenta difficoltoso a causa del limitato intervallo di variabilità dei parametri che interferiscono; in altre parole, la misura della temperatura media di una zona esterna, a causa delle notevoli escursioni termiche sia stagionali che diurne, risulta generalmente accettabile anche se misurata con buona approssimazione; in grotta, invece, a causa delle variazioni termiche di piccola entità, le misurazioni devono essere effettuate con estrema precisione, per non incorrere in errori grossolani che traviserebbero completamente la realtà dei fatti. queste considerazioni sono valide anche per le misure di umidità relativa, pressione e moti dell'aria.

Lo scopo delle ricerche meteorologiche ipogee è duplice; il primo è quello di approfondire la conoscenza dell'ambiente sotterraneo ove si opera, il secondo è quello di individuare parti ancora sconosciute o irraggiungibili della grotta.
Le prime informazioni sono utili ed interessanti soprattutto per il biologo, in quanto serviranno a far conoscere le caratteristiche ambientali che hanno un'influenza diretta sulla vita animale; le seconde, invece, hanno un interesse per lo speleologo, in quanto consentono di acquisire notizie su parti della grotta ancora ignote. Infatti, nel caso delle cosiddette "cavità barometro", è possibile, grazie allo studio del moto dell'aria e delle variazioni di pressione, stabilire addirittura il volume di una cavità senza neppure entrarvi.
Le misure di temperatura dell'aria lungo l'asse di una galleria permettono di mettere in evidenza la presenza di diramazioni. Naturalmente è la sintesi di tutte le informazioni disponibili che permette di stabilire l'esistenza o meno di altre cavità, diramazioni. ecc..

Temperatura
Per la misura delle temperature sono attualmente diffusi termometri digitali con lettura al decimo di grado che risultano precisi e poco ingombranti.
Le precauzioni da prendere per una esatta misurazione sono diverse secondo i casi; ad esempio, in una zona di calma relativa, vanno effettuate più misure, aspettando un tempo ragionevole per ciascuna di esse affinché la sonda possa assumere la stessa temperatura del mezzo; tali misurazioni vanno ripetute finché non tenderanno ad assumere lo stesso valore. Nel caso invece di zone interessate da correnti d'aria, e quindi soggette a variazioni termiche, le letture vanno effettuate più volte, come sopra, e quindi mediate fra di loro. Durante le letture bisogna sempre evitare la presenza di fonti di calore, quali la lampada ad acetilene nonché la presenza dell'osservatore; in caso contrario si potrebbero avere errori anche considerevoli.

Per la misurazione della temperatura dell'acqua basta immergere la sonda, badando che non tocchi la roccia; nel caso di laghi si può misurare la temperatura superficiale facendo galleggiare la sonda sul pelo dell'acqua, e quella di profondità applicandole un peso; i tempi di permanenza nel mezzo devono essere sufficientemente lunghi per avere risposte accettabili.

[modifica] Idrogeologia

L'idrogeologia è lo studio delle acque superficiali e sotterranee viste sia nella loro azione modellatrice sia nei loro rapporti con le strutture geologiche.

In ambiente carsico la circolazione delle acque, sia in superficie che in profondità, è molto diversa da quella delle rocce non incarsite, tanto da meritare studi molto specializzati. Lo speleologo, potendo in molti casi osservare direttamente fenomeni di norma non accessibili, diventa indispensabile collaboratore dell'idrogeologo.

Anche lo speleologo domenicale, e in Italia lo siamo in pratica quasi tutti, può dare un contributo fondamentale per migliorare le conoscenze scientifiche sulla circolazione delle acque carsiche. È sufficiente per questo conoscere alcuni concetti basilari e soprattutto avere molta passione e pazienza.
Non si insisterà mai abbastanza sull'enorme valore di un dato geologico o idrogeologico, anche approssimato (purché correttamente raccolto), rilevato durante un'esplorazione speleologica: basti pensare che lo stesso dato, ricavato da un sondaggio meccanico a 400 500 metri sotto terra costerebbe svariate decine di milioni.
Lo speleologo sportivo non deve necessariamente trasformarsi in scienziato da tavolino, ma ha il dovere di trasmettere le sue osservazioni a chi non può accedere alla grotta, sia pure sottoforma di appunti stringatissimi.

Le acque che interessano un massiccio calcareo possono avere tre diverse provenienze con conseguenti diversi effetti sullo sviluppo del carsismo. Esse possono provenire:

  • da corsi d'acqua esterni alla zona carsica;
  • da acque di precipitazione meteorica;
  • da condensazione.

Il percorso delle acque sotterranee è generalmente tortuoso e condizionato essenzialmente dalla tettonica del massiccio, dalla litologia e dalla giacitura degli strati. In relazione alle acque provenienti da precipitazioni e/o corsi d'acqua esterni alla zona carsica, va considerato che i corsi d'acqua sotterranei possono avere piene improvvise causate anche con diversi giorni di ritardo da acque cadute in bacini molto lontano dall'ingresso della grotta persino su versanti completamente diversi.
A tal fine riveste notevole importanza anche il fatto che il bacino imbrifero delimitato dalla linea spartiacque superficiale quasi mai coincide con il bacino idrogeologico che comprende tutta la superficie sulla quale cadono acque che realmente vanno ad alimentare il reticolo carsico, e quindi spesso è fondamentale la conoscenza di quest'ultimo anche a grandi linee.

Le sorgenti carsiche sono caratterizzate da un'estrema variabilità di portata, con piene impetuose alternate a periodi di magra.
Lo studio dell'idrogramma di piena evidenzia come le acque che si infiltrano devono saturare in un primo tempo le fessure in fine i condotti: è la fase di concentrazione.
In un secondo tempo l'acqua incomincia a defluire nei condotti e si ha improvvisamente la massima piena o colmo, che durerà fino al cessare della pioggia; segue una fase di stanca o decrescita che corrisponde dapprima al progressivo svuotamento dei condotti maggiori ed infine di esaurimento con il lento scaricarsi delle fessure.

[modifica] Paleontologia

Abbiamo visto all'inizio, che le rocce che maggiormente interessano lo speleologo sono di origine sedimentaria, i calcari quindi appartengono ovviamente a questo tipo.

Ne consegue che nella grandissima maggioranza dei casi le rocce calcaree sono dovute, almeno in buona parte, a processi organogeni; risultano cioè dall'accumularsi in seno alle acque del mare, più raramente di laghi, di spoglie di organismi animali o vegetali, o di loro detriti.
Le rocce calcaree di questa natura costituiscono masse che presentano un'importanza ed un'estensione incomparabilmente superiori a quelle di calcari di deposito chimico, e che spesso si distinguono anche dal profano per la evidenza e la regolarità delle loro stratificazioni.

La conservazione delle spoglie degli organismi che hanno contribuito alla formazione dei calcari può essere molto varia; volgarmente si chiamano fossiliferi solo quei calcari che presentano avanzi nettamente riconoscibili ad occhio nudo, di animali o piante fossili; ma ben frequentemente in sezione sottile si riconoscono, con l'aiuto del microscopio, come ricchissimi di minutissimi fossili anche dei calcari nei quali ad occhio nudo nessuna struttura organica si può rilevare.
Altre volte sono intervenuti fenomeni chimici o meccanici, a cancellare più o meno completamente le tracce della primitiva struttura organogena; talora si tratta di processi diagenetici, di dissoluzione e ricristallizzazione parziale, avvenuti durante o subito dopo la deposizione del materiale; talora invece di veri processi metamorfici, portanti ad una più profonda ricristallizzazione, fino a trasformare tutta la roccia in una massa cristallina o spatica.

Alla luce di quanto detto, può capitare che durante l'esplorazione di una grotta, ci si possa imbattere in resti fossili. Durante il percorso di una galleria ipogea, è capitato più volte di trovare incastrati nella parete resti di conchiglie di gasteropodi o bivalvi o altro, personalmente ho avuto la fortuna di trovarmi di fronte a reperti bellissimi nella Grotta del Forgnone sita in Lombardia e precisamente nella Vall'Imagna, nella Grotta Marelli, in provincia di Varese, e nella Grotta Arma Pollera in Liguria.

[modifica] Archeologia e preistoria

Tra le molte abilità richieste allo speleologo c'è anche quella di sapersi trasformare all'occorrenza in archeologo. Le grotte sono infatti sedi privilegiate di informazioni sull'uomo antico e racchiudono situazioni particolarmente favorevoli per la raccolta e lo studio di tali informazioni. Lo speleologo dunque, a qualsiasi titolo svolga la sua attività, è investito a questo riguardo di responsabilità precise e delicate.

In tutta la sua storia, fino a tempi recenti, l'uomo ha utilizzato le cavità naturali a scopo di ricovero, stalla, dimora, sepoltura, ecc. .

Anche in assenza di frequenza stabile all'interno, spesso le cavità hanno funzionato da "trappola" naturale, assorbendo i resti e conservandoli; resti non solo umani o animali, ma anche ogni sorta di tracce della vita che si svolgeva nell'ambiente esterno; cosi troviamo preziosi "campioni" di paesaggi esterni scomparsi l'uno dopo l'altro.

La considerevole importanza delle cavità naturali per lo studio dell'uomo antico deriva da quattro fattori principali:

  • Poiché le cavità hanno sempre attirato uomo ed animali, è molto probabile che questi vi abbiano lasciato tracce, ed è probabile che queste tracce siano relativamente condensate nello spazio;
  • A causa dei processi di riempimento che interessano le cavità, ciò che è avvenuto o finito in grotta ha avuto più probabilità di andare sepolto e quindi di conservarsi;
  • e si è potuto conservare in successioni ordinate cronologicamente a causa delle stratificazioni che vengono originate dai riempimenti successivi;
  • evitando o riducendo l'azione degli agenti meteorici, gli ambienti di cavità conservano meglio i reperti.

Le cavità sono siti di facile individuazione, esattamente localizzati e circoscritti nello spazio, di conseguenza i loro depositi sono più esposti alla possibilità di scoperta ed indagine.

L'uomo utilizzò raramente le zone più interne delle cavità, o solo per motivi rituali, per lo più era scelta come sede stabile la zona d'ingresso o vestibolare, naturalmente più luminosa ed asciutta; tali aree potevano essere adattate e regolate termicamente mediante strutture di pelli su pali o simili. Quindi la presenza di manufatti in zone interne va intesa come deposito conseguente a erosione o trasporto svolto da acque che agirono su depositi archeologici esterni.
Non a caso si insiste sui depositi sulla terra come archivio delle vestigia dell'uomo. Solo in casi del tutto eccezionali le cavità possono rilevarsi interessanti su ciò che portano sul loro involucro roccioso, cioè le pareti e la volta. Lo speleologo archeologo deve quindi abituarsi a vedere le cavità come deposito di riempimento.

I depositi di cavità vanno affrontati solo quando è necessario, possibilmente nell'ambito di programmi precisi e con la disposizione a dedicarvi molto tempo; ciò è ancora più valido se vi si presume un potenziale archeologico.

Chi si ritenesse nella necessità di procedere ad un intervento entro un deposito di grotta, deve seguire le precise modalità di scavo scientifico.

  • L'impostazione di uno scavo va decisa in base alle esigenze poste dal deposito e agli specifici problemi alla cui soluzione lo scavo è diretto.
  • Compito preciso di chi scava è quello di smontare un deposito in modo da capirne l'origine e il rapporto fra le parti, quindi un modo da poterlo ricostruire ed interpretare.
  • Il terreno di scavo deve essere delimitato e suddiviso in quadranti di m1 di lato al massimo, in modo da poter identificare il deposito in base a un sistema di assi cartesiani nelle tre dimensioni, e quindi poter riportare in mappa con la massima precisione la posizione di ogni singolo reperto.
  • L'opera manuale di scavo va limitata al minimo indispensabile e condotta da persone ben addestrate.
  • Anche in condizioni difficoltose il contatto con il terreno di scavo deve essere ridotto al minimo; calpestio ed alterazioni vanno evitate mediante impalcati o assicelle.

La caratteristica più originale e più grave di uno scavo è che si tratta di un metodo altamente distruttivo; esso deve quindi produrre la massima quantità di informazioni valide e tradurle in una documentazione razionale e permanente.
Vanno presi appunti e tracciati schizzi e piantine livello per livello (un livello ha spessore centimetrico), in modo da avere, alla fine dello scavo, decine di piantine e profili che traducano l'intero deposito e servano da mappa. In ogni caso, bisogna affrontare uno scavo tenendo presente che si distrugge qualcosa che andrà perduta per sempre, senza peraltro lasciarsi prendere da timori paralizzanti.

[modifica] Cartografia e rilievo ipogeo

Il rilievo di una grotta è la rappresentazione grafica, simbolica e in scala degli ambienti ipogei. L'operazione di rilievo si divide, come per le carte topografiche, in acquisizione dei dati e restituzione su carta:

  • L'acquisizione dei dati è la fase in cui, nella cavità interessata, si effettuano tutte le misurazioni (lunghezze, altezze, direzioni, inclinazioni...) che si ritengono necessarie per una soddisfacente rappresentazione grafica.
  • La restituzione su carta consiste nel rielaborare i dati presi in campagna in modo da ottenere il prodotto finito, ovvero la planimetria e le sezioni della grotta in esame.

Le scale più utilizzate vanno dalla 1 : 100, per grotte di piccole dimensioni (circa 100 metri di sviluppo spaziale), fino alla 1 : 1000 o minori (sviluppo spaziale superiore a 1 km).

Nel foglio del rilievo devono sempre essere presenti, oltre alla rappresentazione grafica vera e propria, anche la scala grafica, la direzione del Nord magnetico e l'anno di esecuzione del lavoro (importante per ricavare la declinazione magnetica); devono comparire naturalmente anche il nome della cavità, il comune e la zona in cui si trova e i nomi dei rilevatori. Tutti gli altri dati tecnici (coordinate geografiche, quota dell'ingresso, ecc..) ed eventuali note (geologiche, climatiche, biologiche, ecc..) vanno riportati nell'apposita scheda fornita dal Catasto delle Cavità Naturali della propria regione (se presente).

Come accennato prima, la mappa di una grotta non è costituita dalla sola planimetria (come per le carte topografiche), ma è sempre accompagnata dalle sezioni longitudinali e trasversali:

  • La planimetria è la proiezione della grotta su un piano orizzontale, con vista dall'alto. Pare logico che in una simile rappresentazione vengono totalmente perse tutte le informazioni riguardanti i dislivelli, che vengono spalmati su una superficie. Per rimediare a ciò si ricorre alle sezioni.
  • La sezione longitudinale è la proiezione della cavità su un piano verticale, che ne segue l'andamento, appunto, longitudinalmente (cioè per tutta la sua lunghezza). Per evidenziare la lunghezza degli ambienti la sez. long. viene rettificata, ovvero non si tiene conto delle direzioni azimutali, visibili però nella planimetria.
  • Le sezioni trasversali si ottengono con piani posti ortogonalmente all'andamento della grotta e servono per rappresentare contemporaneamente larghezza e altezza degli ambienti (in effetti riportano dati già presenti in planimetria e sezione longitudinale).

[modifica] Acquisizione dei dati e strumenti di misurazione

L'acquisizione dei dati consiste nel costruire, mediante una serie di misure (distanze e angoli), una semplice struttura della grotta, attorno alla quale disegnare poi la cavità vera e propria. Questa struttura si chiama poligonale e consiste in una successione di segmenti orientati nello spazio; le estremità di ciascun segmento sono i punti di rilievo (o capisaldi), che vengono scelti dai rilevatori in modo da rappresentare il più fedelmente possibile gli ambienti che essi stanno misurando. Requisito fondamentale di ciascun punto è che da esso siano ben visibili sia quello precedente che il successivo; devono inoltre essere numerati (solitamente in ordine crescente a partire dall'ingresso della grotta) per garantire una facile lettura della spezzata. Ciascun segmento della poligonale è definito da tre parametri:

  • La lunghezza, ovvero la distanza in metri da un punto di rilievo al successivo, che è normalmente misurata per mezzo di una rondella metrica a fettuccia, lunga 20 m (doppio decametro).
  • La direzione, cioè l'angolo compreso tra il segmento in esame e la direzione del Nm. Logicamente la misura di questa grandezza verrà effettuata mediante una bussola, le cui caratteristiche fondamentali dovrebbero essere la robustezza e la facile leggibilità della scala graduata.
  • L'inclinazione, anch'essa un angolo, ma misurato questa volta su un piano verticale e rispetto alla direzione del filo a piombo. Questa grandezza ci dice quanto è il dislivello tra due capisaldi e ci permette di ricavare, tramite semplici formule trigonometriche, la proiezione del segmento di poligonale sul piano orizzontale (indispensabile per disegnare la planimetria). Lo strumento utilizzato per misurare le inclinazioni è il clinometro; di aspetto simile alla bussola, va però utilizzato con il disco graduato posto in posizione verticale.

La poligonale può essere sostanzialmente di due tipi:

  • Chiusa, quando i capisaldi iniziale e finale della spezzata coincidono nello stesso punto. In questo caso si può avere un riscontro immediato della precisione con cui sono state effettuate le misure, in base all'errore (sicuramente presente) di chiusura della poligonale.
  • Aperta, se i capisaldi suddetti sono invece alle estremità della spezzata. La maggior parte delle poligonali realizzate in grotta sono di questo tipo in quanto si sviluppano dall'ingresso al fondo della cavità.

In ogni caposaldo bisogna inoltre effettuare altre misurazioni che completano la descrizione di quella parte di grotta. Si tratta della larghezza e dell'altezza dell'ambiente (galleria, stanza, cunicolo o pozzo che sia...) in corrispondenza del nostro caposaldo. Questi dati completano la poligonale e sono indispensabili durante la restituzione su carta.

Spesso in grotta ci troviamo a dover rilevare ambienti (come stanze o saloni) molto grandi, dalla volta alta e irraggiungibile con i longimetri; in questi casi possiamo procedere con vari metodi di misura. Per quanto riguarda la planimetria, una sala può essere rilevata in due modi:

  • Per irraggiamento, ponendosi al centro dell'ambiente e facendo partire da qui una serie di piccole poligonali in tutte le direzioni, fino a raggiungere le pareti della stanza. L'unione dei capisaldi alle estremità di questa raggiera ci fornirà la planimetria.
  • Per poligonale secondaria chiusa, costruendo appunto una spezzata che, partendo dal caposaldo posto all'ingresso del salone, ne segua il perimetro il più fedelmente possibile, per poi richiudersi nel punto iniziale. Avremo così una sorta di anello che rappresenta, in maniera geometrica, la pianta della sala.

L'altezza di una volta non raggiungibile fisicamente si può ottenere in vari modi, più o meno precisi:

  • Il più utilizzato, quando si vuole operare velocemente, è il metodo a occhiometro. Si tratta di una sorta di media (o meglio di statistica) delle opinioni dei rilevatori su quanto possa essere alto il soffitto in quel punto; è inutile dire che la velocità di misura si paga con una colossale imprecisione (soprattutto per altezze elevate e difficilmente stimabili).
  • Un metodo decisamente più affidabile è quello di proiettare verticalmente un fascio di luce (ad es. con una torcia elettrica) nel punto di cui si vuole misurare l'altezza (h) e, contemporaneamente, operare una lettura al clinometro (α) collimando la luce da una distanza nota (d) tra il punto di collimazione e la base della verticale (misurata col longimetro). Questi dati sono sufficienti per ricavare, con una semplice formula di trigonometria, l'altezza in questione (h = d × tg α) (tg = tangente). Questo metodo non è il massimo della precisione, ma è sicuramente meglio dell' occhiometro.
  • Un sistema che può far sorridere consiste nell'utilizzare un palloncino gonfiato con un gas leggero (come l'Elio) e mandarlo su legato ad uno spago. La misura ottenuta sarà sicuramente quanto di più preciso ci si possa aspettare, ma il materiale occorrente (la bombola di gas) ne limita l'utilizzo a grotte di semplice percorribilità.

Tutti i dati assunti durante l'operazione di rilievo devono essere annotati in un apposito quaderno di campagna. Si tratta di uno schema in cui scrivere, per ogni segmento della poligonale e ogni coppia di capisaldi, i valori letti negli strumenti (lunghezza, direzione, inclinazione, altezza e larghezza), accompagnati da eventuali note. Deve inoltre esserci uno spazio per disegnare una bozza della poligonale e della grotta, sia in pianta che in sezione; questo è molto importante per ricordare particolari morfologici facilmente dimenticabili.

[modifica] Restituzione dei dati

La restituzione dei dati si divide in due fasi:

  • L'elaborazione delle misure rilevate in campagna, in modo da ricavare anche tutte quelle indirette, ottenibili tramite calcoli matematici (come la proiezione della poligonale sul piano orizzontale, ovvero la planimetria).
  • Il disegno vero e proprio di planimetria e sezioni longitudinali e trasversali, a partire dallo scheletro (poligonali, larghezze e altezze), fino ad arrivare ad una rappresentazione della grotta completa di profilo e dettagli importanti (come concrezioni, colate, laghi, corsi d'acqua, ecc...). Gli strumenti necessari per questa operazione si riducono a carta, matita, gomma, goniometro e squadrette.

[modifica] L'attrezzatura dello speleologo

Dopo aver illustrato alcuni aspetti della speleologia andiamo ad analizzare gli strumenti che permettono allo speleologo di operare nel mondo ipogeo.

[modifica] L'impianto luce

Primo fra tutti, considerando che in grotta l'oscurità è assoluta, è l'impianto di illuminazione.
È importante che questo sia affidabile e abbia lunga autonomia, inoltre è necessario che la luce prodotta sia diffusa e non diretta in quanto questo tipo di illuminazione permette una visuale più completa, infatti permette di vedere sia dove si mettono i piedi sia qualche metro in profondità. La luce diretta invece torna utile quando si vuole illuminare un particolare.

Il sistema migliore per avere luce diffusa e stabile è quello a gas e più precisamente acetilene.
Questo gas si ottiene bagnando il carburo di calcio. Lo speleologo avrà quindi assicurata all'imbragatura una particolare bombola strutturata in questo modo: la stessa è divisa in due parti che si possono unire per mezzo di un passo a vite o di un attacco a baionetta; nella parte alta viene messa acqua mentre nella parte inferiore viene messo il carburo. Un rubinetto molto sensibile fa gocciolare lentamente l'acqua dalla parte superiore a quella inferiore, quando l' acqua tocca il carburo si sprigiona il gas acetilene che per mezzo di un tubo flessibile viene convogliato al casco sul quale è fissato un ugello. Una volta acceso si ottiene una fiamma bianca e molto stabile che come detto ha il potere di illuminare in modo diffuso l'ambiente.
Se utilizzata in modo corretto la lampada a carburo può avere un'autonomia di 6/8 ore. Portando con sé in un barattolo chiuso ermeticamente altro carburo, la bombola si può ricaricare più volte con la conseguenza di aumentare notevolmente l'autonomia.

Affiancato all'impianto a gas è utile comunque avere un impianto elettrico, che permetterà di illuminare con più intensità tutti quei particolari che riterremo degni di approfondimento. Inoltre l'impianto elettrico rappresenta in caso di emergenza una buona alternativa. Bisogna comunque ricordare di avere sempre con sé batterie di scorta; le batterie, infatti, alle basse temperature che si trovano spesso in grotta non hanno una durata molto lunga.

Attualmente, e parliamo in data fine 2006, il sistema di illuminazione a carburo (acetilene) sta per essere definitivamente soppiantato dal sistema di illuminazione a LED. Dei sistemi progettati specificatamente da grosse case produttrici (es. Petzl) permettono delle eccellenti performances in quanto a qualità della luce e specialmente per la durata. Per esempio, il sistema DUO a 14 led della Petzl promette un fascio luminoso molto buono ed una durata a questo livello per almeno 10 ore(!). Il sistema diventa anche eccezionalmente economico se si utilizzano batterie ricaricabili (tipo AA) da 2500 mAh o da 2700 mAh. Ancora molti speleo sono restii a passare dal vecchio al nuovo sistema, più per motivi affettivi e forse anche un po' per pigrizia ad accettare il cambiamento che, comunque, diventerà sicuramente inevitabile da qui a qualche anno...

[modifica] Il casco

Naturalmente sia l'impianto a gas che quello elettrico vanno montati sul casco!
Anche il casco come l'illuminazione è fondamentale per lo speleologo, infatti esso ha il compito di proteggere la testa da colpi o detriti caduti dall'alto; posso assicurare che in grotta spesso si prendono poderose zuccate!
In commercio si possono reperire molti tipi di caschi, l'importante è che al momento dell'acquisto si verifichi l'omologazione. Alcune aziende producono dei caschi appositamente per speleologia ma a costi molto elevati. Il compromesso ideale a nostro avviso è l'acquisto di un casco da alpinismo e conseguentemente l'adattamento dello stesso finalizzato all'installazione dell'impianto a gas ed elettrico.

[modifica] Imbragatura

L'imbrago, in pratica serve a sostenere tutta l'attrezzatura, ma cosa più importante lo speleologo che la indossa!! Infatti nell'ambiente sotteraneo capita frequentemente di dover utilizzare corde per scendere e risalire pozzi o assicurarsi per passaggi in parete.
All'imbragatura andranno quindi assicurati tutti gli accessori e le parti meccaniche (che vedremo in seguito) atti sia alla discesa che alla risalita, inoltre troveranno posto importanti strumenti quali la bombola del carburo, moschettoni, longe cordini vari, ecc..
L'imbrago è costituito da due parti, quella inferiore serve a sostenere il peso dello speleologo attraverso cosciali e cintura in vita, ed una superiore destinata all'equilibrio e alla stabilità durante le manovre su corda.
L'attrezzatura viene assicurata ad uno speciale moschettone, a forma di D o di triangolo, che serve anche a chiudere l'imbrago, e che viene chiamato delta. Quasi sempre si usa un moschettone d'acciaio chiuso con una ghiera esagonale compatibile con una chiave inglese "del 17", detto "Maillon".

[modifica] Attrezzature per la discesa: il discensore

Il discensore è un mezzo meccanico utilizzato dallo speleologo per la discesa di una verticale su corda. Ne esistono di svariati tipi ma quello che offre maggiori garanzie per la speleologia è il "discensore Simple" prodotto dall'azienda francese Petzl.
Praticamente il "Simple" sfrutta l'attrito che la corda produce passando con un andamento a "s" attraverso due pulegge fisse in lega d'alluminio. Un congegno di apertura permette di inserire la corda senza che il discensore sia staccato dal moschettone (con ghiera) che lo ancora all'imbragatura. Bisognerà comunque verificare l'esatta posizione della corda e la posizione del discensore prima di iniziare una discesa.
Al discensore va associato un moschettone di rimando, in genere in acciaio, anch'esso posto sul delta dell'imbrago, che serve per aumentare l'attrito della corda e non scivolare troppo velocemente.

[modifica] Attrezzature per la risalita: i bloccanti

Per la risalita su corda vengono normalmente impiegati due attrezzi molto simili nel funzionamento.

  • Il bloccante ventrale (detto "croll") viene posizionato alla parte ventrale dell'imbrago.
    È un particolare congegno che per mezzo di un cricchetto dentato permette lo scorrimento della corda solo in un senso. In pratica, quando lo speleologo sale, la corda scorre facilmente nel bloccante ventrale, ma quando si ferma e il peso dello speleo agisce sul medesimo, il cricchetto si chiude "strozzando " la corda, evitando quindi che si possa scivolare verso il basso.
  • la maniglia
    Il funzionamento della maniglia è identico a quello del bloccante ventrale, la differenza sta nel fatto che il mezzo meccanico, ha in più una "maniglia" che lo speleo, potrà utilizzare con una o due mani per far scorrere l'attrezzo sulla corda. La maniglia inoltre deve essere accessoriata con longe e fettucce in quanto deve essere assicurata all'imbrago ed avere una staffa nella quale verranno messi i pedi o il piede dello speleologo, e sulla quale verrà fatta forza per la spinta in risalita.

[modifica] Corde

Servono a scendere e a salire pozzi e pareti, come visto su esse ci si muove con discensore maniglia e croll.
In commercio esistono molti tipi di corde, quelle più adatte alla speleologia sono esclusivamente le "statiche", che risultano essere molto meno elastiche di quelle usate comunemente in alpinismo. Il diametro ideale è di 10 mm. Escludere nel modo più assoluto qualsiasi altro tipo di corda, come ad esempio quelle che si trovano dal ferramenta e quelle nautiche!!
Una buona manutenzione allunga la vita delle corde che comunque vanno cambiate non appena i segni di usura si fanno evidenti!

[modifica] Sacchi

Oltre agli attrezzi personali che normalmente sono appesi agli anelli dell'imbrago, in grotta occorre portare altro materiale, come cibo, apparecchi fotografici, fornello, carburo di scorta ecc.
Tutto questo materiale estremamente necessario troverà collocazione all'interno di appositi sacchi "da grotta", i quali devono essere robusti e resistenti e con forma affusolata per permettere il loro trasporto anche in strettoie. Naturalmente dovranno essere accessoriati di spallacci e maniglie.

[modifica] Materiali da armo

Per ancorare le corde alla roccia, vengono utilizzati degli speciali chiodi ad espansione denominati "spit", ai quali per mezzo di un bullone vengono fissati una apposita placchetta o un apposito anello, che ospiteranno il relativo moschettone con annodata la corda.
Si raccomanda sempre di fissare la corda in almeno 2 punti, e fare in modo che la stessa non sfreghi sulle sporgenze rocciose dove potrebbe danneggiarsi o anche tagliarsi!!!!

Da alcuni anni lo "spit" è stato quasi completamente sostituito dal più comune ed economico fix, prodotto di origine industriale molto simile ai comuni tasselli da edilizia. Il grande vantaggio del fix rispetto allo spit, consiste nel richiedere un foro dal diametro minore a parità di spessore resistente.

[modifica] Scale

Ormai quasi completamente in disuso, possono essere ancora utilizzate per piccolissimi dislivelli.


[modifica] Domande

Chi ha letto fino a questo punto, sicuramente si sarà fatto un minimo di idea sulla speleologia e gli speleologi, ma naturalmente verrà spontaneo porsi altre domande; proseguendo nella stesura del testo cercheremo di dare il maggior numero di risposte al fine di dare più informazioni possibili e magari far nascere nell'animo di qualcuno l'interesse verso l'oscuro mondo di grotte e abissi.

[modifica] Che fine fa l'acqua delle grotte?

Naturalmente verso le sorgenti site a valle.
Il meccanismo che genera un corso d'acqua sotterraneo, in genere è questo: l'acqua dalla superficie penetra nel sottosuolo attraverso innumerevoli crepe e porosità, quindi cade lungo pozzi, e ripide strette gallerie.
Tutti i vari piccoli ruscelli, una volta penetrati all'interno della montagna, tendono a riunirsi e conseguentemente ad ingrossarsi, alla fine, quando incontrano uno strato roccioso impermeabile o molto meno attaccabile di altri formano un vero e proprio fiume denominato collettore.
Nel corso di questo fiume, si possono incontrare laghi anche profondi, ed in genere a causa dell'allargamento della galleria, l'acqua tende perdere la sua forza meccanica di erosione.
L'esplorazione dello speleo in genere si arresta di fronte ad un lago il cui emissario è subacqueo (sifone). Sapere cosa c'è oltre questi limiti è possibile solo attraverso l'immersione subacquea con autorespiratore .
Per concludere, quando l'acqua alla fine raggiunge la superficie della montagna, trabocca: è la risorgenza o risorgiva.

È doveroso ricordare che esistono anche grotte che non sono state create dall'acqua, e precisamente quelle vulcaniche. Sulle pendici dei vulcani infatti lo scorrimento delle lave forma delle gallerie che una volta raffreddate possono essere percorse dagli speleologi.

[modifica] Che condizioni ambientali si trovano in grotta?

Le grotte sono in genere poco ospitali per l'uomo. Infatti generalmente sono sature di umidità e con temperatura praticamente costante. Per quanto riguarda l'umidità, trovandosi in un ambiente chiuso acqua e aria vanno in equilibrio fra loro saturando l'aria di vapor acqueo..
Essendo le grotte attraversate quasi sempre da grandi flussi d'acqua, la temperatura sarà all'incirca la media delle temperature dell'acqua stessa.

[modifica] C'è sempre buio in grotta?

Si, nelle grotte c'è sempre buio, un'oscurità praticamente impenetrabile. Se chiudiamo gli occhi per qualche istante, quando li riapriremo faremo fatica a capire se sono aperti o chiusi!!!!
Quel buio totale, non è però assoluta assenza di luce fisica. Alcune tracce di particelle di radiazione cosmica riescono penetrare nel sottosuolo e interagendo con l'atmosfera ipogea riescono ad emettere un debole segnale luminoso!

[modifica] In grotta si riesce sempre a respirare?

L'aria di grotta viene continuamente rinnovata con aria esterna che penetra, per motivi che vedremo oltre, dagli innumerevoli piccoli sbocchi verso l'esterno che ha ogni grotta. Anche l'acqua che vi fluisce contribuisce a rinnovare l'atmosfera grazie ai gas disciolti che essa trasporta. in alcune grotte, dove i cunicoli sono separati dall'esterno da un sottile strato di roccia, l'acqua che vi penetra è ricchissima di anidride carbonica e rilasciandola rende l'aria irrespirabile.
In piccole gallerie senza sbocchi, l'aria è respirabile grazie appunto al flusso delle acque che la attraversa.
Due caratteristiche differiscono l'aria delle grotte con l'aria esterna: essa è quasi sempre satura di umidità ed estremamente pura.

Queste caratteristiche che sono legate - l'umidità e le lievi differenze di temperatura - inducono cicli di condensazione ed evaporazione che finiscono per catturare e spostare nell'acqua tutte le particelle in sospensione nell'aria. Ne risulta un'aria fredda, umida e sterile che è molto adatta a guarire malattie di tipo polmonare.
Non proprio tutte le grotte possono però vantarsi dell'aria che contengono, ne esistono rarissime che hanno aria cattiva in quanto si aprono in zone vulcaniche, o a causa di materiali biologici che imputridendo liberano anidride carbonica che a causa del suo peso specifico, ristagna nelle parti basse della grotta. Occorre inoltre che oltre alle cause appena descritte la grotta possieda unicamente un ingresso.

[modifica] Le grotte possono riempirsi d'acqua?

Sono estremamente rare le grotte che effettivamente si riempiono completamente d'acqua, sono invece molte quelle che a causa di forti precipitazioni subiscono fenomeni di piena improvvisa.
Può succedere che in alcune grotte gli speleologi possano rimanere bloccati per parecchie ore a causa di allagamenti di zone di passaggio. Trattandosi comunque di fenomeno temporaneo, l'unica cosa da fare è aspettare che il flusso di piena defluisca lasciando conseguentemente libero il passaggio.

[modifica] Le grotte possono crollare?

Si, anche se questo accade in tempi geologici: crollano e i detriti vengono portati via e disciolti dai ruscellamenti.
Su una scala umana di tempo comunque si può tranquillamente affermare che le grotte non crollano, anzi si può asserire che sono molto stabili e sicure. La grotta che si riesce a percorrere sta lì da centinaia di migliaia di anni, e la forma che ha assunto è quella più adatta per resistere a terremoti che nel corso della sua storia devono essere stati innumerevoli. Può succedere invece, che passando per la prima volta in zone inesplorate l'uomo possa suo malgrado causare il crollo di massi instabili.

[modifica] Si può bere l'acqua delle grotte?

Dipende. Dipende dal percorso che fa l'acqua all'interno della montagna, e da dove l'acqua viene assorbita.
È doveroso indicare che in grotta le particelle impure non vengono filtrate in quanto troppo piccole rispetto agli ostacoli che l'acqua incontra e per l'assenza del sole non esistono microrganismi atti alla sua purificazione.

In grotte come quella di "Valdemino" in Liguria, l'acqua dei laghi in essa contenuti è risultante solo da stillicidio e quindi contiene un'alta concentrazione di carbonato di calcio, causa principale di patologie quali calcoli renali ecc.
Se poi lo sviluppo della grotta passa sotto ad un centro abitato potrebbero verificarsi fenomeni d'inquinamento dovuti ad infiltrazioni di acque "bianche" e/o "nere".

[modifica] A cosa serve la speleologia?

Se si intende avere qualche utilità pratica e monetizzabile, si può dire tranquillamente ma con fierezza che non serve a nulla.

Come del resto l'astronomia e la fisica delle particelle.
La speleologia è una parte di quelle ricerche che vengono portate avanti unicamente per se stesse, per curiosità.
Comunque attraverso la speleologia si possono chiarire alcuni aspetti interessanti, come la circolazione delle acque nel sottosuolo, capire la struttura interna di una montagna, trovare nuove forme di mineralizzazioni, trovare organismi interessanti.
Ma la cosa che anima più di ogni altra lo speleologo, è l'esplorazione, il fascino della scoperta, il poter mettere piede dove mai uomo è arrivato, trovarsi in un altro mondo all'interno del mondo…. Vedere, guardare il lento muoversi della natura nei suoi aspetti più reconditi e lontani.. …..e se poi tutto questo non serve, o può sembrare inutile, bè non ha importanza!

[modifica] Cosa fanno gli speleologi per tutto in tempo che stanno in grotta?

Soprattutto, si spostano.
Le grotte sono spesso molto vaste ma gli accessi percorribili sono molto pochi. A volte per raggiungere una zona interessante da esplorare o riprendere l'esplorazione da dove si era lasciata, occorrono molte ore di cammino, attraverso spazi angusti, terreni instabili, discesa di pozzi, passaggi in acqua, senza contare il materiale che occorre sia esso tecnico che di sopravvivenza.
Molte cavità per essere percorse nella loro totalità richiedono permanenze di 20 - 30 ore, per altre è addirittura necessario fermarsi a bivaccare, altre ancora molto più facili si possono percorrere in poche ore.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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