Brigata Garibaldina Antonio Gramsci
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La Brigata Garibaldina Antonio Gramsci operò dal settembre del 1943 al giugno del 1944 tra la Valnerina, la zona di Cascia e Leonessa. Nasce ufficialmente nel febbraio del 1944 in seguito al radicamento e alla crescita del Battaglione "Spartaco Lavagnini", e dietro le indicazioni di Celso Ghini, inviato dal PCI come ispettore.
Il propulsore, prima commissario politico e poi anche comandante militare fu il dirigente comunista ternano Alfredo Filipponi, che guidò il gruppo fin dal primo nucleo immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre.
Era prevalentemente costituita da abitanti della Valnerina e delle zone limitrofe, operai ternani, ex prigionieri di guerra alleati e sovietici, nonché - di fondamentale importanza - un importante nucleo di prigionieri jugoslavi evasi nel settembre 1943 dal carcere di Spoleto. Il loro capo "Toso" Lakovic fu a lungo comandante militare nella Brigata.
Il momento di maggior potenza fu tra il febbraio e la fine di marzo 1944: in quel periodo i sei battaglioni della Brigata ruscirono a "liberare" e costituire la prima zona libera d'Italia, che si estendeva tra Visso, la Valnerina fino a Ferentillo, Piediluco, i comuni di Cascia, Monteleone di Spoleto, Norcia, Leonessa e fino a Poggio Bustone. Il Battaglione "Manni" era operativo sui monti tra Stroncone, Narni, fino al limite della Sabina; altre squadre volanti agivano fino a Posta, sulla Salaria, e nello Spoletino. L'obiettivo strategico era di creare una sorta di diaframma tra la Flaminia e la Salaria, per disturbare gli approvigionamenti tedeschi verso l'Adriatico in un momento della guerra (la primavera del 1944), durante il quale l'offensiva degli Alleati cercava di concentrarsi sullo sfondamento del fronte abruzzese. .
Tra il 1° e l'12 Aprile del 1944 la zona libera e la Brigata fu sottoposta a un feroce rastrellamento da parte dei reparti italo-tedeschi. La Brigata subì un duro colpo: rischiò il complato sbandamento, e dovette abbandonare tutti i maggiori centri abitati.
Durante la difficile riorganizzazione che si protrasse per tutto il mese successivo, si dovette procedere alla divisione operativa dei reparti: gli jugoslavi dei due battaglioni Tito (che tra l'altro erano quelli che avevavo meglio retto l'urto del rastrellamento grazie a una ritirata verso Norcia e Visso) continuarono ad agire sul confine marchigiano in una situazione di fattuale autonomia agli ordini di Toso; i battaglioni umbri sotto il diretto comando di Alfredo Filipponi (nome di battaglia "Pasquale") andarono riorganizzandosi faticosamente sui monti più vicino a Terni, nei dintorni di Polino.
Fortermente colpita nelle sue capacità militari, la Brigata dovette spesso limitarsi ad azioni dimostrative, come le sopressione di veri o presunti collaboratori e spie fasciste (come la giovanissima Iolanda Dobrilla a Lugnola di Configni (RI) e la maestra Pia Lamponi Liberati a Miranda, sopra Terni).
Con lo sfondamento delle difese tedesche in Lazio e Abruzzo nella seconda metà di maggio, anche la Brigata Gramsci riuscì a riprendere fiato; il 13 giugno 1944 le forze partigiane partecipano alla liberazione di Terni entrando nella città martoriata dai bombardamenti da nord, in contemporanea alle truppe inglesi che vincono le ultime resistenze nemiche e passano il Nera da sud.
Molti componenti della Brigata si arruolarono poi nell'8° Gruppo di combattimento "Cremona", che a fianco degli alleati proseguì la guerra, partecipando alla liberazione di Alfonsine.
Tra i decorati della Brigata, la prima Brigata Garibaldi dell'Italia Centrale, si hanno Germinal Cimarelli, caduto presso Cesi, Emo Battisti, studente di Poggio Bustone comandante di distaccamento morto durante il rastrellamento, e il parroco di Leonessa, Don Concezio Chiaretti, collaboratore dei partigiani e presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Leonessa, trucidato assieme a 50 parrocchiani a Leonessa durante il rastrellamento. Tutti e tre insigniti della medaglia d'oro al valor militare.
[modifica] Bibliografia
- Alfredo Filipponi, Il diario di Alfredo Filipponi, comandante partigiano., a cura di Giuseppe Gubitosi, Perugia 1991, Editoriale Umbra
- Giorgio Pisanò, Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, ECO, Melegnano 1999
- Domizia Carafòli, Crimini dimenticati. 1944: così morì Iolanda, "Il Giornale", 29 novembre 2006 ([1])