Chiesa di Sant'Anna al Trivio
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La Chiesa di Sant'Anna al Trivio è una delle chiese monumentali di Napoli; si erge nel quartiere Vicaria.
[modifica] Cenni storici
Il tempio venne fondato da Nicola Pane, un pietoso cittadino napoletano. La commissionò all’architetto Filippo Botta nell’ambito del suo fondo posto appunto nel Trivio all’Arenaccia e in essa vi fece seppellire la moglie, Fortunata Vecchione, morta nel 1859 e alla quale solennemente destinò un sarcofago cinquecentesco, sul quale tutt’oggi si può ammirare il ritratto scultoreo.
Interessante è la figura dell’architetto, il conte Filippo Botta, ingegnere ed architetto, attivo nel XIX secolo, fu una valida figura nel campo dell’architettura napoletana. Lo storico Giancarlo Alisio, per quanto riguarda il suo studio su Napoli e il periodo del Risanamento, si esprime così: «Sono Botta e Di Leva i soli nomi finora noti di progettisti della seconda metà dell’Ottocento che andrebbero studiati in una ricerca che ancora attende di essere svolta». Da qui la difficoltà di reperire studi, ricerche e notizie biografiche sul conto del nostro Botta.
Ha esordito nel 1850 come restauratore di chiese napoletane e pare fosse famoso per non aver rispettato mai l’originaria struttura degli edifici di culto in cui s’imbatteva, ma di averle parzialmente trasformate. Un esempio è il suo restauro della chiesa dei SS. Crispino e Crispiniano nella zona dell’Annunziata.
Molto diffuso il suo intervento anche nella zona industriale di Ponticelli, Barra e in S. Giorgio a Cremano, dove Botta si trasferì lasciando il centro cittadino, forse per motivi inerenti al crollo del regno borbonico.
La maggior parte delle opere che la chiesa custodiva al suo interno, sono state trasferite altrove in città.
[modifica] Architettura dell'interno
La chiesa ha una pianta centrale, generando un vivace movimento spaziale, che, nella zona della crociera si amplifica per mezzo delle forme concave di due cappelloni e del vano absidale composto da uno scalone dove si ergeva la "prodigiosa" immagine di S.Anna (oggi trasferita), in alto una cupola semisferica, dalla quale spiove, una luminosità diffusa che mette in risalto il nitore plastico delle pareti.
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