Società Sportiva Calcio Napoli
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Azzurri, Partenopei | ||||
Segni distintivi | ||||
Uniformi di gara
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Colori sociali: | ![]() |
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Simboli: | Asinello ('o ciucciariello) | |||
Inno: | Napoli Napoli Nino D'Angelo |
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Dati societari | ||||
Confederazione: | ![]() |
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Nazione: | ![]() |
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Federazione: | ![]() |
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Città: | Napoli | |||
Fondazione: | 1926 | |||
Rifondazione: | 2004 | |||
Presidente: | Aurelio De Laurentiis | |||
Palmarès | ||||
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Scudetti: | 2 | |||
Trofei nazionali: | 3 Coppa/e Italia 1 Supercoppa/e Italiana/e |
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Trofei Internazionali: | 1 Coppa/e UEFA 1 Coppa di Lega Anglo-italiana 1 Coppa delle Alpi |
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Stadio | ||||
San Paolo (60.240 posti) |
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Contatti | ||||
Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. Strada Statale Domitiana Km 35,300 |
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www.sscnapoli.it |
Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., (SSC Napoli), è il titolo sportivo della squadra calcistica del Napoli, principale formazione della città omonima.
Dopo il fallimento sancito nel 2004 e la perdita del titolo sportivo, era stata sostituita dal Napoli Soccer, fondato e presieduto da Aurelio De Laurentiis, che in seguito ha provveduto a riscattare titolo sportivo, storia e trofei della vecchia società dal Tribunale Fallimentare. Dal maggio 2006 la società è tornata alla denominazione acquisita negli anni sessanta. Il Napoli in Serie A vanta oltre a due primi posti, tre secondi posti e otto terzi posti. Secondo un recente sondaggio il Napoli risulta la quinta squadra in Italia per numero di tifosi.
[modifica] Storia
[modifica] Dal Naples al Napoli
Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904 quando, ad opera dell'inglese James Poths, impiegato in un'agenzia marittima della città, e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra, venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima squadra calcistica cittadina che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club. La prima partita venne giocata contro i marinai-giocatori della nave Arabik che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0: il Naples si impose per 3-2 con le reti di MacPherson, Scafoglio e Chaudoir.
Fino al 1912 il Naples non partecipò al Campionato nazionale al quale erano iscritte solo le squadre del Nord Italia. Nei primi anni vinse comunque alcune competizioni minori fra le quali la Coppa Lipton, conquistata battendo il Palermo per 2-1, la Coppa Salsi, conquistata sconfiggendo altre squadre campane, e la Coppa Noli da Costa.
Nel 1912 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all'Unione Sportiva Internazionale Napoli. Nello stesso anno la FIGC decise di ammettere al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) le squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono in uno scontro fratricida nella semifinale centro-sud, alla fine fu il Naples a uscirne vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2. Comunque il Naples perse la finale centrosud contro la SS Lazio. Nella stagione successiva l'Internazione si prese la rivincita eliminando il Naples sempre nella semifinale centrosud prima di perdere la finale centrosud contro la Lazio. Le due squadre si affrontarono ancora una volta nelle semifinali centrosud nel 1915, ma dopo la gara d'andata (vinta dall' Internazionale 3-0), il torneo venne sospeso a causa dell'entrata in guerra dell'Italia nella Prima Guerra mondiale.
Finita la guerra nel 1919 il campionato riprese. Rispetto all'ultimo campionato il numero delle squadre partecipanti aumentò a dismisura soppratutto nel nord. Anche il numero di squadre campane partecipanti al campionato aumentò di molto; se nella stagione 1914-15 le squadre campane partecipanti erano solo due (il Naples e l'Internazionale) nel 1919 le squadre campane partecipanti erano molte di più (Puteolana, Savoia, Bagnolese ecc.). Negli anni dal 1919 al 1922 il Naples e l'Internazionale non brillarono particolarmente raggiungendo al massimo le semifinali interregionali.
Nel 1922 le due compagini attuarono una nuova fusione, resa necessaria da esigenze di carattere finanziario, diedero così vita al Foot-Ball Club Internazionale-Naples, meglio noto come FBC Internaples.
Nella stagione 1925/26 l'Internaples disputò un ottimo campionato: dopo aver vinto il girone campano e il girone A delle semifinali Lega Sud arrivò in finale lega sud dove fu sconfitta dall'Alba trastevere. Il 1° agosto 1926 l'assemblea dei soci dell'Internaples decise di cambiare il nome della società costituendo l'Associazione Calcio Napoli. Giorgio Ascarelli ottenne la nomina di primo presidente della storia del club.
[modifica] I primi anni: Ascarelli, Vojak e Sallustro
[modifica] Gli anni '20
Prima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata nel 1924 contro il Genoa.
Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora ed il 1° agosto del 1926 fondò la nuova squadra di Napoli con il nome di Associazione Calcio Napoli.
I progetti furono subito ambiziosi, si partì da mister Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1923 e nel 1924 e - soprattutto da Attila Sallustro soprannominato "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva.
Sallustro mantenne la promessa fin che fu possibile; il Napoli lo gratificò regalandogli una lussuosa vettura, cosa che all'epoca destò un enorme scalpore.
Fu edificato - finalmente - uno stadio vero il "Vesuvio" in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra che intanto decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro. Da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea.
Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato, lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma". L'Italia entrava nel baratro della guerra e ben pochi avevano ancora voglia di pensare al pallone in una città squarciata dai bombardamenti che non risparmiarono neanche lo stadio sotto le cui macerie rimase anche la storia avventurosa di quei primi anni di grande calcio a Napoli.
Tornando alle cose prettamente sportive è da ricordare che l'esordio del Napoli nel Campionato italiano fu quanto meno disastroso: un solo punto contro il Brescia in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano.
Nel campionato 1928/29 Sallustro segnò ventidue reti portando il Napoli all'ottavo posto della classifica a pari merito con la Lazio. Purtroppo però solo le prime otto squadre di ogni girone (all'epoca il campionato italiano di calcio era basato su due gironi) avrebbero partecipato al primo campionato di Serie A a girone unico. Il Napoli dovette giocare uno spareggio con la Lazio che finì in parità per due a due.
Ascarelli riuscì a convincere l'allora Presidente della FIGC, Leandro Arpinati ad allargare il campionato di Serie A a diciotto squadre in modo che anche le none classificate potessero accedervi.
[modifica] Gli anni '30
Alla vigilia del primo campionato di serie A a girone unico il Napoli si rinforzò ingaggiando Vojak e il già citato "mister" William Garbutt chiudendo il torneo al quinto posto.
Nella stagione successiva il Napoli giocò un ottimo girone d'andata che concluse al secondo posto dietro la Juve poi nel girone di ritorno venne meno e concluse il campionato al sesto posto.
Nel campionato 1932/33 Sallustro segnò diciannove reti e Vojak ventidue; Il Napoli arrivò terzo a pari merito col Bologna e nel campionato succesivo fu ancora terzo qualificandosi per la Mitropa Cup, la massima competizione europea di quei tempi. Al primo turno il Napoli incontrò l'Admira Wien: A Vienna finì 0-0 a Napoli 2-2, con reti di Sallustro e Vojak. Alla "bella" vinsero gli austriaci 5-0. In campionato la squadra deluse e arrivò soltanto settima.
Nel 1936 la società fu rilevata da Achille Lauro che, per risanare il bilancio, svendette subito tutti i giocatori più importanti. Sallustro da centravanti diventò ala segnando sempre meno reti. Al termine del campionato 1936/37 il Napoli cedette Sallustro alla Salernitana.
In vista della stagione 1938/39 Lauro acquistò l'attaccante Italo Romagnoli, il mediano Piccinni e la mezz'ala Gramaglia. L'allenatore Payer fu sostituito da Iodice che condusse gli azzurri al quinto posto in classifica. Nella stagione successiva la squadra partenopea allenata da Adolfo Baloncieri giocò un pessimo campionato e la retrocessione in B fu evitata solo grazie a un miglior quoziente reti rispetto al Liguria. Lauro al termine della stagione si dimise e Gaetano Del Pezzo diventò presidente della Società. Nella stagione 1940/41 il Napoli si classificò settimo a parimerito col Torino. Senza più campioni il Napoli retrocesse in Serie B al termine del campionato 1941/42.
Nella stagione 1942/43 il Napoli arrivò terzo in serie B ma questo non bastò per tornare in Serie A.
[modifica] Il dopoguerra: gli anni '40
A causa delle difficoltà incontrate durante lo svolgersi degli eventi bellici la società fu costretta a cessare le attività nel 1943. L'anno successivo allo scioglimento, nel 1944, nacquero due distinte società: la Società Sportiva Napoli, promossa dal giornalista Arturo Collana, e la Società Polisportiva Napoli, fondata dal dott. Gigino Scuotto, dalla cui fusione nel gennaio 1945 si costituì l'Associazione Polisportiva Napoli, con presidente Pasquale Russo. La società riprese finalmente la denominazione di A.C. Napoli nel 1947.
Nel 1945 con la fine della seconda guerra mondiale riprese il campionato di Serie A che venne suddiviso in due gironi: al primo parteciparono le squadre di Serie A del Nord e nel secondo le squadre di Serie A e B del centro/sud. Il Napoli, nonostante fosse una squadra di Serie B riuscì a vincere il proprio girone a pari merito col Bari qualificandosi per il girone finale a otto squadre in cui arrivò quinto alle spalle di Torino, Juventus, Milan e Inter. Nella stagione successiva il campionato di Serie A tornò al girone unico, il Napoli venne ripescato insieme al Bari in serie A in quanto le due formazioni, nonostante fossero squadre di Serie B, erano riuscite a qualificarsi al girone finale. Il Napoli tornò così nella massima serie ma al termine del campionato 1947/48 retrocesse ancora in Serie B per un illecito sportivo. Ci vorranno due anni per risalire la china.
[modifica] Gli anni '50
[modifica] In A con Monzeglio, Jeppson e Pesaola
Nella stagione 1949/50 gli azzurri allenati da Eraldo Monzeglio vinsero il campionato di Serie B venendo promossi in A. Il Napoli in vista della stagione 1950/51 si rinforzò prelevando dalla Roma Amedeo Amadei che militò in maglia azzurra per sei stagioni segnando in tutto quarantasette reti. Nelle due successive stagioni il Napoli arrivò per due volte sesto in classifica. Lauro in vista della stagione 1952/53 acquistò dall'Atalanta il centroavanti svedese Hasse Jeppson.
Jeppson si era messo in mostra ai mondiali del 1950 svolti in Brasile, pareva dovesse finire all'Inter, ma per l'allora stratosferica cifra di centocinque milioni di lire fu ingaggiato dal Napoli col quale disputò quattro campionati; I tifosi coniarono per lui il soprannome di "'o Banco 'e Napule".
Un altro indimenticabile campione di quei tempi fu il "petisso" Pesaola che anche come allenatore, in tempi successivi, ha lasciato una traccia indelebile nella storia della società.
Jeppson divenne velocemente il goleador simbolo della squadra partenopea, e in tre anni il Napoli otterrà un quarto (1952/53), un quinto (1953/54) e un terzo posto (1954/55).
[modifica] 'O Lione
Nel 1955 arrivò Luis Vinicio ('o Lione) che affiancando Jeppson in attacco diede vita alla coppia "H-V" che fu schierata per la prima volta in campo nella partita contro la Pro Patria vinta per 8-1 dagli azzurri con tripletta di Vinicio e doppietta di Jeppson. Purtroppo questo eccelso binomio non diede al Napoli i frutti sperati, anche perché poche furono le occasioni nelle quali i due campioni vennero schierati insieme in formazione. Il Napoli in quella stagione deluse arrivando solo quattordicesimo in classifica.
La stagione 1956/57 vede la fine definitiva del tandem Jeppson-Vinicio. Il primo viene infatti ceduto al Torino. In campionato i miglioramenti rispetto alla stagione precedente fruttano solo un undicesimo posto. Tra le poche "imprese" del Napoli di quegli anni ci sono le due vittorie contro la Juventus nella stagione 1957/58: all' andata a Torino finì 3-1 per il Napoli grazie alle parate fenomenali di Bugatti, sceso in campo con trentotto gradi di febbre. Charles dopo la partita disse "Ci fosse stato un altro portiere al posto di Bugatti, fra i pali della porta del Napoli, avremmo vinto 7-3". Al ritorno, comunque, il Napoli vinse 4-3. In quella stagione gli azzurri arrivarono quarti in campionato dietro a Juventus, Fiorentina e Padova.
[modifica] Il San Paolo non ferma la crisi
Per la stagione 1958/59 fu ingaggiato per far coppia con Vinicio il brasiliano Del Vecchio. Neanche questa coppia, come quella Jeppson-Vinicio, funzionò. Del Vecchio marcò tredici gol, Vinicio sette: il Napoli arrivò al nono posto.
Nella stagione successiva il Napoli lascia l'ormai angusto stadio del Vomero e inaugura il nuovo stadio S. Paolo di Fuorigrotta davanti a ottantamila tifosi. È il 6 dicembre del 1959, la partita oppone gli azzurri alla Juventus e finisce con un incredibile vittoria del Napoli per 2 a 1.
Questo è però l’unico avvenimento di notevole importanza in quell’anno, poiché il resto della stagione della compagine partenopea fu poco più che anonimo e il risultato finale fu solo un quattordicesimo posto. A giugno lasciano la squadra Vinicio e Pesaola, la crisi non sembra fermarsi.
[modifica] Gli anni '60
[modifica] È di nuovo serie B
Nel 1960 quando Vinicio sembrava a fine carriera ed ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna; a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinicio stesso vincendo la classifica dei marcatori del 1965/1966 con il Vicenza.
Nella stagione 1960/61 dopo un buon avvio - (8 punti in 5 partite) - il Napoli crolla e retrocede nuovamente in serie B.
[modifica] 1962: La prima Coppa Italia
Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione fino a quando fu chiamato ad allenarla Bruno Pesaola, che da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per l’inimitabile sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione.
La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia ottenuta battendo in finale la SPAL di Ferrara. Il Napoli passò subito in vantaggio con Corelli al 12°; la Spal pareggiò al 15° con Micheli ma Ronzon al 79° portò definitivamente in vantaggio gli azzurri regalandogli così il loro primo trofeo. Il Napoli resta l’unica squadra nella storia del calcio italiano ad aver vinto la Coppa Italia militando in serie B.
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[modifica] Canè e l'altalena A-B
Nel 1962/63 il Napoli della Coppa Italia è confermato quasi in blocco, con il solo innesto di Faustino Jarbas Canè, prelevato dall' Olaria di Rio de Janeiro. In campionato la squadra non ingrana ma in Coppa delle Coppe elimina sia i gallesi del Bangor City che l'Újpesti TE (Ungheria). Intanto, dopo la gara di San Siro contro l'Inter, ben quattro azzurri (Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi) furono squalificati per un mese causa doping. In Coppa alla bella contro l'OFK Belgrado debutta Antonio Juliano, giovanissimo centrocampista che per i successivi diciotto anni sarà l’indiscussa bandiera del Napoli, ma nulla eviterà il 3-1 e l'eliminazione. In campionato le cose non vanno meglio: al temine della partita persa 0-2 contro il Modena sugli spalti del San Paolo si scatena la rabbia dei sostenitori azzurri, adirati per una nuova retrocessione.
Nella stagione successiva il Napoli, sotto la guida di Roberto Lerici, non ottenne grandi successi. A nulla servì la sostituzione del tecnico con il suo secondo Molino: alla fine fu solo ottavo posto. Il 1964 va invece ricordato per la trasformazione dell’ A.C. Napoli in Società Sportiva Calcio Napoli, tuttora titolo sportivo uficiale della squadra partenopea.
Per il campionato 1964/65 tornò in panchina Pesaola, il tecnico della Coppa Italia. La stagione è quantomeno strana: in casa il Napoli non rende, mentre in trasferta dilaga, Canè si trasforma in goleador e gli azzurri tornano in A.
[modifica] Gli oriundi: Sivori ed Altafini
Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all’occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale; per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965/66 prelevò Omar Sivori della Juventus e Josè Altafini dal Milan; al loro fianco cominciò a mettersi in evidenza Juliano, che aveva debuttato quando la squadra era ancora in serie B.
I risultati sono lusinghieri: in campionato il Napoli arriva terzo, con Altafini capocannoniere della squadra con quattordici gol, mentre in estate la squadra si aggiudica la Coppa delle Alpi.
Nel 1966/67 il Napoli ripeté gli ottimi risultati dell'anno passato, arrivando quarto con Altafini di nuovo mattatore, questa volta con sedici reti. Nello stesso anno la squadra partenopea partecipò alla sua prima Coppa delle Fiere: venne eliminato agli ottavi di finale dal Burnley FC.
Alla vigilia del campionato 1967/68 arrivò dal Mantova il portiere Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro. Nonostante la società attraversasse un periodo di crisi economica, in campionato i partenopei arrivarono vicinissimi allo scudetto. Purtroppo nella sfida decisiva di San Siro contro il Milan la corsa si arrestò al termine di una gara segnata dalle polemiche. l'impegno dei giocatori azzurri fruttò solo un amaro secondo posto nove punti di distacco dal Milan: il titolo di Campioni d’Italia restò, ancora una volta, solo un sogno nel cassetto.
[modifica] La presidenza Ferlaino
A conti fatti, ad eccezione della Coppa Italia del 1962 e la Coppa delle Alpi del 1966, gli anni della presidenza di Lauro avevano regalato ai tifosi più illusioni e delusioni che risultati degni di nota.
Il periodo di potere della famiglia Lauro era ormai al termine, nel 1969, con grande abilità e poca spesa Corrado Ferlaino assunse la presidenza della società ridotta però sull’orlo del dissesto finanziario. Nei suoi primi anni di dirigenza, pur dimostrando carattere e testardaggine fuori dal comune, Ferlaino non poté garantire al Napoli la possibilità di lottare per grandi traguardi badando in fase di calciomercato più alla cessione di pezzi pregiati che all’acquisto di giocatori di prima scelta, emblematico il caso di Claudio Sala ceduto senza aver potuto dimostrare il proprio valore. Notevole in quel periodo fu l'ingaggio di Kurt Hamrin, svedese che tanto aveva vinto col Milan ma ormai sul viale del tramonto.
Il pubblico comunque ripagava la società garantendole incassi impensabili anche per le squadre più titolate e questo fattore fu determinante per invertire la rotta.
[modifica] Gli anni '70
[modifica] I primi anni settanta
Nel 1970/71 arrivò a Napoli il brasiliano Angelo Benedicto Sormani soprannominato il Pelé bianco. Sulla panchina della compagine partenopea rimase Beppe Chiappella, arrivato due anni prima. Sormani formò con Altafini un attacco solidissimo ed il Napoli giunse a giocarsi lo scudetto con Inter e Milan, ma a fine campionato il bottino fu solo un terzo posto avvelenato da roventi polemiche.
La stagione successiva vede una piccola crisi del Napoli, dovuta ad alcuni problemi societari. La compagine partenopea arriverà soltanto all'ottavo posto. Ferlaino decide quindi di svecchiare la squadra (pensando comunque anche al bilancio). La cessione Zoff ed Altafini alla Juve fu accolta malamente dai tifosi e ben pochi videro di buon occhio il nuovo assetto della squadra.
L'acquisto che rivoluziona positivamente l'ambiente azzurro, é però legato al leone Luis Vinicio che torna a Napoli in veste di allenatore.
[modifica] Vinicio e il calcio totale
All'arrivo del nuovo tecnico, la società cominciò ad investire acquistando giocatori di buon livello (come gli attaccanti Sergio Clerici e Giorgio Braglia) e valorizzando giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, La Palma, Salvatore Esposito ed altri). Vinicio, fra i primi in Italia, volle sperimentare una squadra in grado di giocare il calcio totale proposto dagli olandesi ai Mondiali del 1974. La squadra fu rivoluzionata e per il valore del gioco espresso fu, a detta di molti, il più bel Napoli della storia. I risultati non si fecero attendere, e la stagione si chiuse con un meritato terzo posto alle spalle della Lazio di Chinaglia e della Juventus.
Nel 1975 il Napoli arriva ad un passo dallo scudetto. Solo due punti, alla fine lo separano dalla Juventus e decisiva risulta la sfida di Torino che la Juve vince grazie ad un gol in zona Cesarini dell’ex Altafini, da allora soprannominato "Core ‘ngrato"
[modifica] Con "Mister due miliardi" è di nuovo Coppa Italia
Il colpo di mercato che ingigantì le speranze di gloria dei tifosi azzurri arrivò nell'estate del 1975 quando per l’allora stratosferica cifra di due miliardi di lire fu ingaggiato dal Bologna il centravanti Beppe Savoldi detto BeppeGoal o anche mister due miliardi.
La squadra, reduce dall'amaro secondo posto, non fece meglio nella stagione successiva, arrivando solo al quinto posto. Però riuscì a conquistare la sua seconda Coppa Italia battendo in finale per 4 a 0 l’Hellas Verona nella finale dell'Olimpico; poi, battendo il Southampton, il Napoli si aggiudicò anche la Coppa di Lega Italo-inglese.
Nella stagione successiva l'obiettivo del raggiungimento della finale di Coppa delle Coppe (allenatore Pesaola) fallì dopo un’immeritata sconfitta per 2-0 nella semifinale di ritorno contro l'Anderlecht in una gara pilotata letteralmente a senso unico dall'arbitro Matthewson (la gara d’andata era finita 1-0 per il Napoli grazie a una rete di Bruscolotti). In campionato gli azzurri raggiungono un modesto settimo posto e subiscono anche la penalizzazione di un punto in classifica per cumulo di squalifiche del campo.
Dopo un doppio sesto posto nelle stagioni 1977/78 e 1978/79, Savoldi lascia il Napoli che precipita all'undicesimo posto nel 1980; la sostituzione del ritrovato Vinicio con Sormani non riesce a fermare la crisi.
Gli anni settanta si chiusero così senza sussulti né grandi soddisfazioni. La parola "Scudetto" continuava ad essere solo una chimera per i sostenitori azzurri ma il decennio successivo li avrebbe appagati con trionfi tutt'ora irripetibili.
[modifica] Gli anni '80
[modifica] Il ritorno degli stranieri
All’inizio degli anni ottanta, con la riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri, giunsero in Italia fior di campioni (ed anche qualche "bidone").
Il Napoli, tradizionalmente, aveva avuto nelle sue file ottimi giocatori non italiani (Sallustro, Vojak, Sivori, Jeppson, Hamrin, Cané, Clerici); per mantenere viva la tradizione fu ingaggiato dal Vancouver Ruud Krol.
Già campione d’Europa con l’Ajax e pilastro difensivo della grande Olanda dei primi anni settanta, Krol era un libero sopraffino capace di aprire il gioco con lanci lunghissimi e di estrema precisione. La sua classe era degna dei migliori calciatori che avessero calcato l'erba dello stadio S.Paolo.
L’entusiasmo attorno alla squadra portò nuovamente i tifosi a sognare la "grande impresa. Nella stagione 1980/81, una annata resa drammatica dal sisma che il 23 novembre 1980 si abbattè sulla città, la squadra sfiorò il titolo più di quanto dica il terzo posto finale. Dopo la splendida vittoria sul Torino al Comunale e a 5 giornate dal termine il Napoli si porta in testa alla classifica insieme alla Juventus, con la prospettiva di un calendario favorevole. Incredibile arriva la sconfitta con il Perugia ultimo in classifica nella successiva gara interna (0-1 autogol di Ferrario) in un match stregato in cui gli azzurri colgono pali a ripetizione e vedono possibili reti salvate in extremis dai difensori umbri. Nonostante tutto la squadra arriverà all'incontro decisivo con la Juve primatista con due soli punti di svantaggio e con la teorica possibilità di sfruttare il turno casalingo per riagguantare la vetta a una giornata dal termine. Ma ancora una volta sarà una autorete (Guidetti) a condannare gli azzurri alla sconfitta e a dare l'addio ai sogni tricolori. Resta il ricordo di una occasione sfumata e di un immenso Krol, condottiero dalla classe e dall'eleganza sublimi. Dunque a parte il terzo posto nella stagione 1980/81 (allenatore Rino Marchesi) e un quarto posto nella stagione 1981/82 lo Scudetto restò lontano da Napoli nonostante Krol e Claudio Pellegrini, capocannoniere del Napoli nelle due stagioni sopraccitate, e casualmente con la stessa quota di gol: undici.
Nonostante l’arrivo di altri stranieri di valore quali Ramon Diaz prima e José Dirceu poi, i due campionati successivi furono coronati da "batoste" e delusioni e la serie B fu evitata in modo quasi rocambolesco.
[modifica] Maradona
Nella stagione successiva viene ingaggiato Daniel Bertoni, argentino e campione del mondo che prende uno dei due posti riservati agli stranieri e lasciati liberi da Krol e Dirceu. Intanto sta maturando il vero colpo di mercato che verrà definito l'affare del secolo.
Il 27 maggio del 1984 la prima pagina della Gazzetta dello Sport mandò in visibilio i supporters azzurri: "Maradona, sì al Napoli". Quel titolo accese le fantasie di una intera città. Fantasie che presto si trasformarono in stupenda realtà. Oltre un mese di febbrili trattative che tennero col fiato sospeso un'intera città, poi la favola si trasformò in realtà: Diego Armando Maradona era ufficialmente del Napoli ed il 5 luglio del 1984 si presentò allo stadio Stadio "San Paolo" gremito in ogni ordine posti. Quell’entusiamo popolare fu più forte della valanga di polemiche suscitata dalla cifra allora enorme che fu sborsata dal Napoli per avere in squadra il campione argentino (circa tredici miliardi di lire), la riscossa tanto sognata poteva finalmente avere inizio.
Nella prima stagione, però i sogni andarono in gran parte delusi, mal supportato da una squadra di mediocre valore Maradona dimostrò quasi esclusivamente le proprie doti di funambolo ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi. Il Napoli disputò un girone di andata mediocre e solo nel finale riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica.
Era chiaro che da solo Maradona non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari. L’anno successivo arrivarono in azzurro rinforzi del calibro di Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella, Alessandro Renica ed altri giocatori che in pochi anni diedero ai sostenitori azzurri soddisfazioni enormi. Inoltre arrivarono anche sorprese dalle giovanili del Napoli, come Ciro Ferrara che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-86. Quella stagione finì col Napoli al terzo posto, ma era solo un anticipo del vero trionfo.
[modifica] La storia ha voluto una data
La stagione del primo scudetto è la 1986/87: sono arrivati nuovi innesti come l'attaccante Andrea Carnevale, mentre Maradona è appena tornato dal trionfale mondiale messicano. Così come per l'Argentina, Maradona sarà il condottiero assoluto del Napoli, conducendolo alla vittoria del campionato.
Il 10 maggio 1987 il San Paolo può finalmente abbracciare i protagonisti dell'impresa tante volte sognata, sfiorata e sfumata. La gara contro la Fiorentina è solo una passerella per gli azzurri, basta un pareggio (e pareggio fu con reti di Carnevale e Baggio) poi si scatena la festa, la città intera si abbandona all'euforia più sfrenata ma smentisce clamorosamente quanti prevedevano i catastrofici effetti derivanti dalla follia di una massa enorme, incontrollata ed incontrollabile riversata nelle strade della città. Uno striscione esposto in curva B recitava: "La storia ha voluto una data, 10 maggio 1987".
La squadra vince anche la sua terza terza Coppa Italia, conquistata vincendo tutte le gare, comprese le due finali disputate contro l'Atalanta. L'accoppiata scudetto/coppa è un'impresa che fino a quel momento era riuscita solo al Grande Torino ed alla Juventus.
‘La rosa Campione d’Italia’ comprendeva: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale I, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano F.; Volpecina, Caffarelli, Sola, Muro, Marino, Bigliardi, Di Fusco; Allenatore: Ottavio Bianchi.
L'anno successivo (1987/88) vede l'arrivo di Antonio Careca, centravanti brasiliano che conquisterà i tifosi a suon di goal e prodezze tecniche. In quella stagione il Napoli partecipa per la prima volta alla Coppa dei Campioni, ma il sorteggio lo oppone subito al Real Madrid; gli azzurri escono battuti dal Bernabeu per due a zero, nella gara di ritorno un goal di Francini illude gli azzurri che al termine del primo tempo - giocato con impeto e agonismo impensabili - subiscono il goal di Butragueño che chiude, di fatto, la gara.
In campionato il Napoli domina fino alla ventesima giornata mantenendo cinque punti di vantaggio sulla seconda, ma improvvisamente - a dispetto di ogni più scontato pronostico - gli azzurri crollarono facendosi superare dal Milan allenato da Sacchi.
Si sospettò subito di infiltrazioni criminali e di scommesse clandestine, quattro titolari (Garella, Ferrario, Bagni e Giordano) vennero "epurati" ma per i tifosi quel campionato resta ancor oggi come una ferita aperta.
[modifica] Coppa Uefa e secondo scudetto
Nel 1989 la squadra cambia radicalmente. Per sostituire i quattro giocatori che avevano abbandonato la rosa e rinforzare la squadra, il Napoli ricorre a diversi acquisti, tra i quali spicca quello di Alemão. Nella dirigenza azzurra si afferma definitavamente Luciano Moggi che proseguirà la carriera alla Juventus.
In campionato il Napoli ottenne vittorie storiche sulla Juventus per 3 a 5 e sul Milan per 4 a 1, ma a dominare nella Serie A 1988/89 è l'Inter dei record allenata da Trapattoni.
Gli azzurri ottennero un ottimo secondo posto, ma l'attenzione si concentrò sulla Coppa Uefa e, dopo aver superato avversarie blasonate come Juventus e Bayern Monaco, gli azzurri chiusero il torneo con la doppia finale contro lo Stoccarda nella quale conquistarono trionfalmente la sua prima affermazione in campo europeo.
La formazione Campione comprendeva: Giuliani, Ferrara, Francini, Corradini, Alemão, Renica, Fusi, De Napoli, Careca, Maradona, Carnevale; Allenatore: Ottavio Bianchi
Nella stagione 1989/90 a Bianchi subentra Albertino Bigon. Maradona non gioca le prime partite della stagione e viene sostituito da Gianfranco Zola; Diego tornerà ben presto ritrovando l'amore dei tifosi. Il Napoli chiude il girone d'andata in testa ma ad inizio febbraio perde una partita col Milan che lo raggiunge in classifica. Per il resto della stagione sono Napoli e Milan a lottare per lo scudetto. La situazione dura fino ad aprile, quando il Milan perde due partite di fila mentre il Napoli continua a vincere. Al termine della stagione il Milan crolla fisicamente e psicologicamente ed il titolo di Campione d'Italia torna così all'ombra del Vesuvio.
[modifica] Gli anni '90
[modifica] La Supercoppa e gli ultimi trionfi
Nella stagione 1990/91, la rosa del Napoli è di poco diversa da quella laureatasi campione d'Italia. La stagione comincia con la vittoria nella Supercoppa Italiana del (1990) ottenuta battendo la Juventus allenata da Maifredi per 5-1. Il campionato, invece, comincia male: nelle prime tre partite la squadra ottiene solo un punto.
L'inizio in Coppa dei Campioni sembra favorevole al Napoli, che ottiene una convincente doppia vittoria sugli ungheresi dello Újpesti Dózsa, squadra che aveva già incontrato nella Coppa delle Coppe del '63, quando si chiamava Újpesti TE. Al secondo turno però gli azzurri vengono eliminati dallo Spartak Mosca, implacabile ai rigori, dopo un doppio 0-0. La crisi continua per tutto l'anno, e con qualche miracolo il Napoli chiude la stagione con un modesto ottavo posto.
Si chiude così il primo importante ciclo del Napoli in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia in modo amaro.
In suo onore il Napoli ha ritirato la maglia numero 10 dalla numerazione ufficiale.
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«San Genna' non ti crucciare, tu lo sai, ti voglio bene / Ma 'na finta 'e Maradona scioglie 'o sangue dint' 'e vene.»
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(dal film Il Mistero di Bellavista di L. De Crescenzo)
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[modifica] Senza Maradona
Dal 1991, dopo che Maradona lasciò Napoli la squadra si avviò verso un inesorabile declino.
Inizialmente, con il nuovo tecnico Claudio Ranieri e grazie all'apporto di giocatori del calibro di Zola, Ferrara, Cannavaro e il nuovo arrivato Laurent Blanc, ottiene un discreto quarto posto nella stagione 1991/92.
Ranieri viene confermato, e il Napoli sembra aver riacquistato la sua competività. La campagna acquisti porta in azzurro giocatori come Daniel Fonseca e Roberto Policano. In Coppa Uefa si comincia piuttosto bene, con un 5-1 esterno contro il Valencia con Fonseca autore di tutti e cinque gol del Napoli. Il Paris Saint Germain ferma però i partenopei al turno successivo; è George Weah, con una doppietta, a condannare il Napoli all'eliminazione. In campionato la squadra va in crisi e dopo un 1-5 contro il Milan, Ranieri viene licenziato. Al suo posto ritorna Ottavio Bianchi, che non può far altro che portare la squadra verso la salvezza senza grandi risultati.
La squadra viene quindi svecchiata e subisce molti cambiamenti: Bianchi diventa General Manager e sceglie come tecnico Marcello Lippi. Pilastri della squadra come Careca e Zola lasciano la squadra mentre arrivano molti giovani promettenti. Dopo un primo periodo di crisi, Lippi decide di puntare tutto sui giovani e la stagione 1993/94 finisce con un buon sesto posto.
Lippi a fine stagione lascia il Napoli con destinazione Juventus, e con lui anche Ferrara, bandiera e capitano del Napoli. Al posto dell'allenatore viareggino arriva Vincenzo Guerini e il Napoli si affida all'ex numero dieci del Torino Benny Carbone. Però la stagione comincia male. Guerini viene licenziato dopo un 5-1 subito contro la Lazio e al suo posto arriva Vujadin Boskov. L'eccentrico allenatore porta i partenopei al settimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa Uefa.
[modifica] La crisi peggiora
A partire dal 1995 con la cessione di giocatori come Carbone (all'Inter) e di Cannavaro (al Parma), iniziò il declino. La retrocessione è sfiorata e il Napoli si salva solo all'ultima giornata, vincendo contro la Sampdoria. Boskov lascia la squadra a fine anno.
Nella stagione 1996/97 la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni è la vera rivelazione del campionato e a Natale è addirittura al secondo posto a pari merito con il Vicenza e dietro alla Juventus; nel girone di ritorno, crolla e per poco non retrocede. Nella stessa stagione il Napoli è autore di un’ottima prestazione nella Coppa Italia. Sconfigge squadre come la Lazio ai quarti di finale e l'Inter nelle semifinali. La squadra partenopea arriva quindi in finale contro il Vicenza. All'andata il Napoli vince 1-0 al San Paolo ma in trasferta perde 0-3 dopo i supplementari.
[modifica] In purgatorio dopo 32 anni
La stagione successiva è disastrosa: nonostante un'intelaiatura costruita per puntare alla qualificazione alla Coppa Uefa, la crisi degli anni passati arriva a una situazione senza precedenti. Durante l'anno si succedono sulla panchina del Napoli ben quattro allenatori e tre direttori tecnici, ma nessuno di loro eviterà agli azzurri una triste retrocessione: con un bottino di soli quattordici punti, il Napoli retrocede in serie B dopo trentadue anni di permanenza nella massima serie.
Il primo anno in cadetteria è mediocre, la squadra allenata da Renzo Ulivieri annovera nell'organico fuoriclasse sul viale del tramonto come Igor Shalimov e non riuscirà mai ad inserirsi in competizione con le altre squadre in lotta per la promozione. A gennaio arriva l'attaccante Stefan Schwoch, ma la situazione non cambia e il Napoli è destinato ad un altro anno di B.
Il ritorno in A avverrà solo l'anno dopo, grazie all'oculata gestione dell'allenatore Novellino e alle ottime prestazioni di Schwoch, che segna oltre venti gol ed è sempre presente in ogni fase della manovra azzurra.
[modifica] Tempi recenti
[modifica] L'ultima retrocessione
Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi, proprio i due protagonisti del ritorno in A, non ottengono la riconferma e nel successivo campionato il Napoli subisce un'altra retrocessione, nonostante l'arrivo del brasiliano Edmundo, e la presenza in squadra di giovani promettenti come Matuzalem e Jankulovski.
Nel campionato successivo di serie B arriva come allenatore Luigi De Canio. La squadra sembra molto competitiva ed è fra le favorite per la promozione. Il Napoli lotta fino all’ultimo per ritornare in Serie A, ma nella partita decisiva contro la Reggina ottiene solo un pareggio: la stagione finirà col Napoli quinto, e quindi ancora in Serie B.
Nella stagione 2002/03 la squadra viene affidata all'allenatore Franco Colomba ma, senza un organico competitivo si ritrova al penultimo posto ed al tecnico esonerato subentra Franco Scoglio. La squadra risale al quintultimo posto ma poi va di nuovo in crisi e Scoglio viene esonerato. In panchina torna Colomba e il Napoli si salva solo all'ultima giornata di campionato.
Nella stagione 2003/04 la squadra sembra sulla carta in grado di vincere il campionato ma sul campo delude ottenendo un mediocre quattordicesimo posto.
[modifica] Il fallimento
Alla crisi di risultati si è aggiunta una crisi finanziaria che ha portato la SSC Napoli al fallimento ed alla perdita del titolo sportivo sostituito dalla "Napoli Soccer", fondata dall'imprenditore Aurelio De Laurentiis. A seguito di tali eventi il Napoli è stato costretto a ripartire dalla Serie C1.
Nella stagione 2004/05 il Napoli arriva terzo alla fine del campionato, ma perde la finale play-off contro l'Avellino, pareggiando 0-0 in casa e perdendo 2-1 ad Avellino.
[modifica] Il ritorno in B
Nella stagione 2005/06, il Napoli ha un ottimo avvio sia in campionato che in Coppa Italia, competizione nella quale viene eliminato solo agli ottavi di finale dalla Roma e riconquista un posto nella serie cadetta con tre giornate d'anticipo sulla fine della stagione regolare.
Il presidente Aurelio de Laurentiis per celebrare sia la promozione che l'ottantesimo anniversario della fondazione del Calcio Napoli, ha riacquistato il vecchio titolo sportivo: Società Sportiva Calcio Napoli.
L'ultimo atto della stagione è stata la finale di Supercoppa di Serie C1 persa contro lo Spezia; nella doppia finale ha prevalso la squadra ligure grazie al pareggio esterno per uno a uno e a quello interno per zero a zero.
[modifica] Attualità
Dal 23 maggio 2006 la società è tornata alla denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli.
Per il campionato 2006/07 la dirigenza ha allestito una squadra in grado di puntare al salto di categoria in un torneo reso interessante e difficile dalla presenza di squadre di ottimo valore, prima fra tutte la Juventus (retrocessa per illecito).
Per puntare alla promozione si è già provveduto all'acquisto di calciatori come Paolo Cannavaro (fratello minore di Fabio Cannavaro) e Samuele Dalla Bona che vantano molte esperienze in club di ottima levatura e giocatori di sicura affidabilità come Maurizio Domizzi, Christian Bucchi (capocannoniere della serie B 2005/06) ed il trequartista Roberto De Zerbi.
Nella stagione 2006/07 il Napoli ha avuto un ottimo avvio in Coppa Italia superando i primi tre turni, battendo prima il Frosinone per 3-1, poi l'Ascoli 1-0 (dopo supplementari) ed infine la Juventus, 8-7 ai calci di rigore dopo una gara emozionante chiusa sul 3-3. Negli ottavi di finale gli azzurri vengono eliminati dal Parma. In campionato la squadra si mantiene ai vertici della classifica puntando decisamente alla promozione.
[modifica] Cronistoria
Cronistoria della Società Sportiva Calcio Napoli | ||
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[modifica] Archivio delle singole stagioni
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Per approfondire, vedi la voce Società Sportiva Calcio Napoli/Archivio delle singole stagioni. |
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Rose e statistiche del Napoli | ![]() |
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1926/27 - 1927/28 - 1928/29 - 1929/30 |
[modifica] Il Napoli in Europa
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Per approfondire, vedi la voce Il Napoli nelle coppe europee. |
[modifica] Lo stadio
Il Napoli disputa le sue partite casalinghe allo stadio "San Paolo" dal 1959; fu inaugurato con la partita Napoli-Juventus, terminata con la vittoria degli azzurri per 2-1. L' impianto, che inizialmente prevedeva una capienza di 85.012 posti a sedere, può attualmente ospitarne 60.240.
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Per approfondire, vedi la voce Stadio San Paolo. |
[modifica] Numeri ritirati
Il Napoli ha ritirato la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al grandissimo contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea.
[modifica] La maglia
Al momento della fondazione nel 1926 la maglia è azzurro savoia con colletto celeste e pantaloncini bianchi. Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia sino ad oggi, mentre è aumentata la presenza del bianco.
Nella stagione in corso la maglia si può definire un rimando del passato, con un'azzurro classico sbiadito che richiama le divise indossate nei primi anni 80, presentando il simbolo della squadra e un colletto a forma di "V", con il bianco presente su due "code di topo", che percorrono la parte anteriore della casacca e sui bordi delle maniche. La seconda maglia è bianca con bordi azzurri mentre la terza è di colore rosso, con pantaloncini blu scuro.
[modifica] Le sedi
- 1945 Palazzina annessa allo stadio Vomero
- 1966 Via Massimo Stanzione, 14
- 1967 Via Chiatamone, 57
- 1970 Via Petrarca, 141
- 1972 Via Caravaggio, 112
- 1973 Via Crispi, 4
- 1977 Via Vicinale, 70 (Centro Paradiso) a Soccavo
- 1985 Piazza dei Martiri, 30
- 1991 Via Vicinale, 70 (Centro Paradiso) a Soccavo
- 2004 Via Jacopo De Gennaro (Stadio San Paolo), snc
- 2004 Via Alcide De Gasperi, 33
- 2006 Strada Statale Domitiana Km 35,300 a Castel Volturno (CE)
[modifica] Gli stadi
- Stadio Militare dell'Arenaccia 1926
- Stadio Ascarelli (poi ribattezzato "Partenopeo") 1930
- Stadio Collana al Vomero 1934
- Stadio S. Paolo di Fuorigrotta 1959
[modifica] Gli sponsor
[modifica] Sponsor principali
- Snaidero (1981-82)
- Cirio (1982-83)
- Latte Berna (1983-84)
- Cirio (1984-85)
- Buitoni (1985-88)
- Mars (1988-91)
- Voiello (1991-94)
- Record Cucine (1994-96)
- Centrale del Latte di Napoli (1996-97)
- Polenghi (1997-99)
- Peroni (1999-2003)
- Russo Cicciano (2003-04)
- Manuale d'amore, Sky Captain, Crash - Contatto fisico, Christmas in love (2004-05)
- Mandi (2004-05)
- Lete (2005-07)
[modifica] Fornitori tecnici
- Puma (1978-80)
- NR (Ennerre) (1980-84)
- Linea Time (1984-85)
- NR (Ennerre) (1985-91)
- Umbro (1991-94)
- Lotto (1994-97)
- Nike (1997-2000)
- Diadora (2000-03)
- Legea (2003-04)
- Kappa (2004-06)
- Diadora (2006-07)
[modifica] Stagione 2006-07
[modifica] Organigramma Societario e Staff Tecnico
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Per approfondire, vedi la voce Società Sportiva Calcio Napoli/Rosa e statistiche 2006/07. |
[modifica] Rosa 1^ Squadra
Portieri | |
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Difensori | |
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26 | ![]() |
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6 | ![]() |
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Centrocampisti | |
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21 | ![]() |
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4 | ![]() |
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Attaccanti | |
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8 | ![]() |
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Allenatore | |
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[modifica] Giocatori celebri o rappresentativi
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Per approfondire, vedi la voce Calciatori del Napoli. |
[modifica] Palmarès
[modifica] Competizioni nazionali
Coppe Italia: 3
- Campionato di serie B: 1 1949-50
- Altre Promozioni in Serie A: 4 1945-46 / 1961-62 / 1964-65 / 1999-00
- Campionato di serie C1: 1 2005-06
[modifica] Competizioni internazionali
Coppe UEFA: 1
[modifica] Settore Giovanile
[modifica] Trofei Non-Ufficiali[modifica] Record[modifica] Record di squadra
[modifica] Record di giocatoriIn grassetto i giocatori in attività e nella rosa del Napoli (i dati sono aggiornati alla fine della stagione 2005-2006)
[modifica] Altri record e statistiche
(*) Record nazionale [modifica] I Campioni del Mondo e d'Europa del Napoli[modifica] I tifosiDa sempre il Napoli è seguìto da una delle tifoserie più calde e colorite d'Italia; i tifosi azzurri (patuti) sia nei periodi più belli che in quelli più oscuri, hanno sempre dimostrato un'affezione incommensurabile per la squadra, affetto o amore che per molti si pone al di sopra di ogni limite immaginabile. La tifoseria napoletana è gemellata con quella del Genoa ed esiste un forte rapporto di amicizia con quella dell' Ancona, vi sono buoni rapporti anche con Palermo. [modifica] Curiosità
[modifica] Date da ricordare
[modifica] Le finali[modifica] Galleria fotografica
[modifica] Bibliografia
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
Serie B 2006-2007
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