Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Varallo)
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La Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Varallo fu fatta costruire, assieme all'annesso convento francescano, da padre Bernardino Caimi tra il 1486 ed il 1493, in contemporanea con l'avvio dei lavori al Sacro Monte.
Indice |
[modifica] La storia
Il complesso architettonico formato dal convento e dalla chiesa segue l’impostazione tipica degli edifici religiosi destinati ad ospitare i Frati Minori; impostazione che si vuole dettata dallo stesso Bernardino da Siena.
Lo stile della chiesa è il gotico, espresso qui in una versione alquanto sobria. Troviamo al suo interno la tipica suddivisione tra uno spazio riservato ai fedeli ed uno per i religiosi, separati da una parete di mezzo, con tre archi ogivali. Su questa parete Gaudenzio Ferrari ha dipinto nel 1513 una delle sue opere di maggior valore artistico.
Una struttura architettonica simile è presente nella chiesa di San Bernardino ad Ivrea, in Santa Maria degli Angeli a Lugano, in Santa Maria delle Grazie a Bellinzona e in San Bernardino a Caravaggio. Anche in queste chiese, in conformità alla tradizione dei Minori Osservanti, si trova un "tramezzo" (vale a dire una parete che divide la navata) completamente affrescato.
Il convento francescano aveva alla fine del Quattrocento un'ampiezza ben maggiore di quella che oggi possiamo osservare dalla piazza contenente il monumento a Gaudenzio Ferrari (opera di Pietro della Vedova, 1874). L'antica costruzione comprendeva due chiostri, le celle per i frati, un refettorio, la biblioteca e i locali di lavoro (specialmente impiegati per la "fabbrica" del Sacro Monte).
Una serie di affreschi – oggi scomparsi o molto deteriorati – ornava le mure esterne del convento. Una Pietà ancora leggibile è ritenuta (con molte riserve) opera giovanile di Gaudenzio.
Dopo l'abbandono del convento, menomato dal tempo, da parte dei francescani all'inizio del XX secolo, molte polemiche hanno accompagnato lavori di risistemazione del sito con la costruzione della piazza ed il recupero di alcuni parti per scopi di edilizia pubblica.
Dal 1953 il complesso è sede delle Suore Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote.
[modifica] La parete gaudenziana

Le scene della parete gaudenziana: Annunciazione, Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, Battesimo di Gesù, Resurrezione di Lazzaro, Entrata di Gesù in Gerusalemme, Ultima cena, Lavanda dei piedi, Orazione nell'orto, Cattura di Cristo, Gesù davanti ad Erode, Gesù davanti a Pilato, Flagellazione, Pilato si lava le mani, Salita al Calvario, Preparazione della croce, Compianto, Discesa nel Limbo, Cristo Risorto; al centro Crocifissione; medaglioni con le figure di San Francesco e San Beranrdino da Siena
Come avviene spesso nelle chiese francescane, l'aspetto esterno, alquanto spoglio, non lascia intuire la ricchezza delle opere d’arte che vi sono racchiuse. Verso il 1880 un visitatore del livello di Jacob Burckhardt affermava pieno di entusiasmo: "Quale splendore artistico si irradia da questa misera chiesa!"
Nell'atmosfera raccolta della chiesa, con le sue arcate gotiche che reggono le nude capriate del tetto, lo sguardo di chi vi entra è immediatamente colpito dall'effetto scenico e dalla vivacità dei colori delle pitture presenti sulla grande parete divisoria.
Gli affreschi realizzati da Gaudenzio Ferrari costituiscono uno dei capolavori della pittura rinascimentale tra Piemonte e Lombardia. Essi raccontano La Vita e la Passione di Cristo attraverso scene che occupano una superficie di 10,4 x 8 metri: venti riquadri di uguale grandezza illustrano – secondo un tradizionale schema geometrico pensato per assolvere alla funzione pedagogica di Biblia pauperorum – le vicende salienti del racconto evangelico, dalla Annunciazione alla Resurrezione di Cristo. Una ulteriore scena, di dimensione quadrupla, posta al centro della parete, rappresenta l'acme drammatico del racconto ed il punto di naturale convergenza dello sguardo dei fedeli: la Crocifissione di Cristo.
Il pittore valsesiano, realizza gli splendidi affreschi di questa parete nel 1513 (come ci avvertono due tondi che recano la scritta autografa "Gaudenzius Ferrarius Vallis Siccidae pinxit"), quando già da almeno una decina di anni era impegnato nei lavori al Sacro Monte ed aveva già al suo attivo opere prestigiose come il Polittico di Sant'Anna.
Nel realizzare gli affreschi della parete di Santa Maria della Grazie il Ferrari si dimostra aggiornato sulle grandi novità del Rinascimento italiano; "in primis" sulla lezione che Leonardo ha lasciato a Milano (l'Ultima Cena di Gaudenzio, ad esempio, sembra riproporre secondo un diverso scorcio prospettico la animata drammaticità del Cenacolo vinciano; leonardeschi sono i paesaggi rocciosi che fanno da sfondo ad alcune scene); poi c’è la lezione del Bramantino con la sua capacità di far emergere statuariamente le figure, messe in primo piano rispetto a suggestive prospettive architettoniche; poi c’è anche la lezione del Perugino e degli altri pittori centro-italiani meditati nel viaggio che Gaudenzio ha compiuto sino a Roma.
Ma se si cercano i "veri" debiti artistici di Gaudenzio nella realizzazione della parete con le scene della Vita di Cristo, il primo pittore che occorre forse citare è Martino Spanzotti - a quella data era ancora attivo - che più di venticinque anni prima aveva realizzato una opera simile affrescando la grande parete della Chiesa di San Bernardino ad Ivrea, e la cui influenza si era fatta chiaramente sentire nei primi lavori del Monte.
La scena notturna della Cattura di Cristo è una citazione quasi letterale di quella analoga dipinta dalla Spanzotti ad Ivrea, con modi pittorici che anticipano quell'indagine chiaroscurale sulla realtà alla luce delle torce che sarà così cara ai caravaggeschi.
Tuttavia, all'altezza degli anni in cui realizza gli affreschi delle Grazie, Gaudenzio Ferrari dimostra una autonoma personalità artistica. Se egli – consapevole delle più celebrate novità artistiche - guarda "indietro" verso Martino Spanzotti lo fa in omaggio alla "nobiltà umana, anziché umanistica" espressa dagli affreschi di Ivrea, alla sua poetica che guarda alla realtà della gente umile, alla loro fede vissuta come ricerca di senso rispetto alla quotidiana fatica di vivere.
Si è osservato che questo guardare indietro il pittore di Valduggia giunge, senza remore, a rivisitare addirittura i modi artistici della produzione pittorica gotica in Piemonte, a cominciare dal vecchio Jaquerio, quando essa serva ad ottenere un di più di drammaticità scenografica nel racconto evangelico svolto per immagini.
Nasce di qui il ricorso ai rilievi plastici per mettere meglio in risalto il luccicare delle armature dei soldati o l bagliore delle aureole. Si intuisce, anche per questa via, che Gaudenzio sta riflettendo sui lavori del Sacro Monte e sui modi per ridurre a sintesi pittura e scultura.
La stessa impaginazione delle scene – a cominciare dalla grandiosa Crocifissione - sembra voler anticipare i progetti degli apparati decorativi delle cappelle da realizzare sopra la parete rocciosa di Varallo.
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«Credo – osserva Giovanni Testori – che proprio su questa Crocifissione, dove, per una più concreta verità scenica, alcune parti sono dipinte in aggetto, Gaudenzio puntasse per convincere, se mai ce n'era bisogno, i frati e i Fabbricieri ad accettare il suo progetto e a iniziar l'opera; come dicendo: "Vedete? Il gruppo delle donne non sembra già scultura? E gli scudi? E gli elmi? E le lance? Ma lassù, dietro le croci e tutt'intorno, metteremo i pastori, i signori, voi, gli amici, mi ci metterò io stesso, le madri, la valle intera; sempre che non sia stata l'opera medesima, con quell'appieno di sentimenti, a convincerli da sé...»
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( G. Testori, Gaudenzio Ferrari, catalogo della mostra di Vercelli, 1956)
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Le scene di questa grande parete affrescata non anticipano solamente quelle che Gaudenzio stesso realizzerà al Monte, ma diventano – anche agli occhi dei successivi committenti - una sorta di "manifesto programmatico" ad uso degli artisti che, nel tempo, rileveranno la sua opera.
Si prenda, ad esempio, la Orazione nell’orto con la scena divisa in due fasce, quella di Gesù in preghiera e quella degli apostoli addormentati: la stessa impaginazione sarà fedelmente ripresa nella disposizione delle statue di Giovanni d'Enrico; oppure si osservi la figura del "gozzuto" che compare nella Salita al Calvario che verrà ripresa quasi letteralmente dal Tabacchetti nell’omonima cappella.
Una rapporto stretto corre dunque tra la superba parete gaudenziana in Santa Maria delle Grazie e la unitarietà degli sviluppi dei lavori nel "gran teatro montano" sulla parete rocciosa che incombe sulla della chiesa.
[modifica] Altre testimonianze artistiche presenti nella chiesa
L'interesse artistico della chiesa si concentra ovviamente sulla parete gaudenziana; ma anche altre, e tutt'altro che trascurabili, sono le opere che vi si trovano.
Le due cappelle che si aprono sotto la grande parete divisoria contengono affreschi che sono una ulteriore testimonianza delle qualità artistiche di Gaudenzio ed altri che rivestono grande importanza per comprendere i suoi esordi pittorici.
Si tratta della cappella di Santa Margherita da Cortona affrescata da Gaudenzio prima della grande parete, nel 1507, con due scene evangeliche (Presentazione di Gesù al Tempio e con la Disputa con i dottori) e con grottesche, genere pittorico nel quale Gaudenzio eccelleva.
Vi è poi la Cappella delle Grazie con affreschi di scuola milanese, databili verso il 1491 (sulle pareti scene della Nascita della Vergine, dello Sposalizio della Vergine e dell'Adorazione dei Magi e, nei sottarchi, figure di Profeti).
Si tratta di affreschi che oggi vengono attribuiti alla bottega di Giovanni Scotto, presso la quale – anche secondo quanto afferma la antica testimonianza di Giovannni Paolo Lomazzo –dovette svolgersi l’apprendistato pittorico di Gaudenzio.
Tra le numerose opere presenti nella navata, va menzionato almeno un affresco autografo di Fermo Stella, allievo di Gaudenzio Ferrari e con lui impegnato nei lavori al Sacro Monte. Esso rappresenta una scena che non ricorre con frequenza nell'arte sacra: si tratta di Gesù che prende congedo dalla madre, tema tratto da una omelia di San Giovanni Crisostomo.
[modifica] Bibliografia
- Alberto Bossi, La Chiesa di Santa Maria delle Grazie e la grande Parete Gaudenziana di Varallo, Tipografia di Borgosesia;
- Giovanni Testori, Promemoria gaudenziano, in "Bollettino della Soc. Storica Piemontese d'Archeologia e Belle Art", VIII-IX, 1954-57;
- Vittorio Viale, G. Ferrari, Ed. ERI, Torino, 1969;
- Edoardo Villata, Simone Baiocco Gaudenzio Ferrari, Gerolamo Giovenone: un avvio e un percorso, Allemandi, 2004