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Sacro Monte di Varallo - Wikipedia

Sacro Monte di Varallo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Sacro Monte di Varallo costituisce, tra i Sacri Monti esistenti, l'esempio più antico e di maggior interesse artistico. Esso consta di una basilica, 45 cappelle affrescate e popolate da più di 800 statue.
Il Sacro Monte di Varallo è oggi considerato - assieme agli altri Sacri Monti che si ergono tra Piemonte e Lombardia - Patrimonio dell'Umanità, ed è anche riserva naturale della Regione Piemonte.

Antica veduta della Piazza del Tempio
Antica veduta della Piazza del Tempio

Indice

[modifica] La storia

L'idea dell'edificazione del Sacro Monte, sopra una imponente parete rocciosa che sovrasta l’abitato di Varallo, viene concepita dal frate francescano Padre Bernardino Caimi già nel 1481. Alla base del progetto vi è il desiderio di riprodurre in loco, a beneficio dei fedeli, i luoghi emblematici della Terra Santa. Esso doveva rappresentare dunque un'alternativa rispetto al pellegrinaggio, divenuto ormai pericoloso, in una Palestina occupata dai Turchi; di qui l'espressione "Nuova Gerusalemme" che è stata successivamente impiegata per identificare il Sacro Monte. L'idea di un percorso devozionale sulle tracce della memoria dei luoghi sacri nei quali si era svolta la vita di Gesù , popolata con le scene del racconto evangelico, conteneva altresì l’intenzione pedagogica, cara alla spiritualità francescana, di promuovere l’immedesimazione dei fedeli con la figura di Cristo.

Nei 1486, ricevute - grazie anche ai buoni rapporti con Ludovico il Moro - le necessarie autorizzazioni e potendo contare su importanti donazioni, Padre Caimi ha la soddisfazione di vedere iniziare contemporaneamente, in Varallo, la chiesa di Santa Maria delle Grazie annessa al convento francescano, e, "super parietem", i lavori di costruzione delle prime cappelle del Sacro Monte.

Nel 1491 risultano gà terminate le cappelle del Santo Sepolcro, dell'Ascensione e della Deposizione (da quest’ultima proviene verosimilmente il bel Compianto ligneo, opera dei milanesi fratelli De Donati, ora alla Pinacoteca civica di Varallo).

La morte, nel 1499, di Padre Caimi non arresta affatto il programma di edificazione, stante anche la notorietà che il Sacro Monte iniziava ad avere come meta di pellegrinaggi devozionali e l’approvazione ricevuta dal Ducato di Milano.

Il vero regista, dal 1507 al 1528, dell’impresa del Sacro Monte è un pittore, scultore ed architetto che è nato in Valsesia e che conosce bene quali corde vibrino nel cuore degli umili, della gente abituata alla dura vita montanara: si tratta di Gaudenzio Ferrari. Il suo nome è indissolubilmente legato all'impresa del Sacro Monte di Varallo.
Suo è il progetto di alcune cappelle, sue sono numerose bellissime statue (prima lignee poi plasticate in terracotta), suoi sono molteplici affreschi che fanno da sfondo alle scene sacre. Suo è, per così dire, il lascito poetico che non mancherà di segnare, per lungo tempo, le produzioni artistiche successive.

Alla partenza di Gaudenzio, il Sacro Monte ha ormai una relativa maestosità scenica. Cresce pertanto l'afflusso dei fedeli:tra i pellegrini illustri si ricorda Sant'Angela Merici, fondatrice delle Orsoline, il duca di Milano Francesco II Sforza, la futura madre di San Carlo Borromeo ed altri ancora; personaggi di rilievo che non mancano di sostenere la prosecuzione dell’impresa costruttiva.

Altri validi artisti subentrano al pittore di Valduggia, a cominciare dai suoi allievi Bernardino Lanino, Giulio Cesare Luini, Fermo Stella da Caravaggio; più tardi salgono al Monte Giacomo Paracca di Valsolda (l'artefice della crudelissima Strage degli innocenti), i fratelli Della Rovere detti i "Fiammenghini" ed altri ancora.

Negli anni 1565-68 i lavori proseguono sotto la direzione dell'architetto Galeazzo Alessi, che concepisce una nuova disposizione delle cappelle non più su base topologica (con l’evidenza dei luoghi di Nazareth, di Betlemme ed altri), ma cronologica, per seguire le tappe del cammino terreno di Gesù.

A partire dalla settima decade del Cinquecento è la figura di San Carlo Borromeo che prende a cuore la sorte del Sacro Monte. Il Santo milanese vi fa visita per ben quattro volte ed il suo carisma accresce ancor più il prestigio della "Nuova Gerusalemme". Un sacello presso la Cappella del Sepolcro ricorda il luogo in cui il Santo amava raccogliersi in preghiera.
Anche i Savoia, a partire dalla visita di Carlo Emanuele I, nel 1584, dimostrano uno speciale interessamento nei suoi riguardi.

Dopo un qualche rallentamento dei lavori nell'ultima parte del XVI secolo, all'inizio del Seicento si ha una vistosa ripresa della costruzione del grandioso complesso che avviene sotto l'impulso e l'attenta sovrintendenza del vescovo di Novara Carlo Bascapè, che segue nella dottrina e nelle opere il magistero di San Carlo Borromeo.
Si aggiungono nuove cappelle dedicate ai momenti salienti della Passione di Cristo, alla cui decorazione sono chiamati artisti come il pittore perugino Domenico Alfano e lo scultore di origine fiamminga Giovanni Wespin, detto Tabacchetti; poi ancora un artista di prima grandezza nel panorama del panorama pittorico lombardo del primo Seicento, Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone.
Ma le tappe artisticamente più significative - che ruotano attorno alla cotruzione del Palazzo di Pilato con la Scala Santa, costruita sul modello di quella romana di San Giovanni in Laterano – hanno per protagonista una famiglia di artisti locali, provenienti da Alagna: si tratta dell'operosissimo architetto e scultore Giovanni d'Enrico e dei suoi fratelli pittori, Melchiorre ed Antonio. Quest'ultimo – più noto con il nome di Tanzio da Varallo – raggiunge i fratelli al Sacro Monte, di ritorno dal suo apprendistato romano, lasciando negli affreschi delle cappelle della Passione una forte impronta della sua drammatica ispirazione.

Sempre in quegli anni – esattamente nel 1614 – per impulso di Bescapè, ha inizio la costruzione della Basilica dell'Assunta, su disegni di Bartolomeo Ravelli e di Giovanni d’Enrico. La sua costruzione si sviluppa per tappe successive e si protrae sino al 1713. Nel 1649, dopo il completamento del presbiterio e del coro, si trasporta nella basilica l’antica statua lignea della Madonna Dormiente (posta attualmente nella settecentesca cripta - il cosi detto Scurolo - e riconosciuta come opera precoce di Gaudenzio Ferrari) che diviene oggetto di speciale devozione.
Nel 1678 anche la cupola della basilica poteva considerarsi terminata , con la collocazione al suo interno delle statue policrome in terracotta che la decorano in guisa di Paradiso, ideale punto terminale del percorso devozionale del Sacro Monte.

I secoli successivi, meno interessanti forse da seguire sotto il profilo artistico, vedono il completamento della facciata della basilica assieme a rifacimenti e ad alcune estensioni del complesso delle cappelle.
Notevoli, a partire dal primo Novecento, sono i sempre più urgenti impegni manutentivi. L'ultimo, in ordine cronologico, ha riguardato il restauro nel 2006 il restauro della Cappella della Crocifissione.

[modifica] Vedute del Sacro Monte

[modifica] Il profilo artistico

La struttura del Sacro Monte è suddivisa in due zone, una che si snoda in salita tra gli alberi di un bosco di grande suggestione, l' altra che si dispiega nel tessuto urbano di una città: è la "Nuova Gerusalemme" che, oltrepassata la Porta Aurea, si lascia ammirare nei suoi eleganti palazzi porticati, che stanno di fronte alla basilica ed attorno alla Piazza del Tempio ( la "piazza religiosa", ove è posta una fontana di inizio Cinquecento i cui zampilli ricordano simbolicamente le Piaghe del Signore), oppure attorno alla Piazza dei Tribunali (la "piazza civile", con le corti di giustizia romane ed ebraiche).

Il fascino della complessa architettura della "Nuova Gerusalemme" e la reputazione di Gaudenzio Ferrari non sono riusciti, sino a tempi relativamente recenti, ad attrarre l’attenzione degli storici dell'arte. Nel 1855, un pittore inglese, direttore della National Gallery, così si esprimeva a proposito delle statue che popolano le cappelle: "Il Sacro Monte è una assurda eposizione di statue dipinte e vestite nello stile di Madame Tussaud (ma molto inferiori ad esse), anche se i soggetti sono di natura sacra.".

Gaudenzio Ferrari, Cristo che sale al Pretorio (particolare), legno policromo, ca 1510, Cappella XXXII
Gaudenzio Ferrari, Cristo che sale al Pretorio (particolare), legno policromo, ca 1510, Cappella XXXII
Gaudenzio Ferrari, Angelo annunciante, legno policromo, rivestito in tessuto, ca. 1510, Cappella II
Gaudenzio Ferrari, Angelo annunciante, legno policromo, rivestito in tessuto, ca. 1510, Cappella II
G. d'Enrico e Tanzio da Varallo, Davanti a Pilato,  Statue in terracotta policroma e afreschi, 1617-18, Cappella V (particolare)
G. d'Enrico e Tanzio da Varallo, Davanti a Pilato, Statue in terracotta policroma e afreschi, 1617-18, Cappella V (particolare)

Tra i pochi visitatori dell'Ottocento capaci di cogliere appieno, senza artificiose partizioni in generi artistici, il genio di Gaudenzio Ferrari ed il suo ruolo di regista del Sacro Monte, va menzionato l'eccentrico scrittore inglese Samuel Butler: una lapide nel loggiato ne ricorda l'appassionato soggiorno.

Ancora nella sesta decade del secolo scorso, tra gli storici dell'arte – tranne poche eccezioni riguardanti per lo più studiosi di arte piemontese e lombarda – il giudizio sul Sacro Monte rimane ancorato allo stereotipo dell'"arte popolaresca", e le sue statue sono considerate "pupazzi da presepe".

Chi più di altri ha contribuito ad affermare il valore del Sacro Monte – divenuto per lui oggetto di un innamoramento artistico che è durato per tutta la sua vita – è lo scrittore, drammaturgo e critico d’arte Giovanni Testori. A lui la municipalità di Varallo ha voluto dedicare una piazza all'inizio del percorso che porta alle cappelle.
Sua è l'espressione "gran teatro montano", utilizzata per connotare il complesso architetturale del Sacro Monte e l'effetto scenico delle cappelle, con gli attori principali, plasticati in terracotta policroma, posti in primo piano, ed una serie di astanti che si affacciano illusivamente dalle pareti affrescate, come nella figurazione di una "laude medievale" che coinvolge un intero paese.

Gaudenzio Ferrari, negli anni di permanenza a Varallo, mette al servizio dell’edificazione del gran teatro montano le sue qualità di architetto, pittore, scultore: un impegno appassionato, che non conosce momenti di ripiego. dalle statue della cappella dell'Annuncizione (ca. 1510) al formidabile complesso di statue ed affreschi che vibrano di drammaticità nella cappella della Crocifissione (1520-23).
Ad essi la critica di Testori restituisce la dignità di uno dei punti alti dell'arte rinascimentale in Italia, sia pure di un arte che, per essere apprezzata, richiede l'abbandono dei canoni estetici "aurei" della più celebrata cultura umanistica, per lasciarsi attrarre dalla "realtà umana" di una terra e di un paese per il quale è "il cuore che governa le ragioni della forma" e non viceversa.
Così Testori si esprime a proposito delle statue-manichino dell'Annunciazione:

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«Come se la poesia potesse salir in cielo solo per creature nutrite di mitologia e di potenza, e non anche per creature nutrite della loro povertà, della loro incommensurabile fiducia nel fatto di essere nate lì, in una valle, in un paese, e di dover Il tutto risolvere della loro esistenza; e lì trovare i propri dei. Finanche gli dei della bellezza. Ché mai visi furon più colmi di luce; mai labbra più straripanti di tenerezza e d'amore.»
(G. Testori, Elogio dell'arte novarese, 1962)

Gaudenzio Ferrari, il patriarca del Monte, è l'autore delle statue e dei dipinti delle cappelle V (I Magi a Betlemme), VIII (Presentazione al Tempio), XXXVIII (Crocifissione), XL (La Pietà); sue sono anche statue che troviamo nelle cappelle II (Annunciazione), VI (Natività), VII (Adorazione dei pastori); XXXII (Gesù sale la scala del Pretorio), e, verosimilmente, anche la statua del Cristo morto nella cappella del Santo Sepolcro e quella della Madonna Dormiente, ora posta nello "Scurolo" della basilica.

L'impronta lasciata da Gaudenzio Ferrari fa dunque emergere sopra la parete di Varallo una sorta di "genius loci", che riesce a tenere legate a sè - pur nella evoluzione dei linguaggi adottati - le opere dei tanti artisti che, nei secoli, si avvicendano nella fabbrica del Sacro Monte. Le stesse raccomandazioni dei committenti esortano gli artisti a riprendere i moduli compositivi di Gaudenzio; ed è tale genio del luogo a manifestarsi in modo spontaneo nelle opere di chi, come i fratelli D'Enrico (Giovanni, Melchiorre, ed Antonio), ha respirato l'aria di quella stessa valle.

E’ sempre Testori a porre in risalto la grandezza di quell'infaticabile plasticatore, capace di straordinario realismo, che fu Giovanni d'Enrico. Le sue migliori statue tengono il confronto con quelle di Gaudenzio. Il lavoro di architetto e le statue che egli ha realizzato in una ventina di cappelle lo consacrano, dopo il patriarca Gaudenzio, come secondo regista del Monte.

A Varallo si esprime anche, con tutta la sua capacità di dar forma pittorica ad una gamma estremamente variegata di tipi umani, con fisionomie ed espressioni velocemente tratteggiate, la forza poetica del fratello minore di Giovanni d'Enrico, noto come Tanzio da Varallo: un'altro artista che Testori ha amato moltissimo.
In effetti, tra i punti più alti di teatralità e di senso di angoscia presenti nella "Nuova Gerusalemme", si devono menzionare le cappelle (Gesù al tribunale di Pilato, Gesù davanti ad Erode, Pilato si lava le mani) che vedono la collaborazione dei due fratelli .

"[In queste cappelle] tutto viene da un'urgenza di vita in atto, di rappresentazione colta nel suo massimo movimento e perciò tutto sta perennemente aperto come sul palcoscenico di un teatro che abbia la forza di trascinare continuamente a sè nuova vita e nuova morte"

La lezione di Testori è oggi ampiamente accettata (anche da quei critici che esprimono riserve sul suo modo di farsi trascinare dagli affetti e di innamorarsi delle opere, preferendo rimanere nell'ambito di una maggior attenzione filologica e documentale) ed il Sacro Monte di Varallo si è visto restituire la considerazione critica che gli è, per così dire, dovuta.

[modifica] Immagini delle scene nelle cappelle

[modifica] Gli artisti impegnati al Sacro Monte

[modifica] Scultori

[modifica] Pittori

[modifica] Altri progetti


[modifica] Bibliografia

  • Giovanni Testori, Il gran teatro montano, Feltrinelli, Milano, 1965 (ora in in G. Testori, La realtà della Pittura, Longanesi, Milano, 1995)
  • Giovanni Agosti, Testori a Varallo, in "Testori a Varallo - Sacro Monte, Santa Maria delle Grazie, Pinacoteca e Roccapietra" (a cura dell'Associazione Giovanni Testori); Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2005;
  • Elena De Filippis, Gaudenzio Ferrari. La crocefissione del Sacro Monte di Varallo, Allemandi, Torino, 2006

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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