Damnatio ad bestias
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Con la locuzione latina damnatio ad bestias, che tradotta letteralmente significa "condanna alle bestie", si indica un modo della pena di morte riservata nell'antica Roma ai criminali peggiori di basso rango (non ai più pericolosi) o agli schiavi macchiatisi di qualche reato contro i propri padroni, i quali venivano appunto condannati a essere divorati vivi dalle belve nelle arene.
Le bestie erano solitamente leoni o tigri, ma potevano essere impiegati anche animali di taglia più piccola, così da prolungare il tormento. Il damnatus poteva essere legato a un palo oppure costretto a vestire i panni di un personaggio mitologico divorato da una belva (per esempio Prometeo, a cui un'aquila per volere di Zeus divorava quotidianamente il fegato, che ricresceva infatti ogni giorno). Tali esecuzioni si svolgevano al mattino o prima degli spettacoli gladiatori, quando il pubblico era particolarmente numeroso.
La Lex Petronia 61 d.C. proibiva al padrone di dare lo schiavo in pasto alle belve senza una sentenza del giudice.