Diga del Gleno
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Il 1 dicembre del 1923 un'immane tragedia causata dal crollo della diga del Gleno sconvolse la Valle di Scalve in provincia di Bergamo.
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[modifica] La tragedia
In circa mezz'ora sei milioni di metri cubi d'acqua, fango e detriti precipitarono dal bacino artificiale a circa 1500 metri di quota fino al lago d'Iseo. I morti furono 356, ma i numeri sono ancora oggi incerti. Erano le 7 e 15 di mattina quando il pilone centrale della costruzione cedette e le acque sbarrate dalla diga si riversarono nella vallata sottostante, fuoriuscendo da una bocca larga una sessantina di metri. Il primo borgo ad essere colpito fu Bueggio. L'enorme massa d'acqua, preceduta da un terrificante spostamento d'aria, distrusse poi le centrali di Povo e Valbona, il ponte Formello e il Santuario della Madonnina di Colere. Raggiunse l'abitato di Dezzo, composto dagli agglomerati posti in territorio di Azzone e in territorio di Colere, che andò praticamente distrutto. Prima di raggiungere l'abitato di Angolo l'enorme massa d'acqua formò una sorta di lago e a tutt'oggi sono visibili i segni lasciati dal passaggio dell'acqua nella gola della via Mala. L'abitato di Angolo rimase praticamente intatto, mentre a Mazzunno vennero spazzate via la centrale elettrica e il cimitero. La fiumana discese quindi velocemente verso l'abitato di Gorzone e proseguì verso Boario e Corna di Darfo, seguendo il corso del torrente Dezzo e mietendo numerose vittime al suo passaggio. Quarantacinque minuti dopo il crollo della diga la massa d'acqua raggiunse il lago d'Iseo.
[modifica] Le responsabilità
La diga era stata realizzata fra il 1916 e il 1923, era lunga 260 metri e doveva contenere sei milioni di metri cubi d'acqua raccolti in un lago artificiale che si estendeva su una superficie di 400.000 metri quadrati, alimentato dai torrenti Povo, Nembo e da affluenti minori. La diga ad archi multipli, realizzata a 1500 metri d'altitudine, sarebbe dovuta servire per produrre energia elettrica nelle centrali di Bueggio e di Valbona. Dal processo, che si tenne dal gennaio 1924 al luglio 1927 e si concluse con la condanna del titolare della società concessionaria e del progettista, emerse che i lavori erano stati eseguiti male ed in economia e che il controllo da parte del Genio Civile era stato svolto in modo approssimativo e superficiale.