Farid al-Din al-Attar
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Farīd al-Dīn Muḥammad ibn Ibrāhīm al-ʿAṭṭār (in Persiano:فرید الدین ﺍﻟﻌﻄﺎﺭ; circa 1142 – 1220) nacque a Nīshāpūr, nella provincia Iraniana del Khorasan e morì nella stessa città.
Era figlio di un ricco speziale (la parola ʿAṭṭār significa per l'appunto "speziale", "preparatore di rimedi medici, erbe medicamentose o profumi", ma di fatto equivaleva quasi alla professione del medico) e ricevette un'eccellente educazione. Studiò l'arabo, la medicina e le scienze religiose. Da giovane aiutò il padre in bottega e alla sua morte la ereditò. Da speziale, i clienti che si rivolgevano a lui gli confidavano tutti i loro problemi ed egli ne era profondamente toccato. Infine decise di abbandonare la sua attività e viaggiò moltissimo. Durante la sua permanenza a Kufa, a Mecca, a Damasco, in Turkestan ed in India, ebbe l'occasione di incontrare numerosi maestri ( shaykh ) sufi.
Al suo ritorno promosse il Sufismo[1].
Alcuni studiosi ritengono che ʿAṭṭār fu ucciso durante la distruzione della città da parte degli invasori Mongoli. Sulla sua morte si narra il seguente aneddoto: Un soldato mongolo lo catturò e, avendo scoperto chi egli fosse, lo voleva condurre dal suo ufficiale superiore quando si presentò un uomo, offrendo denaro per comprare il prigioniero. Il soldato stava per accettare ma ʿAṭṭār disse al soldato che valeva molto di più di quanto pattuito. Continuarono il tragitto e poco dopo si presentò un altro uomo che offriva una somma maggiore per comprarlo, ma egli convinse il soldato a rifiutare poiché valeva molto di più anche della cifra proposta. Poco dopo un vecchio si presentò offrendo, in cambio di ʿAṭṭār, un fascio di legna. Il poeta, in genuino spirito sufi, disse al soldato di accettare l'offerta poiché Non c'è nulla che valga più di questo. Il soldato s'infuriò e uccise ʿAṭṭār all'istante.
ʿAṭṭār è uno dei più famosi poeti mistici iraniani. Le sue opere furono d'ispirazione per Jalāl al-Dīn Rūmī e per molti altri poeti mistici. ʿAṭṭār, insieme a Sanāʾī, fu colui che influenzò maggiormente Rūmī nelle sue concezioni sul sufismo. Rūmī li cita entrambi numerose volte nelle sue opere e con la più alta stima. Rūmī lodò ʿAṭṭār nel seguente modo:
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«: ʿAṭṭār percorse errante le sette città dell'amore - Siamo ancora nella stessa Via.»
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Indice |
[modifica] Opere
Fu uno degli autori più prolifici della letteratura persiana. Scrisse più di un centinaio di opere di varia lunghezza: si va da poche pagine a grossi tomi. Solo una trentina delle sue opere è giunta fino ai giorni nostri.
Nello stile caratteristico dei poeti sufi, ʿAṭṭār esalta l'amore terreno come metafora e preludio dell'amore divino: sebbene quello umano fosse una forma d'amore lontana dalla perfezione, esso ha comunque un riflesso spirituale, poiché l' "amato" diventa l' Essere supremo. Una delle sue parabole metaforiche preferite è l'amore tra il sultano Maḥmūd di Ghazna per il suo schiavo Malik Ayaz. Nella sua opera Ilāhī-Nāme (Il poema Celeste) troviamo otto storie riguardanti il loro amore e la loro devozione reciproca.
La sua opera più conosciuta è tuttavia il Manṭiq al-ṭayr (Il Verbo degli uccelli). Oltre opere importanti sono l' Asrār-Nāme (Il libro dei segreti) e la Tadhkirat al-Awliyāʾ, (Memoriale degli Intimi di Allāh che contiene le biografie di molti maestri sufi e di uomini santi). In generale, la maggior parte dei sui libri è alla portata di tutti e relativamente facile da leggere.
Il suo Manṭiq al-ṭayr è certamente uno dei capolavori dell'intera letteratura persiana. Si tratta di un libro di poesie in persiano di circa 4.500 versi. È un' allegoria dello shaykh sufi che guida il suo discepolo verso l'illuminazione.
Il poeta e mistico Jalāl al-Dīn Rūmī da giovane incontrò sicuramente ʿAṭṭār quando la famiglia di Rūmī abbandonò la città di Balkh. Durante il loro viaggio, infatti, il padre di Rūmī si recò in visita ad ʿAṭṭār. Fonti attestano che ʿAṭṭār donò una copia di uno dei suoi libri di poesia mistica al giovane Jalāl al-Dīn. L' incontro è riportato da varie fonti, compreso il figlio di Rūmī, Ḥusām al-Dīn.
Altra importante opera è la Tadhkirat al-Awliyāʾ, un manuale in cui descrive la personalità e gli stadi di realizzazione mistica di molti maestri sufi, narrando la loro vita, degli aneddoti e i loro detti.
ʿAṭṭār aderiva al madhhab hanafita, la più antica scuola giuridica del Sunnismo.
In Italia molti artisti si sono ispirati ad ʿAṭṭār e alle sue opere. I Radiodervish si sono ispirati al Manṭiq al-ṭayr nel loro album In search of Simurgh del 2004. Sono state fatte anche trasposizioni teatrali come ad esempio quella di "Ali Di Polvere In Search Of Simurgh" di Teresa Lodovico e "II Verbo Degli Uccelli - Anno I: II Viaggio Analogo" di Domenico Castaldo.
[modifica] Bibliografia
- E[dward]. G[ranville]. Browne, Literary History of Persia, Bethesda (MD) USA, Ibex Publishers, 4 vol., 1997 (rist.). ISBN 0-7007-0406-X.
- Jan Rypka, History of Iranian Literature, Dordrecht, Reidel Publishing Company, 1968. ISBN 90-277-0143-1
- Laura Pirinoli, Parole di Sufi (Tadhkirat al-Awliyā), Milano, Mondadori. ISBN 88-04-49934-6
- Maria Teresa Granata, Il Poema celeste, Milano, Rizzoli/Bur. ISBN 88-17-16774-6
- Carlo Saccone (a cura di), Il verbo degli uccelli, Milano, SE, 2007. ISBN 8877106735
- Carlo Saccone (a cura di), La rosa e l'usignuolo, Roma, Carocci, 2003. ISBN 8843026364
- Hellmut Ritter, Il mare dell'anima. Uomo, mondo e Dio in Feriduddin 'Attar, Milano, Ariele, 2004. ISBN 8886480598
[modifica] Lemmi correlati
[modifica] Collegamenti esterni
- Attar, Farid al-Din. Una biografia fatta dal Prof. Iraj Bashiri, dell'Università del Minnesota.
- Poesia di Attar (in inglese)
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