Utente:Flavio.brandani/bozza
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Le Vite Parallele sono un'opera dello storico greco Plutarco di Cheronea scritte sotto il Regno dell'imperatore Traiano nell'anno 99 d.C. e dedicate all'amico console Quinto Sosio Senecione. L'opera consta di ventidue coppie di biografie a noi pervenute. Trattasi di un' enciclopedica raccolta di storie ed aneddoti sulla vita di exempla, ossia uomini visti dall'autore, come esempi di comportamento morale appertenuti all'antica Grecia ed alla Roma repubblicana. Caratteristica peculiare dell'opera, è il raffronto che lo storico fa tra le vite dei personaggi greci e romani dopo aver esposto le biografie, (secondo l'ordine della traduzione odierna viene posta prima la biografia del personaggio greco, ma non sappiamo l'esatto ordine del testo originale).
[modifica] Caratteristiche dei testi
L'ammirazione che le Vite parallele hanno suscitato in grandi poeti come Vittorio Alfieri, Giacomo Leopardi, William Shakespeare e Jacques Corneille testimonia la fama di un testo denso di passioni dell'anima volto ad aspirazioni morali assolute. Plutarco non si limita a riportare notizie, ma commenta il più possibile con vasta erudizione ogni elemento, inserendo poi per oggettività, il pensiero di più autori a lui antecedenti. Tuttavia allo scrittore, profondamente religioso, non interessa porre le sue fonti ad una verifica accurata, o descrivere grandi imprese o battaglie, piuttosto cerca con aneddoti e storielle di cogliere il tratto di spirito peculiare del personaggio del quale stà trattando la vita.
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«Io non scrivo storie, ma vite»
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(Plutarco)
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Asserisce Plutarco all'inizio della biografia di Alessandro Magno e così, al lettore odierno, si spalancano infinite finestre su un mondo oramai perduto per sempre, tuttavia ad una lettura attenta si coglie come, anche al tempo, gli uomini vibrassero di quelle passioni che non sono diverse nella sostanza da quelle che consumano gli uomini di oggi.
[modifica] Aneddoti evocativi
L'opera è letteralmente imbevuta di aneddoti anche molto evocativi, ma per ovvie ragioni di spazio, si riportano quì sotto alcuni tra i più significativi
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«Questi (Alessandro), ordinato ad un suo milite di portare a lui una gran cassapanca stracolma d'ogni ricchezza, nel vedere quanto egli faticasse nel trasporto eppure stringeva i denti per ottemperare all'ordine ricevuto, mosse il suo animo a compassione e, quando gli fu dappresso, colle lacrime agli occhi gli disse di fare altri passi verso la sua tenda poiché quelle ricchezze ora appartenevano al buon soldato... »
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(Plutarco)
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In questo aneddoto, si denota la generosità di Alessandro Magno nei confronti di chi gli si mostra fedele e devoto. Il concetto di fedeltà e devozione sono temi portanti nel castello morale delle Vite parallele, così pure il concetto di purezza dei costumi ben espresso nella vita di Catone e sintetizzato in questo aneddoto:
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«Catone, quando era milite, disprezzava il lusso che si concedevano i generali, infatti passava il tempo non impegnato in battaglia a temprare il di lui corpo con esercizi faticosi e se aveva sete non si dissetava con acqua se non dopo essersi umettato le labbra con l'aceto onde resistere di più ai morsi della sete... »
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(Plutarco)
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Non mancano anche numerose informazioni sulla Natura e su fenomeni divini ai quali Plutarco credeva con grande fervore.
[modifica] Disquisizione sui valoro morali
Nelle Vie Plutarchee, i personaggi vengono attentamente analizzati in alcuni aspetti morali:
- Rapporto col Danaro,
- Capacità di amministrazione della guerra e della vita politica,
- Resistenza o meno alle passioni,
- Rapporto con gli Dei,
Nel primo caso, Plutarco si domanda come è stata utilizzata l'eventuale richezza accumulata, se per compiere opere per il bene di tutti, (Atteggiamento plutarchescamente Virtuoso), o per il proprio tornaconto (Atteggiamento Non Virtuoso). Condanna senza appello tutti coloro che utilizzavano il danaro per ammantarsi di voluttà, mentre loda chi, pur essendo ricco, utilizzava tale agio per il benessere collettivo e viveva personalmente in austerità.
Nel secondo caso, Plutarco si chiede se il tale personaggio è stato un abile comandante, attento a sfruttare a suo vantaggio ogni errore del nemico, od un incapace che, per inesperienza o per troppa arroganza ha condotto la sua patria alla rovina, (Nicia a Siracusa per esempio).
Ancora Plutarco si chiede se la persona è mai riuscita a sopportare le passioni, antecedendo loro la Virtù, o se si è lasciato corrompere o trascinare dal turbine delle voluttà, igniorando o posponendo la Virtù.
Infine l'autore osserva il rapporto che il suo personaggio ha con gli Dei ed il soprannaturale in genere, stando ben attento a condannare senza appello chi non crede affatto e chi, credendo troppo, cade nella superstizione nemica, secondo Plutarco, della pietas, ossia del fatto di essere pii.