Giuseppe Govone
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Giuseppe Govone (Isola d'Asti, 1825 – Alba, gennaio 1872) è stato un generale e politico italiano.
Giuseppe Govone appartenente a una famiglia di piccola nobiltà, frequentò la Reale Accademia di Torino e ne uscì sottotenente alla vigilia della prima guerra d'indipendenza. Durante il conflitto si comportò con onore, ma si mise anche in luce per le critiche verso i comandi incompetenti e verso lo stesso re Carlo Alberto. Dopo la battaglia di Novara (1849) partecipò alla repressione dell'insurrezione di Genova, dove conquistò senza colpo ferire tre forti esterni.
Dopo una fase di eclissi, in cui girò l'Europa, e tre anni di vita di guarnigione, partì volontariamente per fare l'osservatore della guerra di Crimea, tra la Turchia e Russia nei Balcani. Combatté con gli Ottomani sul Danubio e si prodigò nella difesa di Silistra. Quando il conflitto si allargò a Gran Bretagna e Francia e si spostò in Crimea, Govone lo seguì e si trovò in posizione privilegiata quando nella guerra intervenne anche il Piemonte.
Tra il 1856 e il 1859, col grado di maggiore, partecipò ai preparativi per la seconda guerra d'indipendenza, occupandosi soprattutto della novità dei trasporti per ferrovia e organizzando una sorta di servizio informazioni oltre le linee austriache.
Dopo la guerra, dalla quale uscì con i gradi di colonnello, e dopo una breve pausa in cui contrasse matrimonio, venne mandato nel Meridione, a combattere nella val Roveto contro il brigante Chiavone, il più simile a un partigiano legittimista di tutti i briganti meridionali. Fu uno scontro duro e senza esclusione di colpi, privo però delle efferatezze che contraddistinsero il conflitto in altre zone. Sotto di lui venne fucilato lo spagnolo Borjes, mentre Chiavone finì condannato a morte da un tribunale dei suoi luogotenenti.
Promosso generale – ed eletto nel frattempo anche deputato - e inviato in Sicilia, Govone si trovò a combattere con estrema durezza il fenomeno della renitenza al servizio militare. Fu una fase estremamente critica: Govone agì tra l'ostilità della popolazione, inimicandosi i poteri tradizionali della nobiltà.
Questa fase è passata alla storia come un periodo di brutalità e repressione e a Govone venne perfino associato il termine «criminale di guerra»: questione che dovrebbe essere approfondita e discussa. La vicenda terminò in Parlamento in alcune sedute estremamente combattute: Govone non venne censurato ed anzi promosso, ma rimise piede in Sicilia solo per fare alcuni duelli e poi venne richiamato.
Dopo un anno di guarnigione, Alfonso La Marmora lo inviò a Berlino a trattare con Bismarck l'alleanza italo-prussiana che porterà alla terza guerra d'indipendenza. Tornato in Italia giusto allo scoppio delle ostilità, Govone ebbe il suo grande momento nella battaglia di Custoza. In una situazione che stava volgendo al peggio per l'insipienza dei comando e per le trascuratezze della preparazione, Govone al comando della sua divisione operò una serie di contrattacchi che avrebbero potuto spianare la strada della vittoria agli italiani, se soltanto i suoi soldati, dopo una giornata di aspri combattimenti, fossero stati aiutati dalle due divisioni di fanteria e dalla cavalleria che stazionavano assolutamente immobili a pochi chilometri di distanza al comando del generale Della Rocca. Ma questi, forse per antipatia personale, per orgoglio di grado o per cieca adesione agli ordini, rifiutò ogni soccorso e così la giornata finì in un'inopinata sconfitta.
Nel periodo seguente, mentre i comandi litigavano fra loro e si apprestavano a ritirarsi, Govone fu tra i pochi a voler riprendere subito l'offensiva. Ma i prussiani sconfissero gli austriaci a Sadowa mettendo fine alla guerra; agli italiani restò solo la bruciante disfatta e Govone dovette comprendere che quella giornata rappresentò per lui «il turning point della carriera, non perché essa ne venga stroncata ma perché da quel momento egli avrà troppi nemici» (Lucio Ceva).
Queste inimicizie si manifestarono nel 1870 quando Govone accettò il dicastero della Guerra, come unico generale disponibile ad accettare i tagli alla spesa militare richiesti dal Governo Lanza e dal ministro delle Finanze Sella. Gli attacchi della casta militare furono durissimi per quella che venne vista come una degradazione. Govone resistette, ma quando agli inizi dell'estate scoppiò inaspettatamente la guerra franco-prussiana e venne accusato di aver impedito, con le sue economie, un ruolo attivo dell'Italia, cedette fisicamente. Lasciò il dicastero il 7 settembre per non meglio spiegati accessi di follia. Morì suicida nella sua casa di Alba nel gennaio 1872.
