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Guerra chimica - Wikipedia

Guerra chimica

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La guerra chimica è un tipo di guerra non convenzionale ove s'impiega una tipologia di armi di distruzione di massa sia a scopo tattico (limitatamente al campo di battaglia), che strategico (esteso anche alle retrovie ed ai centri di rifornimento del nemico). Questa categoria comprende la guerra chimica vera e propria e la guerra tossicologica (che utilizza prevalentemente veleni di origine biologica).

[modifica] Classificazione degli altri aggressivi chimici

  • CLASSE DEI VESCICATORI (O VESCICANTI): Comprende le mostarde (iprite) e le mostarde azotate (azoiprite), e gli arsenicali (lewisite). I gas-mostarda sono tossici non allo stato nativo, ma unicamente quando, penetrati all'interno delle cellule, subiscono una biotrasformazione, ad opera dei carbo-cationi, per endociclizzazione. Anche le azoipriti svolgono una modesta azione anticolinesterasica, più spiccata per la 2-2'-dicloro-dietil-metil-amina, meno per la tricloro-trietil-amina. Sono questi gli unici aggressivi che, unitamente all'iprite ed ai vescicatori arsenicali esplichino, oltre all'azione di contatto, anche un'azione anticolinesterasica, con manifestazioni prevalentemente muscariniche: scialorrea, nausea, vomito. Va notato che i composti del gruppo dell'yprite attraversano la cute integra allo stato di vapore. Gli agenti vescicanti vennero introdotti (1917) quando entrò in uso presso i vari eserciti la maschera antigas, che rendeva innocui gli agenti soffocanti, quali il fosgene e l'ossido di carbonio. I vescicanti, oltre alle mucose, respiratoria in primis, attaccano anche la cute, provocando estese dermatiti bollose, che sono dolorosissime e difficili da curare. Ovvero, questi aggressivi venendo a contatto con la superficie del corpo, provocano un'irritazione profonda con successiva formazione di vesciche, piaghe, ulcerazioni estese, a causa del blocco proliferativo attuato sullo strato germinativo (lo strato più profondo e vitale) della cute e delle mucose. Inoltre, la dermatite bollosa, la dermatite esfoliativa e la dermatite necrotica sono soggette a complicanze infettive che possono esitare in setticemia, sepsi, gangrena, tutte condizioni, queste, potenzialmente letali. La cute, vista la sua estensione, è molto problematico proteggerla in tutta la sua superficie , se non ricorrendo a pesanti attrezzature (tuta integrale contro la guerra chimica). Gli agenti vescicanti sono modicamente persistenti, per cui se ne può ipotizzare un uso strategico, poiché uccidono in qualche ora, inesorabilmente (letalità a medio termine). Essi possono venir impiegati anche per interdizione di aree (retrovie, centri logistici, nodi di comunicazione, centri abitati, etc.). Nonostante la veneranda età, non sono considerati obsoleti, a differenza dei non - vescicanti (asfissianti). Esistono due sottoclassi differenti di vescicanti, che possiedono modalità d'azione diversa, con grado di tossicità diversa, ma generanti manifestazioni cliniche simili e sovrapponibili.
  • Composti alogenati dell'arsenico (Arsenicali): Tra questi, il più tossico è la Lewisite, un composto di sintesi d'origine anglo-americana. L'arsenico, che rappresenta il principio attivo di tali tossici, presenta un'estrema affinità per le sostanze donatrici d'elettroni (è un composto amfotero, un composto elettrofilo, per lo più), e si lega stabilmente agli atomi di zolfo presente nei gruppi sulfidrilici dei composti organici (proteine, soprattutto). Così facendo, impedisce la formazione del ponte disolfuro, che stabilizza la configurazione spaziale di molte proteine (tale legame si stabilisce tra due aminoacidi cistinici di una stessa proteina), bloccando le reazioni ossidoriduttive enzimatiche che stanno alla base della vita stessa, e sconvolgendo totalmente la struttura superiore (struttura terziaria e quaternaria) di numerosissime proteine altrettanto importanti, come gli anticorpi, per fare un esempio. A differenza delle mostarde, gli arsenicali hanno azione immediata, e le Cloroarsine, hanno azione del tutto sovrapponibile a quella degli arsenicali. La lesione da arsenicali è di tipo "termo-mimetico", e la guarigione è del tutto fisiologica, se la dose assorbita è bassa; la guarigione avviene in circa 15 giorni, mentre le mostarde hanno un tempo di guarigione molto più lungo (30-45 giorni) e, spesso, con pesanti reliquati. L'arsenico è tossico soprattutto sul rene, sul fegato, sul sistema nervoso centrale, e sull'apparato digerente. L'antidoto specifico è il British-Anti-Lewisite (B.A.L.), chimicamente il di-mercapto-propanolo, un falso recettore per l'arsenico (l'arsenico lo scambia per un bersaglio), privo d'ogni importanza metabolica, e, pertanto, non tossico. In pratica, il B.A.L. funge da recettore farmacologico per l'arsenico, così come le proteine sono i recettori di tipo biologico per tale tossico. Siccome molti metalli pesanti presentano un'azione analoga a quella svolta dall'arsenico, il B.A.L. elimina anche loro dall'organismo; esso costituisce un antidoto specifico universale nei confronti dell'avvelenamento da piombo, da mercurio (non nella sua forma metallica che non è tossica, poiché non viene assorbita dall'intestino, ma nella sua forma ionica), da cadmio, etc. Purtroppo anche i preziosi metalli-traccia ed il ferro all'interno dell'organismo vengono eliminati dal B.A.L. poiché esso è un chelante. Nel 1918 fu iniziata la produzione negli USA della Lewisite (2-cloro-vinil-dicloro-arsina), ma la guerra ebbe termine prima che questo aggressivo vescicante fosse impiegato sui campi di battaglia. Il processo originale di preparazione consiste nella addizione il tricloruro d'arsenico all'acetilene in presenza tricloruro d'alluminio come catalizzatore. La lewisite ha un'azione vescicante quattro volte più rapida di quella dell'iprite, ha un effetto tossico generale dovuto alla presenza dell'arsenico, attacca i polmoni profondamente ed è lacrimogena. S'idrolizza facilmente nell'aria umida e su materiali umidi (come i cibi), formando l'ossido della cloro-vinil-arsina, che, ingoiato, distrugge le membrane mucose della bocca e del canale esofago-gastro-enterico; le lesioni a tali organi possono condurre al decesso per emorragia, oppure, cronicizzando, alla genesi di tumori molto maligni. Attraverso gli abiti il tossico penetra nei tessuti, dove produce avvelenamento sistemico, con effetti gravissimi, il più notevole dei quali consiste nell'inattivazione dello enzima Piruvico-ossidasi (a tale scopo sono sufficienti appena 0,5 cmc. di tossico). La Lewisite reagisce con acqua, amine, alcali, ma la rezione più importante avviene con il gruppo sulfidrilico (-SH); tale affinità viene sfruttata dal 2,3-dimercapto-1-propanolo (B.A.L.), il quale forma, con la Lewisite, un composto stabile ciclico e non tossico, facilmente eliminabile, peraltro, dall'organismo. Se il B.A.L. viene somministrato in tempo, esso neutralizza gli effetti del tossico, proteggendo gli enzimi e le proteine tessutari dall'effetto tossico dell'arsenico, essendo l'affinità della Lewisite maggiore per il B.A.L. di quanto non lo sia per i componenti organici. Il B.A.L. s'ottiene dalla condensazione dell'alcool allilico con bromo (glicerol-dibromidina), cui segue un trattamento con solfidrato di sodio sotto pressione, oppure, per idrogenazione del trisolfuro d'idrossi-propilene. Trattasi d'un liquido d'odore pungente e disgustoso (di mercaptano), poco stabile (s'aggiunge benzoato di benzile per aumentarne la stabilità), ed è notevolmente tossico. Dev'essere somministrato per via intramuscolare a dosi di 2-5 mg / Kg di peso corporeo, ed i primi sintomi tossici compaiono già per 4 mg / Kg di peso corporeo. A causa di queste caratteristiche negative sono state compiute ricerche al fine d'ottenere derivati solubili in acqua non tossici, che potessero rilasciare il principio attivo dell'antidoto in situ. Questi lavori culminarono con la scoperta d'un composto che soddisfaceva tali requisiti, il B.A.L.-O-GLUCOSIDE, così poco pericoloso da esser iniettabile endovena.
  • CLASSE DEGLI AGGRESSIVI ENZIMATICI ED EMATOLOGICI: Appartengono a questa categoria veleni noti dall'alba dei tempi: il monossido di carbonio (C=O) e l'acido cianidrico unitamente ai propri sali (cianuri).
  • Monossido di carbonio: Èun gas ad azione subdola, essendo incolore, inodore, insapore; il soggetto non lo avverte, se non quando è ormai tardi (si presentano emicrania, tachicardia, astenia, visione confusa e progressivamente difficile, perdita di coscienza). Si sprigiona ogni qual volta materiale organico brucia in carenza d'ossigeno ( C=O ), perché normalmente, in presenza di quantitativi adeguati d'ossigeno, si forma biossido di carbonio, od anidride carbonica ( O=C=O ), notevolmente meno tossica. Il tossico agisce legandosi saldamente all'emoglobina (carbossiemoglobina, CO-Hb), essendo migliaia di volte più affine a questa molecola dell'ossigeno, che costituisce il fisiologico substrato. Ciò significa che, anche una sola molecola d'ossido di carbonio presente nell'ambiente, si lega istantaneamente all'emoglobina, rendendola inservibile a trasportare ossigeno. Infatti, il tossico agisce sottraendo, ad ogni inspirazione del soggetto, una quota fissa d'emoglobina all'ossigeno, cosicché, nel tempo, si verifica un effetto addizionale: quando gran parte dell'emoglobina è stata inattivata (il globulo rosso impiega circa 120 giorni a produrne di nuova), ed è stata superata la riserva fisiologica disponibile di tale molecola, si manifestano i sintomi asfittici a carico dei tessuti. È da sottolineare che, normalmente, la distruzione stessa dell'emoglobina invecchiata da parte del fegato produce una esigua aliquota di monossido di carbonio, che, però, è ben inferiore alla dose tossica. Il gas è più pesante dell'aria, pertanto in ambienti chiusi o non aereati, si stratifica in basso. Per allontanarlo è sufficiente l'aereazione del locale. I princìpi d'avvelenamento (fino alla perdita di coscienza) possono essere reversibili, ma occorre tempismo nel portare il soggetto intossicato sotto la tenda ad ossigeno (una attrezzatura presente al pronto soccorso degli ospedali, dove l'ossigeno fluisce sotto pressione), od - alternativamente - in una camera iperbarica, dove l'elevata pressione dell'aria in essa contenuta consente una diffusione dell'ossigeno direttamente nel plasma, in grado da solo di ossigenare i tessuti in assenza di emoglobina (l'emoglobina, fisiologicamente, lega il 97 % dell'ossigeno indispensabile all'organismo perché alla pressione atmosferica usuale (1 atm.) l'ossigeno risulta poco solubile nell'acqua di cui è composto il plasma; a pressioni atmosferiche elevate, invece, l'ossigeno ha sufficiente capacità di discioglimento in acqua. Questo gas non ha importanza bellica, perché troppo poco persistente in ambienti aperti, dove non raggiunge la dose tossica essenziale allo scopo.
  • Acido Cianidrico e suoi sali(Cianuri di sodio e di potassio): Queste sostanze agiscono con lo stesso metodo, avvelenando il mitocondrio, il compartimento intracellulare deputato alla produzione d'energia dalla respirazione (catabolismo ossidativo) degli alimenti. Essi agiscono ad un livello successivo, rispetto al monossido di carbonio, nella catena di trasporto-utilizzo dell'ossigeno, seppure anche l'emoglobina venga avvelenata dall'acido cianidrico e dai suoi sali derivati:

L'impiego bellico dell'acido cianidrico è impossibile, perché valgono le medesime limitazioni del monossido di carbonio, essendo un gas troppo volatile e fin troppo riconoscibile (possiede un caratteristico odore di mandorle amare), per cui, a questo scopo, si preferisce l'acido cianogeno, che è molto meno volatile e libera il gruppo tossico ( -CN ) molto lentamente. I cianuri, essendo sali ottimamente idrosolubili, possono esser impiegati, invece, allo scopo di avvelenare riserve idriche ed acquedotti. Il gruppo -CN tende spontaneamente a cedere un doppietto elettronico, presente sull'azoto, ad ioni metallici, in special modo a quelli bivalenti; tale gruppo chimico mostra, perciò, una spiccata affinità per tutti gli ioni metallici, ed in special modo per lo ione ferro, poiché gli ioni metallici sono squisitamente accettori d'elettroni. Nel caso in questione, lo ione ferro, di cui è ricco lo organismo, mostrando la sopracitata tendenza, accetta preferibilmente il doppietto elettronico dal gruppo -CN, anziché dall' ossigeno, col tragico risultato che questo gas vitale resta inutilizato, ed il soggetto colpito muore letteralmente asfissiato in breve tempo; infatti, è noto che l'avvelenamento da cianogeni presenta una tipica sintomatologia, ovvero spasmodica iperventilazione ("fame d'aria"), convulsioni, cianosi diffusa (a differenza dallo avvelenamento da monossido di carbonio, dove il soggetto colpito presenta un caratteristico colorito rubicondo). Il bersaglio d'azione del tossico è la catena respiratoria mitocondriale, composta dai citocromi (ferro-proteine in cui il ferro è trivalente, o "ferrico", anziché bivalente, o "ferroso", come nell' emoglobina); essi assumono, così, elettroni sia dall'ossigeno, che dal cianogeno, ma questo ultimo sottrae un'importante aliquota di citocromi alla loro fisiologica funzione di ossidare i cataboliti per produrre energia; il risultato finale è che la cellula non riceve sufficiente energia per poter continuare i suoi processi vitali. Il gruppo -CN non raggiunge l'emoglobina poiché non è liposolubile, essendo lo ione ferro di quest'ultima sito in una "tasca" altamente idrofobica, ricavata dalla struttura terziaria della proteina (a contatto con lo ione ferro ci sono aminoacidi apolari idrofobici). L'affinità mostrata dal complesso Fe-CN è troppo grande rispetto all' omologa che s'instaura tra ferro ed ossigeno perché l'ossigeno possa spiazzare il tossico; il legame con il tossico risulta, così, praticamente irreversibile. La mancanza di comburente per un tessuto, come quello nervoso, che può soltanto utilizzare un metabolismo di tipo ossidativo per vivere, fa entrare sùbito in azione la reazione d'allarme del sistema nervoso centrale, con la tipica sensazione di "fame d'aria". Così come per il monossido di carbonio, la natura ha permesso all'organismo di metabolizzare e d'inattivare anche il gruppo cianogeno, purché presente in modeste dosi. Per il monossido di carbonio e per il gruppo cianogeno non vale appieno la legge d'Haber, perché la DL 50 è variabile (variabilità biologico-genetica) da soggetto a soggetto. Inoltre, il tempo di sopravvivenza è molto lungo, e, come precedentemente detto, minime dosi non sono affatto tossiche. La terapia in caso d'avvelenamento da cianogeni si basa su un antidoto ubiquitario: l'emoglobina. Essa può fungere da falso bersaglio per il tossico ("falso recettore"), purché lo ione ferro venga ossidato da ferroso (bivalente) a ferrico (trivalente); ciò è ottenibile con la assunzione di agenti metaemoglobinizzanti (Met-Hb), come il nitrito, od alcuni additivi chimici presenti negli alimenti come antiossidanti od antifermentanti (nelle bevande). Si può giungere fino a trasformare metà del patrimonio emoglobinico normale in ciano-ß-emoglobina (cianoemoglobina o metemoglobina) senza che lo organismo ne soffra; però, non si può giungere a tali livelli, in quanto gli eritrociti contenenti la meta-emoglobina vengono lisati (distrutti) facilmente nella milza, ed il tossico, tornando in circolo, inevitabilmente, colpirebbe il suo bersaglio. Così si utilizza un tiosolfato od un iposolfito, che, reagendo col tossico, sostituiscono il gruppo -CN con lo zolfo, formando un composto idrosolubile, il tiocianato, non eccessivamente tossico, ed eliminabile per via renale con le urine.

  • Acido Fluoro-acetico (Fluoroacetato): Non è usato come aggressivo chimico, pur possedendo un'efficacia (letalità) elevatissima. Non è, infatti, dotato d'una caratteristica fondamentale, d'un antidoto. Agisce come un falso metabolita, come gli organofosforici e come l'alfa-metil-dopa, ingannando un enzima del ciclo di Krebs (il ciclo degli acidi tricarbossilici, ciclo di reazioni enzimatiche che conducono alla ossidazione totale dei metaboliti in acqua, biossido di carbonio, ed energia, che si svolgono nei mitocondri intracellulari). Esso viene accettato come se si trattasse dell'acetato, il vero metabolita, ingannando l'enzima ed inattivandolo perennemente. Si ha, così, il blocco totale ed irreversibile del ciclo di Krebs, e la cellula muore per l'impossibilità di produrre energia. L'avvelenamento conduce ad una drammatica ed immediata sintomatologia neuro-cardiaca (tachicardia con cardiopalmo, dolore toracico intenso, emicranie, confusione mentale, svenimento); il decesso avviene in pochi minuti. Non siste terapia (ed è questo il principale ostacolo al suo impiego bellico). Infatti, soltanto dosi massicce del vero metabolita (acetato) possono salvare l'avvelenato, spiazzando il tossico dall'enzima; ma l'acetato, se viene somministrato a tali dosi, provoca acidosi ematica immediata e letale.
  • CLASSE DEI GAS ASFISSIANTI (O SOFFOCANTI): Si tratta di sostanze ormai obsolete, dal momento che penetrano soltanto attraverso le vie respiratorie, e sono facilmente neutralizzate dalle più comuni maschere antigas. Sono tutti irritanti delle vie respiratorie; attaccano le vie respiratorie, in particolare il setto interalveolare e gli alveoli polmonari, causando edemi polmonari massivi, che risultano letali. Vengono disseminati sotto forma di vapori, e sono considerati gas d'attacco, perché hanno scarsa persistenza, e permettono, così, la conquista di trincee, casematte, postazioni, etc. Il decesso si verifica in poche ore: il tossico attacca le mucose respiratorie in modo corrosivo; la risposta flogistica (infiammatoria) locale delle mucose si estrinseca come edema che impedisce la respirazione. Infatti, l'edema bronchiale e l'edema della glottide (laringe) con connesso spasmo muscolare provoca un quadro simil-asmatico, che impedisce fisicamente l'ingresso dell'aria nei polmoni. A ciò s'associa l'edema del setto interalveolare, che sfocia, superata la capacità del tessuto connettivo di cui è composto di legare acqua, in edema alveolare, dove la acqua, libera, si riversa negli spazi alveolari impedendo all'ossigeno di fluire verso il sangue, e d'ossigenare, così, i tessuti. Furono questi i primi aggressivi chimici utilizzati (per la precisione dai Francesi, non dai Tedeschi, come comunemente si crede ed erroneamente riportato in alcuni libri). Il primo attacco fu sferrato il 22•4•1915, con l'impiego di cloro e di fosgene, lasciati affluire da bombole lungo tutta la zona del fronte dove la direzione del vento era favorevole. L'uso, fatto in seguito, di bombe e di proiettili di artiglieria adatti per notevoli quantitativi di tossici chimici, e l'impiego di sempre nuove sostanze resero i gas d'attacco un'arma strategica di notevole insidiosità, e di possibile supremazia, ma molto pericolosa (era sufficiente una repentina inversione della direzione del vento per sospingere al mittente il tossico, con le prevedibili conseguenze).
  • Alogeni semplici biatomici (iodio, cloro, fluoro): Questi gas biatomici furono i primi (e più semplici) tossici sperimentati in un conflitto; il cloro fu il più usato. Essi aggrediscono le prime vie respiratorie (non raggiungono gli alveoli polmonari), causando un'immediata irritazione, con sensazione di soffocamento. Vennero sostituiti dal fosgene, che è sei volte più tossico.
  • Cloropicrina (Nitrocloroformio): È chimicamente il tricloro-nitro-metano, un liquido incolore, dall'odore molto pungente, ed altamente lacrimogeno. Si prepara facendo agire il cloruro di calce sull'acido picrico, da cui il nome dato al tossico. Fu utilizzato come lacrimogeno nel corso della prima guerra mondiale. Si rivela tossico se inalato se inalato per 10' alla concentrazione di 2 mg. per litro. È altresì impiegato in qualità d'insetticida fumigante contro gli insetti dei granai e del terreno.
  • Fosgenici (Fosgene, Difosgene): Hanno i medesimi effetti fisiologici, letali. Il fosgene si può spontaneamente formare a partire dal cloroformio, qualora venga esposto alla luce e lasciato a contatto con l'ossigeno atmosferico (il cloroformio è commercializzato in flaconi ambrati, di color scuro, per proteggerlo dalla luce, ed i flaconi vanno sùbito richiusi dopo l'uso). Qualche volta il primo contatto irrita le vie respiratorie, ma questo effetto generalmente passa con le successive inalazioni; parecchie ore dopo, s'instaura un edema polmonare, ed il decesso sopraggiunge per soffocamento. La loro bassa tossicità e la difficoltà di maneggiarli a causa del basso punto d'ebolizzione furono la causa della loro eliminazione come aggressivi chimici di guerra. Come per tutti gli altri irritanti respiratori ci si protegge facilmente ed integralmente con le moderne maschere antigas.

[modifica] Guerra Tossicologica

Un capitolo a parte, ed un breve excursus merita il capitolo della guerra tossicologica (ex - batteriologica). A parità di peso, le armi tossicologiche sono da 150 a 200 volte più efficaci di quelle chimiche: ne bastano pochi grammi per provocare effetti letali sull'organismo. Gli agenti tossici (tossine)possono essere caricate in bombe ed in proiettili d'artiglieria, e possono, così, essere letali nei seguenti casi:

  • Per Inalazione (come nel caso delle micotossine o del carbonchio).
  • Per Irrorazione sui viveri e nelle acque (come nel caso dell' LSD e delle botulotossine).
  • Per Contaminazione delle schegge dovute all'esplosione delle bombe e dei proiettili (come nel caso della tetanotossina e della tossina della gangrena gassosa), specialmente se caricati nelle bombe del tipo "a frammentazione", od in quelle "a saturazione-diffusione".

Si tratta di prodotti del metabolismo batterico, fungigno, algale e vegetale. Tutti questi veleni possono esser dispersi nell'ambiente in vari modi, e sembra, addirittura, possibile fabbricare missili intercontinentali a testata tossica. Per la facilità di produzione, queste armi di genocidio vengono comunemente chiamate "l'atomica dei poveri".

  • Fra i batteri, uno dei più terribili e micidiali è il carbonchio: provoca una malattia che, in genere colpisce gli animali, ma che occasionalmente può contagiare l'uomo attraverso l'inalazione di spore, provocando una polmonite rapidamente mortale. Le spore hanno il vantaggio di persistere (anche millenni) e di resistere a lungo nell'ambiente esterno. Sono praticamente eterne (vengono distrutte ad una temperatura di 121° C per il tempo di 15 minuti ad un'atmosfera di pressione: tutte condizioni ben lontane da quelle ambientali). Oltre alla loro elevata resistenza agli agenti esterni, le spore possono essere nebulizzate in aerosol, attraverso speciali proiettili.
  • I microorganismi del tifo (Salmonella typhi) e del colera (Vibrio cholerae), batteri, ed i microrganismi della poliomielite (Poliovirus) e dell'epatite (Hepatovirus) possono esser dispersi nell'ambiente, provocando gravissime forme cliniche, quali gastroenteriti, epatiti, paralisi motoria. Potrebbero essere utilizzati per l'avvelenamento di grossi quantitativi di derrate alimentari e dei bacini d'approvvigionamento idrico. Il loro campo elettivo d'applicazione è costituito dal bombardamento delle retrovie, il che causerebbe la completa paralisi del rifornimento alle prime linee. Qualora venissero, invece, usate contro le prime linee, causerebbero il caos più totale nello sgombero dei colpiti. C'è, tuttavia, da sperare che almeno queste armi non vengano usate in alcuna circostanza, in quanto un'epidemia di questo tipo potrebbe essere assai difficilmente controllabile e ritorcersi in ogni momento contro gli stessi utilizzatori effetto "boomerang").
  • Più pericolose ancòra sono altre tossine; la tossina botulinica provoca paralisi flaccida nella muscolatura volontaria scheletrica, così come la tossina tetanica provoca la paralisi spastica della medesima muscolatura. La prima agisce se somministrata per via orale; la seconda per via iniettiva. In entrambi i casi la morte sopraggiunge per asfissia da paralisi della muscolatura respiratoria, in uno stato perfettamente mantenuto di coscienza. Queste tossine vengono oggigiorno prodotte in quantitativi industriali grazie alle tecniche d'ingegneria genetica e di biologia molecolare: con soli 30 grammi di questi veleni, se "sapientemente" somministrati, si potrebbe spazzar via tutta l'umanità dalla faccia della terra. L'unico inconveniente è che queste tossine sono termolabili, vengono inattivate, cioè, dal calore.
  • Micidiale è anche l'effetto del Fusarium, una tossina che, prodotta da un fungo microscopico, agisce in concentrazioni minime. Diffusa nell'area-bersaglio in forma di polvere finissima, la cosiddetta "pioggia gialla", viene inalata e sviluppa rapidamente un'azione necrotizzante sulla cute fe sulle mucose, emorragica sull'apparato digerente e su quello respiratorio, tossica per il fegato e per il rene (ne conseguono il blocco della funzionalità epatica e della funzionalità renale). Anche il midollo osseo ematopoietico viene depresso, con risultati simili a quelli ottenuti con le radiazioni ionizzanti.
  • Discorso analogo vale per le tossine dei funghi del genere Amanita e Cortellarius. Le tossine amanitina e falloidina sono letali in quanto inibiscono il Fattore 2 d'allungamento (EF-2) della sintesi proteica ribosomiale. Il blocco del ribosoma (r-RNA) produce il blocco della sintesi proteica e la morte della cellula. Rene, fegato ed intestino vengono devastati dall'azione delle tossine dell'Amanita phalloides, dell'Amanita verna e dell'Amanita virosa. Letale è anche l'azione della tossina del Cortinarius orellanus. Tutte queste tossine risultano termostabili, ovvero non si degradano col calore durante la cottura dei cibi, per cui mantengono invariato il loro potere tossico. Va detto che non tutti i mammiferi e non tutti gli animali in genere sono intossicati da queste tossine. Ad esempio, vermi, lumache, ed alcuni roditori pare siano immuni. Per l'uomo, la dose tossica di queste tossine è pari ad 1 mg di veleno per ogni kg corporeo ed a nulla vale la lavanda gastrica. Poiché esse passano indenni la barriera offerta dal succo gastrico, esse non suscitano il riflesso del vomito, non inducono senso di nausea ed agiscono appena dopo aver sùbito l'assorbimento intestinale. Riversate nel sangue dopo 48 - 72 ore dall'ingestione, a questo punto, l'unico presidio efficace, purché attuato in tempo, è la completa plasmaferesi dell'organismo.

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