Lettera a Francesco Vettori
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La lettera a Francesco Vettori è una lettera datata 10 dicembre 1513 indirizzata da Niccolò Machiavelli a Francesco Vettori, suo amico, durante il periodo d'esilio a San Casciano. In essa l'autore si propone di raccontare la propria giornata all'amico e annuncia l'imminente pubblicazione del proprio nuovo trattatello: Il Principe, che egli dedicherà alla famiglia De Medici, con lo scopo di ritornare a far parte della vita politica fiorentina.
Indice |
[modifica] Introduzione
Dopo aver ringraziato l'amico della risposta alla propria lettera, arrivata dopo un periodo di tempo più lungo del previsto, l'autore pone tre affermazioni:
- Una riguardo all'argomento della lettera, che presenterà una descrizione della sua giornata.
- Una a dimostrazione del “pessimismo antropologico” .
- Una riguardo alla fortuna, che non va contrastata nei momenti in cui agisce, ma è necessario
aspettare i momenti in cui lascerà più spazio alla virtù dell'uomo. (come affermerà anche nel cap. XXV de "Il Principe").
Machiavelli risulta in questo passo pessimista sulla propria condizione, impossibile, “per il momento”, da riscattare. In essa non può contare sull'aiuto dell'uomo, da sempre visto come malvagio.
[modifica] Descrizione della giornata
La giornata dell'autore si divide nettamente in due parti. Durante il giorno, immedesimandosi con la plebaglia locale, diventa anch'esso uomo di poco conto. Alla sera, rielaborando le esperienze del giorno e rivolgendosi ai propri amati classici, getta le basi per la propria opera politica, in una sorta di rituale che lo vede "spogliarsi" degli abiti mondani, per indossare quelli curiali e nobili adatti a una lettura colta e umanistica
[modifica] Dal mattino al tardo pomeriggio
- Si reca nel proprio bosco, dove passa il tempo con alcuni taglialegna, con i quali nascono spesso delle dispute riguardo a vili questioni economiche e traffico di legna. Machiavelli controlla attentamente il loro operato
- Recandosi ad una fonte, porta con sé un libro di Dante, Petrarca o storici latini, che presentano in veste celata quello che avverrà dopo nell'arco della giornata. Indicano in qualche modo che l'autore non si trova nei boschi insieme alla plebe per caso, ma per arricchire la propria “esperienza di vita” che lo aiuta alla redazione della propria opera
- Mangia insieme alla propria famiglia un pasto modesto, adeguato alla propria condizione economica
- Passa il pomeriggio a giocare a carte, dove si immedesima completamente nel carattere dei giocatori d'azzardo, diventando anche lui canaglia, e scorretto per il guadagno di qualche soldo. Incontra persone di varia specie, delle quali studia i comportamenti, per arricchire la sua visione della realtà. Si è voluto vedere in questo giocare a carte, una riproduzione in piccola scala della vita politica, in cui Machiavelli, attraverso tattica e strategia talvolta scorretta cerca di guadagnare qualcosa. Al contrario del vero ambiente politico, l'autore si trova davanti dei "pitocchi", ovvero dei malandati mendicanti, non certo degni della sua intelligenza politica
A tal punto riflette riguardo alla propria condizione di vita dal mattino al calar del sole. Essa potrebbe, come già detto ingannare ed essere vista come una vile resa davanti alle avversità della vita. Machiavelli, abituato ad alti incarichi nella vita politica del suo tempo costretto a passare le proprie giornate in un'osteria di basso livello.
La sua è, in realtà, una sfida verso la fortuna, che vedendolo in una condizione così povera non si aspetta che un giorno egli potrà riscattarsi ritornando al posto che gli spetta. Ciò che l'autore vuole creare è un effetto di contrasto, dove il proprio ruolo non è passivo, bensì attivo.
Nelle azioni di basso livello è sempre attiva la riflessione di uno scrittore, che coglie dalla realtà più bassa, le caratteristiche dell'uomo del quale deve elaborare teorie alte e universali.
[modifica] Alla sera
Alla sera rientra in casa e, racchiuso nel proprio intimo, riordina le idee riguardo a cosa ha potuto imparare durante la giornata, prendendo però le distanze dal mondo volgare e “fangoso” nel quale è rimasto “invischiato per tutto il dì. Per contro si dedica allo studio dei propri classici, e nello specifico degli storici latini, per lui utili alla redazione dell'opera: Il Principe.
Anche da essi cerca di trarre l'”esperienza” per ricavare le leggi che determinano il funzionamento della vita politica odierna. Secondo l'autore, infatti, si può cercare ovunque, indipendentemente dal rango sociale o dal periodo storico, perché l'uomo non cambia le proprie attitudini, rimanendo costante nel tempo. Come si è immedesimato nei “pidocchi” dell'osteria si “trasferisce” negli autori serali.
Del cambiamento della caratterizzazione dell'autore nell'arco della giornata è anche testimone la lingua, che si arricchisce, diventando da popolare e volgare, colta e ricca di latinismi, adatta a trattare argomenti più elevati. L'autore sa adattare lo stile agli argomenti trattati. Anche nel Principe, trattatelo di scopo didattico, utilizza a proposito un linguaggio pragmatico, ricco di sillogismi, deduzioni lineari, e poco attento all'eleganza dello stile.
Si rivela in maniera totalmente esplicita il carattere umanista dell'autore, studioso delle humanae litterae, ma che sa, in aggiunta, studiare anche la realtà che lo circonda, per avere una visione completa.
Machiavelli si trasferisce in un'altra dimensione, immune dagli svantaggi della propria vita attuale, proiettata nel passato della gloria degli antichi.
[modifica] Riflessione sulla propria condizione
Nella sequenza successiva Machiavelli si presenta come osservatore freddo e razionale della realtà effettiva che lo circonda, e lo costringe in una situazione di degrado rispetto al proprio glorioso passato. Nonostante la sua intenzione sia quella di recarsi a Roma non può, in quando cause di forza maggiore lo danneggerebbero più di quanto non lo è adesso nel proprio esilio.
Il freddo ragionamento si scioglie soltanto in una frase che indica il proprio voler, anche ripartendo da zero, rimettersi al servizio della famiglia dei Medici, per ripristinare pian piano il proprio valore, dimostrandolo sul campo.
Il primo modo di dimostrarlo è appunto inviare questo trattato, dedicato a Giuliano De Medici, che mostri a lui e a tutta la sua famiglia come amministrare uno stato, ma soprattutto dimostri che il periodo passato in esilio è stato produttivo e non sprecato. Ogni momento della sua esistenza, anche il più futile era indirizzato alla realizzazione di un piano per un riscatto sociale e personale, al quale Machiavelli, da uomo attivo, non può sottrarsi.