Mario Amato
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Mario Amato (Rovereto, 1938 - Roma, 23 giugno 1980) fu un magistrato italiano assassinato dai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), per mano di Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini, a causa delle sue serrate (quanto solitarie) indagini espletate nell'ambito del suo lavoro di sostituto procuratore della Repubblica di Roma.
Dal settembre del 1971 a metà 1977, Mario Amato fu Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Rovereto e, il 30 giugno di quello stesso anno, era trasferito presso la Procura della Repubblica di Roma con la stessa qualifica.
Incaricato dal Procuratore Generale Giovanni de Matteo di riprendere le indagini avviate dal magistrato Vittorio Occorsio - ucciso mentre indagava sulla destra eversiva e su Pierluigi Concutelli che lo abbatterà a colpi di mitra - Amato ebbe la promessa (mai mantenuta) di essere affiancato da uno o due altri colleghi. In una Procura della Repubblica, che sarà poi chiamata, riprendendo un'opera di Georges Simenon, Il porto delle nebbie (in cui tra l'altro operava il suo collega Antonio Alibrandi, padre del terrorista pluriomicida Alessandro, più tardi caduto sotto i colpi delle forze dell'ordine), Amato era destinato ad entrare presto nel mirino della destra eversiva e terroristica.
Il «terrorismo nero» fu da lui perciò indagato nella più sconsolante solitudine e solo rimase fino alla mattinata del 23 giugno 1980. Ricevuto un diniego per l'uso di una vettura blindata, per le "difficoltà" di fargli arrivare alle 8,00 del mattino uno degli autisti (che entravano in servizio solo alle 9,00), Amato non ebbe modo di giungere in tutta sicurezza nel suo ufficio alla Procura di Roma, in Piazzale Clodio. Mentre attendeva un autobus, il sostituto procuratore fu raggiunto alle spalle da Cavallini che gli esplose alla nuca un colpo di rivoltella fatale, per poi fuggire con una motocicletta che lo aspettava, alla cui guida era il "camerata" Ciavardini.
La stampa che sollecitamente giunse sul luogo dell'ennesimo omicidio di un magistrato - in anni in cui operavano anche le Brigate Rosse e altre organizzazioni terroristiche di sinistra e di destra - si soffermò alquanto impietosamente sulle suole logore delle scarpe del magistrato, simbolo di un umile quanto solerte e intelligente servitore dello Stato.
Alla notizia dell'avvenuto assassinio, il pluriomicida (più tardi pentito) Giusva Fioravanti e Francesca Mambro festeggiarono, secondo le loro stesse dichiarazioni, consumando ostriche e brindando con lo champagne.
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Puntata televisiva de La storia siamo noi di Giovanni Minoli, dedicata a Mario Amato
