Riserva di Monte Arcosu
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Tipo di area: | Riserva naturale |
Codifica EUAP: | EUAP0469 |
Regioni: | ![]() |
Province: | Cagliari, Carbonia e Iglesias |
Comuni: | Assemini, Capoterra, Uta |
Provvedimenti istitutivi: | Compravendita 23-10-85 - D.A.R. 1240, 15-11-88 - D.M. 20-10-1992 |
Superficie a terra: | 3600 ha |
Gestore: | Associazione di protezione ambientale WWF Italia |
Sito istituzionale |
La Riserva di Monte Arcosu o Oasi di Monte Arcosu, è un'area di proprietà del WWF Italia. Il primo lotto, di circa 3000 ettari, fu acquistato nel 1985 e ampliato nel 1996 con l'acquisizione di altri 600 ha. La finalità della riserva è quella di tutelare il Cervo sardo e il suo habitat naturale.
Indice |
[modifica] Ubicazione
La riserva è ubicata in Sardegna, a poche decine di chilometri da Cagliari, in corrispondenza del versante nord orientale del massiccio del Sulcis.
La riserva è raggiungibile dalla strada consortile della zona industriale di Macchiareddu-Grogastu, proseguendo per la provinciale Capoterra-Santadi. Il bivio per la riserva è situato 500 metri dopo la località di Santa Lucia (Uta).
[modifica] Territorio
L'area originaria corrisponde in gran parte al bacino del Rio Guttureddu, un affluente del Rio Gutturu Mannu, delimitata ad ovest dalla serie di vette granitiche che si estende in direzione Nord Sud dal Monte Arcosu al Monte Lattias. L'area di seconda acquisizione si estende come una lingua a partire dal versante occidentale del Monte Lattias in direzione Nord Ovest.
La riserva, il cui confine meridionale si estende lungo la strada provinciale che collega i centri di Capoterra e Santadi, ha il suo naturale proseguimento con la Foresta demaniale di Gutturu Mannu di proprietà dell'Ente Foreste della Sardegna.
La morfologia del territorio rispecchia quella caratteristica delle montagne del Sulcis: è alquanto accidentato e selvaggio, ricoperto da una fitta vegetazione costituita da macchia mediterranea e lecceta secondaria (macchia-foresta). L'area della riserva è interessata da alcune strette valli parallele alla gola di Gutturu Mannu, con un gradiente di altezza che passa dai 100-200 metri ai 900-1000 metri in circa 10 km.
[modifica] Peculiarità ambientali
Oltre al Cervo sardo la riserva ospita quasi tutte le specie tipiche della fauna del Parco del Sulcis. Nella vegetazione sono state censite oltre 500 specie vegetali, di cui 46 endemiche.
Dal punto di vista paesaggistico è suggestiva la parete granitica del Monte Lattias, che domina la valle del Guttureddu in cui è situato uno dei due centri visite.
All'interno della riserva sono presenti due centri visite e una foresteria, itinerari naturalistici con sentieri differenziati per grado di difficoltà.
[modifica] Vicende storiche
La storia della riserva di Monte Arcosu è legata a quella del Cervo sardo e va inquadrata in un contesto che è il risultato di oltre un secolo di degrado ambientale del territorio e che ne ha minacciato l'estinzione. L'originario areale del cervo comprendeva gran parte dei territori della Sardegna e della Corsica. Nel corso degli ultimi secoli i disboscamenti e la caccia hanno ristretto inesorabilmente l'areale. Nonostante il divieto assoluto di caccia al cervo vigente dal 1939, nel corso del XX secolo la popolazione è andata progressivamente in diminuzione. Negli anni '50 l'areale era ridotto a tre siti corrispondenti alla macchia-foresta dei massicci della Sardegna meridionale (Monte Linas, Sarrabus e Sulcis). Alla fine degli anni '60 la popolazione era confinata nel territorio impervio che si estendeva da Monte Arcosu a Is Cannoneris nel settore centrale e occidentale del massiccio del Sulcis. L'allevamento nei recinti e i tentativi di ripopolamento operati dall'Azienda Foreste Demaniali della Sardegna si sono rivelati efficaci solo in parte di fronte alla minaccia d'estinzione che incombeva a causa della pressione antropica sull'ecosistema delle foreste del Sulcis e del bracconaggio: nella metà degli anni '80 il primo censimento attendibile stimò una consistenza di meno di 300 esemplari.
Pur essendo completamente spopolato, il territorio montano del Sulcis era soggetto ad una forte pressione antropica sotto diversi aspetti: allevamento caprino estensivo, taglio del bosco, raccolta di funghi, uccellagione, bracconaggio. Il bracconaggio, piaga non ancora debellata, si attuava in questo territorio anche a spese dei grandi mammiferi, con la caccia di frodo (cinghiale) e con i lacci (cinghiale e cervo). Questi ultimi consistono in lacci in cavo d'acciaio tesi lungo i passaggi e che in genere provocano la morte per strangolamento. La pratica del bracconaggio è favorita dalla particolare morfologia del territorio, costituita da un labirinto di gole e clinali impervi ricoperti da una fitta macchia che rende impossibile il controllo a distanza. Fino agli anni '80 gli organici del Corpo Forestale erano tali da non permettere un controllo capillare del territorio, soprattutto nelle aree non occupate dalle foreste demaniali.
L'azione del WWF Italia s'inserisce in questo contesto con la raccolta di fondi destinati all'acquisizione di un'area destinata ad ospitare e proteggere il Cervo sardo. Per l'acquisizione dell'area era necessaria una somma di circa 600 milioni di lire pari a due terzi del fatturato annuo del WWF Italia. Iniziò pertanto una massiccia campagna di sensibilizzazione attraverso la stampa, la televisione, l'editoria giovanile, le scuole. L'efficacia dell'impatto fu tale da realizzare una sottoscrizione di portata storica alla quale contribuirono i privati cittadini e l'Unione Europea fino a superare l'importo necessario per l'acquisizione dell'area.
Nel 1985 venne istituita la riserva senza il preventivo avallo delle amministrazioni locali. L'iniziativa incontrava resistenza e diffidenza in una parte della popolazione che vedeva minacciate consuetudini ormai radicate da epoche remote. Durante la fase di acquisizione ci furono manifestazioni di opposizione nei comuni di Capoterra e Uta soprattutto dietro la pressione della lobby venatoria. Il WWF scelse inizialmente un'approccio morbido allo scopo di giungere ad una condivisione d'intenti con la popolazione dei centri limitrofi. In particolare autorizzò il proseguimento dell'esercizio della pastorizia agli allevamenti caprini che insistevano all'interno del territorio della riserva e tollerò ufficiosamente la pratica dell'uccellagione, attività illegale esercitata in modo massiccio in quel territorio. L'obiettivo primario era quello della protezione totale nei confronti dei grandi mammiferi.
Nonostante i tentativi di compromesso, la minaccia dei bracconieri contro il cinghiale sardo e il cervo sardo persiste a livelli d'emergenza: ogni anno le guardie volontarie del WWF rimuovono migliaia di lacci. Questo è il principale motivo che ha portato, in un secondo momento, ad una inversione di tendenza da parte dell'associazione con l'adozione di una gestione più restrittiva. Attualmente è vietato l'esercizio di attività economiche estranee agli interessi del WWF, ivi compreso l'allevamento estensivo e, a maggior ragione, l'esercizio di qualsiasi attività venatoria legale o meno.
Nel 1988 venne formalizzato lo status giuridico di area protetta a gestione privata con un apposito provvedimento legislativo.
Nel 1996 venne acquisito un lotto aggiuntivo di 600 ettari che si estende in direzione nord-ovest a partire dal versante occidentale del Monte Lattias.
L'importanza strategica della riserva è documentata dal successo ottenuto nel ripopolamento del Cervo sardo: nel 1985 la popolazione censita nella riserva era di 80 esemplari, nell'ultimo censimento (2005) è stata stimata una popolazione di 1000 capi che si sommano ad oltre 1500 capi distribuiti nelle foreste demaniali adiacenti.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
Sito ufficiale del WWF Italia
Sito ufficiale della Riserva Naturale WWF di Monte Arcosu (approfondimenti, documentazione fotografica)
Documenti di attualità riguardanti il Cervo Sardo
Parchi nazionali · Parchi regionali · Riserve statali · Riserve regionali · Zone umide · Aree marine · Altre aree