Riserva monetaria
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La riserva monetaria è la quantità di metallo o altro bene che l'emittente di moneta deve tenere come garanzia delle banconote stampate.
Solitamente la riserva è aurea poiché l'oro ha un alto valore per poco ingombro ed è un materiale non deperibile (non si ossida nel tempo). Inoltre, è facilmente monetizzabile; nel passato, dalle riserve d'oro potevano essere direttamente coniate monete. Per queste caratteristiche che lo rendono facilmente stoccabile e convertibile in denaro, è adatto ad essere la riserva delle monete nazionali.
Il metallo di riserva può essere direttamente usato per coniare monete, che assumono così un valore intrinseco e tangibile, oppure essere conservato in lingotti presso i caveu della Banca Centrale. In entrambi i casi (coniazione sulle monete o stoccaggio della riserva in lingotti) è difficile verificare la consistenza e la purezza del metallo: che non si tratti cioè di oro arricchito con rame (il cosiddetto "oro di Napoli") o di platino galvanizzato con oro.
In generale la riserva deve essere un bene di valore pari alla moneta che viene stampata. Se il controvalore della riserva è solo una percentuale della moneta emessa, avviene la svalutazione, che costituisce un guadagno per l'emittente. La svalutazione è un trasferimento di ricchezza dagli utilizzatori all'emittente della moneta.
In generale, la riserva può essere formata da qualunque metallo: ad esempio, Kennedy autorizzò la coniazione di monete garantite da argento.
[modifica] Cambio fra monete a riserva coniata o tesaurizzata in lingotti
A fronte di un deposito delle riserve non immesse direttamente in circolazione come materiale di conio della moneta, dovrebbero essere note la base monetaria, ma anche i tagli di banconote emessi; noto il metallo che c'è in ogni moneta, si può calcolare il peso del metallo emesso per unità di base monetaria (praticamente il rapporto fra la riserva valorizzata in peso, anziché in termini monetari e la moneta circolante) e attribuire un cambio favorevole alle valute emesse contro una maggiore riserva, premiando le monete che hanno meno utilizzato la leva inflazionistica. Se la riserva viene conservata e non utilizzata direttamente nelle monete, è necessario comunque fare affidamento ai dati sulle riserve pubblicati dall'istituto emittente.
Una separazione giuridica fra il proprietario del deposito in cui la legge impone di conservare le riserve di metallo (lingotti d'oro e d'argento, tipicamente) e l'emittente di moneta, potrebbe evitare un palese conflitto d'interessi. Le scorte sono una voce importante dell'attivo di stato patrimoniale e la loro valorizzazione è critica per molti bilanci. I magazzini delle imprese possono essere controllati da autorità indipendenti (es. Guardia di Finanza) per verificare l'effettiva esistenza delle scorte dichiarate e che non si tratti di uno dei modi per "gonfiare" l'utile. Un analogo controllo è possibile sull'effettivo possesso delle riserve.
Un altro aspetto critico è se le riserve auree siano una proprietà delle Banche Centrali oppure dello Stato, che le affida in gestione per conto terzi, alla Banca Centrale. La domanda non è del tutto priva di senso nel momento in cui la Banca Centrale è parte dello stato, ma nello stesso tempo è una società le cui azioni sono proprietà di soggetti privati.
Nel caso di una proprietà della nazione, la vendita di riserve auree dovrebbe essere un entrata caricata nel bilancio dello Stato, che ne è il proprietario.
[modifica] Riserva e coniazione nei popoli antichi
Al tempo dei romani e presso altri popoli antichi, le monete erano coniate con l'oro e l'argento fuso dagli oggetti che i sudditi portavano alla zecca dello Stato; i sudditi ricevevano le monete in oro e argento coniate con i loro oggetti, mettendole così in circolazione. Il valore delle monete rilasciate era pari a quello del metallo diminuito di un'imposta del 10% che doveva ripagare i costi di fusione e coniazione, e il privilegio del sovrano di emettere moneta (Signoraggio). Rispetto alla coniazione centralizzata degli emittenti moderni, la presenza fisica e l'interesse personale del portatore di oro/argento erano una garanzia dell'effettiva presenza della riserva di metallo nelle monete emesse: chi portava oggetti d'oro a fondere prestava attenzione di essere ripagato con monete che avessero la stessa grammatura d'oro/argento (detratta la tassazione dell'Impero).