Rivoltella
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In oplologia, la rivoltella (più nota con l'originario termine inglese revolver, o come pistola a tamburo) è attualmente un tipo di pistola a retrocarica a ripetizione semplice (tecnicamente arma corta a ripetizione multicamera monocanna), caratterizzata da un serbatoio a tamburo capace di compiere illimitate rivoluzioni intorno al proprio asse longitudinale; dal particolare moto del tamburo deriva il nome.
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[modifica] La rivoluzione dei tamburi
La rivoltella nacque nella prima metà dell'Ottocento, come evoluzione concettuale di un tipo di pistola multicanna, di fatto non evolutosi da una fase prettamente sperimentale, nella quale i congegni di armamento e sparo erano ripetuti su più linee di fuoco costituite appunto da una raggiera di canne, tutte comandate in sequenza dal medesimo grilletto.
L'estrema inaffidabilità delle meccaniche (effetto però anche della capacità tecnica dei tempi, nei quali ogni elemento metallico era forgiato a mano) costrinse a ricercare nuove soluzioni anche in vista dell'esigenza di garantire una più rapida ricarica dei serbatoi, ciò che nelle multicanna (ma anche nella pistola a due canne e due grilletti, ancora ad avancarica) appariva un obiettivo di difficile ottenibilità.
Invece di provare soluzioni di più canne e più armi (cioè multipli dell'ordinario sistema canna-armo), si pensò allora ad un metodo per usare più cartucce nella stessa canna e con lo stesso armo.
Nel 1818 l'inglese Elisha Collier sviluppò un modello di pistola già assai simile alla rivoltella attuale, ma l'idea fu più prontamente colta e rapidamente sviluppata da Samuel Colt, che nel 1835 ne ottenne il brevetto per iniziare la produzione del proprio revolver nel 1836 (il modello Paterson) e tracciò le fondamenta di una delle aziende tuttora leader nella produzione mondiale, oltre ad orientare definitivamente la ricerca e la produzione nel settore dei proiettili leggeri.
[modifica] La tecnica e la meccanica
Nel caso della Colt mod. 1873, il brevetto di Samuel Colt prevedeva appositi fori cilindrici del tamburo rotante nei quali operare l'alloggiamento della cartuccia (inserita dalla apertura posteriore, cioè quella dalla parte del calcio); i fori, con la rotazione, venivano allineati anteriormente all'invito della canna e posteriormente allo spillo del cane, che fuoriusciva solo per lo sparo dal telaietto verticale, e costituivano perciò la camera di cartuccia, nella quale si innescava l'esplosione. Il telaietto posteriore (da alcuni chiamato "carter") avrebbe mantenuto in sede (con un'escursione di rinculo di pochi millimetri, assai poco influente) il bossolo della cartuccia, che rigonfiandosi per l'esplosione avrebbe (con un impercettibile ritardo) convogliato la forza di spinta nell'altra direzione, verso la canna.
Il minimo ed ineliminabile spazio fra l'invito della canna (in realtà col perfezionamento delle tecniche produttive l'invito non fu più scavato, preferendosi lavorare sulla precisione di puntamento dei cilindri) e la parete anteriore del tamburo causava una certa fuoriuscita dei gas in espansione e perciò una caduta della pressione di spinta, quindi la cartuccia entrava in canna praticamente già lanciata, seguita da solo una parte dei gas di spinta, lasciando alla canna praticamente la sola funzione di stabilizzazione della traiettoria. Dopo lo sparo, lo stesso meccanismo di grilletto riarmava il cane e faceva ruotare il tamburo (si ebbero modelli rotanti in senso sia orario che antiorario) sino alla posizione di sparo del cilindro successivo, oltre a ricaricare la molla pressoria del grilletto.
[modifica] I punti deboli
In realtà, le prime rivoltelle (come nel caso delle Smith & Wesson mod. 1, mod.2 o mod.3, o delle Webley e similari) si mostravano assai deboli proprio sull'innovativo punto di questo tipo di arma, e cioè sul meccanismo di apertura del serbatoio a tamburo per la ricarica: prima di poter giungere al tipo di tamburo ad estrazione laterale, quello comunemente più noto, per molti anni fu in uso un sistema che prevedeva la divisione del castello in due blocchi, ad apertura longitudinale (in genere immediatamente dietro la tacca di mira). Con questa impostazione, il calcio, il grilletto ed il cane restavano fissi (analogamente a quanto notoriamente accade per certi fucili) sulla sezione postero-inferiore, mentre la canna (con tutta la linea di mira) ed il tamburo, vincolati nel blocco antero-superiore rotavano, consentendo la vista della parte posteriore dei cilindri e dunque la ricarica.
Per questi tipi di soluzione (ve ne furono anche altri, di poco differenziati), i problemi venivano dalle rotture dei fermi o comunque dalla mancata ritenzione del blocco complessivo, potendo causare la pericolosa apertura della pistola durante lo sparo ed il controlancio del bossolo (oltre che di altri pezzi eventualmente sganciatisi) in faccia al tiratore.
L'affidabilità però non venne immediatamente neanche con il sistema moderno, poiché oltre alla considerazione delle sollecitazioni termodinamiche cui si sottoponeva l'intero castello, e quindi a maggior ragione il meccanismo di apertura e ritenuta, la stessa necessaria frequenza d'uso del meccanismo ne determinava effetti di logorio, non essendo infrequente il caso di rottura dei perni.
Altrettanto grave si rivelò, nell'attesa che si elevasse la potenzialità di precisione nella realizzazione dei singoli pezzi, il problema dei difetti di allineamento, anche incidentali, del tamburo, in qualche occasione dovuti all'irregolare meccanismo di rotazione (che, ad esempio anticipando la rotazione di una frazione di secondo prima dello sparo, poteva disassare cilindro e canna): in questi casi i problemi più gravi potevano venire dall'inciampo della pallottola sul telaietto anteriore, quando invece che infilarsi nella canna si fosse arrestata sullo spigolo o proprio sulla parete. La combinazione di circostanze come l'arresto della pallottola sul telaietto anteriore ed il contemporaneo arresto del bossolo su quella posteriore, insieme all'usuale carico eccessivo di polvere nella cartuccia (sin da subito le cartucce per queste pistole vennero personalmente ricaricate dai singoli tiratori) rendevano la camera di cartuccia destinata inesorabilmente ad esplodere per l'eccesso di spinte laterali sul pezzo di ferro (temperato, sì, ma anche ben forato per realizzarvi i cilindri) del tamburo.
[modifica] L'evoluzione
Con l'esperienza realizzata sul campo dalle centinaia di migliaia di tiratori (e talvolta a loro spese, in caso di incidente), grazie anche al massiccio ricorso a questo tipo di arma portatile, leggera e di pronto impiego che se ne ebbe nelle leggendario "Far West", la Colt applicò metodologie industriali alla produzione di pezzi più precisi, più affidabili e, innovativamente, collaudati uno ad uno.
Sul finire dell'Ottocento realizzò il meccanismo di "doppia azione", con il quale era possibile sparare a ripetizione colpi singoli mediante la sola successiva pressione del grilletto (mentre con la "singola azione" si doveva ogni volta riarmare il cane col pollice), portando l'affidabilità dei meccanismi a consentire l'uscita di più colpi al secondo, in dipendenza della velocità del dito del tiratore.
Una volta consolidata la produzione intorno a modelli di provata affidabilità, vennero messi in commercio anche modelli con optional, fra i quali grande apprezzamento riscossero le guance decorate (in avorio, madreperla, argento o con fregi ed istoriazioni su legno pregiato). Alcune pistole vennero ricoperte da bagnatura d'argento o (ma furono davvero pochissimi esemplari) d'oro.
Da un punto di vista tecnico, si implementò l'accessoristica funzionale nel senso ad esempio di realizzare ausilii di estrazione, che una volta aperto il tamburo facilitassero la rimozione dei bossoli vuoti (delle cartucce già sparate), e si diede grande attenzione all'ergonomia, adeguando grilletti, ponticelli, cani, calcioli ed in genere ogni elemento della rivoltella alle misure biologicamente considerate standard per la media dell'utenza.
[modifica] I modelli
Nel tempo, anche grazie all'ingresso di nuovi produttori in questo particolare mercato, i modelli di rivoltella si moltiplicarono, distinguendosi tecnicamente per:
- calibro: dal sottile e leggero .22, adatto al tiro preciso, al .44 Magnum reso noto da certa letteratura popolare, i calibri usati sono numerosissimi; in tempi recenti si è assistito ad un certo revival del .38 Special, le cui caratteristiche sono alquanto affini a quelle dei calibri 9 Parabellum delle pistole semiautomatiche, e che infatti sono in uso anche presso molte forze di polizia
- tamburo: i modelli più diffusi sono serbatoi da 6 o da 8 cartucce, ma vi sono anche armi particolari più o meno capienti
- canna: dalla canna super-corta da mezzo pollice, capace di consentire impensabili occultamenti dell'arma, sino alle pistole "cinematografiche" da mezzo metro (in realtà di scarsissima utilità), anche nella lunghezza delle canne la gamma delle opzioni è vastissima, imperniandosi peraltro su questo punto il fattore della deterrenza visiva.
- azione: la "singola azione", quantunque minoritaria nella produzione corrente, resiste a causa del minor costo delle armi che la adottano, ed è distribuita ad utenze di prevedibile irrisorio rischio, mentre la maggior parte degli utenti operativi richiede espressamente il requisito della "doppia azione", che anzi ha costituito elemento di preferenza nella scelta fra rivoltella e pistola semiautomatica sin quando la doppia azione non si è diffusa anche per quella; i tentativi di produrre armi con ripetizione a raffica si sono scontrati con diversi problemi tecnici, primo fra i quali la povertà di serbatoio, e non hanno avuto seguito.
Va detto che dalle pistole Colt furono anche derivati diversi tipi di fucile con serbatoio a tamburo, che praticamente consistevano di ordinarie pistole con calcio e canna opportunamente allungate, ma che non ottennero successi travolgenti, anche perché per il particolare modo di lancio del proiettile non si potevano mai raggiungere una gittata ed un tiro utile di portata pari a quella per la quale occorreva usare un fucile.