Rumorismo
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Il termine rumorismo o bruitismo (dal francese bruitisme, a sua volta derivato da bruit, rumore) designa l'“arte dei rumori” ideata negli anni dieci del Novecento dal pittore futurista Luigi Russolo. Il termine si diffuse dapprima in Francia e poi, attraverso l'avanguardia dadaista, in Germania.
Russolo, partendo dalle posizioni futuriste di Filippo Tommaso Marinetti e presto affiancato dal musicista Francesco Balilla Pratella, rivendicava il rumore come elemento essenziale del linguaggio musicale, non meno dei "suoni determinati" della tradizione.
Questa concezione del suono e della musica non lasciò insensibili compositori come Arthur Honegger, Darius Milhaud, Igor Stravinsky e Edgar Varèse e, soprattutto a partire dagli anni cinquanta, trova importanti riflessi nella musica concreta, nella musica contemporanea orientata verso la gestualità e in alcune tipologie di sonorizzazione ambientale.
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[modifica] Le origini
Zamg tump tump! L'“artiglieria onomatopoetica”, come la chiamava Filippo Tommaso Marinetti, fu in origine redatta in una lettera inviata nel 1912 dalle trincee bulgare a Luigi Russolo. Ispirandosi alla descrizione di Marinetti dell'“orchestra della grande Battaglia” – “tutti i cinque secondi, i cannoni dell'assedio sventagliavano lo spazio di un accordo, ZAM TUUM, ammutinamento di cinquecento echi per incornarlo, polverizzarlo,disperderlo all'nfinito” - Russolo cominciò a studiare l'arte dei rumori.
[modifica] Le influenze
Fu in seguito al concerto che Francesco Balilla Pratella tenne nel marzo 1913 a Roma, in un Teatro Costanzi affollato, che Russolo redasse il suo manifesto intitolato “L'Arte dei Rumori”. L'arte di Balilla Pratella lo confortò nell'idea che il suono delle macchine poteva costituire un importante materiale sonoro per la musica e, riferendosi a Pratella, Russolo dichiarò che ascoltando l'esecuzione orchestrale della “possente musica futurista” aveva finalmente conosciuto una nuova arte, l'arte dei rumori appunto.
[modifica] La definizione di "rumore"
Russolo inventò una definizione più precisa di rumore: nell'antichità – spiega – non c'era che il silenzio, ma con l'invenzione, nel XIX secolo, della macchina, “era nato il rumore”. Da allora, continua Russolo, il rumore regnò come “un maestro assoluto per la sensibilità degli uomini”. Inoltre l'evoluzione della musica seguì un corso parallelo alla “moltiplicazione delle macchine”, creando una rivalità di rumori “non soltanto nell'atmosfera rumorosa delle grandi città, ma anche nelle campagne che fino a ieri erano abitualmente silenziose”, in modo che “il suono puro, nella sua esiguità e nella sua monotonia, non sollevava più emozioni”.
[modifica] L'intonarumori
L'arte dei rumori di Russolo cercò di associare il suono dei tram, i motori a scoppio e le folle urlanti. Degli strumenti speciali, furono costruiti che con il giro di una manovella, producevano questi effetti e furono chiamati intonarumori. Erano delle casse rettangolari in legno, alte circa un metro e muniti di amplificatori a forma di imbuto e che contenevano diversi motori che producevano “una famiglia di rumori”, l'orchestra futurista. Secondo Russolo, si potevano così ottenere trentamila rumori differenti.
[modifica] I concerti
Dei concerti di musica rumorista furono di seguito dati nella lussuosa Villa Rosa di Marinetti a Milano, l'11 agosto 1913, e poi nel giugno del 1914 al Colisseum a Londra. Il Times fece questa descrizione dell'evento: “Degli strani strumenti con la forma di imbuto… evocanti il suono che si può udire nelle manovre di un piroscafo che attraversa la Manica con un mare cattivo; i musicisti - o potremmo dire i “rumoristi”? - hanno commesso l'imprudenza di intonare il loro secondo pezzo… poi si sentirono le grida patetiche “basta!” che furono da tutti punti sovraeccitati della sala.”
[modifica] Movimenti meccanici
La musica rumorista fu integrata negli spettacoli futuristi, essenzialmente come musica di fondo (in questo senso può considerarsi come antesignana della musica ambient). Ma, come il manifesto “l'Arte dei rumori” suggeriva diversi modi di meccanizzare la musica, quello della “declamazione dinamica e sinottica” espose nelle loro grandi linee le regole applicabili alle azioni corporali ispirate ai movimenti spezzati delle macchine, “gesticolate meccanicamente in un modo topologico, come un disegnatore creante simmetricamente in pieno cielo dei cubi, dei coni, delle spirali e delle ellissi”.
[modifica] La “macchina tipografica” di Giacomo Balla
La “macchina tipografica”, del 1914, di Giacomo Balla, applicò direttive sui movimenti meccanici in una rappresentazione privata in onore di Sergej Diaghilev. Dodici persone, ognuna incarnate una parte della macchina, si esibirono davanti ad una tela di fondo sulla quale era dipinta un'unica parola “tipografica”. Tenendosi, uno dietro l'altro, sei interpreti, i bracci tesi,che simulavano dei pistoni, mente gli alti sei formavano una “ruota” mossa da quei pistoni. Lo spettacolo aveva lo scopo della ripetizione affinché la precisione meccanica fosse assicurata. Uno dei partecipanti, l'architetto Virgilio Marchi, spiegò che Balla aveva disposto gli interpreti secondo delle figure geometriche, mettendole in scena in questo modo affinché ciascuno rappresentasse “l'anima delle differenti parti di una rotativa”. Ad ogni esecutore era attribuito un sono onomatopeico che accompagnava ogni suo movimento specifico “mi si domandò di ripetere con violenza la sillaba STA”, precisò Macchi.
[modifica] Le influenze
Questa meccanizzazione dell'interprete non avrebbe potuto essere senza un rimando alla idee dell'inglese Edward Gordon Graig, direttore di teatro e teorico, noto per la sua influente rivista “The Mask” pubblicata a Firenze (e che aveva rieditato nel 1914 il “Manifesto del teatro di varietà”).