Senatus Consultum Ultimum
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Il Senatus consultum ultimum (cioè Ultimo decreto del Senato), o anche Senatus consultum de re publica defendenda (cioè Decreto del Senato per la difesa della Repubblica) è un termine (vedi Cesare, Bel. Civ. I,5) era un decreto senatorio emesso come extrema ratio in caso di emergenza e fu tipico dell'ultima fase della Repubblica. Questo decreto rimpiazzava di fatto la figura e le funzioni del dittatore, dando ai magistrati o a un importante capo militare poteri semi-dittatoriali per riportare l'ordine e difendere lo Stato, compreso quello di uccidere coloro contro cui il decreto era stato emesso (cosa che normalmente avveniva invece solo dopo un voto dell'assemblea dei cittadini), come accadde nei confonti dei seguaci di Catilina.
Per la prima volta fu emesso al tempo di Caio Sempronio Gracco (121 a.C.). Venne poi promulgato al tempo della marcia di Marco Emilio Lepido su Roma (77 a.C., durante la Congiura di Catilina (63) e, infine, quando Caio Giulio Cesare attrvaersò il fiume Rubicone nel 49 a.C.
[modifica] Il caso di Caio Sempronio Gracco
Con l'introduzione dei comizi tributi (rappresentanti del popolo) e con l'assegnazione delle province, l'opera rivoluzionaria di Caio Gracco poteva dirsi compiuta. La riforma più ardita, fu la concessione della cittadinanza romana ai latini e di quella latina agli italici, che egli propose nel maggio del 122. Ciò segnò la sua rovina.
L'opposizione al suo disegno di legge trovò concordi il Senato, la maggior parte dei cavalieri e pressoché tutta la plebe, egoisticamente gelosa dei propri privilegi. I nobili gli gettarono contro il collega Marco Livio Druso e il triumviro Gaio Papirio Carbone.
Caio perse molta della sua popolarità e non fu rieletto al tribunato. Inoltre, nel giorno in cui si presentò in Campidoglio per difendere davanti all'assemblea del popolo la sua legge, scoppiò un grave tumulto tra le parti avverse. Il Senato proclamò allora il Senatus Consultum Ultimum, mentre Caio si ritirava con i suoi fedeli sull'Aventino, dove fu attaccato dalle truppe del console Opimio. Sopraffatto, fuggì al di là del Tevere, dove, secondo la tradizione più accreditata, si fece uccidere da un servo nel bosco delle Furie. Con lui morirono anche circa tremila cittadini, vittime di una feroce repressione.
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