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La Repubblica (dialogo) - Wikipedia

La Repubblica (dialogo)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Repubblica è un'opera di filosofia e teoria politica scritta approssimativamente nel 390 a.C. dal filosofo greco Platone, che ha avuto enorme influenza. Scritta in forma di dialogo, essa riguarda ciò che viene detto philosophia peri ta anthropina (filosofia delle cose umane) e coinvolge le discipline dell'ontologia, gnoseologia, filosofia politica, collettivismo, femminismo, etica generale, etica medica ed economia. Si presenta come un'opera organica, enciclopedica e circolare.

Tutte queste aree ed altre ancora sono esaminate dal punto di vista della natura della giustizia; in altre parole il motore del dialogo è la domanda "Cos'è la giustizia?". Il punto di partenza e quello d'arrivo sono dati dalle domande: "Come conciliare il sapere con l'esercizio della giustizia?", "Come tradurre in ordinamento che coinvolge tutti i membri della comunità?", "Quanto un uomo può razionalmente conoscere?" e infine "È possibile trovare con la ragione un ordinamento che sia razionale, ma di una razionalità che contempla l'effettiva giustizia?".

Partendo da questi temi Platone (tramite le parole di Socrate) costruisce uno Stato ideale, una città teorica dove vige una giustizia teoricamente perfetta. Inoltre Platone costruisce questa città non solo per studiare la migliore città immaginabile, ma principalmente per scoprire come gli individui dovrebbero vivere al meglio. Essa deve essere pensata come il singolo uomo che ha tre anime; così la città deve avere tre classi sociali:

1) classe degli artigiani

2) classe dei Custodi

3) classe dei filosofi

Quest'ultima classe deve essere al potere, in quanto classe di innata sensibilità, di inesauribile curiosità intellettuale; i filosofi vogliono capire e non solo constatare, ma anche far funzionare la convivenza.

Questa divisione non è però operata dagli stessi uomini, bensì dalla natura, una forza superiore all'uomo, che rende lo stesso cittadino per nascita: non esiste un individuo apolide. Lo Stato ha un'origine naturale; una teoria questa che si differenzia da quelle moderne che parleranno invece di uno Stato che nasce da un contratto preciso. L'uomo ha molti bisogni e da solo non è sicuramente in grado di soddisfarli; Platone non pensa dunque all'eremita, autosufficiente e solitario, ma ad una comunità che rende possibile la vita del singolo individuo. Su un piano diverso, la Repubblica di Platone è l'opera suprema che studia un tema fondamentale della filosofia, cioè il rapporto tra universale e particolare.

Inoltre, in questo dialogo, Platone spiega come la società funzionerebbe meglio se ogni individuo facesse ciò che meglio sa fare. Così chi è adatto a fare il falegname farà il falegname, chi ha talento nell'architettura farà l'architetto. Perché ciò avvenga, Platone dice che è necessario estinguere la richezza e la povertà, poiché chi è ricco non lavora, chi è povero fa ciò che più gli rende; è inoltre necessario abolire la vita familiare, dato che solitamente accade che il figlio del calzolaio finisca per fare il calzolaio, quindi non deve esistere la "tradizione di famiglia".

Il titolo originale dell'opera è la parola greca politeia. "La Repubblica", che è la traduzione tradizionale del titolo, è un po' fuorviante, derivata dal latino (da Cicerone). Una traduzione più precisa potrebbe essere "La Costituzione".

[modifica] I filosofi al potere

Allegoria della caverna.
Allegoria della caverna.

La Repubblica (Politeia) di Platone è il disegno, il progetto di una città ideale, governata in base a principi filosofici. Essa è l'esempio più celebre fra le teorie politiche che col passare dei secoli prenderanno il nome di utopie.

Alcuni hanno visto in quest'opera di Platone un primo abbozzo di Socialismo, sottolineando gli aspetti comunitari ed anti-individualistici, leggibili nel celebre concetto di bene collettivo e nell'idea della comunanza dei beni e delle donne.

Ha avuto il suo spazio anche una lettura di destra, la quale ha intravisto nello stato ideale del filosofo greco, il prototipo del moderno Statalismo, la struttura gerarchica della società, il culto dei capi, la purezza del sangue, la sanità della razza.

[modifica] Relazione de "La Repubblica"

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“La Repubblica” di Platone è sicuramente la maggiore opera del grande filosofo greco, strutturata in dieci libri ha per protagonista Socrate che utilizzando la maieutica riesce a condurre indagini filosofiche anche molto complesse. “La Repubblica” fa parte della maturità filosofica di Platone e si dice sia stata proposta in risposta a ciò che viene detto da Callicle nel Gorgia: la giustizia è la legge del più forte. Il dialogo si svolge tra Socrate e suoi vari amici e familiari, dopo una breve discussione sulla vecchiaia,l’attenzione dei partecipanti si sposta sull’indagine per scoprire cosa sia la giustizia e se questa sia migliore o peggiore dell’ingiustizia, l’opera ha come obiettivo primario rispondere a questo dilemma. Le definizioni di giustizia proposte inizialmente a Socrate sono: dire verità e rendere il dovuto e l’altra fare bene agli amici e male ai nemici, ma egli le confuta entrambe. Socrate divide i beni in tre parti: desiderabili per sé, desiderabili per se e per i vantaggi che portano e quelli solamente per i vantaggi che portano, Socrate inserisce la giustizia nel secondo gruppo poiché, secondo lui, non porta solo bene agli altri ma anche a sé stessi. Successivamente viene chiesto a Socrate di cercare di definire la giustizia in sé, cioè l’idea (eidos) di giustizia, ma egli si trova in difficoltà perché non riesce a trovarla nell’individuo e si appresta a ricercarla all’interno dello stato giusto. Nello stato ideale propostp da Socrate si impone al cittadino di fare il solo mestiere che gli è stato attribuito direttamente dallo stato; Socrate divide i cittadini in tre classi-funzione: gli artigiani, classe più bassa con l’obiettivo di lavorare e procurare i beni materiali, i guardiani, che invece dovranno proteggere lo stato, ed infine i governanti o filosofi, gli unici in grado di poter governare lo stato al meglio. Queste classi-funzione sono dinamiche, non sono attribuite alla nascita, ma durante l’educazione selettiva viene determinato cosa l’individuo sia più adatto a fare poiché, come spiega nel mito delle stirpi, ognuno possiede un’indole o da governante, o da guardiano oppure da artigiano, sta all’educatore capire di quale inclinazione si tratti. Il modello educativo di Platone si basa sulla selezione per tappe: il giovane è sottoposto ad una prima educazione, da parte dello stato, comprendente la ginnastica, educazione al combattimento, e la musica, amore per il bello; se risponde bene verrà scelto e proseguirà lo studio della matematica, col fine di diventare un buono stratega, e dell’astronomia, solo teorica per sollevare l’animo, infine tra i migliori vengono scelti coloro che proseguiranno lo studio della filosofia e della dialettica, la massima scienza, per diventare buoni governanti. Socrate tratta anche il tema della conoscenza della quale, spiega, esistono tre tipologie: l’ignoranza, mancanza di conoscenza, la scienza, conoscenza di ciò che è, e l’opinione, conoscenza insieme di ciò che è e non è cioè del divenire. Per chiarire ulteriormente il pensiero platonico riguardo la conoscenza viene fatto ricorso al mito, data la complessità del tema: all’interno di una caverna stanno, incatenati sin dalla nascita, alcuni uomini, incapaci di vederne l’entrata; alle loro spalle arde un fuoco e, tra il fuoco e l’entrata della caverna, passa una strada con un muretto che funge da schermo; per la strada passano diversi uomini, portando sulle spalle vari oggetti che proiettano le loro ombre sul fondo della caverna. Per i prigionieri le ombre che vedono sono la realtà; se uno di essi fosse liberato e costretto a voltarsi e ad uscire, in salita, dalla caverna, sarebbe abbagliato dalla luce e proverebbe dolore, tuttavia a poco a poco si abituerebbe, potrebbe vedere i riflessi delle acque, poi gli oggetti reali, gli astri ed infine il sole. Tornando nella caverna dovrebbe riabituare gli occhi all’oscurità, e sarebbe deriso dai compagni se volesse convincerli a seguirlo lassù. Con questo mito Platone spiega la sua teoria delle idee secondo cui la realtà sensoriale è paragonabile alle ombre che i prigionieri vedono sul fondo della caverna, mentre esiste in qualche luogo fuori dal tempo e dallo spazio il "reale" che altri non è che "l'idea". In questo mito viene inoltre descritto il processo conoscitivo come un’ascesa abbastanza difficoltosa e dolorosa, ma comunque graduale, prima l’opinione, identificata nelle ombre sfocate, poi gli oggetti che fanno parte del mondo sensibile, poi i riflessi, identificabili con la matematica, fino ad arrivare alla conoscenza dell’idea del bene che illumina tutte le altre, nel mito il sole. Oltre all’educazione dei giovani Socrate esplica che i governanti devono vivere in perfetta comunione dei beni: non devo avere proprietà privata, né figli, che verranno educati dallo stato fin dalla nascita, né mogli, tutte le donne saranno in comune e premieranno i più forti così da avere stirpi sempre migliori; in questo modo i governanti saranno interessati solamente al bene dello stato. Particolarmente interessante è la posizione della donna nello stato ideale: questa viene considerata quasi al pari dell’uomo, anche se fisicamente più debole, anch’essa può prendere parte ai combattimenti. Infine Platone fa chiarire al suo maestro il ruolo dell’arte: Socrate ne esprime un giudizio negativo in quanto, dal punto di vista metafisico, è l’imitazione del mondo sensibile che già di per sé è l’imitazione del mondo delle eidos e, sul piano gnoseologico, rispecchia il mondo dell’opinione, quindi il filosofo non può far altro che denigrarla. Dopo aver svolto un confronto tra le varie tipologie di governo e accertato che quella teorizzata fino ad ora sia la migliore, Socrate definisce le virtù che lo stato deve possedere: la sapienza, che rende capaci di reggere lo stato,propria dei governanti, il coraggio, cioè salvaguardare la propria opinioni sulle cose temibili e sulla natura, propria dei guardiani, la temperanza, contenersi dai piaceri e appetiti, ed infine la tanto ricercata giustizia definita come ordine e armonia tra le varie parti dello stato. Trovata la giustizia nello stato giusto, viene ricercata nell’uomo giusto: l’anima è divisa in razionale, irascibile e concupiscibile e la giustizia esiste solo quando le tre parti sono in armonia tra di loro. Socrate arriva allora alla conclusione che il tiranno è l’uomo più infelice, al contrario di ciò che pensavano inizialmente i suoi amici, infatti è ingiusto e vive nel terrore, ma soprattutto è solo, non ha amici ed è circondato da persone corrotte e malvagie. In conclusione all’opera troviamo il mito di Er che spiega in modo esaustivo il concetto di anima per Platone, la metempsicosi, e l’inesistenza di un destino prestabilito, ognuno è artefice della propria vita poiché sceglie lui che vita vivere. Er era un guerriero morto in battaglia, il cui cadavere venne recuperato dopo dieci giorni ancora incorrotto, e poco prima del rogo funebre, il cadavere si risvegliò, e prese a narrare cosa aveva visto. Uscita dal corpo l’anima era arrivata nel mondo delle idee, in un luogo dove vi erano quattro voragini, due in cielo e due in terra; in mezzo sedevano dei giudici che, giudicata ogni anima, indirizzavano i giusti per la voragine destra del cielo e gli ingiusti per quella sinistra della terra; dalle altre voragini affluivano altre anime, sporche e lacere da sottoterra, linde e pulite dal cielo. Le anime si scambiavano notizie sui fatti del mondo mentre Er veniva informato che, dopo la morte, si trascorreva un periodo pari a dieci volte la propria vita a scontare il decuplo delle pene commesse, o a gioire per il decuplo del bene fatto. Le anime che dovevano reincarnarsi venivano condotte in un altro luogo dove dovevano scegliere il modello della vita desiderata, tra i tanti che giacevano per terra, più delle anime presenti. I paradigmi erano di vite umane ed animali, e ciascuno sceglieva secondo le inclinazioni della vita precedente; l’ordine delle anime era scelto a sorte. Solo la filosofia permette di scegliere con cura una vita giusta e felice. Successivamente le anime confermavano la loro scelta e la trama del destino era filata. Le anime erano quindi condotte sulle rive di un fiume, chi beveva dimenticava completamente la vita precedente mentre i filosofi, guidati dalla ragione, non bevevano, in tal modo mantenevano il ricordo, solo un po’ attenuato, del mondo delle idee da rievocare poi durante la nuova vita grazie agli studi. La visione platonica è molto simile al quella cristiana dell’aldilà, benché quest’ultima non ammetta la reincarnazione dell’anima. Con questo mito Platone riassume completamente il suo pensiero: il mondo sensibile è solo un riflesso del mondo delle idee che solo il filosofo con lo studio e la cogitazione può arrivare a contemplare; l’idea massima è l’idea del bene in sé che illumina tutte le altre cosa, l’uomo è formato da due entità distinte: il corpo, mortale, e l’anima, immortale, che reincarnandosi produce, nel filosofo, un ricordo del mondo delle idee, quindi la conoscenza è un ricordo, reminiscenza, del tempo passato a contemplare le eidos. “La Repubblica” è un testo molto interessante che ci mostra il grande interesse politico di Platone: solamente il filosofo, può governare bene un paese, non solo il più forte o il più eloquente.

Il testo de La Repubblica, organizzato su dieci libri, è piuttosto ampio, e non è certo sbagliato asserire che si tratta di un’opera riassuntiva scritta nella maturità del filosofo, anche se non è sistematica, infatti la filosofia di Platone resta aperta, non dà soluzioni finali.


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