Lina Merlin
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Lina Merlin, diminutivo di Angelina Livia Merlin, (Pozzonovo, Padova 15 ottobre 1887 - Milano 16 agosto 1979) è stata una donna politica italiana, membro della Assemblea Costituente e prima italiana ad essere eletta al Senato.
Il suo nome è legato alla legge n. 75 entrata in vigore il 20 settembre 1958 - conosciuta come Legge Merlin - con cui venne abolita la prostituzione legalizzata in Italia.
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[modifica] La maestrina socialista
Originaria di Chioggia, figlia di Giustina Poli, insegnante, e Fruttuoso Merlin, segretario comunale a Pozzonovo, nel Padovano.
Visse a Chioggia per tutta l'infanzia e la giovinezza. Diplomatasi maestra elementare presso l'Istituto delle Suore Canossiane, si trasferisce a Grenoble, in Francia, dove approfondisce le sue conoscenze di lingua e letteratura francese, materia in cui conseguirà successivamente la laurea.
Si fa presto notare per il suo spirito indipendente, la brillantezza e la capacità di ragionamento e, soprattutto, per la sua determinazione.
Nel 1919 un amico la invita a far parte del movimento fascista: c'è bisogno di organizzare le donne e lei sembra la persona ideale. Lina si informa e capisce che il fascio non fa per lei. Si sente attratta invece dagli ideali del socialismo che ritiene più vicini alla sua mentalità e alla sua morale.
Si iscrive perciò al Partito Socialista Italiano, iniziando a collaborare al periodico "La difesa delle lavoratrici", di cui in seguito assumerà la direzione. Collabora con il deputato socialista Giacomo Matteotti a cui riferisce nei dettagli le violenze perpetrate dalle squadracce fasciste nel padovano.
Già allora la giovane maestra Lina Merlin cominciava a rendersi conto delle condizioni in cui vivevano le donne del chioggiotto e del Polesine, quasi tutte mogli di pescatori o marinai lasciate spesso sole dai mariti, che per via del loro lavoro stavano via anche per molte settimane. Esse si prostituivano per qualche piccolo lusso, o semplicemente per fame, ai benestanti locali.
Merlin non tollerava l'ipocrisia degli uomini, e particolarmente dei capi di famiglia religiosi e osservanti, che non trovavano alcuna contraddizione tra i loro principi ed il frequentare le prostitute, cosa che sovente aveva come conseguenza di infettare le loro mogli con malattie veneree: giurò a se stessa che avrebbe fatto finire quello sconcio, andando contro anche al partito. La morale corrente, infatti, vedeva nelle "case chiuse" il luogo dove i giovani potevano "fare esperienza", in quanto alle ragazze "da marito" non era consentito avere rapporti sessuali prima del matrimonio.
[modifica] La militanza antifascista
Quando, nel 1925, dopo l'assassinio di Matteotti, Mussolini consolida il suo potere, il destino di Angela è ormai segnato. In meno di ventiquattro mesi viene arrestata cinque volte. Inoltre nel 1926 viene licenziata dal suo impiego di insegnante perché si rifiuta di prestare il giuramento di fedeltà al regime, obbligatorio per gli impiegati pubblici.
In seguito alla scoperta del complotto per attentare alla vita del duce da parte di Tito Zaniboni, il suo nome viene scritto nell'elenco dei "sovversivi" affisso nelle strade di Padova. Lina quindi si trasferisce a Milano dove pensa sia più difficile essere rintracciata. Lì inizia a collaborare con Filippo Turati, ma viene arrestata e condannata a cinque anni di confino in Sardegna, in una località della Barbagia dove viene colpita dalla povertà e dall'arretratezza della regione. Anche in quel luogo sperduto riesce a conquistarsi il rispetto e la fiducia degli abitanti del luogo, e soprattutto delle donne, ad alcune delle quali insegnerà a leggere e a scrivere.
Tornata a Milano nel 1930, durante una riunione clandestina incontra il medico ed ex deputato socialista di Rovigo Dante Gallani, che rimane colpito dalla sua eloquenza. Si sposano nel 1932, ma appena quattro anni dopo lui muore per il dolore causatogli dal massacro della sua famiglia da parte dei fascisti. Rimasta vedova a 29 anni, prende parte attivamente alla Resistenza, donando ai partigiani la strumentazione medica e i libri del marito, raccogliendo fondi e vestiario per i partigiani, e insieme a Giovanna Barcellona, Giulietta Fibbi, Laura Conti, Elena Drehr, Ada Gobetti e Rina Picolato costituisce i "Gruppi di difesa della Donna e per l'Assistenza ai Volontari della Libertà". Da una stima effettuata a guerra finita, nei GDD costituitisi in tutta Italia si contano circa 59.000 donne. Da questa organizzazione nascerà l'Unione Donne Italiane.
In questo periodo Lina prende parte ad azioni di guerra partigiana, rischiando più volte la vita. Viene catturata dai nazisti, ma riesce a sfuggire con uno stratagemma. Scrive articoli sul periodico socialista clandestino Avanti!, e nella sua casa di via Catalani 63 Lelio Basso, Sandro Pertini, Rodolfo Morandi e Claudia Maffioli organizzano l'insurrezione. Lei riceverà l'incarico di occuparsi del settore scolastico, ed insieme al professor Cabibbe ed ai partigiani della Brigata Rosselli occuperà il Provveditorato agli Studi di Milano, imponendo la resa. il 27 aprile 1945 viene nominata dal CLNAI Commissario per l'Istruzione di tutta la Lombardia.
[modifica] L'elezione alla Costituente e al Senato
Dopo la Liberazione Lina si trasferisce a Roma alla direzione nazionale del PSI prendendo familiarità con l'ambiente politico della capitale, dove l'astuzia e il carrierismo sembravano dominanti nella nuova classe dirigente, e nel contempo lontanissimi dalla sua concezione della politica. Nel 1946 viene eletta alla Assemblea Costituente.
I suoi interventi nel dibattito costituzionale, quale membro della "Commissione dei 75", risulteranno determinanti per la tutela dei diritti delle donne, e lasceranno un segno indelebile nella Carta Costituzionale dal momento che a lei si devono le parole dell'articolo 3: "Tutti i cittadini...sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso", con le quali veniva posta la base giuridica per rimuovere tutte le discriminazioni e gli impedimenti di legge alla piena parità di diritti tra uomo e donna, che fu sempre l'obiettivo principale della sua attività politica. È inoltre degna di nota l'opera di mediazione da lei esercitata tra opinioni contrapposte riguardo alla stesura dell'articolo 40, concernente il diritto di sciopero, proponendo una formulazione analoga a quella presente nel preambolo della Costituzione della IV repubblica francese.
Candidata dal PSI nel collegio di Rovigo, viene eletta al Senato della Repubblica il 18 aprile del 1948. È l'unica donna a far parte del Senato nella prima legislatura repubblicana, e fin dai primi giorni della sua attività perlamentare dedica tutti i suoi sforzi al miglioramento della condizione femminile in Italia, ed allo stanziamento di risorse per lo sviluppo dell'area del Polesine, una delle regioni più depresse del settentrione d'Italia, che il 12 settembre del 1951 verrà devastata da un catastrofico alluvione che causerà 84 morti e più di 180.000 senzatetto.
[modifica] La lotta alla prostituzione di Stato
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Per approfondire, vedi la voce Legge Merlin. |
Uno dei punti cardine, se non il principale, dell'opera politica di Lina Merlin è stata la battaglia per abrogare la prostituzione legalizzata in Italia, seguendo l'esempio dell'attivista francese (ed ex prostituta) Marthe Richard, che già nel 1946 aveva fatto chiudere le case di tolleranza in Francia.
Nella sua battaglia, Merlin seppe mostrare tutta la sua tenacia e - in virtù del rispetto e dell'autorevolezza di cui godeva - seppe ribattere in maniera efficace e tagliente alle battute, talvolta assai poco cavalleresche, che le venivano spesso rivolte nel Transatlantico di Palazzo Montecitorio dai colleghi maschi.
Per molti benpensanti, ex tenutari, cantori dei bordelli, predicatori di catastrofi sanitarie, con la sua legge, è rimasta a lungo l'attentatrice al quieto vivere (per i suoi sostenitori, invece, al quieto guadagnare).
Mai prima di allora una donna in politica era stata tanto discussa, spesso detestata, comunque minacciata e coperta di insulti. Del resto era la prima volta che si discutesse in Italia così a lungo e con tanto accanimento condito da fervore ideologico di sesso e di denaro.
[modifica] Gli ultimi fuochi
La Merlin continuò negli anni seguenti l'approvazione della sua famosa legge, la propria attività parlamentare, con altri importanti interventi legislativi a favore della condizione femminile e contro le discriminazioni ai danni dei più deboli.
A lei si devono, tra l'altro, l'abolizione della infamante dicitura "figlio di N.N." che veniva apposta sugli atti anagrafici dei trovatelli, l'equiparazione dei figli naturali ai figli legittimi in materia fiscale, la legge sulle adozioni che eliminava le disparità di legge tra figli adottivi e figli propri, e la soppressione definitiva della cosiddetta "clausola di nubilato" nei contratti di lavoro, che imponeva il licenziamento alle lavoratrici che si sposavano.
La sua caparbietà e la sua inflessibilità con se stessa e con gli altri, nonché la stizza di molti uomini che le imputavano la scomparsa del loro "trattenimento" preferito, le procurarono ostilità ed inimicizie persino nell'ambito del suo stesso partito, che all'inizio degli anni Sessanta si stava spostando dall'opposizione intransigente verso la collaborazione con la Democrazia Cristiana che di li a poco avrebbe dato vita ai governi di "centrosinistra", e che sopportava sempre meno la sua intransigenza di militante appassionata.
Nel 1961 le viene fatto sapere che il partito non intende ripresentare la sua candidatura nel collegio di Rovigo, dove era stata rieletta nel 1953 e nel 1958, e lei reagisce strappando la tessera. Nel suo discorso di commiato dichiara che le idee sono sì importanti, ma camminano con i piedi degli uomini, e lei non ne può più di "fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo".
[modifica] Il ritiro dalla scena politica
Giunta a 65 anni, e nonostante le esortazioni dei suoi sostenitori che la vorrebbero vedere nuovamente candidata anche nelle elezioni del 1963 come indipendente, Lina Merlin decide di ritirarsi dalla politica e torna a vivere nella sua casa di Milano insieme a Franca Cuonzo Zanibon, figlia di una sua cugina precocemente scomparsa che le fu affidata e che lei adotterà come sua figlia.
Scrive la sua autobiografia, che verrà pubblicata solo nel 1989, dieci anni dopo la sua scomparsa, per iniziativa di Elena Marinucci, anche lei senatrice socialista. Nel libro si legge, tra l'altro: "Sono stata coerente con la mia decisione, non ho accolto inviti né da sinistra né da destra, ho rifiutato interviste che avrebbero dato a un fatto serio e doloroso l'aspetto del pettegolezzo, dal quale rifuggo, e di una meschina vendetta derivante da un astio che non sento".
[modifica] Bibliografia
- Lettere dalle case chiuse Lina Merlin e Carla Barberis (Edizioni del Gallo 1955)
- L'indegna schiavitù: Anna Maria Mozzoni e la lotta contro la prostituzione di Stato Rina Macrelli (Editori Riuniti 1981)
- Lina Merlin - La mia vita a cura di Elena Marinucci (Giunti 1989)
- La senatrice. Lina Merlin, un «pensiero operante» A.M. Zanetti (Marsilio 2006)