Santa Maria alla Fontana
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In merito alla Chiesa di S. Maria alla Fontana, a Milano, in Piazza Santa Maria alla Fontana 11, (precedentemente e a lungo attribuita a Leonardo), l'archivista Grazioso Sironi nel 1982 ha pubblicato il contratto del 17 marzo 1508 da lui ritrovato dove l'architetto Giovanni Antonio Amadeo appare come il vero progettista ed esecutore: in precedenza gli studiosi avevano fatto il nome di Leonardo, di Bramante e di Cristoforo Solari per giustificare la presenza di elementi architettonici ispirati dai monumenti classici. Come confermava il Cesariano (1521), insieme alla Ca’ Granda e al Lazzaretto, Santa Maria alla Fontana era uno dei tre capisaldi su cui si articolava la struttura sanitaria della città. Al governatore di Milano, Charles II d’Amboise, la tradizione riferisce la fondazione nel 1507; qui potevano essere trasportati "li richi che forse de ogni negritudine vorano essere curati".
Come opportunamente osserva G. B. Sannazzaro, nella planimetria, è stata anche individuata un’applicazione in scala ridotta, dello schema che, sotto certi aspetti, appare effettivamente alla Ca’ Granda: la disposizione aperta del sacello su tre quadrati sarebbe stata studiata per consentire ai malati di assistere alla celebrazione dei sacramenti, vicino alla fonte, origine prima di tutto il santuario. Anche questi legami stanno a confermare le affinità più volte rilevate fra l’Amadeo e il Filarete, che si possono ugualmente estendere al disegno planimetrico, nel Trattato filaretiano (1461-’64), dell’Archicodomus, o collegio per i putti. Se è stata riscontrata la presenza della proporzione aurea, ma limitatamente nelle specchiature della parte alta del sacello, l’intera planimetria è idealmente condotta sulla relazione canonica di 1:2. Gli studiosi vi hanno infatti sottolineata l’applicazione delle allora dibattute proposte ad quadratum, nonché dei loro riflessi metafisici, sia nello schema planimetrico che di alzato, dove il quadrato e il cerchio sembrano avere significati religiosi e cosmici.
Se anche in Santa Maria alla Fontana appare quello stretto rapporto fra l’impianto centrale e la dedicazione alla Madonna comune a molte chiese rinascimentali, importante ne appare la disposizione a dodici spicchi della volta del sacello: un unicum in Italia e questo dato riconduce alla teoria dei poliedri del Pacioli e ai significati simbolici del 12 nelle interpretazioni neoplatoniche cristianizzate, non esclusi i dibattiti relativi alla Gerusalemme celeste. Questa applicazione di principi cabalistici e numerologici trova conferma anche in altre due cupole dodecagonali per chiese ugualmente dedicate alla Madonna miracolosa: i santuari di Santa Maria dei Miracoli a Saronno (della cui cupola l’Amadeo presentò i disegni di progetto nel 1505) e, anche in Santa Maria presso San Celso a Milano, per la quale l’Amadeo ne aveva procurato un modello (1494), nonché, più tardi (1498), colonne e capitelli per il tiburio. Dal momento che nel 1492 aveva lavorato anche alla tribuna di Santa Maria delle Grazie, non è casuale che nel sacello di S. Maria alla Fontana riappaia la misura di base della cappella del coro di 24 braccia milanesi. Sono stati citati quali possibili modelli di riferimento: il Canopo e il criptoportico della Villa Adriana a Tivoli, il ninfeo degli Orti sallustiani, il cortile del romano palazzo della Cancelleria di Baccio Pontelli, e a Milano la Canonica di Sant'Ambrogio, il chiostro di San Pietro in Gessate, i chiostri di Sant'Ambrogio, la facciata di San Maurizio al Monastero Maggiore, il fianco di Santa Maria presso San Celso, la facciata della chiesa di Castelnovo dei Fogliani: tutti esiti basati insomma su una solida tecnica costruttiva lombarda aggiornata su modelli romani oppure veneti mediati da Giuliano da Sangallo o da Cristoforo Solari. In esecuzione di un patto contenuto nel documento del 17 marzo 1508, gli impresari della chiesa eleggono un arbitro che, insieme all’Amadeo, dovrà decidere sulle eventuali controversie tra loro e i deputati alla costruzione. Per ragioni rimaste finora ignote i lavori s'interruppero nel 1509 per poi esser ripresi e terminati nel 1513. La chiesa a quell'epoca si trovava in aperta campagna oltre la porta Comasina e per ragioni di sicurezza il complesso degli edifici, a differenza di quanto oggi si può vedere, era chiuso verso settentrione.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
- A. Rovetta, Nuove ricerche per S. Maria alla Fontana in Milano, "Arte Lombarda", 62 (1981), 141-150.
- G. Galletti, Precisazioni su S. Maria alla Fontana, "Raccolta Vinciana", XXI (1982), 39-93.
- G. Sironi, Nuovi documenti su S. Maria alla Fonatana, "Raccolta Vinciana", cit., 94-102.
- M. T. Fiorio (a cura), Le Chiese di Milano, Milano 1985, 112-115.
- A. Colli, Storia e arte di Santa Maria alla Fontana, Milano 1988.
- G. B. Sannazzaro, Maria alla Fontana, chiesa di S., ad vocem, "Dizionario della Chiesa Ambrosiana", III, Milano 1989, 1900-1903; Id., Guide di architettura. Milano, Torino 1990, 95; Id., L'Amadeo e S. Maria alla Fontana,"G. A. Amadeo. Sculture e architettura del suo tempo", Milano 1993, 297-327.
[modifica] Collegamenti esterni
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