Alberto Tarchiani
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Alberto Tarchiani (Roma, 1 novembre 1885 – Roma, 1964) è stato un giornalista, politico e diplomatico italiano.
Patriota, intransigente antifascista, abile politico e intelligente diplomatico, così può essere sintetizzata la figura di Alberto Tarchiani. A ventidue anni, nel 1907, si trasferì negli Stati Uniti dove lavorò come corrispondente di alcuni giornali italiani. Interventista convinto, rientrò in Italia nel 1918 per arruolarsi volontario in fanteria. Dal 1919 al 1925 fu redattore capo del Corriere della Sera allora sotto la direzione di Luigi Albertini. Si dimise dal giornale milanese quando il fascismo ne prese il controllo - lo stesso Albertini ne lasciò la direzione il 28 novembre del ’25 - ed emigrò a Parigi, mèta di molti esuli antifascisti. Nella capitale francese ebbe modo di legarsi al gruppo che si era riunito attorno alla figura di Gaetano Salvemini. Il 1929 fu un anno cruciale per la sua attività antifascista. Infatti, con Gioacchino Dolci, egli fu il principale organizzatore della fuga dal confino di Lipari, avvenuta il 27 luglio, di Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitti. Nello stesso anno, a Parigi, Rosselli, Salvemini, Lussu, Tarchiani ed altri fondarono il movimento Giustizia e Libertà (GL) dal quale però Tarchiani si allontanò nel 1934 per divergenze ideologiche con Rosselli. Nel dicembre del 1929 Rosselli, Tarchiani e altri appartenenti al gruppo di GL a seguito di un complotto dell’agente provocatore Ermanno Menapace vengono accusati di progettare un attentato ai danni del ministro italiano della giustizia Alfredo Rocco. Vengono arrestati, ma le accuse, totalmente fase, cadono ben presto e sono scagionati. Come conseguenza della vicenda vengono però “ufficialmente” espulsi dalla Francia, in realtà ottengono permessi provvisori che permettono loro di rimanervi. Tra le attività di propaganda antifascista organizzate e finanziate da Rosselli e Tarchiani, vi è da ricordare il temerario volo propagandistico su Milano di Giovanni Bassanesi, presidente della sezione parigina della Lega dei Diritti dell’Uomo, che nel luglio del 1930 lanciò sul capoluogo lombardo 150mila volantini di GL con l’invito a “Sorgere” e “Risorgere”. L’azione ebbe come conseguenza un processo, tenutosi a Lugano, per violazione dello spazio aereo dove però furono tutti assolti e ne uscì condannato il regime fascista. Pur lasciando il gruppo di GL, Tarchiani non cessò mai la sua attività di antifascista convinto e nel novembre del 1937 fondò con Randolfo Pacciardi, rientrato dalla Spagna dove aveva partecipato alla guerra civile, il movimento di ispirazione repubblicana “La Jeune Italie”. Nel 1940, Tarchiani si trasferì negli Stati Uniti, paese che resterà fondamentale nella sua esistenza, dove fondò la “Mazzini Society” insieme a Gaetano Salvemini, Carlo Sforza, Alberto Cianca e Max Ascoli. Gli alleati sbarcano in Italia e, nel 1943, su una “Queen Mary” trasformata per il trasporto truppe, si imbarcano per rientrare in Europa Tarchiani, Cianca, Aldo Garosci e Bruno Zevi. Giunsero in Inghilterra, dopo un viaggio non privo di incognite e pericoli, e subito attivarono la radio clandestina di Giustizia e Libertà che trasmetteva per tutto l’arco della giornata con attacchi al regime e alla monarchia, rea di esserne stata complice, e affiancando i primi nuclei partigiani. Nello stesso periodo rientrò dal Messico Leo Valiani. Nell’agosto del ’43, Tarchiani e altri del gruppo riuscirono, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, a imbarcarsi per l’Italia per unirsi alla lotta partigiana. Giunse dapprima a Salerno e, dopo aver condotto in salvo a Capri Benedetto Croce partecipò allo sbarco di Anzio con l’intenzione di unirsi alla lotta partigiana a Roma, episodio del quale ha lasciato memoria in un breve diario di quei giorni. Il 22 aprile 1944, Tarchiani fu nominato ministro dei Lavori Pubblici del secondo governo Badoglio, per poi essere nominato commissario straordinario del Crediop e dell’ICIPU (Consorzio di credito per le opere pubbliche e Istituto di Credito per le imprese di pubblica utilità). Aderì, in quel primo scorcio dell’immediato dopoguerra, al Partito d’Azione che, peraltro, cessò di esistere già nel 1946. Nel febbraio 1945, presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi e ministro degli Esteri Alcide De Gasperi, Alberto Tarchiani partì per Washington in qualità di ambasciatore e vi rimase fino al gennaio del 1955, un periodo non solo lungo per un Capo di Missione Diplomatica, ma soprattutto cruciale per la ripresa della vita e della presenza italiana sullo scenario internazionale. La sua candidatura ad ambasciatore fu anche caldeggiata da Carlo Sforza, che diventerà successivamente ministro degli Esteri, e si rivelò particolarmente felice come scelta poiché Tarchiani era un profondo conoscitore degli Stati Uniti, dove godeva di larga stima per il suo antifascismo e per la sua capacità, non comune all’epoca, di comprendere i meccanismi della politica e dell’opinione pubblica di quel paese. Negli USA era già presente la delegazione economica composta da Quinto Quintieri, Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Mario Morelli ed Egidio Ortona partita il 3 novembre 1944 con lo scopo di ottenere aiuti economici per la ricostruzione, ma tutta l’attività diplomatica era ovviamente ferma dall’inizio delle operazioni belliche. Nel decennio di permanenza a Washington, Tarchiani ebbe a trattare con l’amministrazione democratica di Henry Truman e, successivamente, con quella repubblicana di Dwight David Eisenhower. I problemi più urgenti da affrontare furono il Trattato di Pace e gli aiuti economici di cui l’Italia, uscita da una guerra rovinosa, aveva assoluta necessità. Per quanto riguarda il Trattato di Pace si sperava che i termini potessero essere attenuati grazie alla “cobelligeranza” degli ultimi due anni di guerra, in realtà non fu così soprattutto per l’opposizione di Gran Bretagna e Russia, mentre i francesi si accontentarono di qualche rivendicazione territoriale. Altro nodo cruciale del Trattato era la questione di Trieste e la spartizione tra l’Italia e la Iugoslavia di Tito del "Territorio libero di Trieste"(TLT) diviso nelle zone A e B, rispettivamente sotto l’amministrazione temporanea alleata e quella iugoslava. Le trattative, che in un primo periodo volsero a nostro favore, furono poi complicate, a nostro discapito, dall’allontanamento di Tito dall’URSS. Infatti, se in un primo tempo gli alleati erano propensi ad accordare all’Italia quei territori che erano di etnia prevalentemente italiana, la necessità di evitare un riavvicinamento di Tito all’Unione Sovietica portò ad un irrigidimento della posizione alleata, soprattutto da parte inglese. La questione si chiuse nel 1954 con il riconoscimento della situazione di fatto e l’assegnazione, oltre che di Trieste, della zona A all’Italia. Le estenuanti e altalenanti trattative che si svilupparono nel corso di dieci anni sono vivacemente raccontate da Tarchiani in “Dieci anni tra Roma e Washington”. In questo libro di memorie traspaiono anche le difficoltà che Tarchiani incontrò nella sua missione nel far comprendere a Washington le complicate alchimie della politica italiana, che già allora mostrava tutte quelle debolezze che ancora oggi la caratterizzano, e di portare la classe politica italiana ad una visione meno particolaristica e più aderente ai tempi, del ruolo italiano in campo internazionale. Ne è un esempio l’atteggiamento intransigente dello stesso De Gasperi verso una proposta avanzata dal segretario di Stato americano John Foster Dulles per la soluzione della questione triestina. Quella soluzione, con il senno di poi, si presentava molto più vantaggiosa di quanto fu ratificato, ma l’ostinazione di De Gasperi nell’includere nella zona italiana la cittadina di Umago diede agli americani, che la ritenevano il massimo di quanto si potesse ottenere, la possibilità di presentarla a Tito senza quella clausola ne varietur inizialmente prevista. La forte presenza del Partito Comunista in Italia fu un altro punto nodale di quel periodo che dalla fine del conflitto aveva visto il sorgere di un mondo bipolare. Tarchiani, sottovalutando la componente ideologica, riteneva che il progresso e lo sviluppo economico costituissero il miglior argine nei confronti del comunismo. Con l’amministrazione repubblicana di Eisenhower i toni sull’anticomunismo andarono inasprendosi, anche e soprattutto a causa della guerra in Corea, e Tarchiani faticò non poco nell’attenuare quello che veniva considerato un pericolo imminente in Italia, anche per la visione che ne aveva la neo ambasciatrice americana a Roma Claire Boothe Luce. Dalle pagine dei diari di Tarchiani traspare, con il tatto tipico del diplomatico, la non molta considerazione che egli aveva per l’ambasciatrice Luce sia per la rappresentazione dell’Italia che veniva da lei portata all’attenzione del governo e dell’opinione pubblica americana sia per le pretese di intromissione della rappresentante statunitense nella vita economica e politica del nostro paese. Altri temi fondamentali di quel periodo furono la CED (Comunità Europea di Difesa), l’Unione Europea, il cui progetto stava compiendo i primi passi, e la nostra ammissione all’ONU che avvenne però nel dicembre del 1955, quando Tarchiani aveva già lasciato il suo incarico.
[modifica] Opere
- Il mio diario di Anzio, Milano, Mondadori, 1947
- America-Italia. Le dieci giornate di De Gasperi negli Stati Uniti, Milano, Rizzoli, 1947
- Dieci anni tra Roma e Washington, Milano, Mondadori, 1955
- Tormenti di un ambasciatore. L’anno conclusivo di Washington 1954, Rubbettino, Soveria Manelli, 2006