Arianesimo
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L'Arianesimo è una dottrina cristologica elaborata da Ario condannata come eresia al primo concilio di Nicea. Sosteneva che la natura divina del Logos fosse sostanzialmente inferiore a quella di Dio e che, pertanto, vi fu un tempo in cui il Verbo di Dio non esisteva e dunque che fosse stato creato in seguito. L'Arianesimo ebbe larga diffusione nella Chiesa e nella gerarchia ecclesiastica.
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[modifica] Storia
[modifica] Costantino
Nel 325 Costantino I indice il Concilio di Nicea che elabora un "simbolo", cioè una definizione dogmatica relativa alla fede in Dio nel quale compare il termine homooùsios (= consustanziale al Padre) attribuito al Cristo e che costituisce, tuttora, la base dogmatica del Cristianesimo storico. Successivamente però lo stesso imperatore venne battezzato in punto di morte da un vescovo ariano, Eusebio di Nicomedia.
L'Arianesimo ebbe fortuna in certi momenti fra la corte imperiale e nell'ultima fase dell'Impero Romano. Furono ariani gli imperatori Costanzo II e Valente e il generale Stilicone.
[modifica] Teodosio
Nel 380, sotto l'influsso di Ambrogio, venne emanato da Teodosio I e Graziano l'editto di Tessalonica che definiva il credo niceno come religione di stato. La condanna dell'arianesimo venne ribadita nel 381 durante il primo concilio di Costantinopoli.
[modifica] Medioevo
Nei secoli successivi tuttavia venne progressivamente perdendo peso nell'ambito dell'Impero. Tuttavia, grazie alla predicazione condotta nel IV secolo fra i Goti da parte di Ulfila - traduttore della Bibbia in lingua gotica (introducendo un tipo di alfabeto latino che sostituì gli antichi caratteri runici) - l'Arianesimo conobbe una grande diffusione fra i popoli germanici, specialmente Goti, Vandali e Longobardi, fra i quali fiorì, almeno, fino al VII secolo.