Azraqiti
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Gli Azraqiti (in arabo Azāriqa) costituirono uno dei raggruppamenti più attivi del Kharigismo nel corso di tutto l'VIII secolo d. C.
Il nome del movimento deriva da Nāfi‘ ibn al-Azraq al-Hanafī del quale si sa assai poco, salvo che era figlio di uno schiavo greco. Il fatto che il colore "azzurro" ( azraq ) fosse sovente accostato ai Greci e ai cristiani in genere spiega il perché di un nome tanto inusuale per il padre di Nāfi‘ che, per parte sua, si ritiene abbia preso parte alle ultime vicende politiche e belliche che contrassegnarono il tentativo "anti-califfale" di ‘Abd Allāh ibn al-Zubayr nel 683.
Al termine dell'assedio portato contro Mecca dalle truppe omayyadi del califfo Yazīd I, Nāfi‘ rientrò a Basra con due suoi compagni, eponimi di altrettanti movimenti kharigiti: ‘Abd Allāh ibn ‘Ibād (da cui presero il loro nome gli Ibaditi) e Najda ibn ‘Āmir (da cui presero il loro nome i Najjadāt).
In città i kharigiti uccisero il wālī omayyade e non accettarono neppure quello inviato da ‘Abd Allāh ibn al-Zubayr. Allorché la città fu costretta alla resa da parte del governatore designato zubayride, Nāfi‘ fu costretto per un breve periodo alla fuga ma, ripresosi, riuscì a battere a sua volta il suo avversario e a rimettere piede nella città mesopotamica. Da Mecca ‘Abd Allāh ibn al-Zubayr inviò allora truppe fresche e numerose facendo valere la sua volontà e l'intenzione di resistere da parte di Nāfi‘ non fu condivisa dalla maggior parte degli altri kharigiti, avviando un processo di frazionamento dottrinale e politica che causerà successivamente la definitiva sconfitta dell'intero movimento, di cui oggi sopravvive la sola componente ibadita.
I più oltranzisti ripararono in Khūzistān e nello scontro con le forze zubayridi Nāfi‘ trovò infine la morte nel 685.
Da quel momento, sotto i successori di Nāfi‘ — ‘Ubayd Allāh ibn al-Māhūz, suo fratello Zubayr e infine Qatarī ibn al-Fujā'a — si avviò una lunga serie sanguinosa di confronti armati con il potere zubayride, di cui incolpevoli vittime furono assai spesso le popolazioni, considerate "apostati" dagli Azraqiti che applicavano nei loro confonti la pratica del cosiddetto isti‘rād (استعراض ), ossia "dimostrazione", che considerava lecito e doveroso dare la morte anche a donne e bambini di quanti non si fossero uniti al movimento azraqita.
Chiunque non avesse abbandonato con una sorta di egira ( hijra) l' "empia" società dei nemici degli Azraqiti, era infatti considerato un nemico e un kāfir (empio grave, suscettibile di condanna a morte). Maggior tolleranza era espressa, sulla scorta del dato coranico, nei confronti del "Popolo del Libro" ( Ahl al-Kitāb ), purché si assoggettasse politicamente e finanziariamente alla società che i kharigiti intendevano costruire e che consideravano l'unica a potersi fregiare dell'appellativo di "islamica".
Il movimento azraqita finì, armi in pugno, stroncato da una protratta serie di campagne militari condotte dal generale zubayride al-Muhallab ibn Abi Sufra, passato poi tra i ranghi omayyadi del Califfo ‘Abd al-Malik ibn Marwān, ricostitutore dell'unità del califfato, persa subito dopo la morte dell'ultimo Omayyade sufyanide: Mu‘āwiya II, figlio di Yazīd I.
[modifica] Voci correlate
- Kharigismo
- Ibaditi
- Sufriti
- Najjadāt
- Omayyadi
- ‘Abd Allāh ibn al-Zubayr
[modifica] Bibliografia
- Henri Laoust, Les schismes dans l'islam, Parigi, Payot, 1965 (tr. it. Gli scismi nell'Islām, Genova, ECIG, 1990).
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