Battaglia del Volturno
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Battaglia del Volturno è il nome sotto cui si raccolgono alcuni fatti d'armi tra i volontari garibaldini e le truppe borboniche, avvenuti dal tra il settembre e l'ottobre 1860 nei pressi del fiume Volturno, corso d'acqua dell'Italia meridionale che bagna Capua e sbocca in mare tra Napoli e Gaeta.
Il 1° ottobre 1860 a sud del Volturno si svolse la battaglia principale, con 24.000 garibaldini contro 41.000 borbonici, di cui però solo 25.000 presero parte alla battaglia.
Essa è una delle più importanti del Risorgimento, tanto per il numero dei combattenti coinvolti che per i risultati ottenuti da Giuseppe Garibaldi, che arrestò la ripresa offensiva dell’esercito borbonico dopo la sua ricostruzione tra le mura di Capua. Ragioni politiche ed incomprensioni non diedero per lungo tempo la dovuta importanza a questa battaglia, di carattere offensivo per le truppe borboniche.
Ai borbonici, bene armati ed equipaggiati, con buoni ufficiali e soldati, venne meno l’abilità dei capi, a differenza dei volontari, mal preparati, ma comandati da militari capaci e di grande ascendente, a cominciare da Garibaldi, che mostrò un meraviglioso intuito tattico. I borbonici perdettero giorni preziosi prima di attaccare, a tutto vantaggio dei garibaldini che ebbero tempo di rafforzarsi sul terreno.
Dopo le scaramucce del 26 e 29 settembre, il 30 i borbonici tentarono una dimostrazione con il passaggio del fiume a Triflisco, per puntare su Santa Maria a Vologno, ma furono arrestati dal fuoco di due compagnie della Brigata Spangaro, attestate a San Iorio. Finalmente il primo ottobre il maresciallo Ritucci, che comandava i borbonici riuniti a Capua e in parte sulla destra del Volturno sino a Caiazzo, si decise ad attaccare con l’intento di muovere frontalmente con due divisioni, la Afan de Rivera e la Tabacchi, sul centro garibaldino a Sant'Angelo in Formis e a Santa Maria a Vico, raggiungere Caserta e di qui dirigersi su Napoli.
Due colonne laterali dovevano cooperare all’azione.
Le truppe di Garibaldi occupavano un fronte assai esteso, di ben venti chilometri, allo scopo di proteggere le numerose comunicazioni per Napoli e Caserta, ed avevano la destra a Sant’Angelo i Medici e a Santa Maria gli uomini di Milbitz, il centro a nord di Caserta i volontari Sacchi per la riserva con il quartier generale di Garibaldi i volontari Turr. L’azione iniziò ad ovest da parte dei borbonici che, incoraggiati dalla presenza del re Francesco II e dei conti di Trapani e di Caserta, fecero ripiegare gli avamposti garibaldini ed ottennero qualche buon successo. Garibaldi messosi alla testa di una compagnia e con i volontari di Medici, riuscì a stabilire la situazione.
Intanto si continuava con accanimento a combattere a Santa Maria, dov’era ferito lo stesso generale Milbitz e si segnalava la presenza della cavalleria ungherese del maggiore Scheiter accorsa da Caserta insieme alla brigata Eber della riserva Turr.
Alle ore 18 i borbonici erano costretti a ripiegare facendo ripristinare la linea garibaldina, Santa Maria-Sant’Angelo. Nel frattempo si combatteva aspramente pure sulle colline più a est da Monte Tifata a Monte Viro e a Castel Morrone, dove cadeva eroicamente il Bronzetti alla testa del 1° Battaglione Bersaglieri, che andò distrutto.
Un altro combattimento assai importante e di maggiori proporzioni si svolgeva frattanto ad est, ai Ponti della Valle, sulla via per Maddaloni. Il settore era affidato a Nino Bixio, il quale si dichiarò deciso a morirvi prima di lasciarlo.
Le truppe garibaldine il primo di ottobre vennero attaccate dalla brigata estera del generale von Mechel, nel primo scontro quest’ultimo perdeva il proprio figlio che ricopriva il grado di tenente.
Di fronte all’impeto delle truppe borboniche, bavaresi e svizzeri, Bixio dovette retrocedere oltre il Monte Caro, che alla sera venne ripreso dal colonnello Dezza con i battaglioni Bersaglieri Menotti e col battaglione Bersaglieri Taddei, ricacciando definitivamente von Mechel a nord oltre Ducenta.
La battaglia si poteva dire vinta, non rimaneva che la colonna borbonica del colonnello Perrone, rimasto isolato presso Caserta con circa tremila uomini. Venne attaccata il due mattina, di fronte ed alle spalle, dalle truppe garibaldine con il concorso del 1° Battaglione Bersaglieri regolari piemontesi, del maggiore Soldo.
Si chiudeva così la battaglia più grande e decisiva delle battaglie garibaldine.
Le perdite furono, per i garibaldini: 306 morti, 1328 feriti, 389 prigionieri. Per i borbonici: 308 morti, 820 feriti, 2160 prigionieri.
[modifica] Bibliografia
- Stato Maggiore Esercito – Ufficio Storico. Cesari Cesare. La campagna di Garibaldi nell’Italia Meridionale. (1860). 1928, Libreria dello Stato, Roma;
- Stato Maggiore Esercito – Ufficio Storico. Scritti sul 1860 nel centenario. 1960, Regionale, Roma;
- Stato Maggiore Esercito – Ufficio Storico. Garibaldi jr. Giuseppe. La battaglia del Volturno. 1981, Regionale, Roma;
- Stato Maggiore Esercito – Ufficio Storico. Il generale Giuseppe Garibaldi. 1982, Stilografica, Roma.