Chiesa di San Gregorio Armeno
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La Chiesa di San Gregorio Armeno, con il relativo complesso conventuale, è ubicata nell'omonima strada del centro antico di Napoli (vedi foto a lato), resa caratteristica dalle famose botteghe di pastori e artigianato sacro.
È anche conosciuta volgarmente con il nome di Chiesa di Santa Patrizia.
Indice |
[modifica] La Chiesa
[modifica] Storia
Sorge sull'omonima via, l'antica Strada Nostriana che prende il nome dal vescovo, Nostriano appunto che nel V secolo fondò il primo ospedale per i poveri ammalati.
La chiesa sarebbe stata edificata sulle rovine del tempio di Cerere attorno al 930, nel luogo che secondo la leggenda avrebbe ospitato il monastero fondato da Sant'Elena Imperatrice, madre dell'imperatore Costantino.
Altra leggenda vuole la presenza nel luogo di un monastero di monache basiliane, seguaci di santa Patrizia che vi si sarebbero stabilite dopo la morte della santa, conservando le reliquie di san Gregorio Armeno (che fu patriarca di Armenia dal 257 al 331).
Nel 1009, in epoca normanna, il monastero fu unificato a a quello dedicato a San Pantaleone, assumendo la regola benedettina.
Dopo il Concilio di Trento, a partire dal 1572, il complesso subì un profondo rifacimento ad opera di Gian Vincenzo Della Monica e Gian Battista Cavagni, con la chiesa collocata al centro del convento.
Ulteriori rifacimenti ad opera di Dionisio Lazzari furono del 1682.
[modifica] La facciata
La facciata, seppur leggermente spoporzionata, presenta quattro lesene toscane che le conferiscono armonia di forma e struttura con tre finestroni in arcate in un primo tempo sormontate da un timpano e successivamente da un terzo ordine architettonico.
L'atrio, severo e scuro, regge il piano del coro con quattro pilastri e le relative piccole volte ad essi collegati.
Il portale principale presenta dei bellissimi battenti disegnati con originali linee di ispirazione classica ed eseguiti nel 1792. In ciascuno degli scomparti dei tre battenti figurano rispettivamente, intagliati a rilievo, San Lorenzo, Santo Stefano e gli Evangelisti.
Superando l'atrio, si notano ai lati della porta le iscrizioni che ricordano l'anno di consacrazione della chiesa nel 1579 e la dedicazione al santo armeno. In una terza lapide è menzionata la visita di Pio IX del 1849.
[modifica] L'interno
L'interno presenta una navata unica con quattro cappelle laterali e cinque arcate per ciascun lato che termina con un abside a pianta rettangolare, sormontata da una semicupola decorata con La gloria di San Gregorio di Luca Giordano.
Di straordinaria fattura è il soffitto a cassettoni realizzato nel 1580 dal pittore fiammingo Teodoro D'Errico su commissione della badessa del convento Beatrice Carafa, i cui scomparti con intagli dorati allocano tavole con la raffigurazione della vita dei santi le cui reliquie sono custodite nel complesso conventuale.
Nelle quattro cappelle laterali destre vi sono, tra l'altro, L'Annunciazione di Pacecco De Rosa, la Vergine del Rosario di Nicola Malinconico e notevoli affreschi di Francesco De Maria. Sul lato sinistro si può ammirare invece un superbo San Benedetto attribuito allo Spagnoletto.
L'altare maggiore è opera di Dionisio Lazzari con una bella Ascensione di Giovan Bernardo Lama nel presbiterio.
Sulla sinistra, il comunichino del 1610: da qui la badessa del convento soleva ascoltare la messa e consentiva alle monache di ricevere la Comunione.
L'ambiente interno conserva ancora oggi la Scala santa che, fino al secolo scorso le monache erano obbligate a salire in ginocchio tutti i venerdì del mese di marzo come forma di penitenza.
[modifica] Il monastero
Uscendo dalla chiesa, dal lato dell'omonima via resa caratteristica per le botteghe di pastori e sormontata dal cavalcavia di connessione tra i due conventi poi trasformato in campanile, si accede al chiostro ed al convento, opera dell'architetto Vincenzo Della Monica.
Il complesso, importante anche per la presenza di un ricco archivio, presenta un chiostro, tra i più belli e suggestivi della città, nel quale si affacciano gli alloggi a terrazza delle monache (le Suore Corocifisse o di Santa Patrizia, che ivi attendono alla confezione delle ostie ed alla preparazione del vino bianco per la Santa Messa).
Al centro, una grande fontana marmorea barocca, affiancata da due statue settecentesche che raffigurano Cristo e la Samaritana (opera di Matteo Bottigliero).
Dal chiostro si accede a due cappelle, in una delle quali si conserva una tela di autore ignoto che raffigura L'Adorazione della Vergine. Nell'altra, la Cappella dell'Idria (unico reperto del convento medievale, sebbene ridecorato nel XVIII secolo), sono presenti diciotto dipinti di Paolo De Matteis sulla Vita di Maria. Sull'altare maggiore, inoltre, campeggia l'icona orientale della Madonna dell'Idria. La struttura è l'unico reperto del Convento medioevale.
Sulla sinistra dell'ingresso si accede al Coro delle monache e da qui al cosiddetto Corridoio delle monache, attraverso il quale le fanciulle che prendevano i voti portavano in dote opere d'arte quale segno di devozione. Sempre in uno degli ambienti interni, c'è Il "Salottino della Badessa in puro stile rococò.
[modifica] Il miracolo di Santa Patrizia
Dal 1864 le spoglie della Santa furono traslate nella chiesa, a suggello della devozione dei napoletani per la vergine, discendente dell'imperatore Costantino che nel IV secolo naufragò sulle coste della città, prendendo alloggio nell'antico convento basiliano, dove sarebbe morta il 13 agosto del 365.
Nella quinta cappella a destra della navata, vi sono le reliquie della Santa, contenute in un pregevole reliquiario in oro e argento.
Le doti miracolose di Santa Patrizia, già note nel secolo XII, per il trasudamento della manna che sarebbe avvenuto dalle pareti sepolcrali che custodivano il corpo della Santa, ed in seguito per la liquefazione del sangue, hanno trovato a Napoli nei secoli ed ancora oggi, eco minore rispetto a quelle del più celebre patrono della città San Gennaro.
Tuttavia, capitando di imbattersi per caso nella chiesa, un martedì mattina, si può assistere, in un atmosfera di rarefatto misticismo, al prodigio che avverrebbe in seguito alle impetrazioni delle monache.
Il prodigio, a differenza di quello di San Gennaro, avrebbe avuto luogo negli anni in modi e tempi diversi, ma secondo la tradizione, i martedì e il giorno della festa di Santa Patrizia, il 25 agosto.
Nella chiesa avverrebbero o sarebbero avvenute anche altre liquefazioni di santi celebri: San Giovanni Battista (il 29 agosto e talvolta il 24 giugno) e San Pantaleone (l'ultimo sarebbe avvenuto il 27 giugno del 1950).
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