Francesco Foscari
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Francesco Foscari (1373 – Venezia, 1 novembre 1457) è stato un doge veneziano.
Fu il sessantacinquesimo doge della Repubblica di Venezia.
Francesco Foscari nacque in Egitto dove suo padre era stato esiliato. A 18 anni giunse per la prima volta a Venezia. Al servizio della Repubblica fece una veloce e brillante carriera: all'età di 27 anni diventò senatore, a 31 anni membro del Consiglio dei Dieci e a 45 procuratore della Repubblica di San Marco. Fu ambasciatore di Venezia presso l'imperatore Sigismondo e presso il sultano Maometto I e operò come tutore di Gian Francesco Gonzaga.
Stando alle dichiarazioni dei contemporanei egli era un brillante oratore con un'eccellente memoria e con una grande capacità di persuasione.
Fu eletto a quarantanove anni il 15 aprile 1423 e grazie a lui la Repubblica di Venezia ebbe il dogato più lungo (più di 34 anni) e con la maggiore espansione territoriale della sua storia.
La sua reggenza fu caratterizzata da guerre (prima coi Visconti e poi coi Turchi), da lotte interne tra le grandi famiglie e da calamità naturali come la siccità (1424), le molte maree, la gelata della laguna (1431) che paralizzò la città per mesi, il terremoto (1451) ed infine la peste che gli uccise quattro degli undici figli.
Nel 1430 Andrea Contarini, provocato dai Loredan, attentò alla vita del doge, pugnalandolo.
Nel 1450 Jacopo, l'unico figlio ancora in vita, fu accusato dell'assassinio di Almorò Donà; nonostante la totale assenza di prove Jacopo fu esiliato ma tentò di ritornare in patria. Il Consiglio dei Dieci scoprì il complotto, processò Jacopo e lo condannò ad un anno di carcere. Il Doge non intercesse per il figlio e questi morì nel 1457.
Da questa vicenda venne tratta l'opera di Giuseppe Verdi I due Foscari. Il Doge non riscuoteva più la simpatia di alcune famiglie, in quanto le lunghe guerre avevano impoverito le casse dello stato. Con la debole accusa di non presenziare alle sedute, nel 1457 tre nobili del Consiglio dei Dieci si recarono a casa sua e gli tolsero il corno ducale e spezzarono l'anello ordinandogli di abdicare, pena la confisca di tutti i beni. Il vecchio doge, ormai esausto ed umiliato si ritirò nella sua casa dove spirò sette giorni più tardi. A causa dell'agitazione delle famiglie rimaste fedeli al doge il Consiglio impose alla moglie, contraria all'ipocrisia, i funerali di stato.
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