Furyo
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Titolo originale: | Merry Christmas Mr. Lawrence |
Paese: | Gran Bretagna, Giappone |
Anno: | 1983 |
Durata: | 124' |
Colore: | colore |
Audio: | sonoro |
Genere: | drammatico, guerra |
Regia: | Nagisa Oshima |
Soggetto: | Nagisa Oshima, Paul Mayersberg |
Sceneggiatura: | Nagisa Oshima |
Produzione: | Terry Glinwood, Masato Hara, Jeremy Thomas |
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Fotografia: | Toichiro Narushima |
Montaggio: | Tomoyo Oshima |
Effetti speciali: | Kevin Chisnall |
Musiche: | Ryuichi Sakamoto |
Scenografia: | Jusho Toda |
Trucco: | Antony Clavet |
Si invita a seguire lo schema del Progetto Film |
Furyo è un film anglo-giapponese-neozelandese diretto da Nagisa Oshima nel 1983, con Ryuichi Sakamoto, David Bowie, Tom Conti, Jack Thompson, Takeshi Kitano e Johnny Okura.
[modifica] Commento
In una scena della pellicola uno dei protagonisti, un ufficiale britannico prigioniero dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale dice, con disperata e caparbia energia, che non vuole ridursi a odiare ogni giapponese. Egli dice queste parole mentre viene crudelmente percosso dai suoi carcerieri, che infieriscono su di lui con disgustosa brutalità, obbedendo ad un antico codice di spietatezza e di violenza rituale.
Il prigioniero seviziato resiste alla più pericolosa delle tentazioni, quella che induce un uomo a identificare il male commesso da alcuni individui con l’intero popolo cui essi appartengono, con la loro razza, con la loro civiltà; chi cede a questa tentazione cade in balia di un odio cieco e ottuso, che gli toglie ogni facoltà di giudizio e ogni capacità di distinguere, ogni libertà dell’intelligenza e del sentimento, ogni possibilità di dialogare con gli uomini.
Questo furore lo rende prigioniero della bestialità, non meno di quanto lo siano i suoi abbietti persecutori che gli hanno instillato, con la loro sopraffazione, il veleno dell'odio.
I violenti, diceva Manzoni, sono responsabili non solo del male che fanno alle loro vittime, ma anche del pervertimento cui essi le inducono, trascinandole a commettere a loro volta il male. L'ufficiale, nel film di Oshima, resiste a questa tentazione dell'odio indiscriminato nel momento più difficile, ossia nel momento stesso in cui subisce una violenza; egli mormora quelle sue parole sotto i colpi dei suoi aguzzini.
Oshima è un grande artista, e non un facile predicatore; con la sobrietà epica dei veri narratori, che fanno parlare i fatti senz’avere bisogno di commentarli con enfasi didattica, egli lascia che lo spettatore viva da solo la complessità di quel processo morale e psicologico, assistendo al film e venendone inconsapevolmente coinvolto, come si assiste alla vita e si viene coinvolti, spesso senza saperlo, nelle sue contraddizioni.
Lo spettatore ad un tratto si accorge, con turbamento, della torva e indifesa oscurità che c’è in lui stesso, di quanto anch’egli sia esposto ai selvaggi e regressivi impulsi di ritorsione incontrollata, all’eccitazione della vendetta.
Assistendo alle violenze inflitte dai soldati giapponesi ai prigionieri inglesi, egli avverte che qualcosa, nel fondo lutulento della sua persona, si compiace al pensiero della sconfitta giapponese, con le sue ecatombe e le sue tragedie, con le sue città distrutte, alla fine della seconda guerra mondiale, da una barbarie forsennata e senza nome. Si accorge che anch'egli, potenzialmente, può essere preda della spirale della vendetta e divenire un suo cieco strumento; anch'egli, come ogni uomo, può diventare complice e apologista della barbarie più abbietta.
[modifica] Voci correlate
- David Bowie
- Omosessualità nel cinema
- Ryuichi Sakamoto
- Tabù (film 1999)