Gomma (materiale)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La gomma (elastomero) è un materiale caratterizzato dalla possibilità di essere allungato notevolmente e poter poi tornare rapidamente alla lunghezza iniziale (elasticità). Vi sono attualmente in commercio due tipi di gomme: quelle naturali e quelle sintetiche.
- Le gomme naturali, secondo la normativa UNI 7703, si ottengono coagulando il lattice ricavato da piante tropicali (in particolare Hevea brasiliensis) e raccolte tramite incisione del tronco della pianta. Hanno ottime caratteristiche meccaniche, ma scarsa resistenza agli agenti atmosferici, alla temperatura ed a molti composti chimici.
- Le gomme sintetiche vengono prodotte a partire da semplici idrocarburi generando tramite polimerizzazione lattici artificiali successivamente coagulati, sono attualmente disponibili molti elastomeri artificiali, aventi caratteristiche meccaniche e di resistenza chimica assai diversificate.
Le gomme sintetiche di più antico impiego sono la gomma stirolo e la gomma nitrile, dette anche BUNA-S e BUNA-N. Normalmente i lattici coagulati non vengono utilizzati tal quali, ma vengono sottoposti a vulcanizzazione, che consiste in un trattamento a caldo della gomma miscelata con opportuni additivi, quali zolfo, nerofumo, cariche inerti, plastificanti ecc, la miscela da vulcanizzare si dice mescola. Durante questa operazione si ha la reticolazione della gomma, cioè si creano legami tra le catene molecolari che ne impediscono lo scorrimento reciporoco, la gomma perde così la plasticità e l'appiccicosità. Durante la vulcanizzazione il manufatto assume la forma definitiva. A seconda del tipo di oggetto che si vuole ottenere, la vulcanizzazione si effettua in stampi chiusi (stampaggio), o tra cilindri rotanti (calandratura), o in estrusori. La gomma si può trovare in commercio sotto forma di stampati, trafilati e fustellati ottenuti da fogli. Le gomme sono ampiamente utilizzate per attenuare vibrazioni (per esempio nelle ruote, nelle sospensioni e negli ammortizzatori), per guarnizioni di tenuta, per elementi di appoggio autobloccanti, tappeti antiscivolo ecc.
Classificazione dei principali elastomeri:
- polimeri e copolimeri dienici
- polimeri dell'isoprene (gomma naturale)
- polibutadiene; gomma stirolo, gomma nitrile; copolimeri butadiene-vinilpiridina
- polimeri del clorobutadiene (neoprene)
- polimeri e copolimeri di monoolefine
- polimeri dell'isobutene
- elastomeri da polietilene
- elastomeri da fluoro-olefine
- elastomeri acrilici
- polimeri e copolimeri dell'acrilato di etile e dell'acrilato di butile
- polimeri dei fluoroacrilati
- gomme al polisolfuro
- gomme poliestere
- gomme siliconiche
[modifica] Caratteristiche dei principali elastomeri
[modifica] Polimeri dell’isoprene (gomma naturale o caucciù)
Lattici gommosi si possono ottenere da numerose piante: se ne contano più di trecento, tutte viventi nei territori tropicali situati fra il 15mo parallelo Nord e il 15mo parallelo Sud. Quelle di effettivo interesse industriale, tuttavia, sono solo alcune Euforbiacee (Hevea Brasiliensis, Hevea Guayanensis, Manibot Glaziovii, originarie dell'America Centro-Meridionale), Apocinacee (Funtumia Elastica e diverse Landolphia dell'Africa occidentale), Moracee (Ficus Elastica, dell'Asia, e Castilloa Elastica, del Messico) e Composite (Parthenium Argenteum, o guaiole, oriunda del Messico e del Texas).
Quella di gran lunga più importante è Hevea brasiliensis, originaria del bacino del Rio delle Amazzoni (Parà), attualmente coltivata in tutte le regioni tropicali e sub-tropicali adatte, che da sola fornisce circa il 90% della produzione mondiale di gomma naturale.
La gomma naturale, pur avendo molte utili proprietà, presenta anche alcuni inconvenienti. Un tempo i manufatti di gomma risultavano appiccicaticci e maleodoranti, rammollivano con il caldo e indurivano con il freddo. Si cercò allora, mediante trattamenti meccanici e miscele di opportuni additivi, di render stabili le proprietà della gomma. Un primo successo si ottenne con il masticatore a cilindri concentrici di Th. Hancock che, snervando il materiale, lo rendeva plastico e idoneo ad assorbire gli additivi (1820); ci si rivolse quindi alla ricerca di metodi di lavorazione chimico-fisici delle mescole e, con solventi idonei (etere, trementina, petrolio), si giunse a ottenere soluzioni gommose relativamente stabili adatte a impermeabilizzare tessuti (Ch. MacIntosh, 1823) e a ottenere fili elastici (Th. Hancock, 1837).
La completa stabilità delle proprietà della gomma fu ottenuta nel 1839 da Charles Goodyear che inventò la vulcanizzazione (L'artista William Brodecken coniò il termine di "vulcanizzazione" ispirandosi al nome del Dio del fuoco, Vulcano), un processo mediante il quale si creano delle reticolazioni fra le catene polimeriche per riscaldamento della gomma in presenza di zolfo. Le reticolazioni aumentano la resistenza della gomma e fungono in un certo senso da "memoria" che aiutano il polimero a riprendere la forma originale dopo uno stiramento.
Nonostante queste migliorie, rimanevano da risolvere alcuni problemi. In passato, ad esempio, si doveva controllare la pressione dell'aria dei pneumatici dell'automobile quasi ogni volta che si faceva benzina, a causa della scarsa tenuta dovuta alla porosità della gomma delle camere d'aria. C'era quindi la necessità di mettere a punto una gomma sintetica, ossia un polimero modificato chimicamente, dotato di proprietà simili a quelle della gomma naturale, ma con prestazioni superiori.
L'organizzazione di una piantagione di Hevea richiede notevoli capitali, sia per la vastità dei terreni necessari sia per la preparazione di questi, la semina, il trapianto delle piantine; così pure la raccolta del lattice è assai complessa e richiede l'impiego di personale specializzato.
Ciascuna pianta produce quasi 3 Kg di gomma essiccata all'anno e di norma viene sfruttata a partire dal 7mo e fino al 34mo anno di età, alternando periodi di produzione a periodi di riposo.
In media su 1 ettaro si piantano 250 a 300 alberi e la relativa produzione si aggira quindi sui 500/600 Kg annui di caucciù, ma in taluni casi, con culture particolarmente selezionate, si possono raggiungere i 2000 Kg/ettaro.
L'estrazione del lattice si ottiene incidendo un sottile e stretto strato di corteccia con un apposito coltello lungo un tracciato per lo più a lisca di pesce, ossia con una linea centrale longitudinale e varie altre oblique a essa convergenti da ambo i lati; il lattice che cola da i diversi tagli si raccoglierà alla base del tratto verticale con un apposito recipiente fissato al fusto.
L'operazione viene ripetuta periodicamente su ciascuna pianta, ma sempre in zone diverse, avendo cura di non ritornare su un tracciato già eseguito prima di 6-7 anni.
Appena raccolto, il lattice è additivato di acido formico o acido acetico o ammoniaca o solfito di sodio per impedirne la coagulazione e inviato allo stabilimento di lavorazione. Sul mercato è immesso sia il concentrato di lattice sia la gomma essiccata. Il concentrato, al 60% in caucciù, è ottenuto per semplice centrifugazione e ulteriore addizione di ammoniaca ai fini della preservazione.
Il lattice estratto dalle piante viene coagulato con fumi di legni resinosi per ottenere la “para”, oppure con aggiunta di acido acetico o acido formico e successivamente essiccate a caldo per ottenere il “crèpe”.
La gomma essiccata si ricava per diluizione del lattice al 15% e acidificazione con acido formico con conseguente coagulazione e precipitazione sul fondo; un successivo passaggio attraverso una calandra a cilindri rotanti le impartisce la forma di fogli lisci o crespati. Il prodotto è poi inviato all'essiccamento in stufe in presenza di fumo di legna. Negli ultimi tempi la gomma è stata immessa sul mercato anche sotto forma di balle ricavate per granulazione del coagulo, essiccamento e compressione in stampi.
La gomma essiccata, in balle, se ha subito un lungo processo di immagazzinamento che può aver indotto cristallinità, viene tagliata e riscaldata a 30°C e quindi inviata ad un masticatore dove viene sminuzzata sia per poterla mescolare ad altre qualità di gomma sia per ridurne la viscosità che durante l'immagazzinamento può essersi eccessivamente innalzata a causa dei processi di reticolazione. Segue una fase di miscelazione che permette l'addizione di tutti quei componenti atti a impartire la resilienza e la resistenza meccanica proprie della gomma: i riempitivi per diminuire il costo e impartire resistenza meccanica (carbon black, silicato d'alluminio); antiossidanti e antiozonanti (arilammine, fenoli, diarilammine) per ridurre l'effetto dell'invecchiamento; plastificanti (acido stearico); oli per diminuire la viscosità; composti di zolfo e acceleranti necessari per la vulcanizzazione.
Questi semilavorati vengono poi vulcanizzati con zolfo e rinforzati con nerofumo per ottenere il prodotto finale, che presenta le migliori caratterisriche meccaniche (carico di rottura, allungamento a rottura, resa elastica, resistenza alla lacerazione ed all’abrasione) rispetto a tutte le altre gomme; la resistenza chimica è buona solo rispetto ai solventi polari, ma scarsa per gli idrocarburi e per l’ossigeno.
Per sovravulcanizzazione si ottiene l'ebanite, sostanza rigida e fragile, assai resistente agli agenti chimici.
[modifica] Gomma stirolo (o stirene)
Hanno discrete caratteristiche meccaniche, sono utilizzate, per il loro basso costo, in applicazioni non impegnative in sostituzione della gomma naturale. La sigla identificativa per queste gomme è SBR.
[modifica] Gomma nitrile
Mostrano elevata resistenza all’azione degli idrocarburi alifatici (meno a gli aromatici), dei solventi non polari, degli oli e dei grassi, e resistenza alla temperatura anche fino a 160°C. Sono sensibili all’ossidazione. Le gomme nitriliche secondo la ISO 1629 sono identificate dalla sigla NBR.
[modifica] Copolimeri butadiene-vinilpiridina
Hanno caratteristiche analoghe alle nitriliche, ma comportamento assai migliore alle basse temperature (al di sotto di –30°C)
[modifica] Polimeri del clorobutadiene (neoprene)
Hanno caratteristiche meccaniche legermente inferiori a quelle della gomma naturale, ma miglior resistenza all'ossidazione, agli idrocarburi alla temperatura. Il mix di caratteristiche, pur se ciascuna in assoluto non eccellente, li rende adatti a moltissime applicazioni.
[modifica] Polimeri dell'isobutilene
Il più usato è un copolimero con piccole quantità (max. 5%) di isoprene, che prende il nome di "gomma butile", le mescole basate su questo polimero hanno resistenza a trazione modesta, ma buona resistenza all'abrasione, al taglio, alla temperatura e soprattutto permeabilità ai gas particolarmente bassa, pertanto sono usate per fabbricare camere d'aria, membrane per autoclavi, isolanti per cavi ecc.
[modifica] Elastomeri da polietilene
Si usano soprattutto due famiglie di materiali:
Un polimero ottenuto per solfoclorurazione del polietilene (HYPALON), dotato di buona resistenza alla trazione, buon comportamento a freddo e a caldo, ottime resistenza all'ossidazione.
I terpolimeri butadiene-etilene-propilene (EPDM), che hanno avuto una larga diffusione in quanto, a fronte di costi contenuti, offrono discrete caratteristiche meccaniche, buona resistenza alla temperatura ed ai solventi polari e, soprattutto, insensibilità all'ossidazione.
[modifica] Elastomeri da fluoro-olefine
I composti organici altamente fluorurati sono caratterizzati da elevatissima resistenza chimica, il Teflon (tetrafluoro etilene omopolimero) ne è un ottimo esempio, ma le sue varatteristiche sono più quelle di una materia plastica che di un elastomero. Alcuni copolimeri di perfluoropropilene (VITON) presentano discrete caratteristiche meccaniche, ottima resistenza alla temperatura (inferiore solo alle gomme siliconiche)e al creep,e soprattutto resistenza alle aggressioni chimiche e agli idrocarburi anche aromatici che non ha paragoni, la resistenza non è buona nei confronti dei solventi polari (acetone ecc) . La vulcanizzazione non si effettua con i metodi tradizionali, ma con perossidi e sali metallici, inoltre sono molto costosi.
[modifica] Elastomeri acrilici
Polimeri e copolimeri dell'acrilato di etile e di butile: Hanno buona resistenza all'ossigeno e all'ozono anche a temperature elevate, e alla degradazione da raggi UV, sono utilizzati specialmente per rivestimenti e per conferire resistenza all'urto ad alcune materie plastiche.
Polimeri da fluoroacrilati: Hanno buona resistenza a carburanti, lubrificanti, fluidi idraulici. Sono assai costosi e utilizzati prevalentemente in applicazioni aeronautiche
[modifica] Gomme al polisolfuro
Questi materiali (Thiokol) sono preparati per reazione tra cloruro di etilene e un polisolfuro di sodio e vulcanizzati generalmente con ossido di zinco. Hanno un'ottima resistenza agli olii ma caratteristiche meccaniche alquanto scadenti. Gli impieghi principali sono il rivestimento dei rulli da stampa, dei tubi per adduzione olio o carburante, il rivestimento dei serbatoi autosigillanti per aerei militari. Una interessante applicazione è quella degli adesivi-sigillanti bicomponenti, autovulcanizzanti a freddo, impiegati ad es. per la sigillatura dei giunti stradali.
[modifica] Gomme poliestere
Sono ottenute per copolimerizzazione tra poliesteri lineari (che hanno catene molecolari relativamente corte)e diisocianati (che legano le estremità delle catene suddette), vulcanizzando il tutto con perossidi. I materiali che si ottengono (Vulkollan, Adiprene, Vulcaprene ecc) hanno ottima resistenza alla trazione, allo strappo, all'abrasione, resistono all'aria a temperatura elevata (non quanto i fluorurati), e sono trasparenti.
[modifica] Gomme siliconiche
Hanno natura diversa da quella di tutti gli altri elastomeri, in quanto, le loro molecole non sono catene di atomi di carbonio, ma di silicio e ossigeno alternati, cui si collegano gruppi laterali alchilici. La principale caratteristica è l'estrema resistenza alle temperature, infatti non si alterano fino a 250°C e mantengono l'elasticità fino a -150°C. Inoltre resistono ottimamente all'ossigeno e all'ozono anche a caldo. Le caratteristiche meccaniche sono limitate, la resistenza agli idrocarburi clorurati e ai solventi ossigenati è bassa. La presenza di nerofumo causerebbe lo sviluppo di gas ad alta temperatura e favorirebbe la combustione, pertanto vengono utilizzati solo rinforzanti e cariche minerali (silice, caolino, carbonato di calcio). La vulcanizzazione si esegue spesso per irraggiamento con particelle ad alta energia.
Poiché gli elastomeri siliconici presentano
- estrema resistenza alle alte e basse temperature
- assenza di componenti che tendano ad evaporare o rilasciare gas
- ottime caratteristiche dielettriche
- resistenza all'ossidazione, all'idrolisi e all'azione di molti microorganismi
- discreta resistenza chimica
- anellergenicità
sono utilizzati per apparecchiature medicali, protesi, giocattoli, maschere, isolanti elettrici, guarnizioni.
[modifica] Lavorazione della gomma
IL ciclo di lavorazione che porta dal polimero al prodotto finito può essere suddiviso in quattro fasi:
- lavorazione preparatoria del polimero, o masticazione
- mescola
- formatura
- vulcanizzazione
La lavorazione o masticazione ha lo scopo di rendere l'elastomero molle e plastico, abbassandone il peso molecolare, cosicché sia più facile incorporare gli additivi e le cariche. Si esegue in mescolatori chiusi a ruote dentate (Banbury), in macchine a cilindri o in estrusori (Gordon). La temperatura tende a innalzarsi e deve essere mantenuta attorno a 100-120°C mediante raffreddamento.
La mescola si esegue nella stessa macchina, aggiungendo nell'ordine e nelle quantità prestabilite i vari additivi quali cariche, rinforzanti, stabilizzanti, protettivi, antiossidanti, plastificanti, l'agente vulcanizzante e i relativi acceleranti. Nel frattempo si procede con la masticazione per ottenere una massa omogenea.
La formatura si fa per
- calandratura per le lastre,
- estrusione per tubi e profilati
- stampaggio a compressione o stampaggio a trasferimento o stampaggio a iniezione per pezzi di forma più complicata
Durante la calandratura o l'estrusione la temperatura viene mantenuta intorno ai 100°C per mantenere plastico il materiale; nello stampaggio la formatura è contemporanea alla vulcanizzazione.
La vulcanizzazione consiste nel portare l'articolo a temperatura di 140°-180°C e mantenerlo per un tempo che, in dipendenza della mescola e delle dimensioni dell'articolo, può variare da 1 a 30 minuti primi.
Gli estrusi e i calandrati vengono riscaldati per azione di aria calda o di vapore surriscaldato, oppure per immersione in acqua surriscaldata o in sali fusi. In certi casi si utilizza il riscaldamento a radiofrequenza o con radiazioni ad alta energia.
Nello stampaggio si usa riscaldare lo stampo (o i piani della pressa che lo contiene) con vapore.