Kharaj
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Il kharāj (dal greco koreghìa, χορηγία, per l'intermediazione del siriaco) è l'imposta che gli Arabi musulmani applicarono, fin dalle prime fasi della loro conquista della Siria, Palestina, Mesopotamia ed Egitto, alle terre appartenenti alle popolazioni sottomesse al loro governo.
Inizialmente tale imposta era dovuta dal proprietario che aveva il diritto di conservarla purché appartenente all'Ahl al-Kitāb (israeliti, cristiani, zoroastriani o Sabei) e purché in regola, appunto, col pagamento del kharāj. Nulla era invece dovuto dai musulmani che avessero acquisito simili terre in ragione della conquista militare operata, sia che l'avessero strappata a un proprietario non "proteggibile" (dhimmī) sia che l'avessero avuta in assegnazione come bottino di guerra in assenza del proprietario, fuggito o ucciso nel corso delle guerre di conquista.
Le conversioni che cominciarono a prodursi nel corso dello stesso VII secolo e, ancor di più, nel corso del secolo successivo, crearono enormi problemi all'erario islamico (bayt al-māl) perché diventare musulmani faceva decadere dall'obbligo del versamento del kharāj, essendo il musulmano tenuto al solo pagamento della zakāt.
Questo creò un paradossale atteggiamento delle autorità musulmane, tutt'altro che liete di assistere a conversioni massicce che provocavano un vero e proprio dissesto economico alla Umma, tanto da giungere a forme di divieto di conversione e ad azioni di forza per rintracciare i contadini - convertiti o meno - che avessero cercato rifugio e nuove occasioni di lavoro in città anche assai lontane dai loro luoghi di origine ("campione" di questa politica fu il wālī di Kufa al-Ḥajjāj ibn Yūsuf, senza dimenticare che numerosi proprietari appartenenti all'Ahl al-Kitāb preferirono sovente vendere i propri terreni a musulmani, incassando un controvalore non tassabile, anche a prezzi assai convenienti per gli acquirenti.
Tale problema - ragione fondamentale della successiva "rivoluzione abbaside" - sarà risolto solo all'epoca del Califfo Hārūn al-Rashīd, allorché il giurista Abū Yūsuf Ya‘qūb approntò su indicazione califfale un testo diventato fondamentale per la disciplina di tale imposta: il Kitāb al-kharāj (Il libro del kharāj), nel quale si proponeva che l'imposta non fosse più condizionata dalla fede del proprietario, trasformando il kharāj a una vera e propria imposta fondiaria.
[modifica] Bibliografia
- Joseph Schacht, The Origins of Muhammadan Jurisprudence, Oxford, Oxford U.P., 1950.
[modifica] Collegamenti
- jizya
- zakāt
- dhimmī
- Ahl al-Kitāb
- al-Ḥajjāj ibn Yūsuf
- Hārūn al-Rashīd
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