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Laurea triennale - Wikipedia

Laurea triennale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Con l'espressione laurea triennale (detta in altri paesi europei "Bachelor") si fa riferimento al titolo principale rilasciato dalle università, individuato come di primo grado accademico dalla convenzione di Bologna, recepita in Italia dalla riforma Berlinguer - Zecchino. Il modello della convenzione di Bologna mutua dal mondo angloamericano e dalle università pontificie, dove è sempre esistita un'articolazione degli studi per cicli.

Il titolo si chiama in realtà semplicemente "laurea", ma sono molto diffuse le denominazioni improprie di "laurea triennale", "laurea di primo livello", "laurea di base" e "laurea breve", questo perché le università stanno continuando a licenziare, ad esaurimento, laureati secondo gli ordinamenti previgenti (a séguito di corsi di durata quadriennale, quinquennale ed esennale, non previsti, se non in casi particolari detti "cicli unici", dalla nuova normativa), che per distinguersi usano chiamare i loro titoli (che in realtà si chiamano "diplomi di laurea" ai sensi della legge 341/1990) "lauree quadriennali" e "lauree quinquennali" (a seconda della durata legale dei corsi di studi relativi).

Indice

[modifica] La nascita

La sperimentazione della riforma è partita nell'anno accademico 2000-2001, limitatamente ad alcuni corsi, in alcune università, tra cui il Politecnico di Milano e l'ateneo patavino, mentre a partire dall'anno successivo è entrata a regime. Alcune università (per esempio l'Università degli studi di Perugia per il corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria e l'Università Tor Vergata per quello in Giurisprudenza) hanno richiesto e ottenuto deroghe al Ministero al fine di continuare ad attivare corsi secondo il previgente ordinamento, ma si è trattato di casi isolati, tanto che già nell'anno accademico 2001-2002 la quasi totalità dell'offerta formativa delle università italiane (oltre il 97%) era costituita da corsi di laurea del nuovo ordinamento. L'Università di Bologna, che aveva incentivato moltissimo gli studenti già iscritti a optare per il passaggio al nuovo ordinamento, al punto da avere già il primo anno di applicazione un boom di laureati triennali, si apprestava già ad attivare corsi di laurea specialistica: i primi sono partiti già nell'anno accademico 2002-2003. Questo è avvenuto anche in altre università: a Pisa, ad esempio, si è avuto il primo laureato specialista in Ingegneria elettronica già nell'anno accademico 2002-2003. Tale studente era in possesso di una laurea del vecchio ordinamento, ed era stato ammesso al corso di laurea specialistica direttamente al secondo anno (l'abbreviazione di carriera era stata determinata dal fatto che la conversione in crediti del titolo di accesso, conseguito e rilasciato secondo il vecchio ordinamento, aveva determinato un eccesso rispetto ai 180 crediti di base, tale da avvicinarsi ai 300 crediti complessivamente richiesti per il conseguimento della laurea specialistica).

[modifica] Le motivazioni

Fra le ragioni alla base dell'introduzione di questo tipo di percorso universitario c'era l'età media particolarmente elevata dei neolaureati italiani rispetto a quella di altri paesi europei (28-30 anni contro 20-21). Altra motivazione rilevante era il fallimento generalizzato delle carriere scolastiche: i 2/3 degli immatricolati abbandonava già al secondo anno e moltissimi di essi non versavano neanche la seconda rata di tasse e contributi del primo.

La riforma ha inoltre avuto un occhio di riguardo per l'alta formazione permanente e ricorrente, introducendo il titolo di master universitario (che può essere di primo livello, rilasciato cioè al termine di corsi a cui si può accedere con la laurea, o di secondo, al termine di corsi a cui si può accedere solo con la laurea specialistica o con la nuova laurea magistrale).

Uno dei risultati più evidenti della riforma è stata la moltiplicazione dell'offerta formativa: mentre prima i corsi di studio erano definiti a livello nazionale, oggi tutto l'iter di proposta, istituzione e attivazione si conclude nelle singole università; l'abbattimento delle barriere burocratiche (esiste una procedura di approvazione ministeriale ma è una mera formalità consistente nella verifica di alcuni requisiti di carattere puramente amministrativo) ha ridotto enormemente i tempi necessari e ciò ha fatto sì che nell'anno accademico 2004-2005 l'offerta formativa nazionale comprendesse quasi ottomila corsi di laurea differenti, molti dei quali con meno di 10 iscritti.

Il valore legale è garantito dalla classe di afferenza, poiché il decreto MURST 509/1999 prevede che è la sola classe a determinare il valore legale delle lauree e delle lauree specialistiche, ma sul mercato del lavoro (in particolare quello privato, ove non si tiene generalmente conto del valore legale dei titoli) si era comunque creata un'enorme confusione dovuta alla presenza di titoli di studio con denominazioni simili e contenuti formativi completamente diversi e titoli di studio con denominazione differente ma contenuti formativi sostanzialmente uguali.

Ciò ha spinto il ministro Moratti a ordinare per decreto la disattivazione di una quarantina di corsi a zero iscritti e a introdurre le modifiche formalizzate con il decreto MIUR 270/2004: il singolo ateneo rimane libero di attivare tutti i corsi di laurea che intende nell'àmbito della medesima classe, ma deve garantire che i corsi della stessa classe (o di classi individuate come affini dal regolamento didattico da esso stesso emanato) abbiano almeno 60 crediti in comune, da collocare nel primo anno. Dei coordinamenti regionali e centrali serviranno a favorire un'armonizzazione delle epigrafi dei titoli di studio, in maniera tale da far corrispondere quanto più possibile la denominazione ai contenuti formativi e al valore legale.

Un'ipotesi applicativa di tale testo, che alcune forze politiche (in particolare i movimenti studenteschi di base) hanno definito controriforma, è quella di realizzare i cosiddetti percorsi a Y: primo anno uguale per tutti e biennio successivo differenziato a seconda che lo studente manifesti l'intenzione di proseguire gli studi conseguendo anche una laurea magistrale (nuova denominazione delle lauree specialistiche stabilita dallo stesso decreto 270) oppure necessiti di un immediato inserimento nel mondo del lavoro.

In realtà i percorsi a Y erano già stati realizzati da alcune università alla luce del quadro normativo precedente (che non prevedeva l'obbligatorietà dei 60 crediti in comune tra corsi della stessa classe ma neanche ne escludeva la fattibilità), e comunque il valore legale dei titoli di studio afferenti alla stessa classe resta identico, indipendentemente dal fatto che si abbia optato per un percorso più tecnico-professionalizzante piuttosto che un cursus studiorum basato sul modello classico, con approccio teorico-metodologico improntato alla ricerca.

Inoltre, con la trasformazione delle lauree specialistiche in lauree magistrali, cessa il principio di assorbenza del titolo di studio: la nuova laurea magistrale, diversamente dalla precedente specialistica, non comprende anche i crediti riconosciuti all'accesso, ma solo i 120 suoi propri. Questo consente maggiore flessibilità nell'individuazione dei criteri d'accesso. L'università non dovrà più procedere al riconoscimento ad personam del titolo d'accesso confrontando la distribuzione dei crediti nei singoli settori scientifico-disciplinari della laurea posseduta dall'aspirante con la laurea correlata al corso di laurea specialistica e ricompresa nella sua tabella, ma prevedere dei semplici criteri standardizzati: per esempio potrebbe stabilire che per l'accesso ai corsi della classe delle lauree magistrali in editoria, comunicazione multimediale e giornalismo è necessario possedere una laurea della classe delle lauree in lettere o scienze della comunicazione, senza andare ad analizzare le singole carriere.

Resta fermo che ai corsi di laurea magistrale si accede secondo criteri stabiliti dalle singole sedi (per esempio concorso se sussiste la programmazione del numero, voto di laurea, anni impiegati per conseguirla etc.) e che quindi tutti gli esempi riportati sono solo ipotesi di applicazione, come pure lo stesso sistema a Y. Anche le prove finali dei corsi variano da sede a sede: si va dalla prova orale alla tesi tradizionale, passando per il tema scritto, con un punteggio aggiunto rispetto al voto di partenza, determinato dalla media dei voti ponderata in base ai crediti, dai 3 ai 15 punti. Il voto del titolo di accesso non è generalmente preso in considerazione ai fini dell'attribuzione di quello di laurea specialistica o magistrale.

[modifica] Un bilancio

In questi primi anni di applicazione della riforma si è assistito a un effettivo aumento del numero dei laureati, ma gli esperti sono scettici in quanto almeno la metà di questi laureati è costituita da studenti fuoricorso del previgente ordinamento transitati al nuovo e quindi tornati in corso.

Altre novità della riforma non si sono inoltre realizzate secondo le intenzioni del legislatore. Per esempio i corsi di master, che dovrebbero costituire l'alta formazione permanente e ricorrente, sono generalmente frequentati da neolaureati (nella maggior parte dei casi, peraltro, del previgente ordinamento) che aspirano a perfezionare la preparazione raggiunta e a un contatto diretto con l'impresa che favorisca l'ingresso nel mondo del lavoro (i corsi di master hanno infatti generalmente un orientamento piuttosto pratico e si realizzano in molti casi a stretto contatto con aziende del settore terziario). Oppure la flessibilità: in linea teorica i corsi del nuovo ordinamento dovrebbero essere molto più flessibili di quelli del vecchio, poiché basati non su tabelle nazionali ma su raggruppamenti, detti classi, che definiscono soltanto la metà degli obiettivi formativi e lo fanno, peraltro, non indicando i singoli insegnamenti, ma semplicemente la quantità di crediti minima e massima all'interno di uno stesso settore scientifico-disciplinare. Basandosi sulle tabelle di classe è possibile predisporre corsi di studio con un'ampia possibilità di personalizzazione da parte degli studenti, ma la maggior parte degli atenei limitano questa personalizzazione alla scelta di pochissime attività didattiche (in alcuni casi i crediti a scelta sono talmente pochi da poter consentire di personalizzare il curriculum con un solo esame, e al limite c'è la possibilità di scegliere se coprire i crediti per le attività professionalizzanti con un laboratorio, un breve stage o l'approfondimento di una lingua straniera con riferimento al lessico specialistico). Il piano di studi individuale, introdotto con la riforma del '69, è praticamente scomparso. Infine, c'è da dire che, se negli anni scorsi la maggior parte dei laureati non proseguiva gli studi perché la maggior parte delle sedi non aveva ancóra attivato corsi di laurea specialistica, nel 2004-2005 il 70% dei laureandi dichiarava di essere intenzionato a riversarsi sul secondo livello o a conseguire un master. Questo, contrariamente alle intenzioni della riforma, non riduce ma in alcuni casi addirittura allunga i tempi di conseguimento del titolo di studio: uno studente che prima si laureava in corso in Scienze politiche, ad esempio, impiegava 4 anni, conseguendo il titolo a 23 anni, mentre adesso uno che si laurea in corso (3 anni) in Scienze politiche a marzo e attende settembre per iscriversi a un corso di laurea specialistica, presso cui pure si laurea in corso (2 anni), termina tutto l'iter a 24 anni e mezzo. Per evitare il periodo di stallo alcune università consentono l'iscrizione al corso di laurea specialistica o magistrale al secondo semestre. Solitamente è necessario presentare istanza di immatricolazione condizionata nei termini normali (il termine iniziale varia da luglio ad ottobre e quello finale da ottobre a dicembre a seconda dell'ateneo), versando regolarmente il contributo di immatricolazione e a volte tutta la prima rata. L'immatricolazione resta sospesa e ha effetto solo se lo studente consegue il titolo di accesso entro un determinato termine (solitamente marzo); generalmente questa possibilità è data solo a chi consegue la laurea presso la stessa facoltà o quantomeno lo stesso ateneo presso cui intende seguire il corso di laurea specialistica o magistrale (e, nella maggior parte dei casi, solo nel caso di consegua la laurea correlata, che non richiede il complesso iter di verifica del curriculum), non avendo la sede possibilità di controllo su titoli conseguiti altrove. Se, da una parte, la preiscrizione al corso di laurea magistrale permette di non perdere mesi preziosi in attesa dell'inizio del nuovo anno accademico per riprendere la formazione, dall'altra forma un deficit nel curriculum degli iscritti in quanto, non potendo questi sostenere esami validi fino al conseguimento del primo titolo di studio, si trovano più facilmente fuori corso durante il biennio di specializzazione. Resta inteso, infatti, che lo studente non può sostenere esami relativi al corso di laurea specialistica o magistrale prima di aver conseguito il titolo di accesso, a meno che il suo corso di studi non consenta di sostenere esami extracurriculari (in tal caso essi verranno registrati nella parte di carriera relativa alla laurea, e ne andrà richiesto il riconoscimento per la laurea specialistica o magistrale), mentre può normalmente seguire le lezioni, essendo per legge pubbliche.

[modifica] Valore legale e riconoscimento del titolo all'estero

La laurea dà diritto alla qualifica accademica di dottore (abbreviata generalmente in dott. dinanzi al nome), è riconosciuta nell'Unione europea e nei paesi dell'Associazione europea del libero scambio, nonché nella Repubblica di San Marino e nello Stato della Città del Vaticano (in quanto firmatari della convenzione di Bologna) ai fini dell'accesso a specifiche professioni regolamentate e, previo superamento di appositi esami di Stato, in Italia consente l'iscrizione agli albi tenuti da ordini e collegi professionali.

A più riprese in Italia si è acceso il dibattito sull'eventualità dell'abolizione del valore legale dei titoli di studio. Questo valore legale ha effetto nei concorsi pubblici, nei quali le lauree sono equivalenti indipendentemente dalle università nelle quali sono state conseguite. È pure condizione necessaria per l'iscrizione agli albi professionali e l'esercizio della libera professione.

I sostenitori dell'abolizione ritengono che la presenza del valore legale impedisca l'accesso alle carriere professionali a persone sprovviste di titolo, ma provviste di equivalenti o superiori capacità, sostengono inoltre che l'abolizione favorirebbe la qualità dell'offerta didattica degli istituti ed atenei (rendendo più importante la formazione del titolo rilasciato) e la meritocrazia nell'accesso alle carriere. D'altro canto chi sostiene l'attuale legislazione in merito ritiene che sia il valore legale una garanzia di minimo merito nell'accesso alle carriere e una sorta di certificazione degli istituti privati. Perché i loro titoli abbiano valore legale (come quelli rilasciati dalle Università pubbliche), gli istituti privati devono possedere certi requisiti per essere parificati.

Alcuni albi sono suddivisi nelle sezioni A, per i laureati di vecchio ordinamento e i laureati specialisti o magistrali, e B, per i laureati del nuovo ordinamento sprovvisti di laurea specialistica/magistrale, con corrispondenti profili professionali diversi (l'albo degli avvocati è a sezione unica con accesso riservato ai titolari di laurea specialistica/magistrale o laurea di vecchio ordinamento).

In linea teorica è possibile accedere ai corsi di laurea specialistica indipendentemente dalla laurea posseduta, anche in rami completamente diversi: le quattro grandi aree in cui sono ripartite le classi – umanistica, sociale, scientifica e sanitaria – sono meramente indicative (tant'è che esistono dei corsi di laurea specialistica afferenti a classi umanistiche correlati a corsi di laurea afferenti a classi sociali e viceversa: il caso più tipico sono i numerosi corsi di laurea specialistica della classe umanistica 13/S – editoria, comunicazione multimediale e giornalismo – con accesso senza debiti formativi dalla classe sociale 14 – scienze della comunicazione). I criteri d'accesso sono infatti determinati dagli organi collegiali delle singole sedi, tanto che esistono corsi di laurea specialistica a cui si può accedere con qualsiasi laurea e corsi di laurea specialistica a cui è difficoltoso accedere pur possedendo una laurea della stessa area disciplinare, poiché nel caso le apposite commissioni determinino un debito formativo in ingresso superiore a una certa soglia (per esempio 40 crediti) l'iscrizione non è proprio consentita.

Dal 2001 è stato proposto al MURST una riforma degli ordini professionali per irrigidire i criteri di accesso agli esami di abilitazione. La riforma prevede un periodo di tirocinio obbligatorio per l'ingresso in tutti gli albi anche con le lauree che tradizionalmente non hanno mai chiesto un periodo di èpraticantato.

Il periodo minimo di tirocinio è di 6 mesi per tutti. Per le lauree in ingegneria è previsto un tirocinio di minimo un anno, anche se ingegneria non ha mai richiesto un periodo di praticantato. Un primo punto della riforma è stato attuato: il cambiamento dell'esame di abilitazione che nel caso dell'ingegneria consisteva in una prova scritta di due ore e in un orale. L'ultima sessione di esami abilitanti con la precedente modalità si è tenuta nell' ottobre 2004. Col nuovo modo sono previste 3 prove scritte della durata di 8 ore e una quarta prova orale.

[modifica] Le caratteristiche

Molti corsi di laurea triennali si caratterizzano per un monte-ore di laboratori a frequenza obbligatoria e frequenti prove intermedie che suddividono gli esami nel tentativo di spingere gli studenti a studiare giorno per giorno e maturare effettivamente le ore di impegno previsto anche a casa quantificate dai crediti. Il risultato è generalmente una maggiore percentuale di promossi, poiché il singolo esame non viene svolto integralmente ma in due o tre parti (qualcuno critica questo modello poiché generalmente basato su esami scritti, ritenuti più facili); per contro, si riscontra un abbassamento generale della media dei voti, a causa di esami troppo ravvicinati. Un punto critico è infatti la drastica riduzione degli appelli: da uno al mese o tre per sessione (con tre sessioni) che erano con il previgente ordinamento, quindi almeno 9 appelli ogni anno senza considerare quelli straordinari e quelli riservati a studenti fuoricorso e studenti lavoratori, in alcuni atenei gli appelli finali o ufficiali (le prove intermedie si tengono generalmente in via ufficiosa durante il corso) si sono ridotti sino a uno (detto in alcune sedi pre-appello o appello d'anticipo) a pochi giorni dal termine del singolo insegnamento e uno all'interno di sessioni considerate «di recupero» (generalmente a cavallo dei due semestri – ma in alcuni atenei la didattica è organizzata per termini diversi – e alla fine dell'anno accademico o all'inizio di quello successivo).

[modifica] Università e azienda

Stenta ancora a diffondersi il binomio università-impresa tipico del modello anglosassone, dove gli studenti trascorrono periodi da 3 a 6 mesi intercalati in tre o più stage nel triennio e dove l'impresa finanzia l'università e la utilizza per la formazione permanente dei suoi dipendenti. Tale modello, secondo i padri della riforma (che prevede una quota, seppur minima, di crediti da spendere obbligatoriamente in attività professionalizzanti, per i quali molte sedi hanno previsto stages in strutture esterne convenzionate), consente un inserimento lavorativo meno tramautico e lento nel mondo del lavoro, con mansioni non dequalificanti e coerenti con gli studi svolti.

[modifica] Il meccanismo dei crediti

Il meccanismo dei crediti (European credit transfer system, ECTS) era già stato introdotto con l'azione Erasmus del programma comunitario Socrates (esteso anche a paesi europei non comunitari e del bacino del Mediterraneo) al fine di favorire la mobilità internazionale degli studenti facilitando il reciproco riconoscimento delle attività didattiche.

Introdotto sperimentalmente in alcuni corsi di laurea di vecchio ordinamento attivati verso la fine degli anni '90 (Scienze della formazione primaria e, limitatamente ad alcune sedi, Scienze dell'educazione e Scienze della comunicazione), la riforma lo introduce obbligatoriamente in tutti i corsi di studio ad esclusione dei corsi di dottorato di ricerca. Il credito rappresenta l'unità di misura del lavoro necessario per raggiungere il titolo (sono necessari, ad esempio, 180 crediti per conseguire la laurea, 300 compresi quelli già acquisiti e riconosciuti all'accesso per conseguire la laurea specialistica, 120 per conseguire la nuova laurea magistrale, almeno 60 per conseguire il master universitario) e corrisponde a 25 ore di lavoro. Di queste 25 ore una quota variabile (in relazione alle tabelle di classe e a quanto deliberato dagli organi collegiali competenti per i singoli corsi di studio), ma mai inferiore al 50% (salvo casi particolari rappresentati da attività ad elevato contenuto sperimentale o pratico: vedi ad esempio tirocini e laboratori), è riservata allo studio individuale. La restante quota è rappresentata da lezioni frontali, esercitazioni in aula, seminari, cioè quanto materialmente erogato dall'università (alcuni atenei ricomprendono nel monte-crediti anche un tempo, convenzionalmente fissato, dedicato alle prove di valutazione intermedie e/o finali).

[modifica] Esami sostituiti con i crediti lavorativi

La legge 448/2001 (Finanziaria 2002 del Governo Berlusconi) ha dato la possibilità, alle amministrazioni pubbliche, di stipulare convenzioni con le Università, a favore dei propri dipendenti, che garantiscono a questi ultimi di conseguire la laurea con degli sconti sui programmi di studio.

Ad ogni esame è assegnato un numero di crediti che dovrebbero corrispondere, secondo il sistema dei crediti eruopeo, a un certo numero di ore di studio e di impegno a casa. L'impegno a casa è comunque interpretato come un'attività legata allo studio dei corsi universitari.

L'unica attività lavorativa coinvolta eventualmente nel computo dei crediti, sono le ore di tirocinio maturate.

La legge citata valuta come crediti universitari le ore di lavoro accumulate negli anni dai dipendenti pubblici, e arriva a cancellare anche 120 dei 180 crediti necessari per una laurea triennale, che è possibile conseguire con un solo anno di studio (dei 3 previsti) per rispettare un piano degli studi di appena 60 crediti.

[modifica] Corso di laurea in Scienze della formazione primaria

In attesa del riordino della docenza nelle scuole dell'infanzia e primaria, l'ex ministro Moratti rilasciò durante il suo mandato con proprio decreto, anno per anno, deroghe generalizzate (cioè rivolte indistintamente a tutte le università, e non su richiesta ma per iniziativa ministeriale) al nuovo ordinamento per l'attivazione dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, a programmazione nazionale degli accessi, secondo l'ordinamento previgente. Tali corsi hanno durata quadriennale e il superamento del relativo esame finale, che ha valore di esame di Stato ai fini dell'accesso all'insegnamento ai sensi della legge 53/2003, dà diritto alla qualifica di dottore magistrale. I corsi di laurea in Scienze della formazione primaria sono attivati presso le facoltà di Scienze della formazione, ad eccezione di quello interuniversitario tra gli atenei di Modena e Reggio Emilia e Bologna, che ha sede amministrativa presso la facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Bologna e sedi consorziate presso le facoltà di Lettere e filosofia e Scienze matematiche, fisiche e naturali dell'ateneo modenese e reggiano.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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