Mausoleo della Bela Rosin
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Il mausoleo della Bela Rosin è un edificio neoclassico di Torino, molto simile al Pantheon di Roma ma più piccolo, fatto costruire come tomba di famiglia dai figli di Rosa Vercellana, soprannominata Bela Rosin (Bella Rosina).
[modifica] Caratteristiche
Il mausoleo si trova in un parco di circa trentamila metri quadrati di forma rettangolare allungata, circondato da un muro di cinta alto circa tre metri e largo cinquanta centimetri, affacciato su strada del castello di Mirafiori, al confine tra il comune di Torino e quello di Nichelino. Entrando dal lato occidentale del parco attraverso un cancello tripartito di ferro battuto, con le insegne dei Conti di Mirafiori sulla sommità, si percorre un viale alberato che conduce al mausoleo, in stile neoclassico. Ai lati della cancellata sono accostati al muro del parco due bassi corpi di fabbrica, in origine adibiti a guardiola.
Il mausoleo è a pianta circolare, di circa sedici metri di diametro e altrettanti di altezza, compresa la grande croce latina che lo sormonta sopra la cupola lastricata di rame. Una scalinata di cinque gradini introduce nell'androne, ornato da sedici colonne alte cinque metri. Otto di esse compongono il colonnato sulla facciata, mentre le rimanenti, disposte su due file retrostanti, formano tre corte navate, due delle quali terminano in nicchie.
La particolare struttura architettonica (si tratta infatti di una copia in scala ridotta del Pantheon romano) fu voluta dai figli della Vercellana in seguito al diniego ufficiale di seppellire la madre accanto alle spoglie di suo marito, primo re d'Italia.
[modifica] Storia
Il mausoleo fu progettato dall’architetto Angelo Demezzi nel 1886 e ultimato nel 1888.
La storia del mausoleo è stata tormentata da episodi drammatici e e degradanti fino al recente restauro.
Il 22 luglio 1970 il Comune di Torino, guidato dal sindaco Giovanni Porcellana, acquistò il sepolcreto ancora intatto dall'ultima discendente di Rosa Vercellana, Vittoria Guerrieri Gromis di Trana, per la somma di 132 milioni di lire, senza però averne deciso la destinazione. Nel 1972 il parco fu aperto al pubblico, e l'anno stesso il mausoleo fu profanato: le bare furono aperte e le salme vennero mutilate in cerca di gioielli. I resti di Rosa Vercellanea e dei suoi discendenti furono allora trasferiti al cimitero monumentale di Torino. Nel 1974 il Comune risistemò sommariamente i danni, ma altre azioni vandaliche distrussero gli arredi interni e la cancellata, con le insegne del casato. Nel 1976 il locale fu brevemente occupato da gruppi di estrema sinistra. L'anno seguente ci fu una nuova incursione: bruciato il portone, si insediò nel Pantheon il "Circolo proletario Fantasma", che coprì gli interni con "murales rivoluzionari". Il 10 settembre 1979 la polizia sorprese quindici giovani ritenuti responsabili di una sparatoria nel parco del sepolcreto, sempre più frequentato da tossicodipendenti e seguaci di pratiche esoteriche; cominciarono a fiorire leggende su riti satanici officiati all'interno del mausoleo.
Il Consiglio di Circoscrizione decise allora di chiedere il recupero dell'immobile, per destinarlo a usi culturali. Il costo del restauro venne stimato in 180 milioni di lire, ma non accadde nulla. Nel 1980 il Comune fece murare l'ingresso e fece ricostruire il lucernario della cupola, nel frattempo frantumato da teppisti. Il 25 marzo 1984 il quotidiano La Stampa descriveva così il sepolcro: «Il cancello è divelto, le due porte a fianco dell´ingresso son ridotte al rango di latrine, le otto colonne del frontespizio portano scritto a lettere cubitali: - Fantasma -. Il portone è bruciacchiato, un muretto costruito per ostacolare l'accesso ai vandali è stato abbattuto, le nicchie che ospitavano i feretri sono state colmate d'immondizie». Nel frattempo la spesa preventivata per il recupero era aumentata a un miliardo e 300 milioni di lire.
Inoltre bisognava decidere quale destinazione d'uso dare all'immobile. Allo scopo di prendere una decisione, il 7 settembre 1984 l'allora sindaco Diego Novelli fece un sopralluogo sul posto con tutti i capigruppo comunali, compreso Giorgio Cardetti, suo futuro successore, più l'allora assessore Pino Chiezzi. Una delegazione musulmana voleva pagare i restauri e affittare il tempio per novant'anni, una volta trasformato in moschea. I musulmani avevano preparato la somma e un capitolato di lavori per circa 900 milioni di lire, contro i 1300 milioni ritenuti indispensabili dal piano pluriennale degli investimenti del Comune. Nacque un nuovo scandalo: o i musulmani sottovalutavano le spese di restauro o il Comune le apprezzava troppo. Di nuovo non accadde nulla. Da allora, per diversi anni, il Comune si limitò ad aggiornare di anno in anno i preventivi di restauro.
Nel 1993 si riprese a parlare della destinazione d'uso: l'ex sindaco Giovanna Cattaneo, allora presidente della commissione cultura del Comune, propose di realizzare un planetario, sfruttando la cupola dell'edificio. L'ipotesi, «da realizzare entro il 1995» rimase sulla carta finché, nel 1998, il Comune decise di bandire un concorso-appalto per realizzare un planetario da 150 posti, con 3 miliardi e mezzo, di lire, restauri compresi. Parteciparono diversi progetti, ma quello che rispettò i costi fu ritenuto inadeguato, mentre un altro progetto molto interessante aveva il costo esorbitante di 12 miliardi. Così l'appalto non fu assegnato e alcuni concorrenti si appellarono al Tribunale Amministrativo Regionale.
In seguito il Comune lanciò un nuovo bando, scaduto il 20 dicembre 2000, questa volta senza indicare la destinazione d'uso, ma richiedendo soltanto opere di restauro conservativo e consolidamento del mausoleo, dei bassi fabbricati dell'ingresso e del muro perimetrale, per un totale di 4 miliardi di lire. Parteciparono 39 concorrenti. Questa volta il concorso andò a buon fine: il 30 gennaio 2001 la giunta comunale guidata da Valentino Castellani approvò il progetto di manutenzione straordinaria e recupero degli architetti Aimaro Isola e Roberto Gabetti (marito di una discendente di Rosa Vercellana), al prezzo di 5 miliardi e mezzo di lire.
I lavori di restauro conservativo, durati quasi tre anni, sono terminati nell'estate 2005. All'interno l'unica modifica è stata lo spostamento dell'altare nella parte esterna posteriore dell'edificio; per il resto l'intervento ha seguito le indicazioni originale del progetto, con il marmo chiaro e venato, le colonne chiare e il soffitto che ricorda quello del Pantheon di Roma.
Il foro al centro della cupola, è stato chiuso da una copertura in vetro sormontata da una croce, che comunque lascia intravedere il cielo. Il parco è stato attrezzato con alcuni gazebo e un noleggio di bibiclette.
La struttura è stata inaugurata il 25 settembre per ospitare letture, dibattiti e concerti ad opera del sistema bibliotecario della città (e non il futuro science center di Torino, come si era pensato in un primo tempo). Le attività devono essere temporanee in quanto la soprintendenza ai beni artistici ed architettonici del Piemonte ha escluso che l'area possa essere destinata a sede permanente di qualsiasi attività (compresa quindi quella di planetario ventilata negli anni Novanta).
La prima attività ospitata dal rinnovato mausoleo è stato lo spettacolo teatrale "Pazze regine", ispirato alla storia d'amore di Rosa Vercellana e Vittorio Emanuele II di Savoia.