Orientalismo
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L'Orientalismo è la definizione che da qualche secolo è data degli studi e delle ricerche sulle culture extra-europee, convenzionalmente considerate a est dell'Europa stessa: (cultura islamica, hindi, cinese, giapponese, tibetana, del sud-est asiatico e dell'Insulindia. Il termine è diventato più noto al grande pubblico dopo la pubblicazione negli anni '70 di un lavoro (Orientalism) di Edward Said che tentò di spiegare e ridefinire le modalità con cui l'Europa rappresenta, nella sua storia, l'"Oriente".
Utilizzando e rielaborando il pensiero di Antonio Gramsci e Michel Foucault tra gli altri, Said mette in luce il carattere di parzialità, quando non mistificatorio o privo di fondamenti oggettivi, contenuti nella nozione di "Oriente", le sue determinazioni storiche e i suoi presupposti ideologici. L'"Oriente", dunque, non sarebbe il nome di una qualche entità geografica o culturale concretamente determinabile, ma uno strumento utilizzato dalle culture di matrice europea innanzi tutto per poter costruire la propria identità di "Occidente" e, in parallelo, per ingabbiare le cosiddette culture orientali in formule stereotipe e generalizzanti, quando non disumanizzanti.
Tipico delle teorie definibili come orientaliste è dunque la tendenza a considerare grandi complessi culturali, come l'Islam, l'India o addirittura l'intera Asia riassumibili in pochi caratteri generali, quali ad esempio quelli di spiritualismo, irrazionalismo, fanatismo, dispotismo, e così via; e quindi di considerare questi caratteri come immutabili. L'Islam tenderebbe quindi costitutivamente al fanatismo; il pensiero indiano tenderebbe per natura al misticismo; tutti i popoli asiatici sarebbero per natura impossibilitati a costruire una "vera" democrazia. Tipica del pensiero orientalista è poi l'estensione a tutti gli individui appartenenti alle varie culture asiatiche dei valori propri di quelle culture, rinforzando in tal modo l'assunto di partenza che oppone l'"Occidente individualista" all'"Oriente dispotico".
Punto nodale dell'analisi di Said è l'individuazione delle connessioni che legano la produzione di teorie orientaliste in Europa e Stati Uniti con il nascere e l'ampliarsi del dominio imperialista, coloniale e neocoloniale. Le teorie orientaliste sarebbero quindi uno strumento attivo e spesso consapevole dell'imperialismo, per cui, ad esempio, la necessità di interventi politici e militari nel Medio Oriente verrebbe giustificata dalla "naturale" incapacità delle popolazioni locali di dotarsi autonomamente di governi liberi o democratici.
Allargando i confini dell'analisi di Said è comunque possibile riconoscere, alla base delle tesi orientaliste, meccanismi di creazione dell'identità di una cultura in contrapposizione alle culture altre, meccanismi non del tutto risolvibili nella questione dei rapporti di dominazione economica e politica. Questo è il caso, ad esempio, del nihonjinron, le teorie sull'unicità della cultura giapponese, prodotte all'interno dello stesso Giappone, paese dominante a livello mondiale dal punto di vista economico. Con il nihonjinron, dunque, l'Orientalismo, inizialmente creato dall'"Occidente" per dominare culturalmente e appiattire l'altrui complessità, diventa uno strumento con cui lo stesso paese orientale crea, tramite meccanismi proiettivi e vittimistici, un alibi per le proprie condizioni in politica interna e le proprie azioni in politica estera.
Va da sé che l'atto di accusa di Said, ampiamente discusso in varie sedi scientifiche, pur partendo da considerazioni condivisibili e spesso non contestabili - origini storiche dell'Orientalismo (in gran parte voluto o sollecitato dalla Chiesa cristiana per polemica col mondo non-cristiano e sostenuta per motivi di predominio politico, economico e culturale dalle potenze laiche cristiane nel corso dell'età moderna) - presta non poco il fianco a sensate critiche.
Un limite, innanzi tutto, è quello linguistico. L'esame infatti di Said si limita in grandissima parte alla produzione storica orientalistica francese, britannica e tedesca, con pochissimi approfondimenti del contributo spagnolo, olandese e, soprattutto italiano. Un secondo e più rilevante limite è poi quello di non aver saputo tracciare i limiti cronologici della polemica, talché si considera senza soluzione di continuità quanto prodotto tra il XIII e il XX secolo, laddove è assolutamente ben differente l'Orientalismo del XV secolo da quello del secondo dopoguerra del XX secolo.
Questa incapacità di operare precisi distinguo invalida in parte il significato dell'opera di Said che, pur rimanendo ottima sotto il profilo epistemologico, appare invece assai carente sotto il profilo storiografico. È innegabile infatti che l'Orientalismo si è saputo affrancare negli ultimi 60 anni dai suoi vizi d'origine, diventando a pieno titolo una branca del sapere umano che ha il non trascurabile merito d'indagare su realtà spesso misconosciute dalla cultura prevalente nel cosiddetto Occidente (altra definzione parimenti contestabile) europeo.