Pallone col bracciale
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Il Pallone col bracciale è uno sport sferistico.
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[modifica] Storia
Articolo principale: pallone
Il gioco del Pallone col bracciale, cominciò ad affermarsi in Italia già a partire dal XVI secolo e per più di quattro secoli è stato il protagonista indiscusso degli sport sferistici nella penisola, almeno per quanto riguarda l’Italia centro settentrionale, fino a toccare nel XIX secolo i vertici massimi del consenso e della popolarità.
Culla di questo sport fu soprattutto la Toscana, tanto che questo sport era detto anche "Bracciale toscano". Oltre che un impressionante numero di giocatori forniti a questo sport, basti pensare che nell’Ottocento una cittadina come Poggibonsi contava, come racconta il De Amicis, ben diciassette professionisti, a questa regione si deve soprattutto il merito di aver dettato, agli inizi del XIX secolo, le nuove regole di gioco che contribuiranno alla trasformazione del pallone da passatempo e gioco di piazza a vero e proprio spettacolo pubblico.
Altre terre fertili per questo sport furono il Piemonte, le Marche e l’Emilia Romagna, dove nacquero giocatori famosissimi che per classe e personalità non furono inferiori ai toscani e che si guadagnarono nella loro carriera onori, fama e soprattutto somme di denaro così considerevoli da fare invidia agli stessi fuoriclasse del calcio attuale. Per fare un esempio, il grande Carlo Didimi da Treia ( il "garzon bennato" cantato dal Leopardi) nel maggio 1830 richiedeva per una sua esibizione un compenso di "non meno di 600 scudi romani" mentre un maestro elementare dello Stato Pontificio intascava dai 25 ai 60 scudi all'anno.
Venivano costruiti appositi impianti di gioco, detti sferisteri, che potevano ospitare migliaia di persone.
Nel XX secolo però arrivò l’inesorabile declino, dopo tanta gloria anche il gioco del bracciale si avviò sul viale del tramonto. I nuovi sport britannici, esportati dai marinai inglesi in tutto il mondo, arrivarono anche in Italia, travolgendo tutti gli sport sferistici di origine latina che sino ad allora l’avevano fatta da padrone.
[modifica] Regole
Il bracciale è una sorta di manicotto, generalmente di sorbo, ricavato sempre da un unico pezzo di legno scavato in modo tale da adattarsi quanto più possibile alla mano e al polso del giocatore, munito di sette cerchi contornati di denti o punte di corniolo, a piramide smussata, per un totale di 105 punte. Il peso si aggira sui 2 chilogrammi. La palla, formata da otto spicchi di pelle di manzo opportunamente conciata, ha una circonferenza di 39 cm. circa e un peso di tre etti e mezzo. Il campo di gioco misura mediamente m. 80 x 18; l'altezza del muro di ribattuta si aggira intorno ai 20 metri.
Entrano in campo tre giocatori per ciascuna squadra, denominati battitore, spalla e terzino. Al primo spetta il compito di iniziare il gioco con la battuta della palla che gli viene lanciata con perfetto tempismo dal mandarino. Quest'ultimo, in passato, veniva spesso reclutato tra i migliori giocatori di bocce della città; la sua abilità consiste infatti, oltreché nella suddetta scelta di tempo, anche nella precisione con la quale deve lanciare la palla nel supposto punto d'impatto con il bracciale. Quanto alla spalla e al terzino il loro compito è quello di rimandare la palla. Esaurito il compito della battuta, il battitore gioca da spalla.
L'incontro si svolge nel modo seguente: battuta la palla e commesso il primo errore, la squadra che si aggiudica il primo scambio conquista i primi 15 punti ai quali si aggiungono, sempre nel caso di vittoria, altri 15 punti, poi 10 e infine 10. Il punteggio viene, pertanto, così conteggiato: 15 - 30 - 40 - 50. Aggiudicandosi il cinquantesimo punto la squadra vittoriosa conquista un "gioco".
Nonostante la similitudine di questo punteggio con quello del Tennis, le squadre, una volta giunte sul 40 pari, non proseguono con il metodo dei vantaggi, bensì vince quella che per prima si aggiudica il cinquantesimo punto. Il gioco ammette, oltreché la risposta a volo, anche quella dopo un solo rimbalzo.
I punti si fanno:
a) se il pallone oltrepassa di volo il limite del campo avversario ("volata");
b) se il pallone, sorpassata la metà del campo, non è raccolto dall'avversario;
e) se l'avversario manda il pallone fuori dai lati maggiori;
d) se l'avversario non manda il pallone oltre la propria metà campo.
Per due "giochi" consecutivi la battuta spetta alla stessa squadra. Quattro "giochi" formano un "trampolino". L'intero incontro è costituito da tre "trampolini" per un totale di 12 "giochi". La vittoria spetta alla squadra che totalizza il maggior numero di "giochi" nei tre "trampolini".
[modifica] I grandi giocatori
Alla popolarità di questo sport contribuirono certamente i suoi giocatori, veri e propri personaggi dell'epoca, le figure dei quali erano accompagnate da storie che spesso finivano per diventare vere e proprie leggende. Caratteristici erano poi i soprannomi e gli pseudonimi affibbiati dai tifosi ai giocatori, tra i più famosi: "Tremoto", al secolo Giuseppe Barni di Peccioli; "Gran Diavolo", Antonio Malucelli di Bassano del Grappa; "Moschino" Giovanni Bastianello di Firenze; "Galinot", Filippo Gallina di Santo Stefano Belbo; "Diavolone", Angelo Donati di Faenza; "il Veneziano", Angelo Martini; "il Moro", Raspolini; "il Belloni", Gianni Foscaro di Poggibonsi; "el Cin", Lorenzo Amati di Santarcangelo di Romagna; "Omnibus", Gaspari; "il Bimbo", Antonio Agostinelli di Mondolfo; "Rosina", Mantellini; "Napoleone", Lorenzo Nidiaci di Poggibonsi; "Piombo", Francesco Zappi di Faenza; " Ghindo" Giuseppe Filippa di Cravanzana; e l'elenco potrebbe riempire pagine e pagine , tanto fertile era la fantasia popolare e l'affetto per i propri beniamini.
Tra le storie, tramandateci dalle testimonianze orali e dalle cronache del tempo, che contribuirono ad accrescere la popolarità dei cosiddetti "assi" del pallone se ne ricorda una riferita al giocatore Lotti. Lotti Giuseppe (Poggibonsi,1874-1945) oltre ai trionfi conquistati a Firenze, Roma, Pisa, Torino, Arezzo, ecc. fu protagonista di un episodio dal sapore boccaccesco legato alla sua passione per il gentil sesso. Donnaiolo impenitente amava farsi accompagnare, nelle lunghe stagioni agonistiche lontano dalla sua Poggibonsi e dalla famiglia, da donne di facili costumi. Una volta, in un noto e rinomato ristorante di Torino dove era solito pranzare si presentò con la sua bella ed elegante moglie e mentre stava a tavola con lei gli si avvicinò un amico che dandogli una pacca sulla spalla disse: "O Beppe, che puttana di gran classe ti sei scelto questa volta!". Le conseguenze dell'imbarazzante intervento sono facilmente immaginabili. Beppe da allora ebbe sempre al suo fianco un attento angelo custode: la sua dolce metà.
Da ricordare, tra le stelle di prima grandezza, anche quel Dante Ulivi (Monte San Savino,1868-1953) che si contraddistinse come giocatore eclettico, polivalente, capace di giocare ad alto livello in tutti i ruoli della squadra. Alle doti tecniche univa serietà e professionalità tali da essere considerato un vero "signore" nel variopinto mondo del pallone. Il De Amicis, che ebbe modo di vederlo giocare, ne tessé le lodi: "La correttezza e la grazia della scuola toscana sono incarnate nell'Ulivi, una figura di giovane amoroso di compagnia drammatica, battitore, spalla e terzino di egual valentia, il giocatore più sereno della squadra, il solo che non nomini mai invano il nome di Dio, e simpatico a tutti...".
[modifica] Il bracciale oggi
Completamente dimenticato e allontanato dai grandi centri che ne avevano fatto la storia, il pallone continuò a essere giocato nelle piccole città delle Marche come Treia, Mondolfo o come Faenza in Romagna. In queste zone, grazie alla passione degli abitanti questo sport sopravvisse come manifestazione folcloristica o come momento rievocativo.
Nel 1936 si svolse il primo campionato italiano per professionisti e dal 1992, con la costituzione di un Comitato Nazionale, con sede a Treia, il bracciale è tornato sulla scena agonistica con la disputa, a distanza di circa trent'anni dall'ultima edizione, del campionato italiano.
Attualmente il Pallone col bracciale è governato da un Comitato Interregionale affiliato alla F.I.P.A.P. (Federazione Italiana Pallapugno), Disciplina Associata del CONI dal 1981, che oltre Pallapugno e Bracciale amministra una serie di sport sferistici, tra i quali alcuni noti a livello internazionale ma poco praticati in Italia, come la Pelota basca, altri caratterizzati invece da una forte vocazione localistica come la Palla eh! praticata nell'Alta Maremma, tra le province di Siena e Grosseto, con modalità e attrezzi di gioco in tutto simili al Llargues valenciano.
Sport di squadra |
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Sport |
Dal 1981, Il gioco della "palla al bracciale" viene disputato anche a Chiusi Scalo, in provincia di Siena dove annualmente, tra fine agosto ed i primi di settembre, cinque squadre - rappresentanti delle cinque contrade in cui è diviso il paese - si contendono un apposito trofeo. Questa tipologia di gioco si caraterizza per avere una palla elastica del peso di circa 200 grammi e per la presenza di un bracciale sagomato all'interno (per permettervi l'inserimento della mano) del peso di 1 kg. Sempre dal 1981, il gioco della palla al bracciale a Chiusi Scalo viene disputato anche tra i ragazzi under 15 ("Braccialino"), i quali si sfidano in un unica giornata per l'assegnazione di uno specifico trofeo. Dal 2006, a Chiusi Scalo viene praticato altresì un torneo di Palla al bracciale femminile